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Autore: Voglioungufo    14/09/2015    2 recensioni
|AU!WAR|SASUNARU|.
Possibili OOC.
Seconda Guerra Mondiale. L'Italia sfiancata da una guerra che non può sostenere firma all'insaputa di Mussolini e Hitler un Armistizio con gli Alleati.
Sasuke è un soldato che per troppo tempo ha vissuto in una trincea al buio piena di odio e morte completamente isolato dal mondo. Non poteva aspettarsi che una bomba fatta per uccidere avrebbe portato una luce nella sua vita.
Dal testo:
“Perché hai quella roba sulla faccia?” chiese non sapendo nemmeno lui perché stesse assecondando quel biondino.
Quello aggrottò le sopracciglia: “Per mimetizzarmi, no?”
“Sei vestito di scuro” gli fece notare “con il sole che sorgerà fra qualche minuto. Hai la faccia dipinta ma per quell’ammasso di capelli biondi non hai fatto nulla. Stai praticamente sventolando un cartello con scritto colpitemi”.
“E’ una fortuna allora che voi siate stati colpiti per prima, allora!”
Genere: Angst, Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Quando il sudicio buco in cui si trovava saltò in aria, Sasuke si trovò a pensare con una distaccata precisione chirurgica che molto probabilmente sarebbe morto. Nel momento in cui l’improvvisa pressione dell’aria l’aveva spinto in alto facendogli mancare il terreno sotto i piedi si era anche accorto che la cosa non lo sfiorava minimamente, nessun urlo gli uscì dalla bocca e nemmeno tentò qualcosa per evitare l’impatto con il terreno, semplicemente si lasciò trascinare in una posa scomposta, come una bambolo di ceramica priva di volontà.
L’impatto fu, comunque, doloroso e finalmente il suo viso impassibile mostrò una smorfia umana. Aveva sbattuto la testa, probabilmente si era rotto qualche costola e non riusciva a muovere le gambe, o si erano incastrate o l’impatto aveva danneggiato la sua colonna vertebrale, diagnosticò con una fredda consapevolezza, come se non stesse controllando il proprio corpo ma quello di un estraneo.
Assicuratosi di non star per perdere conoscenza o di non essere prossimo alla morte si concentrò sul resto della trincea: la bomba non l’aveva colpita direttamente ma era arrivata abbastanza vicino da distruggere il rifugio a far crollare la grotta che avevano scavato. Da lì riusciva a vedere i corpi scomposti e sanguinanti dei compagni. Sopra di sé sentì un gran trambusto e poi le voci americane arrivarono sgradita alle suo orecchie, rimase immobile chiedendosi se fosse il caso di sperare che lo ignorassero o che lo uccidessero sul posto senza tante cerimonie. Forse la seconda opzione era la migliore, in quello stato non poteva fare molto, meglio mor...
“AHHHHH!”
Il dolore improvviso interruppe i suoi pensieri e gli sembrò di sprofondare in una bianca nebbia in cui non ricordava neppure come si respirava, fu il suo stesso urlo a trascinarlo via da quella incoscienza facendogli recuperare la ragione. Qualcosa, o qualcuno visto come si muoveva, era inciampato sulle sue gambe e, mentre si mordeva le labbra fino al sangue, capì che se sentiva il dolore partire dalle gambe significava che la sua colonna vertebrale stava bene. La cosa lo confortò per solo cinque secondi perché poi sentì qualcosa afferrargli la spalla e si ritrovò una forte luce puntata sugli occhi. Trattenne bruscamente il respiro per il fastidio.
“He’s alive!” gridò una squillante e fastidiosa voce, quella dell’americano che era inciampato sulle sue gambe, il viso del nemico appariva una macchia indistinta agli occhi di Sasuke feriti dalla forte luce.
“Ehi, ehi!” lo scrollò quello per la spalla e finalmente riuscì a mettere a fuoco qualche tratto del suo viso, in particolare notò gli occhi celesti risaltare sullo sfondo nero  “How are you?” continuò in quella lingua masticata.
Non rispose, lasciò che l’altro armeggiasse sul suo corpo e improvvisamente sentì le gambe libere dal peso che le aveva tenute bloccate ma il movimento brusco lo fece urlare ancora di dolore prima che si mordesse la lingua.
“It’s okay, it’s okay!” cercò di confortarlo l’americano, Sasuke avrebbe tanto voluto dirgli dove poteva metterselo quel suo ‘okay’.¹
“Okay” ripeté quello, poi si girò verso i compagni gridando qualcosa in americano in una velocità incomprensibile. Aveva una voce irritante. Notò che i suoi capelli erano di un biondo abbagliante e che, come  il resto del viso, erano sporchi di pittura verde, marrone e nera.
“Are you German?” gli chiese più lentamente girandosi verso di lui puntando di nuovo quella dannata luce sulla sua faccia, accecato dimenticò di rispondere allora l’altro continuò scandendo ogni sillaba più lentamente, come se stesse parlando a un bambino “Are you Italian?”
“Yes!” sbuffò, pur di farlo smettere di sillabare aprendo la bocca all’inverosimile, per chi lo aveva preso? Uno stupida? Conosceva benissimo l’inglese, prima di quella dannata guerra era andato a scuola!
“Grazie al Cielo!” sospirò l’americano “ L’Italiano lo so parlare. Bene, allora. Io sono Naruto Uzumaki, soldato americano, e non devi preoccuparti: stanno arrivando i soccorsi e fra un po’ andrà tutto bene. Ti chiedo solo di non opporre resistenza” fece concitato e Sasuke avrebbe tanto voluto chiedergli come avrebbe potuto opporre resistenza in quello stato.
Prigioniero di guerra, fantastico! Non che la cosa fosse realmente un problema, se gli avessero chiesto di rivelare qualcosa sulle base fasciste lungo la penisola lo avrebbe fatto, di quella guerra di merda a lui non fregava assolutamente nulla.
Naruto si rivolse ancora verso i suoi compagni gridando probabilmente di muoversi, poi tornò a guardarlo con un sorriso allegro: “arriveranno fra poco, tu non devi assolutamente addormentarti. Parliamo, ti va? Chiedimi quello che vuoi”.
Respirò pesantemente osservando il viso allegro di quell’americano, sebbene fosse sporco brillava di luce, il suo sorriso era così caldo e i suoi buffi capelli ricordavano un sole.
“Perché hai quella roba sulla faccia?” chiese non sapendo nemmeno lui perché stesse assecondando quel biondino.
Quello aggrottò le sopracciglia: “Per mimetizzarmi, no?”
“Sei vestito di scuro” gli fece notare “con il sole che sorgerà fra qualche minuto. Hai la faccia dipinta ma per quell’ammasso di capelli biondi non hai fatto nulla. Stai praticamente sventolando un cartello con scritto colpitemi”.
“E’ una fortuna allora che voi siate stati colpiti per prima, allora!” tentò di scherzare ma dovette rendersi conto anche lui dell’inadeguatezza pronunciata. Si guardò intorno borbottando da solo.
“Sei fascista?” gli chiese a bruciapelo.
“No” rispose atono.
“E allora perché continui la guerra?” lo fissò confuso.
Fece un smorfia amara “L’alternativa sarebbe essere impiccato per tradimento a Mussolini”.
Rise brevemente “Quel tiranno ha finito di fare i propri comodi. Non lo sai? L’Italia ha abbandonato la Germania”.
“Cosa?” rischiò di strozzarsi con la sua stessa saliva.
“Certo, a Settembre. Hanno firmato un armistizio. Davvero non lo sapevi?”
“No...” sussurrò capendo improvvisamente il significato delle parole arrivate via radio di una loro base poco distante.

“Capitano!” aveva gridato la voce di Suigetsu dalla trasmittente “Accade una cosa strana! I Tedeschi si sono alleati con gli Americani!”²

“Va bene” la voce dell’americano lo riportò alla realtà “Sono arrivati. Rilassati, va tutto bene. Andrà bene, sul serio” ripeté convinto alzandosi e Sasuke sentì un improvviso vuoto, si accorse che per tutto il tempo in cui il soldato Alleato gli era stato accanto gli aveva anche tenuto la mano. Era stato un calore spontaneo, familiare e il freddo che lo aggredì lo sentì scomodo, privo di conforto.
Quel ragazzo, quel soldato... era come una piccola luce di amore scesa sulla sua buca di odio.

**

Risvegliandosi Sasuke in un primo momento si stupì del materasso e del cuscino comodo su cui era appoggiato, era quasi un anno che la terra bagnata era diventato il suo giaciglio, ma poi con prepotenza gli tornò alla menta un viso rotondo sporco di fango e dei brillanti occhi blu. Quando però aprì gli occhi con una fitta di delusione si ritrovò a fissare delle iridi verde contornate da ciglia femminili. Sbatté un paio di volte le palpebre mettendo a fuoco il viso della giovane ragazza che gli stava sistemando le fasciature sulla testa. Aveva un bel viso delicato e grandi occhi tristi, segnati da occhiaie e i capelli di un insolito rosa le stavano scompigliati dietro una fascia.
“Buongiorno” disse quella notando di essere fissata e con un gesto nervoso si tirò dritta arrotolando il resto delle bende sul palmo della mano.
Sasuke cercò di tirarsi su ma si accorse solo in quel momento di quanto ogni respiro gli costasse un immensa fatica.
La ragazza posò una mano sul copriletto esercitando un lieve pressione che lo costrinse definitivamente ad abbandonare quegli sforzi.
“Ti trovi in un ospedale allestito dagli americani, a qualche chilometro da Napoli. Hai tre costole fratturate, un trauma cranico nonché un taglio molto profondo e la rotula del ginocchio spostata. Non puoi muoverti più di tanto” lo informò.
“Dove..Dov’è...”
“Naruto?” lo aiutò porgendogli un bicchiere d’acqua fresca notando quanto la gola secca gli impedisse di parlare.
Sasuke annuì e la ragazza sospirò: “A fare l’idiota che si mette in mezzo alle guerriglie per salvare i disperati, come sempre”.
Gettò giù un altro sorso mentre la ragazza dai capelli rosa sistemava le bene avanzate dentro una busta trasparente e adocchiava l’orologio facendo un piccolo calcolo mentale: “Dovrebbe tornare fra due ore, tre se ha avuto qualche problema di percorso. Io sono l’infermiera Sakura Haruno, se hai bisogno di qualsiasi cosa chiedi di me”
“Grazie” disse, nonostante il bicchiere d’acqua sentiva ancora la gola in fiamme. L’infermiera fece un timido sorriso prima di allontanarsi verso un altro lettino a curare le ferite di un ragazzo dalle folte sopracciglia nere.
Rimase immobile sul suo letto con quell’odore chimico di medicina misto a quello ferroso del sangue nelle narici e tutto quel bianco sporco di terra, fango, muffa e sangue. Soprattutto di sangue, quello c’era ovunque, schizzato sul muro, a terra in pozze lucide e scure, sui lettini, sui camici delle infermiere e sui corpi di donne, uomini e bambini. I feriti parlavano, chiacchieravano, alcuni con un affabilità totalmente estranea a Sasuke. In trincea non aveva mai scambiato qualche parola con i suoi compagni, non aveva mai visto il senso di affezionarsi a qualcuno di loro, tanto sarebbero tutti morti.
Ogni tanto qualcuno scoppiava a piangere a un’infermiera si avvicinava prontamente nel tentativo di consolare il disgraziato con parole gentili e ottimiste.
“Va tutto bene, è fuori pericolo”.
Sasuke lo sapeva che nessuno era fuori pericolo.
Le ore passavano e Sakura venne spesso per cambiare le bende sulla sua fronte, il taglio non si decideva a guarire imbrattando di rosso la stoffa bianca. Gliele sistemò con pazienza, a volte borbottando qualche parola in un dialetto italiano che Sasuke non conosceva e guardando sempre l’orologio preoccupata.
“Quando Naruto arriverà sarà felice di vederti sveglio” gli disse pulendosi le mani sul camici bianco già sporco di sangue, non sembrò farci tanto caso, era troppo presa a guardare l’entrata dell’ospedale improvvisato.
Sasuke lo sapeva che l’ambulanza era già arrivata da qualche ora, aveva visto i lettini con i corpi feriti di civili e soldati spostarsi per il corridoio. L’ambulanza era tornata, ma del biondo americano non si sapeva nulla.
E non si seppe nulla per altri lunghissimi giorni.

 

Quando se lo ritrovò davanti la prima cosa che Sasuke pensò fu che quel sorriso con cui accolse il suo risveglio era troppo luminoso per quella guerra. Lo aveva trovato seduto su una sedia di ferro tutta arrugginita con una tuta arancione e una caramella tra le mani. Gliela tese e lui l’accettò di buon grado notando come il suo viso pulito dalla vernice mimetizzante fosse abbronzato e comunque ricoperto di lividi viola. Su entrambe le guance aveva tre graffi simmetrici che gli davano un’aria felina.
“Finalmente ti sei svegliato” disse.
“Finalmente ti sei deciso ad arrivare. La tua ragazza era in pensiero” lo rimbeccò
“La mia ragazza?” sbatté le palpebre.
“l’infermiera con in capelli rosa” gli spiegò succhiando la caramella. Non gli piacevano le cose dolci ma il suo corpo accettò di buon grado gli zuccheri.
“Oh” sembrò capire, poi fece un sorriso che più che imbarazzato a Sasuke sembrò pieno di rammarico “Sakura... lei non è il mio genere” spiegò brevemente. Si sentì un mostro per aver con quell’insinuazione scacciato il sorriso dalle labbra di Naruto ma la sua risposta la confortò.
“Allora, lo sai vero che non ci aspettiamo qualcosa in cambio delle nostre amorevoli cure?” disse Naruto colpendolo sul naso delicatamente con un dito.
“Del Regno d’Italia non me ne frega nulla, quindi non dovete preoccuparvi. Dirò tutto quello che volete”.
“Non sei un tipo molto patriota, vero?” si strofinò una guancia “Il Capitano Kakashi sarà molto contento”.
L’allarme suonò e la gente nell’ospedale iniziò ad agitarsi, qualche bambino pianse spaventato da quel rumore. Lo sguardo di Naruto si fece improvvisamente serio e si alzò, Sasuke notò che le gambe tremavano come se facesse fatica a reggersi in piedi. Anche le mani erano mosse da leggeri spasmi.
“Sei sicuro di stare bene?” gli chiese guardandolo male.
Naruto recuperò il suo sorriso spostando le braccia dietro la schiena in una posizione rilassata nonostante il temore: “Da che pulpito! Ti sei visto? Sembri una mummia egizia” lo prese in giro facendo cenno alle bende che gli avvolgevano il capo.
“Questo perché qualcuno ha fatto saltare in aria la mia trincea” borbottò.
L’americano accolse la frecciatina con l’ennesimo sorriso prima di girarsi per andare verso altri soldati che lo aspettavano. Si chiese se fosse seriamente intenzionato a partecipare a una missione di guerriglia con quella sgargiante giacca. Anche le altre persone che passavano dovettero pensarlo da come lo scansavano e lo guardavano con uno sguardo di compassione, lo stesso che si rivolge a un malato.
“Comunque è Sasuke” gridò senza capire perché, il biondo di girò a guardarlo con aria confusa, le mani sempre dietro alla testa. “Non ti ho detto il mio nome. Mi chiamo Sasuke”.
Il sorriso di Naruto si allargò e annuì felice: “Ci vediamo, allora, Sas’ke!”
E se ne andò a salvare vite.

 

 

Quando tornò Sasuke era sveglio e lo vide arrivare insieme agli altri, non indossava la sua tuta arancione ma una nera e camminava traballante sotto il peso di un barella. Rimase seduto sul letto, stava guarendo in fretta, le costole ora gli permettevano di stare seduto senza stare troppo male, e continuò a guardare le infermiere affaccendarsi intorno ai soldati aiutandoli con i feriti. C’erano anche tanti bambini.
Attese con pazienza chiedendosi se Naruto venisse anche quella volta a vedere come stesse e ascoltò distrattamente il vecchietto accanto a lui parlare di come andassero bene le cose prima della Prima Guerra Mondiale.
Attese e alla fine arrivò, si era cambiato e sembrava si fosse anche dato una rinfrescata ma sembrava comunque molto stanco. Per questo quando fece per sedersi vicino a lui lo bloccò gelandolo con un’occhiataccia.
“Vai a riposarti”.
Lo fissò sorpreso e divertito mentre ignorava il suo ordine e si sedeva sulla sedia arrugginita. “E’ un piacere anche per me rivederti, Sas’ke”.
Era strano il suo nome pronunciato con quello strano accento americano, ma non gli dispiaceva nemmeno un po’. Comunque, rimase a fissarlo torvo e quello sbuffò.
“Non devi preoccuparti per me”.
“Ma ha ragione” la voce petulante dell’infermiera Sakura li fece sobbalzare e il moro alzò lo sguardo infastidito verso di lei. Si mordeva le labbra con un espressione di rimprovero in viso e teneva riluttante nelle mani un bicchiere d’acqua e una strana pastiglia. A Vederla lo sguardo di Naruto si oscurò.
Lo sguardo della ragazza si fece ancora più triste mentre martoriava il povero labbro: “Mi dispiace, ma mi hanno detto di...”
“Don’t worry little girl” la interruppe il biondo nella sua lingua madre mentre nascondendo con abilità una certa riluttanza tese le mani verso il bicchiere e la pastiglia per prenderli.
A Sasuke la cosa gli venne spiegata qualche giorno dopo dalla ragazza dai capelli rosa e Sasuke capì il perché dei suoi spasmi e perché quando camminasse la gente lo evitasse come se malato.
Naruto era omosessuale.
Sasuke lo sapeva cosa succedeva agli omosessuali, venivano gettati in prigione o isolati dal resto del mondo, perché era un reato. Naruto era stato incastrato e incolpato di atti osceni e il tribunale lo aveva messo davanti a una scelta: o la prigione o la castrazione.
Il biondo non poteva finire in prigione, lui voleva continuare a cercare di salvare vite in quella sciocca guerra e aveva scelto di affidarsi a delle medicine che avrebbero guarito il suo problema.  Sakura, che voleva un bene dell’anima a quel biondino, non era d’accordo e odiava ricordargli di dover prendere quelle stupide pastiglie. Non capiva come tutti lo potessero ritenere uno sbaglio quando non aveva fatto altro che andare per i campi di battaglia a salvare le persone. Solo perché si innamorava di altro.
“Però io lo so, un giorno Naruto potrà amare chi vuole perché finalmente la gente capirà.”
Lo sperò anche Sasuke.
Intanto Naruto andava a salvare le persone rischiando ogni giorno di essere beccato da un cecchino nemico o di saltare in aria con le bombe. Andava e tornava, e ogni volta stava peggio con tutte quelle ferine e i brutti effetti che le pastiglie avevano sul suo corpo. Però andava sempre da Susuke e gli sorrideva, gli diceva che andava tutto perché la guerra la stavano vincendo loro.
Invidiava tutta quella forza che aveva, quel perenne ottimismo che lo faceva tornare sempre vivo e integro da quella guerra.
“Non mi fermeranno mai!” disse un giorno con orgoglio e lo ammirava.
Sasuke gli chiese perché lo facesse, perché rischiasse la vita così.
Naruto scrollò le spalle. “I miei genitori sono morti e nessuno li ha salvati, lo stesso vale per il mio padrino. Ci deve pur essere qualcuno disposto a farlo”.
Sasuke pensò che quando Itachi, suo fratello morì, tutto ciò che desiderò fu la vendetta e che lui uccise molte persone per vendicarlo. Lui e quell’americano erano totalmente diversi, ma non per questo avrebbe smesso di volergli bene. Ormai si sentiva legato da un filo al destino di quel ragazzo allegro.

 

 

Quando Naruto e la sua squadra ripartirono erano passate molte settimane e il ragazzo sembrava essersi ripreso, scalpitava verso i ritardatari impaziente di tornare a salvare vite, era stato troppo tempo inattivo.
Sasuke lo guardò andare via dal suo lettino e sente una stretta al cuore, un sapore amaro alle labbra.
“Tornerà” disse Sakura accanto lui “Deve tornare”.
Il biondo si girò e urlò agitando una mano verso i suoi unici amici “Noi andiamo a conquistare Roma, ci vediamo presto!”
Tutti si girarono imbarazzati, altri lo fissarono con uno sguardo compassionevole. Tutti quegli sguardi gli fecero salire una rabbia sorda e sentì un forte impulso di prenderli a pugni, si limitò a stringere le coperte con forza ripetendosi che Naruto sarebbe tornato e una volta tornato avrebbe ricevuto il giusto amore che un ragazzo come lui meritava.

 

Quando tornarono Sasuke non vide Naruto e seppe, ancor prima di vedere la barella con il suo corpo coperto di sangue, che la luce che aveva visto dal suo buco di odio si era spenta.
Sakura lo vide e iniziò a piangere, lui si limitò s cacciare le lacrime.

 

Sasuke ora è guarito, anche se Sakura protesta sulla sua gamba, ma lui non l’ascolta e va nei campi di battaglia  fare quello che prima faceva Naruto.
Perché ora che è morto non c’è più nessuno che salva vite e lui vuole continuare il sogno dell’americano, non vuole che qualcuno provi quello hanno provato loro.
La guerra la stanno vincendo sul serio ma a Sasuke non importa, lui spera solo di trovare ancora una volta quella luce. E spera di diventarlo lui stesso.

 

 

 

NDA.

Oddio, non posso crederci di averlo fatto sul serio. Ieri notte non riuscivo a dormire e avevo appena visto The Imitations game. La cosa è nata da sola. Qualche precisione storica giusto per sfoggiare la mia grande cultura (ridete).

Allora siamo dopo il 1943, Seconda Guerra Mondiale, quando l’Italia ‘tradisce’ la Germania schierandosi dalla parte degli Americani. Ovviamente Mussolini e i Fascisti non d’accordo occupano mezza penisola, l’altra parte è occupata dagli Alleati che cercando di risalirla per conquistarla tutta.

Più precisamente la storia è ambientata dalla presa di Napoli nell’Ottobre del 43 al 4 luglio con la liberazione di Roma (lo so, è un bel po’ di tempo e la storia non rende ehm).

Non saprei cos’altro dirvi se non viva la SASUNARU.

E se vi va, lasciate qualche recezione. Mi fareste molto felice.

 

1.       Questa potrebbe essere un’incongruenza storica: la parola “okay” deriva da OK=0K= Zero Killed, venne usata per la prima volta durante una delle due guerre mondiali (non ricordo quale lol) dagli alleati per segnalare quando tra le loro file non c’erano stati morti (Zero morti). Quindi, non so quanto possa essere giusto usarla in questo contesto ma la mia scarsa competenza linguistica non mi ha fatto trovare un immediato sinonimo e la mia pigrizia non mi permette di raggiungere il dizionario ^^

2.       Citazione di un film abbastanza famoso di cui non ricordo il titolo e nemmeno il nome del registra (sono impressionante!) che parla dell’armistizio del ’43 e del conseguente abbandonare le trincee da parte degli Italiani. Comunque la frase viene detta quando i Tedeschi iniziano a bombardare sulla base di alcuni ignari italiani convinti di essere ancora alleati con Hitler (e che quindi sia stata la Germania a tradirli, non loro. Ah, robe complicate!)

   
 
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