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Autore: bisy    14/09/2015    1 recensioni
Lettura fortemente sconsigliata ai bambini.
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"[...]Mi condusse per mano fino ad una porta formata da travi di legno scomposte e legate sommariamente da fil di ferro e corde sfilacciate rosicchiate dai topi.
L'odore che permeava quell'angusto ritaglio d'inferno era al contempo afrodisiaco e nauseabondo; la greve aria che stagnava in quella fatiscenza doveva aver smesso di circolare dal momento stesso della costruzione dell'edificio.
Varcata la soglia, fui investito dal mio stesso stupore: carta da parati nuova e finemente decorata da gigli e fringuelli tanto realistici da sembrare sul punto di intonare cori argentini, mobilia in mogano impreziosita da intarsi a spirale ed eleganti maniglie in ottone, tappeti orientaleggianti animati da motivi geometrici e figure fitomorfe, sontuose poltrone che cingevano un tavolino da tè di vetro lucidato a specchio. Appartata, ma ben visibile in fondo alla stanza, una splendida alcova attendeva che il mio sguardo disarmato la contemplasse in tutto il suo azzurro splendore. Il letto a baldacchino sembrava un grazioso veliero che solcasse acque quiete.[...]"
Genere: Erotico, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Tematiche delicate
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Quando l'inchiostro tinge il cielo di nero, luci rosse tremolano appese a vecchi ganci arrugginiti.
Uwan trascinò i passi stanchi fino all'ingresso del Madmoiselle, facendo vibrare sul selciato le calzature di gomma usurate. Ancora una notte.
Non ricordava il suo vero nome, lavorava da ormai troppi anni senza sentirlo pronunciare nemmeno una volta e tutto sommato le piaceva di più lo pseudonimo, le restituiva il fascino perso nella corrente del tempo. Sistemò con mani grigie i grigi capelli, ormai ridotti a pochi cespugli spontanei che disseminavano radure nell'assolato bosco di lentiggini, e si preparò ad accogliere i clienti.
-Uwan, lascia stare. Nessuno verrà.-, brontolò una ragazza dai tratti somatici indiani, rivolgendosi alla donna giovane ma avvizzita.
-Siete rimaste in poche, bambine mie. La vostra giovinezza sta sfiorendo e presto non guadagnerete più nulla. Saremo costretti a chiudere.
-E poi? Che ne sarà di noi? Verremo sbattute per strada? Come se non ci fossimo già...
-Piantala con le tue lagne, Syth! Piuttosto, vai a prepararti, sbrigati, stanotte ci sarà più movimento del solito per via della festa del quartiere vicino. Me lo sento, qualcuno verrà. E per allora dovrete tutte essere splendide e mansuete come foglie d'acero in una pozzanghera, intesi?
-Ma, Madama, il sapone è finito e non possiamo lavarci... se ci ammaliamo chi ci darà i soldi per le cure?
-Sarà meglio che ciò non avvenga, Gwen. Sai bene che non possiamo permetterci ulteriori spese.
-Guardate, arriva Himi-yushi! Sembra che porti qualcuno con sé...
-Sì! Un cliente! Forza ragazze, la più bella si prenda cura di quel giovanotto. Non lasciamocelo scappare, in zona non abbiamo rivali e potrebbe addirittura spargere la voce! Pioverà denaro, bambine mie!
-Chi è la più bella tra di noi? Io, mi sembra ovvio...
-Zitta, vecchia cornacchia! La fortunata di stasera sarà la piccola Himi-yushi, dopotutto è la più giovane ed aggraziata.
-Siamo consumate come un ciottolo in balìa di un torrente in piena, è meglio che se ne occupi lei, che ancora conserva intatta la sua purezza.
Aveva occhi assenti e grandi come acini d'uva maturi, la bocca era un germoglio di soia e le guance rosee erano velate dal pallore della cipria. Chiunque avrebbe detto che le sue pupille dilatate avessero impresso il torbido sciame di automobili e squallore che ogni sera la devastava, dato che sembravano catturare solo ombre. Ma il deserto del suo cuore adolescente era ancora assetato del dolce nettare della passione.
Mi condusse per mano fino ad una porta formata da travi di legno scomposte e legate sommariamente da fil di ferro e corde sfilacciate rosicchiate dai topi.
L'odore che permeava quell'angusto ritaglio d'inferno era al contempo afrodisiaco e nauseabondo; la greve aria che stagnava in quella fatiscenza doveva aver smesso di circolare dal momento stesso della costruzione dell'edificio.
Varcata la soglia, fui investito dal mio stesso stupore: carta da parati nuova e finemente decorata da gigli e fringuelli tanto realistici da sembrare sul punto di intonare cori argentini, mobilia in mogano impreziosita da intarsi a spirale ed eleganti maniglie in ottone, tappeti orientaleggianti animati da motivi geometrici e figure fitomorfe, sontuose poltrone che cingevano un tavolino da tè di vetro lucidato a specchio. Appartata, ma ben visibile in fondo alla stanza, una splendida alcova attendeva che il mio sguardo disarmato la contemplasse in tutto il suo azzurro splendore. Il letto a baldacchino sembrava un grazioso veliero che solcasse acque quiete.
Attendendo che lo shock lasciasse il posto al desiderio, lei avvicinò al viso la mia mano, che intiepidiva dentro la sua, fino a sfiorarla con le sue labbra, facendomi percepire il suo tocco di petalo.
-Vieni con me.-, disse soltanto con voce ardente.
Lasciai che mi guidasse fino al veliero delle acque quiete e che mi togliesse i vestiti, superflui in quell'ambiente che invitava all'impudica intimità. I cinque steli, che si avviluppavano sicuri sulla mia pelle tesa dai brividi, partivano da dolci fiori lisci e perfetti, la cui morbidezza era preservata dalle numerose creme ed unguenti per le mani che si disponevano in linea sul mobiletto accanto alla vasca da bagno in stile retrò. Cercai di liberarla dalla prigione delle vesti, ma lei mi respinse con gentilezza e si chinò ad accendere una candela color cremisi alla rosa canina poggiata sul comodino. Luce rossa e profumo di erotismo si unirono al pulviscolo diffondendo un soffuso bagliore di peccato.
Raddrizzò la schiena e con movenze feline scivolò sotto le coperte, scoprendo un lembo per permettermi di raggiungerla. Ammainate le vele, pensai, si salpa.
Finalmente fui libero di accarezzare ogni parte del suo corpo soffice e turgido come un gomitolo di seta, esplorandone i meandri che molti avevano conosciuto ma che per una sola notte sentivo miei e di nessun altro.
I gesti goffi e barbarici che improvvisavo svestendola stonavano con quelli precisi e composti di lei, che sapeva esattamente come compiacere un uomo e le sue azzardate aspirazioni.
Durante i due minuti che questo rituale richiese non avevo visto per un solo istante il suo sguardo incrociare il mio ed ogni volta che le mie mani, animate dalla bramosia del possesso, incontravano le sue parti più intime, erano costrette a ritrarsi a causa dei suoi sussulti inorriditi mal soffocati.
-Che ti prende? Dovresti essere abituata a farti toccare.
-Niente. Continua pure, ho freddo. Scaldami.
-Non possiamo continuare in questo modo, così rovini tutto. Forse non vali le venti sterline che ho accettato di pagarti per una sola ora di divertimento. Sei troppo... bambina. Da quanto fai questo lavoro?
-Chiamami pure puttana, è quello che sono. Un'inutile, brutta puttana.
-Non sei affatto brutta. Somigli ad un raggio di sole che sorprende all'interno di una grotta oscura: debole e flebile, ma accecante per chi da tempo brancola del buio più abissale.
-Nessuno mi aveva mai fatto un simile complimento. Grazie.
-Ora rispondi alla domanda: da quanto ti prostituisci per le strade?
-Dodici.
-Dodici anni? Ma se te ne davo appena venti! Hai cominciato presto, povera sventurata creatura.
-Non dodici anni. E' da quando ne avevo dodici che faccio la puttana.
-Non voglio sentirti nominare con un termine così degradante. Preferisco riferirmi a te con “signora di una notte”. Meglio, non trovi?
-Sì, molto meglio.
-Ti va di fare l'amore con me, “signora di una notte”? Ti pago per questo.
-Mi paghi per fingere. Non conoscerò mai l'amore e non intendo fingere con te, che sei l'uomo più cortese che abbia mai incontrato.
-Mi sembri intelligente, oltre che bella. Rispetterò la tua decisione ma pretendo di non dover sborsare neanche un penny.
-Non posso, sono desolata...-, al che la ragazza scoppiò in lacrime di frustrazione e rabbia, sentimenti da troppo repressi ed ora esplosi in tutta la loro furente energia.
-D'accordo, smetti di piangere, però. Rovinerai il trucco ed il tuo bel viso sembrerà un salice intriso di pioggia.
Singhiozzò per circa un quarto d'ora, durante il quale la coprii come meglio potei e la scaldai con i baci più  umani che un bordello possa tollerare, con le labbra assetate separate dalle sue da un soffio d'inverno ed il respiro di velluto a rinfrescare i suoi zigomi rigati di gocce salmastre.
Spalancò le palpebre sottili rivelando occhi colmi di gratitudine, le verdi iridi screziate più brillanti che mai.
-Va meglio adesso, “signora di una notte”?
-Molto meglio, “signore dal naso aquilino”.
-Che appellativo sarebbe mai questo? Ha ben poco di poetico.-, ridacchiai divertito.
-Non sono brava con metafore e affini. La prima cosa che ho pensato quando ti ho visto è stato “Hey, ma quello è Adrien Brody!”-, mi solleticò ironica, esprimendo malizia in ogni tratto del suo volto.
-Mi piaci. Tanto. E non posso averti, giusto?
-Proprio no, non sono di nessuno se non di me stessa.
-Allora cosa facciamo nella mezz'ora che ci è rimasta?
-Parliamo.
-D'accordo, parliamo.
-Sei uno scrittore, vero?
-Come lo sai?
-Le tue mani.
-Cos'hanno che non va?
-Sono mani da scrittore. Mani dalla presa salda e dal tocco titubante.
-Questa è poesia, vedi che anche tu riesci a farne?
-Non si fa poesia. Si sente.
-Come vuoi tu.
-Cosa scrivi?
-Quando? Al momento o nella vita?
-In realtà la domanda sarebbe cosa scrivi della vita.
-Cerco di tradurre in parole aspetti comuni del vivere comune trasformandoli in qualcosa d'innovativo e sorprendente.
-Definisci i tuoi scritti soprendenti? O ritieni te stesso sorprendente?
-Entrambi. Un vero scrittore deve pur avere un orgoglio.
-Ti capita spesso di confondere l'orgoglio con la presunzione?
-Beh, adesso direi che stiamo scivolando nell'offensivo.
-Mi piace come parli. Sei buffo.
-L'intento era tutt'altro, non volevo ridicolizzarmi.
-Non sei ridicolo, sei buffo. Esilarante.
-Come attributo non potevi sceglierne uno più fraintendibile.
-Io credo che un uomo che fa ridere sia degno di essere amato.
-Dunque tu ami il mio modo di essere? Ami me?
-Sì, direi che mi intrighi.
-Allora, vuoi fare l'amore con me?
-Cerchi solo questo in una donna, l'utilizzo?
-Non in tutte le donne. In una puttana sì.
-Dov'è finito il “signora della sera”?
-Era “signora di una notte”.
-Quello, insomma.
-Chiedo scusa per l'impertinenza. Posso trovare mezz'ora, anzi, un quarto d'ora d'amore in questa meravigliosa “signora di una notte” in cambio di venti sterline, che invece ne varrebbero un'ora?
-No.
-Mi piace la tua testardaggine, dimostra che sei molto sicura di te.
-So quello che sono, non serve sentirmelo dire da un praticante ordinario di bordelli.
-Ritira gli artigli, belvetta! Qui nessuno sta cercando di offendere a differenza di te.
-Scusa. Non volevo. Non mi permetterò più una simile sgarbatezza.
-Non renderti vulnerabile agli occhi di chi vuole usarti e basta, sii superiore d'intelletto se non di forza fisica.
-Sei tu che sei indifeso come un gattino, per questo vuoi sentirti invincibile dominando a tuo piacimento le donne.
-Mi hai beccato. Non avevo mai visto la mia ricerca di un modico appagamento da questa prospettiva così pessimistica. Devo ammettere che mi hai insegnato molto, Humiyashi.
-Himi-yushi, mi chiamo Himi-yushi.
-Qual è il tuo vero nome?
-Mikomi.
-Che bel nome, significa “speranza” in giapponese.
-Infatti spero sempre cose impossibili. Ma almeno... spero.
-Cosa, per esempio?
-Di rivederti.
La fiammella che intingeva la stanza in un'increspata danza di luci consumò anche l'ultimo granello di cera rossa, facendoci sprofondare in un'unica ombra uniforme, rischiarata da appena una fessura di luce lunare che trapelava dalla sola finestrella di quel remoto luogo dimenticato dal mondo.
Mikomi sospirò felice e, baciandomi ancora una volta la mano, mi lasciò al mio turbamento, socchiudendo la porta dietro di sé come fosse stato un casuale alito di vento a spingerla verso gli stipiti. Raccolsi i miei infami vestiti da terra, assorbendo dal tessuto del leggero prendisole lasciato accanto da lei tutto il suo profumo di sogno ed infilandomi in tasca il foulard ricamato che le avvolgeva il collo sinuoso e sottile, raggomitolato a terra come un riccio impaurito.
Lasciai sul comodino cinquanta sterline, sentendo svuotare al contempo il portafogli ed il pentimento per essere giunto in quel posto orribile. Spalancai l'uscio rompendone i fermi e, mentre il frastuono delle assi di legno echeggiava in tutto il quartiere, camminavo verso casa sentendomi sospeso ad un metro da terra.
   
 
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