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Autore: SabrinaSala    12/09/2015    21 recensioni
Inspirò silenziosamente e abbassò appena le palpebre. Le mancava il sorriso di André… Le sue risate… Il suono secco dei morsi a quelle mele rosse e mature... I giorni passati… Le loro consuetudini.
Cos’era successo?
Tutto era precipitato rovinosamente. E da allora, il silenzio.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sistemando archivi e cartelle sul pc, mi imbatto in questa storia. Scritta e dimenticata ai tempi della pubblicazione di "UNA DONNA"... Buttata giù di getto PRIMA di scrivere i due atti di "UNA DONNA" e poi lasciata lì, eclissata dall'ispirazione successiva e ritrovata solo adesso!
La pubblico, è una sciocchezza, l'ennesimo "missing moment" che nulla aggiunge e nulla toglie alla storia originale e la accompagno ad uno schizzo di un po' di tempo fa e mai finito... Spero vi piaccia, almeno un po'! 



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ORGOGLIO
 
André abbandonò la stanza e lo sguardo di Oscar lo seguì, fino a vederlo scomparire nell’ombra del lungo corridoio della caserma.
Da quando era diventato così curvo, si domandò, silenzioso e triste?
L’ultimo raggio di sole attirò la sua attenzione verso la finestra. Si alzò dalla sedia, allontanandosi dalla scrivania e raggiungendo l’ampia vetrata che dava sul cortile interno. Un paio di soldati parlottavano  tra loro,  vicino alla porta d’ingresso.
Inspirò silenziosamente e abbassò appena le palpebre. Le mancava il sorriso di André… Le sue risate… Il suono secco dei morsi a quelle mele rosse e mature... I giorni passati… Le loro consuetudini.
Cos’era successo?
Tutto era precipitato rovinosamente. E da allora, il silenzio.
Imbarazzo e orgoglio riempivano ogni spazio. Ogni momento. Allontanandoli ogni giorno un po’ di più.
Allacciò le mani dietro la schiena. Dritta come un fuso.  Sollevò il mento, orgogliosa e testarda, spinta da una fiammata improvvisa di rabbia inespressa.
Ma cosa si aspettava André? Cosa?!?
Sciocco, pensò. Era stato uno sciocco! Aveva rovinato tutto.  Non bastava Fersen…  fremette.
Un sorriso amaro le piegò le labbra sottili. Aveva perso due uomini nello stesso momento.  Ottimo,  per una donna che non era nemmeno mai stata donna, si schernì sarcastica.
Strinse la morsa delle mani dietro la schiena. Incenerì il cortile con lo sguardo. Serrò la mascella.
Quale dei due le mancava di più? André, l’amico di una vita, o il conte svedese, la sua unica illusione d’amore?
Provò una stretta allo stomaco.
Sciocco, accusò ancora tacitamente André. E un moto di rabbia profonda la investì.
Si volse in direzione della porta. Lo sguardo dilatato dalla collera. Indagò il corridoio deserto che aveva inghiottito il soldato solo un attimo prima.
La vecchia Oscar, quella che conosceva, avrebbe percorso quel corridoio con ampie falcate. Avrebbe raggiunto André, cercandolo dietro ogni porta, ogni angolo. L’avrebbe scovato,  impetuosa come solo lei sapeva essere, e lo avrebbe aggredito, inchiodandolo al muro. Non gli avrebbe lasciato scampo.
“Perché, perché lo hai fatto!” gli avrebbe gridato contro, riversandogli addosso tutto il proprio sdegno, l’irritazione, il disgusto…  Travolgendolo, accanendosi contro di lui. E tutto solo per dimostrare e costringerlo a dire come tutto fosse perfetto, prima di quel momento. Come tutto fosse scandito da ritmi regolari e rassicuranti. Come tutto potesse e dovesse rimanere così come era stato. Viziata e rassicurata dal loro rapporto esclusivo e immutabile. Illusa.
Eppoi?  Si disse… Eppoi?
Sapeva. Ora sapeva che non era vero niente. Che in un qualche misterioso momento della loro esistenza, André aveva deciso di prendere una strada diversa da quella che lei aveva sempre creduto stessero percorrendo insieme.
Strinse istintivamente i pugni e avvertì l’ombra di quella morsa inaspettata allungarsi ancora sui suoi polsi sottili.  Improvvisamente, rievocò e sentì  materializzarsi quella bocca …  quella prepotenza. La forza di un desiderio che non sapeva potesse manifestarsi con quella veemenza…
Rilassò i muscoli, arrabbiata con se stessa, adesso.
Non avrebbe fatto nulla di tutto questo, ora. Non sarebbe corsa a cercare André. Non gli avrebbe urlato contro le proprie ragioni a muso duro.
Temeva quella bocca, adesso! Era costretta ad ammetterlo, e si disprezzava per tanta fragilità.  Temeva il contatto con André, le sue mani grandi, la sua forza. Temeva di farlo soffrire e di soffrire. Di non riconoscere il compagno di sempre, spazzato via improvvisamente da quel giovane uomo innamorato che si era rivelato ai suoi occhi, ciechi, nel peggiore dei modi.
Sciocca!
Sciocca per non essersi accorta di niente.
Sciocca per aver sottovalutato la disperazione di un uomo. Per averla, anche se involontariamente, alimentata.
Tornò alla finestra. Lo sguardo amareggiato a carezzare un cortile che in realtà non vedeva. Si massaggiò i polsi, riflettendo su quella forza bruta.
Ripensò ai loro duelli in cortile.
“Mi hai sempre lasciata vincere, André?” si domandò amaramente, socchiudendo gli occhi stanchi al tepore di quell’ultimo raggio di sole. Sospirò.
-Oscar…-  la richiamò una voce alle sue spalle. E solo André la chiamava Oscar. Semplicemente Oscar…
-Dimmi – rispose senza voltarsi, il sospiro interrotto a metà.
Non poteva voltarsi. Non in quel momento. Non voleva incrociare il suo sguardo.
Cosa pensava guardandola?
Non lo sapeva più… si disse. O magari lo sapeva e questo la infastidiva, perché non riusciva a toglierselo dalla mente e si domandava da quanto… Da quanto, guardandola, André vedesse solo una donna.
“Una rosa sarà sempre una rosa…”
Quelle parole… Quelle mani che la cercavano, la toccavano come non avevano mai fatto prima. Quella bocca, quelle labbra avide che pretendevano da lei quello che non era disposta a dare, pietrificata da una reazione che non avrebbe mai potuto immaginare. 
Disgustata? Sconvolta? Vergognosamente esposta…  Ecco come si era sentita. Umiliata e ferita nell’orgoglio. Lei, convinta di essere al di sopra delle parti… al di sopra del gioco delle parti…
André, stupido André! Ruvido, violento, insensato André…
UOMO! Significava questo essere un uomo? Ardere di un amore cieco, esplodere sotto la spinta della passione, del desiderio, forse dell’amore?
Pretendere e prendere… senza ascoltare ragioni.
UOMO! Sarebbe mai stata uomo, lei, Oscar? O aveva ragione André… “Una donna resta sempre una donna”,  fragile, esposta, imbarazzata… incapace di difendersi se non dando libero sfogo alle lacrime?
Quelle lacrime…
Bruciavano ancora sulle sue guance ora asciutte. Facendola sentire ancora più fragile.
-Domani è il mio giorno libero… - disse lui con voce pacata, quasi dimessa, riscuotendola da ogni pensiero – Ho dimenticato di dirti che non tornerò a Palazzo Jarjayes… mi fermerò a Parigi – mormorò - Ho delle cose da fare –
Oscar chinò leggermente la testa.
“Perché questo tono triste, André?” gli domandò tacitamente. Le labbra serrate.
-Oscar… -  mormorò lui non ricevendo risposta. Ignaro dei suoi pensieri e delle sue riflessioni.
Si accigliò. Perché non lo guardava? Non era nemmeno degno di una risposta o di uno sguardo, anche se spietato?
Tornando alla scrivania, Oscar gli rivolse finalmente una rapida occhiata. Poi si concentrò sulla pila ordinata di fogli bianchi, il calamaio, la lunga piuma d’oca con la quale tracciò qualche riga.
-Non c’è problema, André. Non sei più il mio attendente. – lo ferì.
DONNA! S’infuriò. Nient’altro che questo! Capace solo di rifugiarsi dietro al proprio rango, al proprio ceto sociale… si rimproverò sprezzante… certa che fossero una difesa sufficiente e al tempo stesso un’arma affilata e crudele. Donna! si ripeté disprezzandosi come non le era mai successo.
Cosa avrebbe fatto un UOMO? Avrebbe affrontato la cosa! L’avrebbe chiarita a suon di pugni, magari. Ma l’avrebbe affrontata…  Lei no. Si era trincerata dietro quell’assurdo e frivolo silenzio.
Forse aveva ragione André, pensò, mentre le labbra si piegavano in un sorriso amaro. Inconsapevole di condividere con lui, in quel preciso momento, anche quello stesso sorriso e l’amarezza che lo accompagnava.
Perché sorrideva, André, senza che lei lo vedesse, lo guardasse.  Accusando il colpo delle sue parole.
Il soldato serrò la mascella, mentre una ad una quelle parole, all’apparenza innocue, gli cadevano, riecheggiando, in fondo allo stomaco, spezzandogli il cuore. Non c’era alcun bisogno di ricordarglielo ogni volta, pensò.
Strinse i pugni, pregando perché quel supplizio avesse fine. Presto, pregò, il più presto possibile.
Ma avrebbe mai dimenticato, Oscar? Avrebbe mai smesso di punirlo, ripagandolo con la sua fredda indifferenza? Quell’atteggiamento tutto femminile… Una femminilità che nemmeno sapeva di avere.
Lo torturava, tenendolo forse inconsapevolmente sulle spine. E nonostante tutto, era sempre lei, la sua Oscar… testarda e orgogliosa. Dura e implacabile come un uomo, eppure dannatamente donna. Sempre e comunque.  E l’aveva quasi persa.
Se non si fosse ostinato a rimanerle disperatamente aggrappato, se non si fosse arruolato, l’avrebbe persa per sempre, la sua Oscar… E allora si disse che non aveva importanza. Non importava quanto fosse crudele il suo atteggiamento. Quando lo facesse soffrire. Purché avesse il privilegio di vederla ancora. Di parlarle ancora. Di restarle accanto. Perché lei gli era necessaria. Gli era indispensabile. Come l’aria.  E come l’aria, inafferrabile…
-Se non… - mormorò lentamente, tentando di trattenersi il più possibile in quella stanza.
-No – replicò lei, senza lasciarlo finire.
Lei che avrebbe voluto invitarlo a bere un calice di vino rosso davanti al fuoco. Loro due da soli, nel salotto di casa Jarjayes, come era stato per anni. Condividendo chiacchiere e silenzi. Risate e battute cameratesche. Piccoli gesti di cui sentiva una terribile mancanza e un doloroso bisogno.
“Perché André… Dimmi perché!” pensò, lo sguardo rivolto altrove. “Eri il mio migliore amico, la mia forza, la mia sicurezza… L’unico al quale mi sarei affidata ad occhi chiusi. Al quale avrei affidato la mia stessa vita, senza neppure domandarmi cosa ne avresti fatto. L’unico… “
-Buona serata, André – disse. Riempiendo il silenzio che si era creato tra loro.
André ricaccio indietro un gemito. I tacchi degli stivali batterono uno contro l’altro.
-Comandante – mormorò prendendo commiato.
André si congedò per la seconda volta in pochi minuti, portandosi dietro l’essenza più vera di Oscar. Lasciando su quella sedia le spoglie di una donna sconfitta.  Amareggiata e orgogliosa. 
   
 
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