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Autore: Morgothip    14/09/2015    0 recensioni
Non che avessi una chissà quale vita movimentata; ma fu proprio il mio vivere una vita tranquilla, che me la fece apprezzare in ogni sua sfumatura.
Eppure, anche la vita più ordinaria, può trasformarsi nel più completo caos.
Genere: Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Amavo particolarmente l’odore quasi “selvatico” di casa mia. Aveva un non so che di rilassante, come se ci fosse una continua carezza da parte di Madre Natura, che continuava a ricordarmi quanto fosse rilassante trovarmi in quel luogo paradisiaco.


 
Tuttavia, ciò che sembra il paradiso, può trasformarsi nel puro Inferno.

 
 
Non che avessi particolari ricordi della mia dimora, o di chi ci abitava, ma sentivo, in qualche modo, di appartenerci, e di avere una motivazione più che valida per risiedere proprio lì. Erano due ripiani, io mi trovavo su quello superiore, insieme a molti dei miei simili; anzi, penso sia pressoché offensivo definirli “simili”, penso che il termine “compagni” sia più adeguato.
Ah, quei giorni lontani, rimembro a malapena quando mi portarono lì. Non che mi abbiano dato scelta, fu una decisione totalmente arbitraria, ed io, fragile com’ero, non mi sarei potuto opporre comunque.


Ad ogni modo, i miei coinquilini erano assai taciturni.
Non parlavano assai, eppure, trovavo gradevole la loro compagnia. Ogni tanto, mi balenava il pensiero di scendere al piano di sotto ma, ahimè, non mi era concesso e non potevo. Ero letteralmente inchiodato lì, impossibilitato a ogni movimento. Ed ero in stretto contatto con ogni mio compagno; non potevo fare loro la colpa di non poter parlare, nemmeno io ero capace di farlo. Penso sarebbe stato davvero poco cortese, da parte mia, punzecchiarli per ciò.
C’era anche una di loro in particolare che catturava la mia attenzione – anzi, sarebbe più corretto dire non SOLO la mia-; era molto più formosa di tutti noi, ciò la contraddistingueva.
Mi trasmetteva un senso di morbidezza il solo osservarla. Mi sentivo strano ogni volta che le rivolgevo un pensiero, uno sguardo veloce... mandava in tilt la mia vita ordinaria. Non che mi dispiacesse, non facciamo simili allusioni, ma non riuscivo ad abituarmici. Difatti, anche quando fui trasferito qui, mi ci volle un bel po’ per adattarmi a questo stile di vita perlopiù solitario; ma ero felice così, con il silenzio dei miei compagni e con il batticuore che mi provocava quella dolce donzella.

I giorni passavano, eppure, mi sentivo ancor più strano.
Non era nessun sentimento strambo o simili, e non era legato a Lei. Avevo la netta sensazione di star diventando più.. duro? Come se mi stessi ammuffendo col passare del tempo; il mio improvviso mutamento mi fece capire che, forse, stavo invecchiando ormai. E’ un processo naturale, nasci, cresci, muori; è il ciclo della vita, che lo si voglia o meno. Eppure provavo sentimenti contrastanti al riguardo. Come se avessi sprecato il tempo che mi rimaneva, in futili sguardi dedicati a Lei, che non sono serviti a niente.
Ci fu anche una cosa che notai con rammarico.
Solitamente, dormivo la maggior parte del tempo, ed ogni volta che Morfeo mi liberava dalla sua morsa, inesorabilmente, un mio compagno spariva dal piano. Ora, non che io creda al sovrannaturale o altro, ma queste scomparse, mi fecero dubitare di molte cose.
Erano scomparsi davvero? O forse scappati? Omicidi? Ero davvero confuso. Confuso e rammaricato di star perdendo tutto ciò con cui ero cresciuto. Talvolta, durante i miei pisolini, sentivo varie urla, facilmente riconoscibili. Erano i miei amici. Gli amici con cui avevo vissuto, che urlavano di dolore, come se gli stessero strappando le carni.
Era una visione orribile.
Iniziai a pensare a delle cose davvero macabre.
Che fossero “Loro”? Coloro che mi hanno costretto arbitrariamente a vivere qui? Non ne avevo le certezze, eppure, nelle mie più remote e dure profondità, me lo sentivo. Loro avrebbero rovinato davvero tutto? Che prendessero me! Che abbiano il coraggio di strapparmi le feci! Ero pronto anche a ciò!

 
I miei desideri, tuttavia, non furono avverati.


 
Dovetti assistere alla scena più cruenta della mia vita.
Una scena che mi rimase impressa per tantissimo tempo.
Uno dei miei incubi peggiori, azzarderei a dire.

 
Loro presero Lei. Sfondarono le porte della mia casa, con violenza, urlando parole incomprensibili. Erano due di loro, enormi, nemmeno fiondandoci con tutta la nostra forza saremmo riusciti ad abbatterli. La presero, uno da un lato e l’altro di Loro da quello opposto.
Giocarono con Lei, la tirarono in modo brusco e violento, avanti e indietro. La vidi mentre si spezzava ed urlava di dolore, io non potevo fare nulla. Ero impotente davanti a questa situazione. Mi maledii, maledii me ed i miei compagni, gli ultimi rimasti, i quali non accennavano nemmeno loro a volerla aiutare.
Lei si divise a metà, sentii persino un leggero “crock”: lasciatemelo aggiungere: fu una visione oltremondo vomitevole; ed io, inerme, guardai tutta la scena. Non ebbi il coraggio di distogliere lo sguardo. Dovevo guardare in faccia il mio peccato, la mia incapacità di poter aiutare colei che amavo. Loro la divorarono, senza pietà, senza curarsi di ciò che avevano provocato a me. Mi sentii crollare mentre Loro sbattevano con prepotenza la porta di casa nostra.
Io l’avevo sentita. Avevo sentito lei che urlava aiuto disperatamente. Ciò che mi colpì è che non le scese nemmeno una lacrima, mi colpì ma, d’altronde, ne ero già a conoscenza.
Nessuna delle persone risiedenti in quel posto era in grado di piangere, ciò non toglie che potessimo provare angoscia, paura, rabbia, tristezza, felicità, gioia. Erano quelle piccole cose che sapevano renderci felici.
Ora, mi sento un po’ presuntuoso nel parlare a nome di tutti.
Però..
In realtà ci sono solo io ora.
Freddo, ammuffito, e duro; sono quasi sicuro che della muffa si sia accumulata in vari punti del mio corpo.
Ma, dopotutto, va bene così. E’ ciò che mi merito per non essere riuscito a proteggerla, è la mia punizione divina.

 
[…]
 

Oh, eccoli che arrivano. Vorrei avere la capacità di ridere, sembrerò davvero patetico, ho perso tutti.
Oh, ci sono Loro, di nuovo. Hanno aperto la porta, con fare disgustato.
E’ il mio turno, ma non sono spaventato, non stavolta. Sapevo benissimo cosa mi attendeva.
Ma, non mi avrebbero scelto come pranzo, ero ridotto in pessimo stato. Quindi, mi aspettava la pena peggiore.
Non ho paura, Le ho promesso che non ne avrei avuta mai più.
O almeno, così le ho urlato, mentre le urla di Lei mi riecheggiavano in testa.
Loro stanno camminando verso un punto indefinito, mi esaminano un altro po’, ma sono messo troppo male per essere recuperato in qualche modo.
Guardo in faccia il mio destino, senza nessun rammarico.
Non riesco a piangere, ma in cuor mio sono felice.
Perché va bene così. Ora la raggiungerò, così come raggiungerò tutti i miei compagni.
Loro aprirono una sorta di scatola, c’erano buttati dentro vari elementi. Penso ci fossero anche coinquilini del piano di sotto.
A quanto pare, è l’ora.
Mi liberano dalla stretta, e mi lasciano cadere in quel baratro.
Baratro in cui, forse e finalmente, io e Lei potremmo vivere felici, senza alcuna preoccupazione.
 
Eppure.. c’è ancora un ultimo desiderio che vorrei esprimere. Mi è concesso?
Non dimenticatemi. I nomi dei caduti hanno sempre qualche rilevanza storica.
O forse è semplicemente il mio egocentrismo a portarmi a ciò? Ma va bene comunque.
Non dimenticatemi, non dimenticatevi di me.
Io..
Io sono Il Panino. Lei era Il Panino.
E tutti i miei compagni, sono I Panini, caduti inesorabilmente, mangiati da Loro, o buttati senza alcun ritegno.
Abbiate pietà di noi, non siate come Loro.
Lasciate vivere felici i nostri successori.
Io confido in voi.
Nella vostra benevolenza.
Spero possiate ascoltarmi.
La mia ora è giunta; questo posto puzzolente, diventa mano a mano sempre più freddo. O forse, sono semplicemente io? Scusate, non riesco ad esprimermi più per bene..
Ma va bene così.
Penso sia finita, ormai.
Sto per raggiungerti, amor mio.
Spero tu possa perdonare la mia codardia, un giorno.
 
                                                                                             
 
THE END
 
   
 
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