Film > Una tomba per le lucciole
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Autore: Generale Capo di Urano    12/09/2015    2 recensioni
La strada davanti a lui era buia e deserta.
Era notte e le stelle brillavano. Guardò in alto.
Lucciole. Ecco cosa sembravano, tante piccole lucciole sparse nel cielo. Alzò le braccia, lo sguardo perso nel vuoto; agitò le mani, come se cercasse di acchiapparle, finendo per cadere miseramente a terra.
Rimase con la guancia premuta sul terreno per un tempo che parve infinito; allungò con fatica un braccio, tentando di riprendere ciò che gli era caduto.
Le sue mani si strinsero su qualcosa di morbido. I suoi occhi fissarono quelli dipinti e vuoti di una vecchia bambola di pezza, con gli abiti lisi e strappati.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Something side this heart has died 


La strada davanti a lui era buia e deserta.
Era notte e le stelle brillavano. Guardò in alto.
Lucciole. Ecco cosa sembravano, tante piccole lucciole sparse nel cielo. Alzò le braccia, lo sguardo perso nel vuoto; agitò le mani, come se cercasse di acchiapparle, finendo per cadere miseramente a terra.
Debole. Era troppo debole.
Le stelle sembravano lucciole. Loro però non morivano.
Avrebbero continuato ad illuminare le strade per migliaia di anni, mostrando la via ai viaggiatori dispersi. Avrebbero guidato anche lui, per non farlo perdere?
Perdersi… e come, se neppure aveva una meta? Non più, ormai.
Rimase con la guancia premuta sul terreno per un tempo che parve infinito; allungò con fatica un braccio, tentando di riprendere ciò che gli era caduto.
Le sue mani si strinsero su qualcosa di morbido. I suoi occhi fissarono quelli dipinti e vuoti di una vecchia bambola di pezza, con gli abiti lisi e strappati.
“Setsuko…”
 
 

“Fratellone! Guarda, fratellone!”
Seita si girò verso la sorellina, che saltellava verso di lui agitando qualcosa tra le mani, la mantellina blu svolazzante sulle sue spalle.
“Setsuko, non correre, potresti cadere!”
La bambina ignorò le parole del ragazzo, camminando in fretta nella sua direzione; lo raggiunse con un enorme sorriso, alzando le braccine per mostrargli ciò che tanto la rendeva contenta. “Guarda, fratellone! Me l’ha regalata la mamma!”
 Gli occhi di Seita osservarono una piccola bambolina di pezza, dal volto bianco e il vestitino rosa, sballottata qua e là da un’entusiasta e irruente Setsuko, che rideva allegra sventolando il suo piccolo tesoro davanti al volto del fratello. “Allora? Hai visto? Non è bellissima?”
Il ragazzino sorrise nel vedere la sorellina alzare al cielo la bambola lanciando versetti di gioia.
“Fratellone! Vieni a giocare con me!”
 
 

Si rialzò a fatica, riprendendo poi il suo corso, fissando il sentiero davanti a sé che si allungava fra i campi.
La luna crescente illuminava la strada, facendo luccicare i sassolini bianchi sparsi sul terreno, come in una fiaba. Metteva un piede dietro l’altro, lentamente, il passo di qualcuno che ormai non ha più nessuno da cui correre.
Aveva avuto paura. Sì, ne aveva avuta, ma non l’aveva mai mostrata.
In quel momento, avrebbe dato tutto pur di trovarsi sotto una di quelle bombe. Una di quelle che gli avevano detto aver distrutto due delle più grandi città: sarebbe stato tutto così facile…
Un bivio; si fermò.
Sollevò la bambola, osservandone il viso illuminato dalla luce lunare. Sorrideva.
 
 

“Fratellone?”
Setsuko gli si avvicinò, posizionandosi tra le sue gambe; il ragazzo appoggiò a terra la rivista, puntando gli occhi su quelli piccoli e scuri della sorellina.
La bambina si rigirava tra le mani la sua bambola, con fare nervoso. “Fratellone, quand’è che andiamo a trovare la mamma?”
Seita trasalì, abbassando lo sguardo. Il suo viso si adombrò, la voce si fece grave. “Più tardi, Setsuko. I dottori dicono che non possiamo disturbare la mamma, ha bisogno di riposare... Noi non vogliamo che peggiori, no?”
La piccola scosse la testa, spaventata.“No, no! È solo…” parlò con un tono basso, triste. “È che mi manca tanto.”
Abbracciò la bambolina. “Anche a Mayu manca.”
Il fratello le posò una mano sulla testa, dipingendosi sul volto un sorriso falso. “Tranquilla, Setsuko: ti prometto che appena sarà possibile la andremo a trovare.”
La sorella gli sorrise contenta, alzandosi poi di scatto e saltellando verso il piccolo piano nell’angolo della stanza. “Fratellone, cantiamo una canzone?”
 

Il villaggio cominciò a riempirsi di gente; il chiacchiericcio delle donne e le urla dei bambini gli riempirono le orecchie, destandolo da quella sorta di torpore in cui era caduto.
Non ricordava quando e come fosse arrivato lì, ma aveva deciso di fermarsi, solo per un po’. Chissà se qualcuno, mosso a pietà, avesse potuto decidere di aiutarlo.
Illuso…come se quelle persone non avessero già abbastanza grane a cui pensare.
Osservò, quasi incantato, un gruppo di bambini giocare tra di loro; dovevano avere tutti pressappoco l’età di Setsuko… Le femmine giocavano alla larga dai maschi, i quali però non mancavano di avvicinarsi ogni tanto a fare qualche dispetto.
Senza accorgersene, si ritrovò a sorridere. Appena un poco.
A malapena si accorse della bimba che gli si era accostata, piano piano, e che in quel momento lo fissava con gli occhi sgranati.
“Ehi, bambino, vuoi giocare con noi?”
Seita sussultò, girandosi per guardarla. “Eh? Io? N-no… no, stavo solo…”
La piccola piegò la testa da un lato. “Sembri stanco. Hai fame? Papà dice che le persone stanno meglio dopo che hanno mangiato” mise una mano tra le pieghe del vestito, tirandone fuori quella che aveva tutta l’aria di essere una piccola mela raggrinzita. “Ecco, tieni questa!”
Il ragazzo la prese con mano tremante. La divorò in forse un paio di secondi; fissò la bambina, che lo guardava con occhi pieni di aspettativa. “Stai meglio?”
Annuì. Quella bambina gli ricordava tanto la sua sorellina…
“Come ti chiami?”
“Hiroko…”
“Tieni, Hiroko.”
La piccolina si vide offrire una piccola bambolina di pezza, dagli abiti consunti e gli occhi scrostati. “Per…per me?”
Seita annuì. “Per ringraziarti di essere stata tanto gentile. Ti prego, trattala bene: è molto importante.”
Gli occhi di Hiroko brillarono, mentre prendeva tra le mani il giocattolo. “Grazie!” cominciò a correre verso le amiche, decisa a mostrare loro il suo nuovo tesoro, salvo poi fermarsi a metà strada e tornare a girarsi verso il giovane “Allora, non vieni a giocare con noi?”




“Fratellone, ma le lucciole non fanno la guerra tra di loro, vero?”
Il fratello la guardò, stupito. “Certo che no, Setsuko. Perché mai mi fai questa domanda?”
La bambina rimase sdraiata a osservare il cielo, alzando ogni tanto le braccine come per acchiappare le nuvole che si muovevano sopra di loro. “Perché loro muoiono così presto. Non è giusto: loro sono buone e muoiono subito. E invece a quelli cattivi non succede niente.”
Seita la osservò, sconcertato, mentre la sorellina girava la testa a fissare la piccola buca che aveva scavato per quei piccoli insetti. “Perché nessuno fa delle tombe per loro? Anche loro dovrebbero averne, come tutti gli altri.”
Il ragazzo abbassò lo sguardo, cupo, cominciando a fare disegni sul terreno con l’indice. “Già…tutti dovrebbero averne una.”
Setsuko cominciò a dondolarsi avanti e indietro, tenendo Mayu tra le braccia. “Allora lo faremo noi.” sorrise, allegra. Con quella sua ingenuità infantile, credeva ancora di poter fare tutto.
Il maggiore cercò di scostare i cattivi pensieri, ricambiando il sorriso. “Ma certo.”
La piccola si alzò in piedi, mettendosi a correre tutto intorno, tenendo la bambola sopra la testa come per farla volare. “Fratellone, fratellone, giochiamo!”
Seita la raggiunse, afferrandola e sollevandola verso il cielo. “Vuoi volare, Setsuko?”
Ella rise. Non lo sapeva, ma sarebbe stata una delle ultime volte che avrebbe potuto vederla così.



Respirò a fatica.
Aveva fatto un sacco di strada per arrivare in città. Eppure, lì la gente sembrava fregarsene ancor meno di un ragazzo affamato ed esausto.
Ne aveva visti molti altri come lui: tutti ignorati, lasciati a loro stessi. Alla fine, aveva perso la speranza; si era fermato in una stazione ferroviaria, incantato a osservare il viavai di gente che saliva e scendeva dai treni.
Dopo un po’, si era lasciato andare appoggiandosi a uno dei tanti pilastri della struttura.
Si chiese cosa stesse facendo in quel momento la bambina del villaggio. Pensò a dove potesse trovarsi Setsuko: in un posto migliore, sperava.
Strinse tra le dita la piccola scatolina di metallo.
“Tutti hanno diritto ad avere una tomba…”
Una lacrima gli solcò il volto incavato. L’ultima.
Da quel momento in poi, avrebbe smesso. Smesso di piangere, di disperarsi, di preoccuparsi… smesso di provare qualsiasi cosa.
Non seppe neppure lui per quanto tempo rimase in quello stato di inerzia.
Da quell'angolo, Seita non si mosse più.



 
 
 
   
 
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