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Autore: DeathOver    14/09/2015    1 recensioni
"Ehi, Mami.. Soffri molto, non è vero? Non ce la fai più, non è vero?" La sua voce risultava a dir poco inquietante, con quel tono metallico e quelle parole strascinate.. "Anche io sto male per te, mi fa male vederti così.."
Entrò nella cucina e prese un paio di forbici, per poi tornare dalla madre..
"Spero davvero che andrai in un luogo migliore, e che sarai felice.. A presto.."
Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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  • "Marie era stata sempre sfortunata, a parer suo, sin dalla nascita.
    Infatti, lei nacque prematura, a soli sette mesi di gravidanza. Colpa della madre, che fumava e beveva in continuazione.
    Nacque con un corpo strano, che pareva totalmente sproporzionato.
    Le braccia erano lunghe, una leggermente più lunga dell'altra, il busto massiccio per esser nata prematura, e le gambe piccole e esili, corte in confronto al busto e alle braccia.
    Per i suoi primi anni di vita, non poté camminare: le sue gambe era troppo esili per reggere il peso del suo corpo.
    Solamente a cinque anni le gambe di Marie erano cresciunte abbastanza da permetterle di camminare di sola, con un andatura storpia: tendeva infatti a incrociare le gambe mentre camminava, inciampando e cadendo spesso sui suoi stessi passi.
    A sei anni, la madre la mando alle elementari.
    A causa della sua camminata storpia e del suo corpo, non fu presa dai suoi compagni con benevolenza.
    Tutti la trattavano come l'ultima ruota del carro, facendole dispetti di tutti i generi. Tutti, tranne una bambina.
    Lei era una bimba minuta e timidina.
    Portava delle spesse lenti e l'apparecchio.
    Tra le mani, aveva sempre una bambola.
    Nonostante la sua timidezza, riuscì a fare amicizia con Marie: la adorava.
    Adorava i suoi capelli rossi, che man mano andavano schiarendosi, adorava il suo modo di camminare e il suo parlare un po' strascicato, e la soprannominò "Sweety Marie".
    Fu lei a insegnarle a giocare con le bambole.
    Certo, anche Marie aveva a casa delle bambole, ma non ci aveva mai giocato.
    Parevano farle paura, con quel loro sguardo vitreo, e non osavano avvicinarsi.
    La bimba le insegnò che le bambole la fissavano perché volevano le sue attenzioni.
    Così, lentamente, Marie iniziò a giocare con le bambole assieme a lei, sino a crearne una vera e propria ossessione.
    Voleva assolutamente diventare come loro.
    Alla mamma, ogni volta che chiedeva alla bambina se volesse qualcosa, rispondeva diretta, saltellando e agitandosi, "UUA BAMBOLA!".
    Così, la sua camera fu riempita di bambole e animali di pezza.
    Ogni giorno, lei si metteva lì, e con loro prendeva il The, e poi parlava, parlava, parlava...
    Questo durò per tutto il tempo delle elementari.
    I compagni la trattavano male, la deridevano per il suo aspetto, e lei andava a farsi consolare dalla sua amica e dalle sue bambole.
    Non le importava del resto, finché avrebbe avuto lei al suo fianco.
    Tuttavia, alle medie le cose peggiorarono.
    Le due si dovettero separare, e non si rividerò più.
    I compagni la presero subito di mira, inizianoa darle della "obesa", le professoresse ritennero necessario mandarla dalla logopedista per quel suo modo di parlare, e con lo sviluppo venne anche l'acne.
    Il suo viso, la parte che lei preferiva di se stessa, venne storpiato da sfoghi e brufoli.
    Un altro motivo per prenderla in giro ancora più di prima.
    Smise di mangiare, non ce la faceva più: era convinta che ad ogni boccone lei ingrassasse all'infinito.
    Fu necessario arrivare a nutirla con la flebo e l'intervento di una psicologa.
    Perse una gran quantità di chili di colpo.
    La sua vita ora faceva quasi impressione, talmente tanto era stretta, e le si vedevano le costole e le ossa sin da sotto i vestiti.
    A causa della sua improvvisa perdita, sul sul ventre comparvero diverse smagiature.
    Iniziò anche a coprirsi la faccia con chili e chili di trucco, pur di non far vedere quelle deturbazioni.
    Le cure mediche e le inutili sedute dalla psicologa prosciugarono ogni risparmio della madre, che, già in una situazione economica non molto rosea, venne licenziata.
    Senza un marito e un modo per recuperare i soldi, riprese a bere e a fumare.
    In poco tempo, tutto quel fumo e quell'alcool le avvelenarono l'organismo.
    Non avevano più soldi per le cure mediche, e fu costretta a rimanere a letto.
    Tutto fu affidato a Marie.
    Dovette curarsi della madre, dei debiti, dei soldi, della casa e della scuola, il tutto totalmente da sola.
    Alla fine delle medie, riuscì a prendere una borsa di studio per andare al liceo.
    Non era un granché come liceo, ma almeno poteva continuare a studiare.
    Ormai aveva fatto l'abitudine a tutte quelle prese in giro, così non diede più molto conto all' voci su di lei.
    Semplicemente, si limitò a stare zitta e subire.
    Sua madre peggiorava di giorno in giorno, ormai pareva solamente più un vegetale, non la riconosceva nemmeno più.
    Ma per Marie, la cosa peggiore avvenne in seconda liceo.
    Stava tornando a casa una sera d'inverno.
    Si era fermata fino all'ultimo a scuola per studiare, e ormai il cielo era buio e non vi era nessuno per le strade.
    Canticchiava tra sé e sé, quando avvertì una forte presa stringerle il braccio con potenza e trascinarla in un vicolo buio e deserto.
    "Ehi, Marie, nessuno ti ha in segnato che è pericoloso girare da soli di sera per i marmocchi come te?"
    Nonostante il buio, riuscì a riconoscere il volto dei suoi compagni di classe.
    "C-Coa volete? Laciatemi!"
    Non era in grado di pronunciare la lettera "S", ma il mmessaggio doveva essere ben chiaro.
    "Cosa? Non ho capito, parla bene!"
    Il ragazzo che le teneva la strinse, rendendole impossibili i movimenti, mentre l'altro cacciò un coltello dalla tasca.
    "LACIATEMI!"
    Rispose ancora lei, gridando.
    Per tutta risposta, il ragazzo con il coltello le passò un rapido colpo in viso, una ferita che le attraversava l'occhio destro.
    Un urlo di dolore risuonò per il vicolo, e un altro colpo fu inflitto al suo viso.
    "Sta zitta, piccola cagna!
    Ora tu farai quello che ti diciamo, senza urlare e opporre resistenza."
    "NO! NON VOGLIO!!"
    Questa volta, il ragazzo mirò al suo collo. Due tagli.
    Faceva male, faceva così male. Sentiva il sangue scorrere rapido dalle ferite.
    Inutili furono le sue richieste d'aiuto, la sua vocale risultava quasi inesistente, mentre i due si divertivano con il suo corpo.
    Venne ritrovata da un passante il giorno dopo, nello stesso vicolo, in un lago di sangue, con i vestiti stracciati, il corpo pieno di ferite di ogni tipo.
    Subito venne trasportata all'ospedale d'urgenza.
    Quando si risvegliò, avvertì subito la sua voce totalmente diversa.
    Aveva un suono metallico, le parole erano poco chiare, le lettere a volte mancavano, e il tono di voce era a tratti basso a tratti acuto.
    I dottori le dissero che i tagli le avevano compromesso le corde vocali, che avevano fatto il possibile per la sua voce, ma che la sua voce non sarebbe più cambiata.
    Quando lei chiese loro di vedersi allo specchio, parvero piuttosto insicuri, ma le porsero uno specchio.
    Non appena si vide, rimase senza parole.
    Due lunghe cicatrici attraversavano la parte destra del suo volto, tre il suo collo.
    "Aah..."
    Lentamente, le lacrime iniziarono a scendere dai suoi occhi grigi. Nonostante le cicatrici, essi non erano stati compromessi..
    "AAAHH!!"
    Iniziò ad urlare, scagliando lo specchio sul pavimento e mandandolo in frantumi, per poi coprirsi il volto con le mani.
    "No! Non può essere vero!"
    Per tranquillizzarla, i medici dovettero sedarla.
    Fu rilasciata dopo tre giorni.
    Tornò a casa da sua madre, e ringraziò che lei non fosse in grado di vederla.
    Una parte del viso era pallida, l'altra leggermente più scura.
    Aveva indosso ancora i segni dell'acne.
    Passò le sue giornate in casa, a parlare con le sei bambole.
    Sembrava quasi inquietante, in quelle condizioni.
    Passò un mese, e un giorno, il suo sguardo ricadde su Sweety, una delle sue bambole preferite.
    Gliel'aveva regalata la sua amichetta al compleanno, e le era caduta inciampando.
    Aveva una crepa su volto, ma era comunque meravigliosa.
    Ebbe un'idea.
    Se fosse diventata anche lei come Sweety sarebbe stata altrettanto bella.
    Con attenzione, prese la bambola di porcellana.
    La bimba l'aveva chiamata Sweety dicendo che, con i suoi vitrei occhi grigi e i suoi morbidi capelli rossi mossi, somigliasse a Marie.
    Andò in bagno, prese degli elastici e li posizionò sulle articolazioni. Dopodiché prese ago e filo e se li cucí alla pelle, tanto stretti da sembrare che i suoi arti fossero simili a quelli della bambola.
    Si cambiò con il suo più bel vestito, un vestito nero con svariate decorazioni, mise un paio di calze autoreggenti nere con i nastrini bianchi ai bordi e degli stivali bianchi, per poi coprire le spalle con una mantellina bianca con cappuccio.
    Si trucco dozzinalmente, con molto eyeliner nero per far sembrare gli occhi più grandi e coprì i segni dell'acne.
    Si mise un elegante rossetto scarlatto della madre, quello che usava per le grandi occasioni, e uscì dal bagno sorridendo, voltandosi verso l'amata madre..
    "Ehi, Mami.. Soffri molto, non è vero? Non ce la fai più, non è vero?" La sua voce risultava a dir poco inquietante, con quel tono metallico e quelle parole strascinate.. "Anche io sto male per te, mi fa male vederti così.."
    Entrò nella cucina e prese un paio di forbici, per poi tornare dalla madre..
    "Spero davvero che andrai in un luogo migliore, e che sarai felice.. A presto.."
    I suoi occhi ripresero a lacrimare, mentre sollevò le forbici, per poi conficcarle di colpo nella gola della madre.
    Prese Sweety e uscì dalla casa, stringendo le forbici in una mano.
    Sul muro, scritto con il rossetto scarlatto, lasciò una scritta.
    "Ti piacciono le bambole, Mami? Spero di rivederti presto.
    La tua amata Sweety Marie."

   
 
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