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Autore: Relie Diadamat    11/09/2015    6 recensioni
Morgana e Freya erano destinate ad infrangersi.
Erano l'oscurità che tentava di brillare, ma in modo asincrono.
Non sapevano a cosa, quel gesto, avrebbe portato; sapevano solo cosa sarebbe successo dopo, una volta finito.
One-sided attraction Morgana/Freya
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Freya, Merlino, Morgana, Sir Leon
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nda: Premetto che non ho idea da dove sia uscita fuori questa shot; stavo navigando nel fandom inglese e.. tac! Ho visto questa coppia e bho, la cosa mi ha stuzzicato, quindi mi son detta: "Perché no?"
Credo che Morgana e Freya siano due personaggi molto "simili", ma anche molto diversi tra loro. "Le dannate di Camelot" se vogliamo metterla su questo piano.
Mi sento anche un po' tesa perché è la prima femslash che scrivo in tutta la mia vita e, spero seriamente di non aver scritto oscenità.
Piccola shot, triste, senza pretese.
Pareri e critiche sono sempre ben accetti :)
Buona, spero, lettura.
 
 

Meant to be broken
COSI' VICINA DA FAR MALE
Click: Soundtrack


Ho dovuto fare una scelta che non mi apparteneva,
ho dovuto dire addio per un'ultima volta.

- Shinedown
 
 

«Non sono più sicura che sia una buona idea…»
Domenica mattina, Agosto. Il sole non era mai stato così falso nel brillare.
«Potrebbe non essere la cosa giusta da fare.» La donna vestita di un bianco candido si torturava le mani, lasciando appena strusciare l’abito sul parquet chiaro. «Lui potrebbe non essere quello giusto…» Una pausa, ed i suoi occhi di terra umida si posarono sul volto di lei, che intanto la guardava immobile.
«Ho paura», confessò. «Cosa pensi debba fare?»
L’altra donna l’ascoltava, profumata come un fiore nel suo vestito amaranto. I suoi occhi di smeraldo erano cupi, quel giorno. Sulla sua schiena scoperta, una cascata di boccoli neri le copriva la pelle diafana.
«Dimmi qualcosa.» sussurrò la mora nel suo abito da sposa. «Qualsiasi cosa».
Morgana ingoiò il proprio orgoglio; la sua Freya era incantevole in quell’abito semplice, con quei semplici fiori tra i capelli. Era un’imperfezione perfetta, dipinta dai suoi stessi sbagli e dalla sua insicurezza.
Allungò una mano verso il volto asciutto della futura sposa, coprendole la guancia col palmo freddo. Morgana era sempre stata gelida, un blocco di ghiaccio incapace di riscaldarsi.
Freya sussultò al tocco, seppur le mani di Morgana l’erano familiari. Restò immobile al suo posto, sulle sue scarpe bianche con un tacco appena accennato e le labbra coperte da un filo di lucidalabbra.
Non sapevano a cosa, quel gesto, avrebbe portato; sapevano solo cosa sarebbe successo dopo, una volta finito.
Morgana chiuse le palpebre, premendo le sue labbra sporche di rossetto su quelle della donna. Freya respirò il suo odore seducente, mentre le gambe le fremettero come foglie.
Oltre al tempo, rallentarono anche le loro vite.
 
 



 

 
 
 
 
Morgana aveva cinque anni e molti amici.
Si divertiva a camminare a piedi nudi sull’erba fresca.
Freya era una bambina solitaria, evitata quasi di proposito. Sorrideva a capo basso, giocherellando con i fiori di campo.
«Non mi hai ancora detto il tuo nome!» La bimba dai boccoli neri si accostò alla timida Freya che, con le ginocchia contro al petto, pareva difendersi dal vento e dal mondo.
«Mi chiamo Freya», disse appena, alzando di poco lo sguardo su di lei.
La bambina sorrise sincera, mentre i suoi occhi di smeraldo vennero rischiarati dai raggi caldi d’estate. «Ho un peluche che ti somiglia», pronunciò facendosi vicina. «E’ una pantera alata».
Freya rimase muta, ferma nella sua posizione difensiva. Morgana la guardò per un po’; aveva provato compassione per quella bambina e, per una qualche ragione a lei sconosciuta, sentiva di volerla conoscere, di sapere più cose sul suo conto.
«Scommetto che tu non sai correre come un felino», la provocò.
La bambina dagli occhi di terra umida le sorrise per un breve istante poi, si alzò dal suo posto, correndo lungo il parco. A Morgana, che intanto arrancava al suo seguito, venne da pensare che quella bambina dai capelli color castagno somigliasse per davvero ad una pantera alata.
 
 
 
 
 



Morgana aveva dieci anni ed odiava le fragole.
Freya legava spesso i propri capelli di castagno in due trecce affrettate.
«Non mi piacciono!», lagnò la corvina storcendo il naso. «Sono aspre, fanno schifo!»
La mora rise lievemente, perdendosi verso la vista del lago. «Serve lo zucchero.» Le labbra della bambina era alzate verso l’alto in un timido sorriso. «Con un po’ di dolcezza, tutto diventa perfetto.»
Morgana alternò lo sguardo dalla fragola morsicata all’espressione serena di Freya. «Io sono molto dolce!» decretò. «Quindi sono perfetta.»
«Tu non sei dolce, Mor», le fece presente l’altra, esaminandola in volto. «… Ma sei perfetta lo stesso».
 
 
 
 





Morgana aveva dodici anni ed aveva appena dato il primo bacio.
Freya si rivestiva d’insicurezze guardandosi allo specchio, tenendo tra le mani il vestito prestatole dalla corvina. «Non mi sta bene come a te», osservò.
Morgana scosse il capo, smettendola di pettinarsi. «Se sta bene a me, starà bene anche a te.» Si posizionò dietro la sua schiena, prendendo delle ciocche castane tra le dita. Freya sorrise impacciata. «Lo pensi davvero?»
«Certo!» Rimirò il suo riflesso allo specchio, ad occhi lucenti. «La mia migliore amica è uno schianto.»
 
 





Morgana aveva quindici anni ed aveva appena scoperto di essere gelosa della sua migliore amica.
Freya sbocciava come un fiore non vinto dal freddo e dalle intemperie.
La corvina la voleva tutta per sé, senza doverla condividere con nessuno: era sua e basta.
Il primo, a sfidare la sorte, fu un ragazzino di periferia, Gwaine.
A Morgana non piaceva il modo in cui guardava la sua Freya, non le stava a genio la maniera in cui tentava di avvicinarsi.
Un fuoco le aveva divorato il cervello quando si erano baciati. Aveva stretto i pugni e si era morsa il labbro.
Il giorno seguente, dopo scuola, aveva pestato Gwaine in cortile minacciandolo di non avvicinarsi più alla sua Freya.
 
 
 
 
 





Morgana aveva diciassette anni.
Quando i capelli di castagno della mora arrivarono all’altezza del fondoschiena, la corvina aveva perso il candore con Leon ma, si accorse malvolentieri di aver pensato a Freya per tutto il tempo.
Freya arrossiva ancora, ma più di rado.
Quella sera era il suo diciassettesimo compleanno. Una festa intima, con pochi invitati. Era uscita fuori in veranda per prendere un po’ d’aria. Si era seduta sull’altalena, rischiarata dalla luna.
Morgana l’aveva seguita in silenzio, prendendo posto accanto a lei.
«Com’è veloce il tempo…» soffiò Freya, dondolandosi. «Temo di rimanere senza fiato».
La corvina cercò la sua mano, stringendola con forza. «Questo non accadrà mai».
Quegli occhi scuri la scrutarono per un po’, mentre il viso si colorava della luce lattescente della notte. «E’ vero che hai rotto con Leon?»
Il silenzio fu assenso.
«Perché?», le domandò ancora.
Le stelle furono il loro tetto, il nero della notte la loro tana. L’altalena cigolante, l’unico testimone. Morgana prese il viso della sua amica tra le mani, baciandolo fugacemente. Quando sentì le labbra della corvina staccarsi dalle sue, Freya sorrise sghemba. «Ho così paura di rimanere senza fiato, Morgana…»
 
 






Morgana e Freya avevano vent’anni.
Uther aveva cercato di separarle più di una volta.
Non erano amanti, non erano fidanzate. Dopo quel bacio di due anni addietro, sotto le stelle, la vita era scorsa nella sua ordinaria routine, come se nulla fosse avvenuto quella notte su quell’altalena cigolante. Morgana aveva mandato al diavolo il padre, alloggiando con Freya nel college. Si era cercata un lavoro, insieme alla sua amica, e sempre unite erano riuscite ad andare avanti.
 
 





Era passato un anno.
La vita al college sembrava una favola. Tutto scorreva per il verso giusto finché le lacrime non bagnarono il volto pallido e magro di Freya.
Morgana l’aveva accolta tra le sue braccia, cullandola. «Va tutto bene», le sussurrava.
«Mio padre è morto… Morto.» aveva singhiozzato, nascosta nel suo collo. «Non lo vedrò mai più!»
Se la strinse forte, vicina al cuore, facendole comprendere in tutti i modi possibili quanto le fosse vicina.
 
 
 
 





Morgana aveva venticinque anni ed aveva molta paura: la sua Freya aveva conosciuto un uomo, Merlin.
Chiacchieravano spesso sulla panchina, leggevano gli stessi libri.
Era dolce, premuroso; le comprava delle rose dopo cena e l’amava con l’innocenza di un bambino. Morgana ne morì.
Si sentì in dovere d’intervenire, o quel ragazzo gliel’avrebbe portata via.
«Va’ via!» urlò, rossa in volto. Faticava a respirare, Freya, con le mani che toccavano compulsivamente il proprio collo.
Morgana si avvicinò senza alcuna paura, tentando di toccarla. «Ho dovuto farlo, Freya. Lui non era l’uomo giusto per te».
«Io l’amavo!» si sgolò, con gli occhi gonfi di pianto. «Ci sei andata a letto! Io lo amavo e tu ci sei andata a letto!»
Chiuse gli occhi, Freya, sentendo il corpo di Morgana alle proprie spalle. La cinse in un abbraccio, il seno contro la sua schiena, sussurrandole sulla pelle: «Starai bene. Andrà tutto bene. Mi prenderò io cura di te».
 
 
 






Ventisette anni.
Morgana e Freya non si parlavano più.
La mora aveva abbandonato college e studi, dedicandosi al ranch di famiglia.
Morgana aveva rotto ogni contatto col mondo esterno. Viveva in solitudine, deliziando le proprie giornate con la sua migliore amica: una bottiglia di Vodka.
Col tempo, la corvina s’infilò in una relazione malata con un uomo violento: Valiant.
La picchiava spesso, poi le prometteva di non rifarlo mai più… e poi la picchiava ancora: di notte, di giorno, quando più gli andava a genio.
Nei momenti di disperazione, quando stesa al suolo con un occhio nero tentava di trattenere il pianto, Morgana pensava a Freya e a quanto le mancasse. «Vienimi a prendere», le pregava con la mente.
 
 
Due mesi dopo.
Freya aveva rivisto Morgana dopo tanti anni di silenzio. Sembrava più stanca, meno luminosa… Non sembrava lei.
Le bastò guardare un solo graffio sul suo volto per allungare, istintivamente, le braccia verso di lei. «Non temere», la rassicurava mentre Morgana tremava piangente tra le sue braccia. «Da oggi in poi andrà tutto bene. Mi prenderò io cura di te.»
Avevano ventisette anni ed impararono a risanarsi le ferite, leccandosele reciprocamente. Una per l’altra.
 
 
 
*



 
Adesso, avevano trent’anni e si erano appena baciate per la seconda volta. Ancora, un bacio senza conseguenze, un bacio senza rumore.
 
Freya percorreva la navata, Morgana la guardava col cuore a pezzi mentre la donava al suo sposo. L’aveva amata follemente, senza una ragione. Si era cibata delle sue imperfezioni e delle sue insicurezze ed ora stava per rimanere a bocca asciutta.
Stava cedendo il suo pane quotidiano ad un uomo che sapeva renderla felice.
Le stava dicendo addio per la millesima volta ma, quel giorno, Morgana decise sarebbe stato anche l’ultimo.
   
 
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