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Autore: MaxB    11/09/2015    4 recensioni
SPOILER capitolo 451.
Non vorrei dire molto per evitare a chi non segue le scan online di sapere cosa succede.
Semplicemente, mi sono chiesta involontariamente cosa può aver spinto Gajeel a dire ciò che ha detto. Parole vere, certo, ma decisamente insolite per il nostro amato Dragon Slayer.
Questa o-s è il risultato delle mie elucubrazioni della mezzanotte.
Gajeel, aprici il tuo cuoricino!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil Redfox, Gajil/Levy, Levy McGarden, Mavis, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Colpe
 
Tutti noi dobbiamo vivere, o convivere, con i nostri demoni interiori. I nostri cosiddetti scheletri nell’armadio. Corpi morti che rappresentano le nostre azioni più deplorevoli, i nostri motivi più sbagliati, i nostri spaventosi peccati che si traducono in acuti sensi di colpa che ci tormentano per tutta la vita fino a farci sentire delle nullità. Solo chi è privo di coscienza riesce a sopravvivere a tanta oscurità.
E Gajeel lo era. I princìpi morali che Metallikana, suo padre, gli aveva stranamente insegnato nonostante fosse un drago, si erano lentamente sopiti all’interno del ragazzo. Solitudine, senso di abbandono, smarrimento interiore e assenza di ragioni di vivere lo avevano spinto a diventare una bestia sanguinaria, un’arma potente che qualcuno di spietato avrebbe potuto usare per proprio tornaconto. Qualcuno come José. Il master diabolico di Phantom Lord che lo aveva accolto all’interno della gilda offrendogli una casa e una protezione che si erano rivelate inesistenti ed effimere quanto la capacità di Gajeel di vedere la luce nella sua vita. L’allegria era un ricordo lontano, un qualcosa di onirico di cui si ricordava raramente e con disgusto. L’amore si era affievolito e l’unico piccolo lume di quel potente e profondo sentimento era rappresentato dall’affetto per il padre, una minuscola fiammella eterna che sarebbe brillata per sempre; il fuoco della speranza, che gli impediva di diventare del tutto un essere privo di coscienza, un burattino, perché sapeva che trovando di nuovo suo padre la fiamma sarebbe divampata e l’amore sarebbe tornato a scorrergli nelle vene, mondandolo di tutte le sue colpe.
Finché non l’avesse trovato, però, Gajeel avrebbe vissuto nell’unico modo che conosceva: facendo il sicario per José, picchiando innocenti e torturando indiscriminatamente per estorcere informazioni. Non aveva ucciso, quello no. Stordiva le sue vittime e lasciava agli altri il lavoro sporco, perché quel poco di calore che aveva dentro gli diceva che se avesse ucciso non sarebbe più tornato indietro. Mai più. Per mantenere la facciata, però, faceva lo smargiasso minacciando di morte chiunque e mostrandosi sadico come pochi, ma quel barlume di bontà per lo meno rimaneva intatto. Sepolto, ma intatto.
E poi era arrivato l’inizio della sua fine.
Fairy Tail.
Il pestaggio di tre nullità e la sua sconfitta da parte di Natsu.
Il nonnetto che lo aveva accolto. L’inizio della sua redenzione.
Si era fatto picchiare da due di quelli che aveva ferito per farsi accettare, per cercare di farsi perdonare. Perché lì, a Fairy Tail, si volevano tutti bene. E il master lo aveva accolto, quindi forse voleva un po’ di bene anche a lui. La fiamma che aveva nel cuore era diventata più calda, leggermente più grande, e Gajeel aveva capito che doveva fare qualcosa per migliorare sé stesso ed essere accettato da persone così belle e splendenti di giustizia morale. Non l’avrebbe mai ammesso.
Doveva mondare le sue colpe. Cancellare i suoi peccati. Ed essere aggredito per colmare la sete di vendetta di due ragazzi era il primo passo per non farsi odiare, anche se non era accettato. Poi era arrivato Laxus, il cui nome era conosciuto ovunque, e lo aveva conciato per le feste mentre non aveva mosso un muscolo. Era stato naturale per lui proteggere quella piccola ragazza che lo aveva difeso. Era terrorizzata da lui, e ne aveva tutti i motivi: era stata picchiata, tatuata e crocifissa, e se avesse voluto il suo sangue lui non avrebbe avuto nulla in contrario; invece, lo aveva difeso.
E piano piano si era fatto accettare nella gilda. Persino Titania aveva smesso di osservarlo con diffidenza e lo aveva accolto. Gajeel era diventato parte di qualcosa, di una famiglia, il cui calore lo spingeva ad alzarsi dal letto ogni mattina con il sorriso, quel sorriso che assomigliava tanto ad un ghigno ma in realtà era pura riconoscenza. Aveva incontrato Lily e quel gatto lo aveva trasformato in qualcosa di meglio. Con le sue buone azioni gli scheletri nell’armadio si erano dissolti in cenere, e lui aveva iniziato a vedere il futuro con ottimismo. La fiamma che aveva nel petto era diventato un allegro fuocherello che gli aveva addolcito persino i tratti del viso, sciogliendo la rigidità data dalle sue crudeli azioni.
Era rinato.
Per morire di nuovo.
Era successo per caso, nonostante si fosse reso conto che quel sentimento era dormiente in lui da molto, molto tempo. Era stato Lily a spronarlo con qualche imbeccata e lui aveva notato con sgomento di avere la mente sempre occupata da un pensiero fisso, che prima gli era parso normale, ma ora sembrava nuovo e innaturale: Levy.
Si era innamorato. Il suo cuore di ferro si era fuso per una creatura fragile e meravigliosamente pura, senza colpe, senza peccati, senza oscurità al suo interno. Era un angelo di luce, una ragazza solare e intelligente che voleva bene a tutti, indistintamente, tanto da arrivare a proteggere il suo nemico ed aiutarlo nel momento del bisogno.
Si era innamorato di qualcuno di perfetto che non sarebbe mai stato alla sua portata.
E Gajeel aveva capito che quello era il prezzo che avrebbe dovuto pagare per essere stato un demone di mera malvagità, un essere senz’anima.
Quello sarebbe stato il suo più grande peccato.
E per espiare le sue colpe avrebbe dovuto amarla in silenzio per tutta la vita, perché il suo amore non sarebbe mai stato ricambiato e lui non avrebbe mai potuto guardare nessun’altra. L’avrebbe protetta, resa felice come meglio poteva senza mai toccarla, senza avvicinarsi o richiamare la sua attenzione. Sarebbe stata la sua salvezza e la sua rovina.
E a lui vivere così andava bene.
Poi Fairy Tail si era sciolta e lui era fuggito da sé stesso e dal suo amore. Ma ogni errore ha il suo prezzo da pagare e quando anche Levy era approdata al Concilio Gajeel aveva capito che lui, il suo, ancora non l’aveva pagato. Allora era rimasto al suo fianco, come sempre, geloso e possessivo nei confronti di qualcosa che non avrebbe mai potuto avere.
Finché Lily non gli aveva aperto gli occhi facendogli capire che Levy lo amava e lo ricambiava da tempo, e quella consapevolezza aveva portato una strana euforia che lo aveva reso intraprendente. Erano iniziati così i baci, le notti passate l’uno accanto all’altra, le passeggiate al chiaro di luna. Nessuno dei due aveva mai esplicitato il suo amore, però.
La spada di Damocle pendeva ancora sulla testa di Gajeel, il peso di ciò che era stato pesava sulle sue spalle come una roccia immensa. Il senso di colpa gravava su di lui e le sue giornate erano diventate frenetici tentativi di scaricare le energie per riuscire a dormire la notte. Levy aveva notato il logoramento interiore e aveva cercato di stargli vicino, di aiutarlo. Ma le notti passate al suo fianco, a trasmettergli calore con i suoi abbracci non servivano più, e troppe volte lei si era svegliata con un posto vuoto e freddo accanto a sé.
La svolta era avvenuta senza preavviso, una mattina come tante altre in cui doveva indagare sul suicidio di un giovane mago che, perso il controllo della magia, aveva ucciso la ragazza che amava. Aveva dei precedenti penali abbastanza pesanti, ma di uccidere la donna non aveva motivo. Gajeel aveva osservato la stanza del delitto con disgusto, soffermandosi ad osservare il fantoccio ormai privo di vita che era il corpo del mago.
- Il tuo più grande peccato è stato quello di amare – aveva sputato tra i denti serrati. – La feccia come te non dovrebbe provare simili sentimenti, finisci per ferire e basta.
Parole che si ripeteva ogni notte quando si svegliava e le braccia di Levy lo circondavano per proteggerlo. Se dai suoi demoni interiori o dal richiamo della fuga, ancora non l’aveva capito.
Levy aveva sorriso dolcemente e aveva abbassato lo sguardo. – Non è una colpa innamorarsi – aveva mormorato in un sussurro udibile solo dall’orecchio di un drago. – Probabilmente è il più grande atto di coraggio, amare. E tira fuori l’umanità anche dei criminali più incalliti. Non è mai un errore.
Gajeel aveva riflettuto su quelle parole tutto il giorno e la notte e il giorno dopo ancora. E aveva capito che l’amore non era il suo più grande peccato, ma la sua unica chance di redenzione. Perché lo stava ingentilendo, migliorando, plasmando come creta nelle abili mani di Levy. Amare non è mai una colpa, un peccato o uno sbaglio. Innamorarsi è sempre la cosa migliore che possa capitare a chiunque. E a lui, che era successo, era stata offerta una grande opportunità.
Per questo si sentì toccare il cuore dalle parole della prima master. Nei suoi occhi grandi di saggia donna intrappolata in un corpo di bambina vedeva una tristezza sconfinata e un senso di colpa e ripugnanza per sé stessa che erano specchio di ciò che c’era nel cuore di Gajeel. Prima non gliene sarebbe fregato nulla, ma quel Gajeel impassibile e stoico non esisteva più. Senza Levy non sarebbe diventato una persona vera. Senza Fairy Tail non avrebbe conosciuto Levy. E senza Mavis non sarebbe entrato a Fairy Tail. Si rese conto di dovere tutto a quella donna che nella vita aveva sofferto più di lui e aveva sopportato disavventure più grandi di quelle che chiunque potrebbe affrontare. Il suo amore per la vita e per loro, la sua famiglia, era sconfinato, e in una famiglia ci si aiuta a vicenda.
E poi, lui aveva un debole per i bambini.
- Non è un peccato innamorarsi – disse senza pensare. Le stesse parole che Levy gli aveva detto poco tempo prima risuonarono nella vasta sala innaturalmente silenziosa di Fairy Tail. – Non puoi nemmeno arrestare qualcuno per questo – aggiunse, braccia incrociate sul petto ed espressione immutabile come se stesse parlando di missioni o allenamenti e non di sentimenti comprensibili solo a chi li prova.
Mavis sollevò lo sguardò e lo osservò con sgomento, gli occhi chiari aperti sul mondo e una scintilla di gratitudine nelle iridi ricolme di paura.
Levy si girò, le gote rosee e lo stupore dipinto in faccia di fronte alle parole che lei stessa gli aveva rivolto. C’era qualcosa nella sua voce, nella facilità con cui aveva detto quella frase, che le fece capire che lui sapeva cosa significava condannarsi per il proprio amore.
Gajeel incrociò brevemente il suo sguardo, ma lo distolse subito per impedire agli altri di notarlo. Si accorse quasi per caso dei quattro uomini che lo fissavano con le mascelle talmente aperte da sembrare slogate.
- Cosa volete, vecchi?! – sbraitò verso Makao, Wakaba, Jet e Droy.
L’attenzione di Mavis venne poi catturata da Erza, Mirajane, Lisanna, Lucy e tutti gli altri. Ma Levy non stava più ascoltando. Fissava Gajeel con insistenza, sperando che il suo impegno nel cercare di bucargli il petto con gli occhi penetranti lo spingesse a guardarla.
E così fu.
Gajeel la guardò di sottecchi, per vedere la sua reazione, e Levy addolcì lo sguardo. Fece per parlare, ma richiuse la bocca e si osservò i piedi. Poi sorrise dolcemente e quando rivolse di nuovo lo sguardo a Gajeel notò che anche lui sorrideva leggermente.
Perché amare non è una colpa.
Non far sapere i propri sentimenti a qualcuno che si ama è una colpa.
E Gajeel aveva intenzione di non sbagliare più. Soprattutto perché il sorriso e gli occhi lucidi di lacrime di Levy gli suggerivano che ormai lui, di colpe, non ne aveva più.
  
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