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Autore: Najara    13/09/2015    2 recensioni
Dal testo: "La teiera sul fuoco sibilò richiamando la sua attenzione. Guerra scese dalle sue gambe con un salto andando ad infastidire Morte che dormiva sul piccolo divano. Eris Schmerz si alzò con una smorfia nel sentire le giunture scricchiolare: non era più una ragazzina."
Tra libri e gatti Eris nasconde un grande dono, perché ci sono mostri che nutriamo noi stessi e di cui sono lei può liberarci.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per il contest:  “Neo Superheroes vs Badass Villains” di Myddr e Valira.

Buona lettura!

 

 

 

Eris

 

 

“Spesso il piacere è un ospite passeggero,

ma il dolore ci stringe in un crudele abbraccio.”
John Keats

 

 

Prologo

 

La teiera sul fuoco sibilò richiamando la sua attenzione. Guerra scese dalle sue gambe con un salto andando ad infastidire Morte che dormiva sul piccolo divano. Eris Schmerz si alzò con una smorfia nel sentire le giunture scricchiolare: non era più una ragazzina.

“Guerra, lascia stare tua sorella”, disse alla gatta che non si degnò nemmeno di voltarsi a guardarla, continuando invece a punzecchiare la micia nera. “Maledetti gattacci”, mormorò la donna smettendo di occuparsene, anche perché il sibilo del bollitore si faceva sempre più pressante.

Tolta l’acqua dal fuoco la versò nella tazza di porcellana bianca che attendeva di essere riempita, poi aggiunse la bustina del the e si sedette di nuovo al piccolo tavolo che occupava quasi tutto lo spazio della sua cucina.

Non appena si fu seduta Fame spuntò dalla stanza attigua e la guardò con occhi attenti.

“Non avrai i miei biscotti”, assicurò Eris, mentre ne inzuppava uno nel the guardando la sua terza gatta con aria provocatoria. “Ieri hai rubato il tonno della mia insalata”, le ricordò, “E mi ero voltata solo un attimo!”. La donna continuò a borbottare mentre mangiava il suo biscotto.

Aveva quattro gatti e malgrado li usasse spesso come bersaglio delle sue invettive e del suo sarcasmo non avrebbe saputo fare a meno di loro, e non solo per la compagnia.

Prima di scendere nel negozio di libri, sopra al quale abitava e di cui era proprietaria e unica commessa, diede da mangiare a tutti e quattro, assicurandosi che anche Pestilenza ne avesse un po’, visto che era la più magra e deboluccia delle quattro.

Il negozio non era molto grande ma era ripieno di scafali nei quali si stipavano libri di ogni genere e per quasi tutti i gusti, se si desiderava un classico. Ovviamente lei non aveva accolto tra le sue mura le porcherie che si scrivevano oggigiorno, solo i libri che erano stati testati dal tempo meritavano la sua attenzione.

Maledicendo il numero di scalini, che sembravano aumentare ogni giorno, raggiunse il suo regno. Reame di cui lei era regina nonché schiava.

Accese le luci e si dedicò alle pulizie. Erano appena le otto di mattina ma dopo un’ora passata a togliere la polvere la sua schiena era a pezzi. Non per la prima volta si chiese se non dovesse cercarsi un aiutante. Scosse la testa infastidita al pensiero di qualcuno che si aggirava tra i suoi libri, già tollerava a malapena i clienti!

Andò alla porta e guardò fuori, la luce era grigia e il cielo nuvoloso prometteva pioggia. Sulla panchina davanti al bar l’agente Derill stava bevendo un caffè, nella mano una ciambella alla crema. La signorina Crowne stava spazzando l’uscio del suo negozio di scarpe, gettando sorrisi all’agente di polizia. Un gruppo di ragazzi semi addormentati aspettava l’autobus per andare a scuola. Lo sguardo di Eris si soffermò per qualche secondo sulla giovane in minigonna che fumava una sigaretta appoggiata al muro. La ragazza la scorse e agitò la mano verso di lei. Eris distolse lo sguardo.

“Come se mi conoscesse!”. Mormorò tra i denti, girò il cartello attaccato alla porta indicando che il negozio era aperto e ritornò all’interno.

 

Il suo negozio non era certo un via vai di gente ma chi entrava in genere ne usciva con un libro e questo a lei bastava. Quella mattina venne una sola signora, niente di speciale, chiese un libro di cucina e lei le vendette Il deserto dei tartari un classico italiano di cui la donna aveva chiaramente bisogno data la sua chiara necessità di dare un senso alla sua vita tristemente vuota.

Passò il resto della giornata immersa nella lettura della Montagna incantata e quando ormai si preparava a chiudere entrò nella stanza un uomo di mezza età. Ma non era solo.

Eris sentì la gola chiudersi mentre un brivido le scendeva lungo la schiena.

“Buona sera”, le disse l’uomo. Appariva normale. Era normale. Ma lei poteva vedere.

Un’ombra scura gli si era avvinghiata con forza attorno, stringendolo come un amante o come un assassino. Sembrava impossibile che potesse ancora respirare. Eris sapeva di cosa si trattasse. Quell’uomo era afflitto da un dolore pauroso e terribile.

“Buona sera”, riuscì a rispondergli mentre la sua mente si preparava a quello che avrebbe dovuto fare.

“Mi chiedevo se avreste dei testi sulla pesca…”, disse lui guardandosi attorno curioso.

Quel dolore era brutto e la guardò ringhiando, sembrava sapere cosa potesse fargli. E non lo voleva.

“No signore, però…” Lo guardò, andando oltre il soprabito grigio spruzzato di pioggia, il cardigan marrone, i capelli neri ormai radi, gli occhi verdi un tempo brillanti. Guardò l’animo di quel l’uomo leggendo in lui come aveva letto in migliaia di libri. “Ha mai letto qualcosa di Hemingway?”, chiese mentre il dolore aggrappato all’uomo stringeva con maggiore forza.

“No… non direi…” Era la colpa, una colpa che lo stava distruggendo. La sua anima si stava lacerando e il dolore sarebbe stato presto insostenibile.

“Non abbiate paura del dolore, o finirà o vi finirà”, mormorò Eris.

“Come prego?”

“Niente, citavo Seneca, non badateci. Dicevamo… ah sì, Hemingway… ho qui il libro che fa per voi”, disse mentre lo prendeva dallo scafale. “Il vecchio e il mare”,  affermò tendendoglielo.

Era stato un incidente, un terribile incidente. Era in macchina e quel bambino era sbucato dal nulla. Non aveva potuto fare niente.

“Va bene, grazie”, disse l’uomo che aveva dato un’occhiata rapida al libro. Eris glielo mise in un sacchetto e poi gli diede il resto.

“Buona serata signore”, gli disse.

“Grazie, buona serata a voi”. L’uomo si voltò e lei si protese. Mani di pura luce si allungarono e afferrarono il dolore dell’uomo strappandolo con forza da lui e tirandolo dentro Eris.

Il signore ansimò piegandosi verso terra.

“State bene?”, chiese subito lei mentre lottava con forza per mantenere quel terribile dolore nel suo petto.

“Io… voi…”

“Avete bisogno di un bicchiere d’acqua?”, gli chiese lei premurosa.

“No… voi chi siete?”. L’uomo aveva le lacrime agli occhi, tremava, ma era il sollievo a riverberare dalla sua figura.

“Io, signore? Sono solo una commessa”.

 

  
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