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Autore: Walpurgisnacht    15/09/2015    5 recensioni
Benvenuti, siore e siori. Benvenuti a questa fiera del nonsense, dove a una storia già sufficientemente strampalata di suo come quella di Dangan Ronpa va a sovrapporsi quel calderone di malattia mentale, vestiti sgargianti, personaggi dalla sessualità equivoca che è JoJo.
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Mi chiamo Makoto Naegi. Ho sedici anni. Non sono un mutante, quindi niente raggi laser dagli occhi o artigli in adamantio che mi spuntano dalle nocche.
Ma ho uno stand.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Non vedo perché avrei dovuto eliminare chicchessia” chiosa Junko, sorridendo come una iena “Che divertimento ci può essere nell’uccidere gente a caso senza reale motivo?”.
La fisso sgranando gli occhi. Ormai mi sto abituando alle sue uscite da psicopatica completa, ma certe volte mi risulta ancora difficile accettare ciò che dice senza una minima reazione.
E poi, ora che mi sovviene…
“Enoshima-san, scusa se mi permetto. Ma ricordo male io o avevi detto di aver considerato l’opzione?”.
“Ero stata io a dirlo e sì, lo confermo” si inserisce Mukuro, schioccandomi una smorfia d’odio che indebolisce istantaneamente la mia vescica.
“Capo, porca paletta! Non pisciarti addosso, sei troppo grande!”.

Si chiama figura retorica, ritardato.
“Sarà”.
“Ho ritenuto valida la possibilità per lungo tempo mentre elaboravo il piano, poi ho deciso di seguire i vezzi di mia sorella e ho preferito lasciar perdere”.
Per un istante, solo per un istante perdo la capacità di fare alcunché. Perché ad aver pronunciato quest’ultima frase è stata ancora Mukuro.
E qual è il problema, vi potreste chiedere.
Per come è stata strutturata quella frase implica che la mente dietro tutto questo non è quella di Junko, ma quella della sua pragmatica e concreta sorella.
Il che mi fa correre un brivido freddo e secco lungo la schiena.
Potevamo davvero essere tutti morti a quest’ora. Se tanto mi dà tanto, vedendo come si è comportata durante il nostro scampolo di combattimento, a lei non sarebbe per nulla dispiaciuto farci a tocchetti uno alla volta, piano piano, godendosi la tortura attimo per attimo…
“Glugh”.
Sono contento di vedere che condividi la strizza.
Una rapida occhiata alle mie spalle, rivolta verso il gruppone, mi permette di notare che anche Kyouko e qualcun altro -incluso quel buzzurro ignorantone di Mondo, contro ogni mia aspettativa- ha colto il reale significato di quanto appena emerso.
Fortunati. Siamo stati tremendamente fortunati.
“Mi sembra di capire” riprende Ikusaba “che tu abbia capito”.
“C-Cosa dovrei aver capito?”.
“Lo sai. Ci tieni a farmelo dichiarare ad alta voce, a vantaggio di chi non è acuto abbastanza per arrivarci da solo?”.
“N-No no! Va bene così!”.
“Quanta ansia, Naegi-kun. Fai attenzione o cominceranno a caderti i capelli dalla tensione, partendo dal tuo cavolo di ahoge”.
Ehi, lascia stare il mio ciuffo ribelle che sconfigge giornalmente la forza di gravità!
“Risolto questo fatto, ce n’è un altro che va sistemato”.
“Sarebbe?” chiedo.
“Continui ad avere troppa influenza su Junko-chan. E visto che è lei il capo della baracca” comincia un attimo per poi fermarsi, guardandola di sbieco come a dire non è affatto vero ma per qualche strano motivo devo mantenere in piedi la farsa “è mio dovere, da buon braccio destro del boss, estirpare alla radice ogni causa di disturbo”.
Si volta nella mia direzione.
“Mi tocca… metterti a tacere. Per sempre. Possibilmente spargendo i tuoi organi per l’intero atrio”.
“Perché ho il sospetto che anche Ikusaba fosse ospite dello stesso ospedale psichiatrico della sorella?”
Se per te la sua dichiarazione d’intenti è un SOSPETTO…
Mukuro mi si avvicina lentamente e sorride. Quel sorriso da psicopatica che ha infestato i miei incubi da quando sono rinchiuso qui dentro.
“Mi spiace tanto, Naegi… kun” sottolinea ancora il vezzeggiativo in maniera sprezzante, “magari ci reincontreremo in un’altra vita.”
Spero proprio di no.
Come se mi avesse letto nel pensiero cambia espressione e con un gesto della mano mi aizza contro il suo stand: vorrei dire che ho deciso di accettare con onore la mia imminente dipartita, ma la realtà è che indietreggio trascinandomi con le mani sperando di ritardare il momento.
"AAAAAAAAAAAAAAAAH!"
E le urla di Komaeda non aiutano a mantenere una qualsivoglia parvenza di dignità.
Sto per arrendermi e diventare il croccantino di Fenrir quando... quando mi accorgo che i suoi morsi non arrivano. Nemmeno una zampata, un colpo di coda, una marcatura del territorio. Niente.
"Mukuro-ne, insomma!"
Junko ha fermato sua sorella, salvandomi.
Junko Enoshima la pazza.
"Te l'avevo detto che hai molto ascendente su di lei, capo."
Ah, ora non urli più come una bertuccia?
"Junko, di’ a Legione di lasciarmi!" urla la soldatessa, mentre lo stand di sua sorella la manovra come un burattino (divertendosi parecchio, aggiungerei); ci tengo a specificare che il braccio di Mukuro morso dallo stand di Celes è ancora parzialmente rinsecchito, e vederlo sbatacchiato così fa abbastanza senso. Yuck.
ROAR.
Ovviamente il pericolo non poteva essere del tutto scampato, se no che Ultimate Lucky Student sarei, giusto?
Fenrir è a pochi passi da me che ringhia, ma non si muove: sembra confuso, come se non sapesse come comportarsi senza la padrona a impartire ordini.
"Ehi bello, guarda cosa ho qui!"
Fenrir tende le orecchie e sposta la sua attenzione sulla voce alle mie spalle: Mondo, in piedi dietro di me, ha in mano una... pallina da tennis?
"Vuoi giocare con la pallina? Vuoi giocare?"
Lo stand per tutta risposta comincia a scodinzolare e saltellare in attesa che Oowada tiri la palla.
"Bravo cucciolone, vai a prendere la palla e portala a zio Mondo!" urla, lanciandola verso il corridoio che porta in palestra.
E Fenrir la insegue.
"...ho appena visto uno stand correre dietro a una pallina? Sul serio?"
Mi volto verso Mondo, che al mio sguardo stralunato risponde: "Che c'è? Mi piacciono i cani e avevo preso una pallina allo spaccio!", e quando lo stand di Mukuro torna con il bottino il nostro biker gli fa pure i grattini sulla pancia.
Ok, ho bisogno di una vacanza.
"Posso venire?"
No.
"Tanto vengo lo stesso."
“Per fortuna non c’è stato bisogno del mio intervento” sento alle mie spalle. Riconoscerei l’austera voce di Sakura fra mille, oramai.
“Ma eri pronta ad intervenire, vero?” le chiedo voltandomi, solo per il gusto di sentire la risposta affermativa.
“Certo che sì. Avevo detto che non le avrei permesso di farti del male”.
“Lo so, lo so. Volevo solo sentirtelo dire”.
“Si pone ora una questione più spinosa, però”.
“E quale?”.
“Cosa facciamo?”.
Oh. Ottima domanda, Kenshiro-chan.
Riportando il mio sguardo sulle sorelle Ikusaba la situazione non è mutata: Mukuro, ancora bloccata dai fili di Legione, continua a dimenarsi come una sardina che vuole ribellarsi al suo destino. Dietro di lei Junko sbuffa e la rimprovera, dicendole di non agitarsi troppo che poi le vengono prematuramente le rughe.
“Avanti Muku-neeee, fai la giravolta! Falla un’altra volta! Guarda in su, guarda in giù, dai un bacio a chi vuoi tu!” canticchia mentre la giravolta gliela fa davvero fare.
Lo posso dire? Io un pochino ino ino ino ino ino ino ino ino ino di bene glielo voglio. Mi ha salvato la vita.
“Sì, ma devo ricordarti che si è lasciata un po’ troppo andare con Kyouko rischiando di farle la pelle”.
...e hai ben ragione anche tu.
Non è il momento adatto per delle considerazioni sul mio grado di coinvolgimento affettivo nei confronti di Junko Enoshima, paziente psichiatrico numero 148.
“Allora devi lasciarmi avvicinare a Naegi”.
“Uh? Perché?”.
“Hai detto che dovrei dare un bacio a chi voglio, giusto? Fatti i tuoi conti”.





“Capo, tu hai un po’ troppo successo con le ragazze ultimamente. Avrai mica cominciato ad assumere una certa pastiglietta blu a mia insaputa?”.
Aspetta una sessantina d’anni prima di rifarmi una domanda del genere.
“Fuori discussione, Muku-neeee. Fino a due minuti fa volevi ridipingere il pavimento con le sue interiora!”.
“Hai mai sentito il detto uccidi chi più ami?”.
“Uh? No”.
Io neanche.
“Per forza, lo abbiamo inventato durante il periodo in Fenrir. Avevamo quest’usanza di terminare a mani nude i commilitoni rimasti feriti in battaglia e…”.
Ok ok, ho sentito troppo. Mi tappo le orecchie.
Troppe informazioni in troppo poco tempo. Devo far ordine e catalogare per giungere a una soluzione soddisfacente.
Mi giro verso Kyouko, sperando che mi possa dare qualche dritta. Quando non dice nulla mi avvicino e le sussurro all’orecchio il problema che sto affrontando.
“Capisco” bisbiglia di rimando “La situazione è ancora abbastanza delicata al momento, non ci conviene muoverci avventatamente”.
“Per questo ti ho chiesto consiglio, sei la nostra migliore mente e troverai sicuramente la mossa più adatta”.
“Grazie per avermi adulato, Naegi-kun. Apprezzo. Beh, io penso che…”.
Questo discorso, come altri che si stavano svolgendo dietro di noi, vengono interrotti da un terrificante rumore di scarponi.
Cosa? Che succede?
Dal corridoio che porta alla zona d’ingresso irrompe una squadra di persone vestite di bianco.
“Junko Enoshima. Mukuro Ikusaba. La vostra vacanza nel mondo esterno è finita. È tempo di tornare alla casa di cura”.
"Tadashi! Hiroshi! Macciaooooooooooo! Quanto tempo!"
Vediamo Junko correre incontro ai nuovi arrivati - che, a giudicare dall'abbigliamento, sono medici -, abbracciandoli come fossero amici di vecchia data.
"Non sei cambiata neanche di una virgola, eh Junko?" commenta il più basso dei due, sistemandosi gli occhiali sul naso. "Sempre a ordire piani sgangherati con tua sorella, ma ti pare il caso?"
"Ma io mi annooooiooooo!" è l'infastidita, corrucciata risposta di Junko, broncio compreso.
Io, Kyouko e gli altri ci scambiamo l'ennesimo sguardo perplesso; poi prendo coraggio e chiedo conferma ai nuovi arrivati: "Scusate, voi... voi siete medici?"
"Hai indovinato, ragazzino" commenta l'altro, mentre prende in braccio l'altra sorella: "Dai Mukuro, ti fai ancora fregare dai trucchetti di Junko?"
"Non sono trucchetti, è il suo stand!" piagnucola quella che adesso è solo una pallida imitazione della terribile Super Soldatessa.
"Chiamala pure barzelletta..." è l'acido commento di Komaeda, detto ad alta voce; nessuno di noi se l'è sentita di contraddirlo.
"Ma quindi... è tutto finito? Così?"
"Vuoi che le liberi e le lasci fare, ragazzino?" mi chiede il tizio nerboruto, a cui mi affretto a rispondere negativamente: "Nonononono! È solo che..."
"Solo che...?" incalza il collega.
Noi tutti ci scambiamo l'ennesimo sguardo pieno di punti di domanda.
"È che per giorni ci hanno tenuti sul filo del rasoio..." confessa Sakura.
"E ci hanno fatti combattere tra di noi" aggiunge Mondo.
"E facevano terrore psicologico" ammette Aoi.
"E si sono comportate come le più inquietanti delle criminali" conclude Kyouko, aggiungendo quel tono di sarcasmo che alla (ormai ex?) Super Soldatessa non sfugge, a giudicare dal ringhio sommesso. E a proposito di versi animaleschi, Fenrir è ancora intento a giocare con la pallina, riportandola a Mondo.
"Ma i medici pare non se ne siano accorti... evidentemente non sono portatori di stand" commenta Komaeda.
E pare liquidino la questione come fossero solo voci o visioni.
...improvvisamente mi viene un dubbio terribile.
Per l'ennesima volta io e i miei compagni di sventura ci guardiamo.
Direi che abbiamo pensato tutti la stessa cosa.
“Nononononononononononono. Io penso, quindi esisto”.
Sei un po’ troppo pigna in quel posto, però.
“Appunto. Non è forse la miglior conferma del fatto che non sono un parto della tua mente malata?”.
E poi, in effetti, quante probabilità ci sono che tutti noi soffriamo dello stesso disturbo schizoide che ci porterebbe ad avere gli amici invisibili?
“Ecco, vedi? Siamo a posto”.
Sì, siamo a posto. Forse.
Poi, casualmente, mi metto a guardare le Ikusaba che vengono trascinate via. Mukuro è silenziosa e cerca di dare ancora quell’immagine sanguinaria e mortale di sé, fallendo malissimo; Junko invece fa i capricci, come suo solito.
“Ma ma ma ma… sono contenta di vedervi, eh! Contenta! Però non potete farmi lasciare indietro i miei nuovi amici!”. E ci indica.
Noi? I tuoi nuovi amici? Meno droga nel caffé, per favore.
“E sentiamo, perché non potresti?” le chiede quello che mi pare si chiami Hiroshi.
“Perché non ho ancora fatto combattere tutti i loro stand!”.
A parte che non è vero. Comunque a nessuno importa.
“Oh, quindi anche loro possiedono il tuo fantomatico spirito che noi comuni mortali non saremmo in grado di vedere?”.
“Certo! Mostrateglielo, per favore!”.
“No, non serve. Ci credo. Ci credo”.
Lo sguardo da se potessi vi porterei via tutti assieme a lei pare raccontarla diversamente.
“Capooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo!”.
Urgh. Per essere qualcosa che potrebbe non esistere fai un casino infernale.
“Va bene Junko” si intromette l’altro mentre le infila la camicia di forza “hai ragione, tutto quello che vuoi. Ora però prendi le medicine”.
“Sìììììì! Buone le medicine!”.
Kyouko mi si avvicina e mi dice a bassa voce: “Vedendo il livello di pazzia in cui sono cadute quelle due, devo dire che un po’ di dubbio comincio ad averlo anch’io. Ma anche se fosse devo ringraziarle, perché è solo grazie a quelle due matte che ti ho conosciuto. E quello che ci è successo, vero o falso che sia, mi ha permesso di scoprire quanta forza e quanta nobilità d’animo si nascondono nei tuoi trenta centimetri d’altezza”.
Oh insomma, la smettete di sfottermi solo perché sono basso?
...comunque grazie per i complimenti.
   
 
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