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Autore: fioredaparete    13/09/2015    0 recensioni
Beth, Tate e Theo si conoscono fin da quand'erano bambini, sono come fratelli, conoscono i segreti l'uno dell'altro, ma cosa succede quando nuove persone e nuovi segreti si intromettono nel loro rapporto?
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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TATE

In quel momento, sentivo di avere più alcol che sangue in corpo.
Non sono uno che eccede nel bere, non lo sono mai stato, ma quella era Brattleboro (Vermont) e, quando si organizza una festa a Brattleboro, l’unico modo per costringersi a divertirsi è bere, e bere molto.
Erano ormai trascorsi all’incirca tre mesi da quando avevo rotto con la mia ragazza, un trauma che non ero ancora pronto a lasciarmi alle spalle, e il mio migliore amico, Adam, mi aveva praticamente spinto a pedate fuori di casa e mi aveva trascinato all’imboccatura del bosco, dove ogni ultimo Sabato del mese gli studenti dell’ultimo anno del Brattleboro High School organizzavano un ritrovo, e indovinate cosa si faceva… esatto, si beveva.
La gente si sbronzava alla luce della luna, tra lanterne e teloni da picnic stesi per terra tra gli alberi, su cui i romantici si sdraiavano a guardare le stelle… o a fare altro.
Adam si stava attualmente dando da fare con la sua ultima fiamma, Kate, sembravano decisi a fare sul serio. Io me ne stavo appoggiato al tronco di un pino, intento a trangugiare il mio ottavo bicchiere di birra, sarei potuto cadere a terra da un momento all’altro.
L’idea di venire calpestato da una decina di giocatori di football ubriachi però non mi allettava, perciò barcollai in cerca della mia amica Beth, lei avrebbe saputo cosa fare, lo sapeva sempre.
- Bronson, bello mio! Ehi, ragazzi, Bronson è uscito dal letargo! - Aidan Ross mi buttò un braccio al collo e mi versò un po’ di birra sulla camicia, il che non mi fece né caldo né freddo, quello che mi colpì come uno schiaffo in piena faccia fu il suo alito, sembrava avesse ingoiato un’intera enoteca.
- Lascialo stare, Aidan, non lo vedi che è sbronzo? - Adam staccò bruscamente la sua bocca da quella di Kate e ci raggiunse, lasciando la ragazza evidentemente infastidita.
- Stai bene, amico?
- S-sto bene, Adam. - risposi incerto. Stavo bene?
Adam mi diede due lievi schiaffetti su entrambe le guance, in modo che mi riprendessi, funzionò a mala pena.
- Hai visto Beth? - gli chiesi.
- Beth? No, sarà andata a casa.
 Di bene in meglio.
Allontanai Aidan con una debole spinta, lui barcollò leggermente, poi trascinai i piedi in direzione di un vecchio capanno degli attrezzi, covo di fattoni e asociali, dovevo sedermi.
- Tate, sei sicuro di star bene? – mi gridò dietro Adam. Gli risposi con un cenno della mano, come per dire “lascia stare”.
Ogni tanto mi appoggiavo ad un albero, per evitare di inciampare. Mi sembrava che non fosse tutta colpa dell’alcol, in fondo lo sai quando sei ubriaco, no? E io non mi sentivo ubriaco, mi sentivo … solo distrutto.
Intravidi le luci del capanno. Come se non bastasse, avevo dimenticato di indossare le lenti a contatto, e di mettere gli occhiali neanche a parlarne, quindi, per farla breve, ero cieco.
Salire i tre gradini d’ingresso alla piccola struttura di legno fu decisamente più complicato. Mi ressi a fatica al corrimano e mi issai fino all’ultimo scalino, poi crollai sulla prima panchina che trovai.
C’era poca gente, me l’ero immaginato più affollato.
- Hai da accendere?
Che?
Era una voce femminile. Mi voltai a destra, aguzzando la vista, niente. Allora mi voltai a sinistra, niente.
- Davanti a te, Bello Addormentato.
Mi trovai di fronte una ragazza, bella, dai capelli color miele, raccolti alla rinfusa in una lunga treccia spettinata. Portava poco trucco, ormai sbiadito, il che accentuava le occhiaie pronunciate che aveva sotto gli occhi, immensi e verdi.
Mi sorpresi a fissare intensamente quegli occhi, occhi tristi, spenti…
- Allora?
- C-come, scusa? – scossi la testa, cercando di darmi una svegliata.
- Ti ho chiesto se hai da accendere.
- N-no, mi dispiace.
Lei scrollò le spalle, poi si voltò e fece la stessa domanda ad un’altra ragazza, che le porse un accendino fucsia fluorescente.
La ragazza con gli occhi verdi si mise la sigaretta in bocca e la accese. Era abbastanza vicina da permettermi di notare che aveva le labbra dipinte di un rosso molto scuro, leggermente sbavato all’angolo sinistro del labbro inferiore, e le mani… le sue mani erano così piccole, e pallide, dava l’impressione di essere incredibilmente fragile.
- Che fai, mi fissi? – mi guardò storto, inarcando un sopracciglio folto e scuro.
Fui colto di sorpresa. Non la stavo fissando. O sì?
- EH? No! Insomma… NO.
Lei sogghignò divertita, poi si riavvicinò la sigaretta alle labbra e aspirò intensamente.
- Ora posso dire di averle viste tutte. – disse espirando.
- Che intendi?
- Non sei proprio il tipo che farebbe una visita al capanno durante una festa, o sbaglio?
- Ehm…
Facevo fatica a seguirla.
- Tate Bronson, alto, bruno, di bell’aspetto, gettonatissimo, probabilmente uno studente modello…
- Ci conosciamo noi due? – la interruppi.
- Non direttamente. – rispose con noncuranza.
E allora che aveva contro di me? Insomma, non le avevo neanche mai parlato e già pareva che le stessi antipatico. Si comportava come se sapesse già tutto di me. Ero uno stereotipo, per caso?
Mi girava la testa.
- Tate? – mi sentii chiamare, la voce era fin troppo familiare. Mi girai di scatto e cercai di mettere a fuoco la figura slanciata alla mia destra. Riconobbi immediatamente i capelli arruffati e il maglione grigio dal bordo scucito.
- Theo?
- Tate, che cazz… ma sei ubriaco?
- NON SONO UBRIACO, OKAY? PERCHE’ NON LA PIANTATE TUTTI DI CHIEDERMELO?! – strillai contro la mia volontà.
Allora la ragazza con gli occhi verdi fece una cosa che mi portò su un altro pianeta, uno stato di ebbrezza che nessun alcolico prima di allora mi aveva mai fatto raggiungere, scoppiò a ridere. Buttò la testolina spettinata all’indietro e si sbracò per lungo sulla panca, sussultando senza sosta per le risa.
Ero talmente imbambolato che solo lo scappellotto che ricevetti da Theo riuscì a distrarmi.
- MA SEI PAZZO?! – sbottai.
- Ssshh! Piantala di gridare, fratello! – pose le mani di fronte a sé, con cautela. - Su, alzati, andiamo a casa.
Non mi mossi.
- ADESSO. – il tono del mio fratellino era fermo e deciso.
Esitai prima di riuscire finalmente a stabilizzami su entrambi i piedi, Theo mi afferrò le spalle e mi indirizzò verso gli scalini.
Sentii una mano posarsi sul mio fianco e trattenermi, mi voltai sotto lo sguardo impaziente di Theo.
La ragazza mi guardava con quei suoi enormi occhi color giada, le labbra atteggiate ad un lieve broncio.
- Prendi un caffè appena arrivi a casa, forte, non diluirlo.
- Uhm.. okay?
- Ah e bevi parecchia acqua, ti aiuterà a smaltire la sbornia.
- Grazie, Abby, ora però dobbiamo proprio andare, ciao. – tagliò corto mio fratello, ma io non lo assecondai.
- Abby, eh? Io sono Tate.
- Lo so. – rispose. Poi venni violentemente trascinato via, lontano dai suoi occhi verdi.

 
 
  
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