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Autore: Selis    13/09/2015    2 recensioni
01- Non riusciva a vedere gli altri. Stavano tutti bene? Erano insieme? Erano feriti?
Sapeva che erano forti, ma l'urgenza di sapere le sorti dei suoi Nakama lo stava spingendo a dare tutto se stesso per sbarazzarsi il più in fretta possibile di tutti i suoi avversari. Portandolo al limite.
Il sudore e un'altra sostanza appiccicosa gli colava dalla fronte. Sangue. Era sangue.
Genere: Angst, Erotico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji, Un po' tutti | Coppie: Sanji/Zoro
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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01

01- Time travel

I nemici arrivavano da tutte le direzioni impedendogli la vista dei suoi compagni.

Non importava quanti ne cadevano sotto la potenza delle sue lame, molti altri ne prendevano il posto, incuranti di fare la stessa sorte.

Non riusciva a vedere gli altri. Stavano tutti bene? Erano insieme? Erano feriti?

Sapeva che erano forti, ma l'urgenza di sapere le sorti dei suoi Nakama lo stava spingendo a dare tutto se stesso per sbarazzarsi il più in fretta possibile di tutti i suoi avversari. Portandolo al limite.

Il sudore e un'altra sostanza appiccicosa gli colava dalla fronte. Sangue. Era sangue.

Ne era circondato, ma sapeva che poco di esso gli apparteneva.

Era dei suoi avversari. Marines.

Un grido lo distolse dai suoi pensieri, riportandolo alla lotta che infuriava tutt'attorno a lui.

Si girò di scatto, notando per la prima volta che non era solo. I suoi compagni erano dietro di lui. Anche loro alle prese con un numero spropositato di nemici.

Fu un attimo.

Lo sentì arrivare alla sua destra, ma era troppo tardi per schivarlo.

Una lama sporca di sangue, del suo sangue, gli usciva dal petto, bloccandogli il respiro.

Sentì altre urla. Nemici, amici, tutti urlavano per qualcosa, ma lui non riusciva a capirli. Era come se parlassero una lingua a lui sconosciuta.

Ci fu un tonfo e un verso soffocato. Capì di essere stato lui a farlo. Le sue gambe avevano ceduto al suo peso. Non le sentiva nemmeno più, le gambe.

Era come se tutto il suo corpo si fosse staccato dalla sua coscienza.

La vista gli si stava annebbiando, male.

Sapeva di dover restare sveglio, non poteva lasciarsi andare, anche se il buio si stava intensificando ai bordi della sua visuale. Doveva stare sveglio, doveva aspettare i suoi Nakama, si, loro sarebbero arrivati presto.

Lo sapeva, avevano un medico tra di loro. Sapeva che il bambino era il migliore, li aveva ricuciti un sacco di volte a lui, il cuoco e al capitano.

Come si chiamava?

Aggrottò le sopracciglia.

Non riusciva a ricordarlo.

Com'era possibile? Erano i suoi Nakama. La sua famiglia.

Perché non riusciva a ricordare le loro facce? Le loro voci?

Qualcosa lo stava scuotendo.

Era buio attorno a lui. Quando aveva chiuso gli occhi?

- ZORO! ZORO? -

Una voce lo chiamava. Era lontana. Chi era?

Perché non riusciva a ricordare quella voce?

- EHI ZORO! Stupido Marimo apri gli occhi! Non ti azzardare a morire! Mi hai sentito? ZORO? -

Socchiusi gli occhi, la luce mi accecò, ma tra la foschia riuscì ad intravedere dei capelli biondi.

Cos'era quello? Un sopracciglio? Che strano. Era -



Aprì gli occhi di scatto. La fronte imperlata di sudore, la gola secca.

Sospirò stancamente, scompigliandosi i capelli con una mano.

Di nuovo quel sogno.

Quante volte lo aveva fatto? Migliaia immaginava.

Era da quando era piccolo che quel sogno lo tormentava, impedendogli di dormire per più di poche notti consecutive.

Da piccolo aveva pensato che fosse frutto del suo subconscio, e dei troppi film che guardava, ma ora era diverso.

Era come se volesse ricordargli qualcosa. Qualcosa di importante che si era dimenticato.

Sentiva, ogni volta che si svegliava, una sensazione dolorosa al petto.

Ed un senso di perdita enorme, che gli faceva venire voglia di piangere come una di quelle ragazzine nei film romantici.

Era frustrante.

Odiava sentirsi in quella maniera. Ma non aveva la minima voglia di andare da uno strizzacervelli.

Sicuramente gli avrebbe riso dietro. Un uomo adulto, incapace di affrontare uno stupido sogno.

Girò la testa verso la sveglia, e sbuffò sconsolato. Le sette e trenta.

Non avrebbe dovuto alzarsi per un'altra ora, ma non aveva voglia di tornare a dormire. Non dopo quel sogno.

Si stiracchiò sotto la calda trapunta, riattivando la circolazione delle gambe. Rabbrividendo al ricordo del sogno. Ricordava di non sentirsele più, le gambe. Probabilmente era a causa della circolazione. Aveva l'abitudine di addormentarsi nelle posizioni e nei luoghi più strani.

Beh, ormai era sveglio. Tanto valeva fare qualcosa prima di andare al lavoro.

Uscì dal letto, prese un paio di pantaloni della tuta e una felpa e dopo una breve sosta al bagno si allacciò le scarpe, per poi uscire di casa con solo il suo MP3 al seguito.

Correre lo aveva sempre aiutato a schiarirsi le idee, ed era un buon riscaldamento prima del lavoro.

Lavorare in una palestra non era proprio il suo lavoro dei sogni, ma la paga era buona, e gli permetteva di poter andare ad allenarsi quando voleva senza il minimo costo.

Percorse il vialetto dietro casa, per poi attraversare la strada semi deserta. Era un quartiere tranquillo il suo. Distante dalla grande città, ma non troppo da dover prendere i mezzi pubblici se non si era di fretta.

Aveva un bel parco nelle vicinanze con un piccolo laghetto al suo interno, dove le papere sguazzavano tranquille aspettando l'arrivo dei bambini che ogni giorno gli portavano il pane avanzato della sera prima.

Non era difficile arrivarci, solo poche strade separavano casa sua dal parco. Riusciva a vederlo dalla finestra della sua piccola stanza infondo, ma come ogni volta che voleva andarci, le strade cambiavano davanti ai suoi occhi, e lui si trovava inspiegabilmente a percorrere più di quanto avesse dovuto.

Questo giorno non sembrava diverso dagli altri, svoltò a destra al prossimo vicolo, sapendo di essere quasi arrivato alla sua meta, ma al posto di avanzare per la sua strada andò a sbattere contro un'altra persona, finendo per far cadere entrambi sul duro cemento.

- AHI. Che diavolo ti dice il cervello Marimo? - Urlò una voce arrabbiata da sotto di lui.

- Scusa non ti avevo vist- Ehi! A chi hai dato del Marimo, ero-cook?? - Urlò senza riflettere, alzando poi lo sguardo verso chi aveva accidentalmente investito.

Sgranò gli occhi a quello che vide. Capelli biondi, occhi azzurri, uno strano sopracciglio arricciato.

Lo conosceva? Sapeva di conoscerlo. Ma non lo aveva mai visto in vita sua.

Eppure. Quella sensazione di perdita che lo aveva attanagliato quella mattina era tornata. Più forte di prima.

Lo conosceva però. Lo aveva visto di sfuggita per tutta la sua vita, ogni volta poco prima di svegliarsi.

Uno sbuffo gli fece riprestare attenzione al presente.

- Ti sei sempre perso ovunque stupido Marimo. Non mi stupisce di averci messo tanto per trovarti. - Sospirò il biondo con un sorriso malinconico ad abbellirgli i lineamenti.

- San- ji? -






   
 
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