La meccanica del cuore
Í LA PIETÀ NON È UN VALORE DEGLI ESORCISTI Í
quattordicesima
notte
Hellionor mugolò, stringendosi i cuscini alle
orecchie mentre soffocava contro il materasso. C’era un deficiente che
continuava a bussare alla sua porta, le urla le arrivavano ovattate per i
guanciali che impedivano a quei fastidiosi tonfi di fracassarle il cervello.
«Ho capito!» urlò poi, mettendosi a sedere
mentre una botta più forte colpì l’uscio, facendo tremare anche i vetri.
Chiunque fosse, era intenzionato a spaccare quella porta se lei non fosse
uscita entro trenta secondi dalle coperte. «Ho capito, ho detto!» disse,
alzando ancora la voce, attraversando con tre falcate la stanza per spalancare
quella maledettissima porta.
«Finalmente la principessa si è degnata di
mostrarsi al cospetto di noi poveri stronzi!», Enea sembrava davvero furioso.
Che aveva fatto ora, lei? Hellionor si sforzò di non sbattergli la porta in
faccia, coprendosi la bocca prima di sbadigliare, «E hai pure il coraggio di essere
stanca!» continuò lui, agitando le braccia in aria.
Rebecca, alle sue spalle, sembrava mortificata
ed imbarazzata. Qualcuno sarebbe di sicuro andato a vedere che diavolo stava
succedendo.
La ragazza respirò profondamente, come se quella
sull’orlo di una crisi isterica fosse lei. Si passò entrambe le mani tra i
capelli scombinati e si aggiustò la maglia della divisa, tirando giù le
maniche.
«Mi dispiace, ok?» disse, cercando di mantenere
la calma. Litigare (di nuovo) con Enea non rientrava nei suoi piani. «Cos’è
successo?» chiese, osservando la sua espressione corrucciata che, in realtà, lo
rendeva più vecchio di quello che era. Avrebbe voluto dirgli «su con il
morale!», ma dato che qualsiasi cosa lei facesse sembrava fargli perdere le
staffe, assecondarlo le sembrava la cosa migliore.
Dopotutto, era lei la «novellina».
«Vestiti» si limitò a dirle. Non era più
paonazzo dalla rabbia, e il colorito abbronzato della sua pelle gli donava
molto di più rispetto alla carnagione pomodoro che aveva pochi attimi prima.
«C’è stato un attacco» spiegò brevemente, appoggiando una mano sulle due spade
gemelle che teneva legate in vita alla cintura – non si era accorda che
nell’impugnatura ci fossero due pietre simili a degli… occhi? Che cosa
strana. «A quanto pare sono sparite delle pecore mentre tu te ne
stavi tra le braccia di Morfeo».
Lei non conosceva nessun Morfeo.
Hellionor schiuse le labbra per chiedere
informazioni sull’accaduto, ma un uomo arrivò quasi in scivolata dietro ad
Enea, aggrappandosi all’esorcista, spingendolo a lato come per entrare nella
conversazione.
«Nobili esorcisti!» ansimava per lo sforzo e,
sebbene le guance fossero rosse per la corsa, il resto del volto era pallido e
sudato, «Dovete venire subito!».
Rebecca sbucò afferrandolo gentilmente per le
spalle, «Venga con me… è scosso. Se non si calma non potrà aiutare gli
esorcisti e loro non potranno aiutare lei» aveva una voce tranquilla, che
ispirava fiducia. L’uomo annuì, girandosi mentre scompariva assieme alla
finder, lungo il corridoio e poi giù per le scale.
Hellionor sbirciò oltre la porta le due figure
allontanarsi lentamente. Quando anche le loro ombre scomparvero, Enea sospirò,
come per riacquistare l’attenzione dell’altra, «Tra dieci minuti ti voglio di
sotto» disse severo, passando in rassegna tutta la stanza della ragazza.
Hellionor si sentì improvvisamente in imbarazzo:
aveva lasciato la divisa a terra come il peggiore degli stracci e la sua
valigia era stata capovolta sul tappeto, anche se non era affatto necessario.
Le venne quasi da ridere quando si ricordò delle due mele mangiate sul
davanzale della finestra e la bottiglia di sidro mezza vuota. Si fece forza,
alzando lo sguardo verso Enea che, proprio come un padre, scuoteva la testa.
Si aspettava che le dicesse qualcosa tipo «Metti
immediatamente in ordine la stanza, signorina, altrimenti niente cena!».
E invece non le disse nulla. I suoi occhi si
soffermarono un attimo su qualcosa che Hellionor non riuscì a capire e poi si
abbassarono, osservandola ancora un attimo. Poi, senza aggiungere nulla di più
di quello che aveva detto, fece dietrofront e sparì nella stessa direzione di
Rebecca e dell’uomo.
* * *
Scese le scale, stringendo la lancia nella
mancina mentre con la destra si teneva al corrimano, prima di entrare
nell’unica sala illuminata dal camino e dalle lampade ad olio. Appoggiò la
lancia fuori dalla stanza – non voleva che quel poveraccio si spaventasse
ulteriormente.
Aprì piano la porta, cercando di essere
invisibile, ma i cardini la tradirono stridendo, accompagnando la sua entrata
in scena con un lugubre lamento. Hellionor provò a sorridere, stringendosi
nelle spalle, e si avvicinò alla poltrona su cui era seduta Rebecca che, sempre
gentile, stava chinata verso l’uomo seduto accanto a lei.
«Come si chiama?» gli domandò.
L’uomo alzò il volto dalla ciotola fumante,
«Senan» biascicò, «Stavo facendo rientrare le mie pecore dal loro giro vicino
al Brú na Bóinne, la mia fattoria è al confine del villaggio, stavo guidando le
pecore nel recinto quando la terra ha iniziato a tremare…».
Senan si bloccò, affondando il viso nel brodo
caldo, singhiozzando. Hellionor non riusciva a capire se stesse piangendo per
aver perso le pecore o per lo spavento. In qualche modo, si sentì davvero
dispiaciuta. Avrebbe voluto avvicinarsi e poggiare una mano sulla spalla del
vecchio, ma lo sguardo serio ed impassibile di Enea la congelò sul posto. Lui,
a differenza di lei, non sembrava empatizzare per niente. In qualche modo, si
sentì improvvisamente fuori posto.
Forse non era tagliata per fare l’esorcista. Da
quanto era arrivata a Slane, non aveva fatto altro che guai e, di certo, non
aveva dimostrato di essere «pronta ad agire».
Se voleva diventare una brava esorcista, se
voleva diventare come Enea, allora era il caso di iniziare a muoversi. Si schiarì
la gola, raddrizzando le spalle, sforzandosi di prestare attenzione al
discorso.
«Il cane è scappato e le pecore sono andate in
panico» disse, la voce era rotta dai singhiozzi mentre la scodella ballava tra
le sue dita. Hellionor trattenne il respiro, era quasi sicura che sarebbe
caduta da quella presa che le sembrava debolissima. «Si stavano spargendo per
tutta la fattoria, c’è stato un enorme trambusto e si è alzata della polvere…»
si fermò, respirando a fondo, «mi sono coperto gli occhi, ho sentito le pecore
belare e poi il silenzio. Il mio Lucky è scomparso. C’era solo quella stupida
pecora nera sbucata da non so dove. Neanche l’avevo vista!», uno spasmo lo
colse di sorpresa e il brodo gli finì sulle mani, ma il caldo non sembrò fargli
male.
Enea mosse le spalle accanto a lei, prima di
avvicinarsi a Senan e chinarsi davanti a lui. Gli prese la ciotola dalle mani,
appoggiandola sul tavolino davanti alle poltrone. «Aggiusteremo tutto» lo
rassicurò, accennando ad un sorriso.
Allora anche Enea sapeva sorridere.
Senan sgranò gli occhi, alzandosi di scatto. La
poltrona strisciò all’indietro sul parquet malconcio.
«È stato il demonio, nobili esorcisti» disse,
«Quella pecora nera è stata mandata da Lucifero! Dove c’è lei le pecore
scompaiono…». Alla luce del camino, il suo volto sembrava ancora più pallido.
Gli occhi, chiarissimi, assomigliavano a due biglie di vetro, contornati da
rughe rese più profonde dalle ombre sul suo viso. Il fuoco che ballava vicino a
loro, sembrava le fiamme dell’inferno, «Il demonio si è mangiato le mie pecore
e il mio cane!» continuò, prima di coprirsi gli occhi con entrambe le mani,
tentando di soffocare il pianto.
Hellionor fissò Enea, ancora chinato a terra. Si
aspettava che lo calmasse, che lo rassicurasse come aveva fatto poco prima.
Invece il ragazzo si limitò ad alzarsi, controllando che la cintura fosse ben
salda sulla vita. Fece il giro della stanza e, arrivato alla porta, si girò a
guardarla, «Non vieni, Hellionor?» le disse retorico.
Non l’aveva chiamata spesso per nome.
Si girò a guardare un’ultima volta Senan,
piegato in due dal dolore e dal terrore, mentre Rebecca cercava di
tranquillizzarlo e i padroni della locanda comparivano dalla porta che
collegava il salotto alla cucina. «Arrivo» annuì, avvicinandosi a lui, portandosi
le mani alla nuca per controllare che i capelli fossero ben stretti
nell’elastico.
La pietà non era un valore che gli esorcisti
coltivavano.
* * *
Il villaggio era caduto nel silenzio più totale.
Le poche persone uscite all’alba dalle loro case stavano facendo immediatamente
ritorno, mormorando preghiere e facendo ripetuti segni della croce. Chiudevano
le finestre, lanciando loro occhiate che Hellionor non riusciva a capire.
Quando il vento si alzava, riusciva a sentire
l’odore della cenere provenire da ovest. Era un profumo stranamente dolce per
essere assimilato alla morte. Si girò verso Enea quando l’apertura metallica
della sua tabacchiera scattò, lo osservò mentre si accendeva la sigaretta e poi
ritornò a guardarsi attorno, in silenzio.
«Prima perlustreremo la zona di Brú na Bóinne, a
cinque chilometri da qui» la informò lui, «Poi passeremo in rassegna tutte le
fattorie e cerchiamo qualcuno che possa dirci di più su questa dannatissima
pecora nera».
Sembrava stressato. Forse pensava che la missione
sarebbe stata molto meno complicate di come si presentava.
«Credi che sia l’Akuma?» gli domandò senza
interesse, calciando le pietrine dalla propria strada.
«Da quello che ha detto Senan, la pecora nera
era presenta in tutti gli attacchi» commentò, «Nel fascicolo della missione,
inoltre, è stato scritto che queste scomparse sono iniziate quando un uomo ha
ceduto il suo gregge ad un vecchio amico, dato che doveva partire per
l’America».
Enea si girò a guardarla. Non l’aveva mai
fissata in quel modo così diretto – era uno sguardo molto diverso da quelli che
aveva ricevuto nelle sue prime due settimane di permanenza all’Ordine. C’era
qualcosa, in quegli occhi verdi, che la faceva sentire fuori posto. Si sentiva
giudicata.
Spostò lo sguardo, osservando la fila di
finestre chiuse.
«Se l’Akuma è la pecora, ucciderlo non sarà
difficile» commentò, «Anche se dubito che quella sia la sua vera forma».
«Suppongo che bisogna essere sempre pronti a
tutto…» borbottò lei.
«Vedo che inizi ad entrare nella logica
dell’esorcista».
Evidentemente, nella testa di Enea, quello
doveva essere un complimento.
«Non ho altra scelta» scherzò lei, spostandosi
la lancia da una mano all’altra, prima di aumentare il passo ed uscire dai
confini del villaggio.
* * *
Hellionor si lasciò cadere a terra, appoggiando
le spalle al recinto vuoto. Sospirò, passandosi le mani sulla fronte imperlata
di sudore, nonostante le temperature iniziassero a calare. Il freddo le stava
congelando le orecchi e il naso e respirare sembrava diventare sempre più
difficile.
Stupida lei che aveva acconsentito a badare
tutta la notte all’ultimo gregge di Slane! Sospirò, osservando Enea mentre
buttava a terra la cicca e la spegneva con il tacco degli stivali. Contro ogni
sua previsione, lo osservò mentre estraeva le sue due sciabole, puntando le
pietre verso il basso, mentre i polsi erano rivolti verso il cielo del
tramonto, tinto di arancione e viola. Sentì un fischio leggero, osservando le
labbra increspate di Enea, era ovvio che fosse lui ad intonare quelle due note
– risuonavano nella landa infinita di quella contea. Un brivido le attraversò
la schiena, aveva l’impressione di essere la spettatrice di un rito celtico e
assolutamente personale, come se Enea stesse offrendo la sua vita al cielo e
alla terra. Avrebbe voluto alzarsi ed avvicinarsi, cercare di capire meglio che
cosa stesse facendo.
Le due sciabole iniziarono a deformarsi,
allungandosi all’indietro, prendendo velocemente la forma di un quadrupede.
Erano più grandi di qualsiasi animale lei avesse mai visto e, doveva
ammetterlo, di una bellezza che non apparteneva a quel mondo. Osservò mentre
acquistavano forma e colore, uno bianco e l’altro nero, diversi nei dettagli
ma, in qualche modo, simili. Li guardò mentre mugolavano come fossero dei cani,
chinando il capo per appoggiare il muso sui polsi di Enea. Le sembrò che il
ragazzo ridesse, mentre alzava le mani per lasciare delle carezze al capo dei
due animali.
Poi, d’improvviso, quello nero si alzò su due
zampe, appoggiandosi sulle spalle di Enea che dovette piantare bene i piedi a
terra per non cadere all’indietro. L’animale strusciò ripetutamente il volto a
quello del padrone, e la risata di Enea si diffuse per tutta la pianura.
Hellionor sorrise. C’era qualcosa di magnifico
in quella scena, e il contatto delicato con cui i due animali avevano sfiorato
i polsi di Enea la fece di nuovo rabbrividire. Era come se lui avesse lasciato
la propria vita in mano a quella che, ormai era chiaro, fosse la sua Innocence.
Non poteva nemmeno immaginare che legame ci potesse essere con l’Innocence
– quella vera – e si
sentì improvvisamente una ladra ad aver assistito a tutto quello.
I due animali si sedettero davanti ad Enea, le
code lunghissime si agitavano, sfiorando l’erba come una carezza. L’esorcista
mormorò qualcosa a bassa voce, continuando ad accarezzare i musi dei due
animali, prima di fischiare nuovamente ed osservarli girarsi e correre,
sparendo dietro la fattoria.
Enea si girò verso di lei, raggiungendola poi a
terra, liberando una nuvoletta bianca dalle labbra.
«Era la tua Innocence?» domandò Hellionor,
stringendosi le ginocchia al petto, cercando di scaldarsi.
«Sorrow e Severance» rispose, infilando le mani
sotto la giacca, «Sono degli spiriti animati dall’Innocence, diciamo» in
qualche modo, le sembrava che Enea stesse cercando di spiegarle le cose nel
modo più semplice possibile, «Le mie sciabole sono state forgiate nella sede
Asiatica tantissimi anni fa, e sono un po’ combinate con la magia… non è una
cosa così inusuale, alla fine».
Prima che lei potesse fargli altre domande, Enea
si alzo, stiracchiandosi con le mani a sorreggersi la base della schiena,
«Cerchiamo un posto dove poter sorvegliare le pecore senza morire di freddo» le
suggerì, indicandole il fienile. Hellionor si alzò, pulendosi il sedere dalla
terra e dall’erba umida mentre lo seguiva, cercando di formulare una domanda
sensata, «Quindi l’Innocence può dare un corpo a degli spiriti?».
«Può anche dare vita a delle bambole» ribatté
lui, «Far muovere o scomparire gli oggetti, dominare gli elementi naturali, il
tempo» fece una pausa, come se dovesse preparasi a rivelarle qualcosa di
veramente importante, «Si dice anche che possa far ritornare in vita le
persone» sul suo viso c’era un sorriso triste.
«Davvero?».
Enea alzò le spalle, prima di spalancare la
porta del fienile, tenendola aperta per farla entrare, «Il Signore opera per
vie misteriose» le disse, accendendo le lampade ad olio appese vicino
all’entrata, prima di chiudere la porta.
L’idea di passare la notte a guardare delle
pecore recintate dalla finestra di un fienile non le piaceva. Ma di certo non
si sarebbe lamentata. Le era già capitato di dormire in una fattoria, in
Francia, e il fieno, nonostante pungesse, rimaneva comunque abbastanza comodo e
caldo.
«La tua, invece?» la domanda le arrivò di
sorpresa. Hellionor si pietrificò sul posto e il fieno quasi le cadde dalle
mani.
«La mia Innocence, dici?» appoggiò a terra le
balle di fieno, ritornando indietro a riprendersi la lancia, abbandonata contro
il muro «È parassita» si limitò a spiegare, sedendosi poi sul cumulo di fieno,
piantando gli occhi verso la finestra. Se si dimostrava attenta a fare il suo
lavoro da esorcista, forse avrebbe smesso di farle domande.
Enea si avvicinò, l’odore di sigaretta ed erba
che si era depositato sulla sua divisa le impregnava le narici. La sua
presenza, in qualche modo, ora sembrava soffocarla. «Capisco…» le disse,
facendo morire lì in discorso.
Il pastore stava rientrando, mettendo le sue
pecore nel recinto. Non era successo niente, a differenza di quanto Senan
avesse raccontato, e anche per le due ore successive non c’erano state
anomalie. Hellionor sospirò, alzandosi e sbadigliando. La moglie del contadino
era entrata nel fienile, offrendo loro del sidro per scaldarsi durante la loro
permanenza. Li ringraziò per quello che stavano facendo anche se, mentre
usciva, borbottava preghiere e divagava su come il diavolo fosse impossibile da
scacciare senza il diretto intervento divino.
«Vado in bagno» sentenziò Hellionor,
sciogliendosi i capelli per rilegarli nuovamente, stringendo il laccio.
«Non c’è un bagno nel fienile».
«Lo so, avevo intenzione di andare dietro al cespuglio
qui fuori, in realtà» sorrise lei, incamminandosi verso la porta, «Vuoi
controllare?».
Enea si girò nuovamente verso la finestra ed
Hellionor sorrise, aprendo la porta quel che bastava per sgusciare via. Non
aveva visto molte donne nell’Ordine e, in realtà, aveva iniziato ad avere seri
dubbi che Enea conoscesse qualcuno del sesso femminile al di fuori di Rebecca e
la certa Lenalee Lee con cui aveva fatto il viaggio verso la Sede Centrale. Lei
era cresciuta in un Orfanotrofio fatiscente e poi per strada – se aveva avuto
buone maniere da sua madre, di certo le aveva dimenticate. Avrebbe dovuto
seguire anche tutte quelle imposizioni che la società dava per le donne? Essere
sempre educate e gentili? Sospirò, facendo ritorno al fienile: non ce l’avrebbe
mai fatta. Piuttosto che imparare tutto quello che non aveva imparato in
diciotto anni di vita, avrebbe di certo preferito cambiare sesso.
«Come mai indossi quella cosa?» chiese Enea,
osservandola mentre si stringeva la fascia in vita.
«Mi aiuta a tenere dritta la schiena» disse lei,
stringendo il nodo di quella specie di cintura arrangiata. Era sincera – ma a
quanto pare Enea non l’aveva presa sul serio e rideva sotto i baffi, «Guarda
che dico sul serio!» ribatté lei, allungandosi verso di lui, «Ogni tanto ho mal
di schiena e mi hanno sempre detto di provare almeno a
tenere la schiena dritta, dato che ho i piedi che vanno in dentro e le spalle
un po’ chiuse» borbottò, incrociando le braccia.
Le pecore iniziarono a belare, agitandosi nel
recinto mentre la terra sembrava davvero tremare. I cardini
dell’entrata della staccionata saltarono giù e le pecore si sparsero per la
pianura, mentre le scosse diventavano sempre più forti. Hellionor afferrò la
propria arma mentre Enea correva verso l’entrata, uscendo dalla fattoria.
Sembrava uno scherzo del destino. Le pecore
sparivano una ad una, come ingoiate dalla terra, e di loro non rimaneva altro
se non cenere e polvere. Dalla casa, i due contadini uscirono in vesti da notte
mentre la donna iniziava ad urlare, disperandosi nel vedere la loro fonte di
sostentamento sfuggire davanti ai loro occhi. Immediatamente Sorrow e Severance
fecero la loro comparsa, correndo verso le poche pecore rimaste.
Il silenzio accompagnò la polvere mentre si
depositava a terra, e i due spiriti mugolavano grattando a terra, con il muso
nella cenere.
In lontananza, la pecora nera brucava in
solitudine, scuotendo il campanello che teneva attaccato al collo.
Enea guardò la sua innocence correre nel prato,
sembrava confusa, continuava a scavare con le zampe e ad uggiolare mentre lui
ed Hellionor se ne stavano lì, cercando di capire che diavolo stessero facendo.
«Grattano la cenere» gli disse Hellionor, e la
frase lo infastidì quanto il non riuscire a richiamare e ad acquietare i suoi
animali.
«Non è quello che dovrebbero fare, dato che
sanno fiutare gli akuma» le rispose tendendo il braccio con il palmo verso
l’alto, fischiando una melodia diversa per ordinare a una sola delle due armi
di disattivarsi.
Hellionor avrebbe voluto dirgli che forse
funzionavano un po’ male, e che invece dell’akuma stessero fiutando il suo
veleno, ma mentre la voce del pastore urlava che la pecora era una creatura di
satana, una grossa voragine si aprì sotto di questa, trascinandoli in un
turbinio di terra e polvere che li separò dalla fattoria.
Sentì la voce di Enea chiamarla, l’ululato di
Sorrow riecheggiare attorno a loro mentre la terra sotto i loro piedi vibrava e
si crepava in grosse zolle d’erba, e poi una figura grande e scura comparve dal
sottosuolo, seguita da un’altra identica a questa. Il grosso naso a trivella
spazzava via tutto quanto, lasciando intatta solo la parte che circondava la
pecora nera, avvolta da un alone pallido e fluorescente.
«La pecora è l’innocence!» l’affermazione di
Enea le arrivò lontana sebbene avesse urlato per farsi sentire, coperta dal
suono metallico della trivella che picchiava contro la corazza che proteggeva
quell’ammasso di lana nera deforme. Ci mise un attimo per ingranare, il tempo
di guardare Enea sul dorso di Sorrow con la lama sguainata, e poi si lanciò
nella mischia, stringendo la lancia fra le dita. La scagliò con tutta la forza
che aveva in corpo, colpendo senza nemmeno scalfire il primo akuma, riuscendo però a distogliere
la sua attenzione dal frammento di innocence.
Riusciva chiaramente a vedere quel grosso mostro
metallico venire verso di lei: gli mancavano gli occhi, e dal momento che il
suo naso non poteva essere utilizzato per sentire gli odori non aveva idea di
come facesse ad orientarsi.
Corse veloce verso uno degli alberi che
costeggiavano il prato, cercando un momentaneo riparo per riuscire a formare
una nuova arma, magari più efficace, quando qualcosa le afferrò l’uniforme con
i denti, scaraventandola su un letto di soffice pelo bianco e morbido. Strinse
la presa attorno alla criniera folta che arrivava fino alla schiena
dell’animale, e poi si girò cercando Enea con lo sguardo, trovandolo alle sue
spalle, a cavallo di Sorrow con la pecora che belava e scalciava fra le
braccia.
Le aveva appena salvato la vita.
«Seguono le vibrazioni del terreno e
l’innocence» le comunicò affiancandola, mostrandole poi la sua lancia spezzata
a metà, «E penso che la tua arma si sia rotta» le comunicò tendendo una mano
per passargliela, ma Hellionor l’afferrò lanciandola a terra, afferrando svelta
il pugnale che teneva nella cintura.
Si tagliò il palmo della mano, prestando
attenzione a non cadere dal dorso di Severance, e poi pensò intensamente a un
arco, lasciando che il sangue le scorresse sul palmo e prendesse la forma dell’arma
che aveva immaginato.
Sorrise soddisfatta mentre Enea la guardava
basito, cercando di capire come fosse possibile quello che aveva appena fatto.
«Crei armi con il tuo sangue?» le chiese, e lei
si limitò ad annuire. Per lui non era difficile immaginare che una cosa del
genere fosse possibile, aveva visto così tanti esperimenti fallimentari prima
dell’arrivo di Komui, alcuni peggiori di quello che probabilmente aveva
davanti.
Avrebbe dovuto capirlo subito che lei non era un
normale esorcista, dopotutto aveva affermato che la sua innocence fosse
parassita, eppure aveva visto la lancia nella sua stanza. L’unica cosa che non
quadrava era che quel genere di esperimenti non erano più legali da anni, e che
Hellionor era comunque lì al suo fianco.
Inspirò profondamente girandosi a guardare i due
grossi akuma che li seguivano, ripetevano in modo inquietante le stesse tre
frasi.
«Vi bucherò il cervello» sbraitò quello di
destra, fermandosi di colpo e puntando la trivella sul terreno, sparendo
sottoterra assieme al secondo.
Enea fischiò ordinando alla sua innocence di
andare più veloce, rivolgendo poi lo sguardo verso Hellionor «Io vado avanti,
tu attaccali alle spalle, se non ti muovi non ti sentiranno» le disse, breve e
coinciso, e poi con altre due note Severance la posò sopra un grosso masso,
lasciandola lì da sola.
Li osservò allontanarsi mentre con un altro
comando le due innocence cambiavano forma, avvolti da piante rampicanti e fiori
colorati. L’erba sotto le loro zampe si allungava e intricava in un’immensa
rete che copriva il terreno mentre lei tendeva l’arco e una freccia nera si
materializzava sulle sue dita, pronta ad essere scoccata.
Vide Enea fermarsi di colpo mentre l’ennesimo
fischio le arriva alle orecchie, distante nel silenzio della notte, e poi la
bestia sulla quale aveva galoppato fino a poco prima fu invasa da un turbinio
di fiamme rosse e gialle che ondeggiavano nel vento come una criniera.
Ci fu un attimo di calma sconcertante, e poi la
terra tremò di nuovo e gli akuma uscirono allo scoperto, riemergendo dal
sottosuolo con un boato. Il primo rimase incastrato nella rete, si dimenava
cercando di liberarsi da quella prigione di rami e foglie, ed Hellionor chiuse
un occhio prendo la mira, cercando di essere precisa e di non sbagliarsi.
Inspirò profondamente e poi scagliò la freccia che trapassò in fretta il petto
di quella grossa talpa, senza però farla esplodere.
«Cazzo!» sibilò fra i denti tendendo di nuovo
l’arco, mentre l’altro akuma forava il terreno con il suo naso, provando a colpire
Enea e i suoi due grossi animali.
Hellionor scagliò un’altra freccia, e poi
un’altra ancora, ma sebbene ad ogni colpo il mostro urlasse, non voleva
comunque saperne di esplodere come faceva di solito. Vide il livello due
afferrare con una delle sue zampe Sorrow, e poi scaraventare lontano lui ed
Enea, ancora sulla sua schiena.
Doveva fare qualcosa.
Tese di nuovo l’arco mentre l’ennesima freccia
si materializzava, e quanto le sue dita scoccarono il colpo, un vortice di
liane e piante avvolsero entrambi gli akuma, stringendoli e strozzandoli. Il
primo esplose dopo qualche secondo, come un palloncino gonfiato troppo
stritolato dalle mani di un bambino, e il secondo venne trapassato dalla sua
freccia all’altezza del naso, sparendo in uno scoppio secco.
Hellionor abbassò l’arco saltando giù dalla
roccia sulla quale l’avevano abbandonata, osservando Enea venire verso di lei
con la pecora in braccio, seguito da Sorrow e Severance, tornanti nuovamente
uno bianco e uno nero. Scodinzolavano felici, come dei cani che avevano appena
ricevuto un biscotto, smuovendo appena l’erba sotto i loro piedi.
Sorrise osservandolo mentre zoppicava appena,
probabilmente per colpa del volo che l’akuma gli aveva fatto fare, e quando le
fu vicino lasciò la pecora sull’erba, estraendo la tabacchiera dalla tasca.
«Sei stata brava» le disse accendendosi la
sigaretta, posandole una mano sulla spalla prima di fischiare, richiamando gli
animali che poggiarono i musi sui suoi polsi, dissolvendosi e prendendo
nuovamente la forma di due sciabole fra le sue dita.
* * *
Enea si stiracchiò infilandosi la maglia scura,
uscendo dalla stanza della locanda per raggiungere Hellionor al piano di sotto.
Si passò una mano fra i capelli ancora umidi, e
poi scese le scale, osservando la ragazza seduta sul tappeto, avvolta nel
maglione. Accarezzava il pelo della pecora che belava e ruminava il fieno che
Hellionor le dava.
«Dobbiamo ucciderla per recuperare l’innocence»
le disse, cercando di non darle false speranze. Così com’era non sarebbe
servita a nulla, e Hebraska non avrebbe di certo potuto custodirla assieme alle
altre. «Io non ho intenzione di farlo, quindi…».
«Mi stai dicendo che vuoi che uccida
Dolly?» la sua espressione era sconvolta, ma non tanto
quella di Enea.
«Dolly? Hai dato un nome alla pecora?» le
domandò incredulo, ridacchiando istericamente mentre si passava le dita fra i
capelli, «Non si danno i nomi alle cose, poi ci si affeziona e noi dobbiamo
ammazzarla!» continuò a rimproverarla, lasciandosi poi cadere con un sospiro su
una delle poltrone.
Silenzio.
Hellionor continuava ad accarezzare la pecora,
mentre lui pensava ad un modo per recuperare l’innocence senza che fosse lui a
doversi sporcare le mani con il sangue di un animale innocente.
«Potremmo darla al macellaio del posto» suggerì,
ma Hellionor lo guardò come se avesse appena dichiarato di essere un assassino
seriale.
«No! Ci dev’essere un altro modo» brontolò come
una bambina, affondando le dita nella lana scura dell’animale, ed Enea sospirò,
arrendendosi al fatto che sarebbe toccato a lui l’infausto compito di sventrare
quella povera pecora nera.
† Note
d’Autrici; do you wanna see my Mugen?
Prima di tutto, ci scusiamo immensamente per il ritardo con chiunque
stia leggendo la storia! È stato un periodo molto… “intenso” per entrambe e,
diciamo, che abbiamo cercato di fare un po’ di vacanze anche dalle fanfiction
(tutti ne hanno bisogno, eh!). Ora, però, è il momento di riprendere il giro, e
quindi la pubblicazione e la scrittura.
Il capitolo in questione è stato scritto ancora a luglio, ma
almeno ci siamo “portate avanti”… cosa dire? In realtà, niente di speciale, la
missione in Irlanda ha fatto il suo corso, Hellionor ed Enea si sono
“conosciuti” un po’ di più e i lettori hanno conosciuto un po’ meglio
Hellionor… a questo proposito, ribadiamo che il suo personaggio è stato ideato
prima ancora di venire a conoscenza dell’Innocence di tipo cristallo, e che la
somiglianza tra le due cose è totalmente non voluta! ;; In tutti i casi ci
saranno degli sviluppi riguardo il suo personaggio e la sua Innocence, e
speriamo che la piega che prenderà la storia (assieme a tutti i personaggi
presenti e futuri) sia comunque di vostro gradimento.
Al prossimo aggiornamento!
papavero
radioattivo