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Autore: Zenya Shiroyume    15/09/2015    7 recensioni
[Song-fic: Magical Mirror, Mirror's Magic]
La vita è fatta di opposti e anche la fortuna si muove secondo questa legge...
Rin aveva una vita perfetta, fino a quando una malattia non l'ha costretta sulla sedia a rotelle; da allora tutto è andato peggiorando.
Len era il figlio di un facoltoso imprenditore che la sfortuna aveva portato alla rovina, fino a quando le cose non hanno iniziato a migliorare.
La ruota del destino spesso è crudele, ma se qualcuno decidesse di andare contro e spezzare il suo equilibrio? Cosa succederà?
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Tratto dal testo
“Come, non lo sai? Con il nostro accordo, la ruota della fortuna ha ripreso a girare in tuo favore... Ma non può andare bene per tutti! E lei non fa eccezione.”
“S-Stai insinuando che il suo dolore sia... C-Colpa mia?” chiese titubante.
“Lo specchio rappresenta le due facce di una medaglia, luce e oscurità, bene e male... Fortuna e sfortuna. Cosa hai intenzione di fare? Lasciare che le cose procedano così, oppure vuoi metterti contro lo stesso scorrere del destino per salvarla? La scelta è solo tua!
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Len Kagamine, Rin Kagamine | Coppie: Len/Rin
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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Magical Mirror html

Chapter I

La ragazza sedeva a terra al centro della sua stanza, le sue bambole di pezza erano gettate a terra sul folto tappeto turchese, mentre sulla grande finestra la pioggia ticchettava da più di due ore. Aveva ormai quindici anni, lo sapeva benissimo, ma non riusciva a separarsi da quelle figurine di stoffa. Aveva dato loro dei nomi e aveva inventato delle storie: la sua preferita era una bambolina con i capelli legati, di un bel color verde acqua, ed era una ballerina; per lei immaginava gli scenari più belli e i movimenti più eleganti, le piaceva pensare che volteggiasse e saltasse, proprio come una specie di fatina... Diversamente da lei.
Posò poi lo sguardo su un'altra delle sue bambole e l'afferrò delicatamente. Le dita iniziarono a spazzolare i lunghi capelli rosa e di nuovo la sua immaginazione ricominciò a creare gli scenari tipici di quella figurina. Luka, così l'aveva chiamata, era una guerriera capace delle migliori acrobazie e tecniche, sapeva combattere e cavalcare: insomma, era una vera e propria amazzone.

Signorina Rin, posso entrare?” fece una voce dietro la porta chiusa a chiave. Il castello in aria di Rin venne per l'ennesima volta demolito, i suoi sogni da bambina infranti per tornare di nuovo alla realtà. La domestica girò il pomello, ma la porta rimase chiusa. La donna sembrò subito irrigidirsi e chiese se la 'Signorina' stesse bene, la pregò di aprire la porta o come minimo di risponderle.
La pioggia sembrò diventare più forte e un tuono riecheggiò per la stanza. Rin lo associò al padre, severo e minaccioso, perciò decise di andare a girare la chiave ancora infilata nella serratura. Abbandonò quindi Luka sul pavimento, sempre riservandole tutti gli onori e tutta la delicatezza che meritava, e si allungò verso la sedia a rotelle. La guardò con disprezzo e tirò la leva del freno, in modo che potesse arrampicarcisi in tutta sicurezza.
È sempre così, maledizione!
Come sempre, Rin si aggrappò ai braccioli rivestiti di velluto rosso e si mise in ginocchio sul poggiapiedi, per poi issarsi faticosamente a sedere. Appena si assicurò di essersi seduta correttamente, buttò fuori tutta l'aria che aveva nei polmoni, mentre con la mano destra sganciava la leva del freno.
Appena la porta si aprì, il viso dell'anziana domestica iniziò a schizzare su e giù per tutta la lunghezza della ragazza. Il capelli biondi c'erano ancora, gli occhi azzurri erano sempre gli stessi, così come il delicato visino da angelo.

Signorina! Suo padre le ha severamente vietato di chiudere a chiave la porta! Non ha pensato che le potesse succedere qualcosa?!”
Lo so già...” rispose atona. Cosa sapeva già? Che non avrebbe mai potuto camminare? O che nessuno sarebbe mai venuto a trovarla, nemmeno i suoi genitori? Ne aveva fin sopra i capelli di quella storia.
Cosa c'è?”
Suo padre sta tornando al fronte, non vuole andare a salutarlo?”
Rin scosse la testa e si girò, per tornare a contemplare le sue bambole di pezza. Sapeva già che la domestica le avrebbe rinfacciato il fatto che magari suo padre non sarebbe tornato e che sarebbe stato carino, o perlomeno educato, andare a salutarlo. Rin invece sapeva che non gli sarebbe successo nulla, sapeva che non era uno di quei soldati di fanteria che vengono mandati in prima linea a morire: no, lui era uno dei pezzi grossi, quelli che stanno in una tenda a dare direttive.

Signorina...”
Se non hai nient'altro da dire, allora vorrei ritornarmene alle mie faccende!”
L'anziana signora s'inchinò e indietreggiò di pochi passi, ovviamente ricordando alla ragazza di non chiudere la porta. Rin fece spallucce e condusse la sedia a rotelle vicino alle sue bambole, per poi scivolare piano sul tappeto. Se lei non poteva camminare, beh, lo avrebbero fatto i suoi alter ego!
Di nuovo, qualcuno bussò alla porta, minando la pazienza della ragazza che si voltò di scatto. Era ancora la domestica. Questa la guardava con la solita espressione pietosa e amorevole, quella che si usa quando si ha a che fare con un cucciolo ferito, ma subito i lineamenti della donna cambiarono repentinamente: sapeva che Rin odiava essere compatita.

Che cosa vuoi, ancora?”
P-Più tardi passerà un corriere con un regalo per voi da vostro padre... Per favore, quando arriverà ci lasci portare il regalo nella sua stanza...”
La ragazza annuì e tornò a coccolare la sua bambolina preferita, Miku. Dopotutto non le importava quanto suo padre cercasse di comprare il suo amore, tanto era sempre distante.

Ma non lo era sempre stato, così come la mamma. Chissà dove era andata? Il papà le aveva raccontato che era tornata a vivere dai genitori, perché con loro non stava più bene. Allora Rin aveva replicato con un secco e sonoro: “Ma voi vi amate tanto!”
Ci aveva riflettuto tanto, per mesi forse. I due si amavano davvero, ma qualcosa si era frapposto al futuro della loro famiglia. Era iniziata una guerra e il padre era stato costretto a ritornare sul fronte, quindi non aveva più tempo per loro.

Non credo sia per questo...” disse all'unica figurina maschile che aveva, di nome Kaito.
Infatti sapeva che il vero motivo non era quello, ma bensì la sua malattia. Non ricordava mai il nome di quel male, sapeva solo che le impediva di camminare. Era iniziato tutto quando aveva nove anni: un giorno si era alzata e sentiva le gambe formicolare, tutto qui. Aveva chiamato la mamma e lei le aveva detto di non preoccuparsi, che magari si era addormentata in una posizione scomoda. Eppure le cose continuarono per mesi, mentre la piccola Rin sentiva di perdere sempre più sensibilità.
Ma le cose degenerarono completamente dopo la diagnosi del dottore, all'età di soli dodici anni: infatti, il papà aveva rimproverato duramente la mamma per non aver fatto visitare prima la figlioletta e da allora non avevano più smesso di litigare. Sembrava si fossero completamente dimenticati di lei, della sua malattia e di tutto ciò di cui lei aveva bisogno. Per loro era diventato più importante litigare, finché il loro litigi li avevano portati alla separazione.
E gli amici? Rin non ne aveva mai avuti, solo le sue bambole di pezza. Il perché? Perché nessuno aveva mai osato portarla fuori. Già le sue condizioni di salute la costringevano su una sedia a rotelle, ma ci si erano messi anche i suoi genitori, che non volevano farla uscire di casa. Dicevano che non le faceva bene, che si sarebbe ammalata e che poteva essere rischioso. Tutte scuse che l'avevano portata alla solitudine.

Basta rimuginare...” fece stendendosi sul tappeto, con Luka e Miku strette al petto. Diede un'ultima occhiata alla stanza e si chiese cosa le avrebbe regalato di nuovo il suo papà.
Spero siano altre bambole, almeno con loro posso immaginare di essere qualcun altro...
Con quel pensiero, i suoi occhi si chiusero e la ragazza cadde in un sonno profondo.

*****

Il ragazzo sedeva sulla sua poltrona preferita, nella mano destra teneva un bicchiere di delizioso succo d'arancia, mentre gli occhi azzurri erano puntati sui raggi di sole che filtravano dalle tende. La giornata volgeva al termine e il giovane aveva passato il tempo intrattenendo i suoi ospiti, tutti grandi magnati e aristocratici. Era soddisfatto di quello che era riuscito a fare e di dove era riuscito ad arrivare.
Chiuse gli occhi, sul viso angelico si allargava un sorriso soddisfatto, mentre con la mente ritornava a quel periodo buio della sua vita che finalmente aveva lasciato spazio al sole. Suo padre era morto per colpa di un infarto, il medico aveva detto che era stato causato dallo stress legato ai problemi finanziari in cui si trovavano. Scosse la testa a quel ricordo, era ancora doloroso, così come il doversi caricare sulle spalle montagne di debiti. Len aveva imparato a dirigere la fabbrica del padre, spesso lo accompagnava e questo gli aveva insegnato molte cose, mettendo da parte l'infanzia del ragazzino. Da una parte lo aveva ringraziato, dall'altra provava un po' di rancore, ma non troppo. Forse la parte più difficile era stata prendersi cura della madre, completamente distrutta dal dolore.
Len riaprì gli occhi e si diresse verso il suo bel salottino, dove la mamma stava lavorando a maglia. Tutto era migliorato, lei era uscita dalla depressione e i soldi erano tornati nelle casse della famiglia. Insomma, tutti i suoi sforzi erano stati ripagati.
Non hai mica fatto tutto da solo!, disse una voce nella sua testa. Succedeva spesso che sentisse qualcosa, ogni volta che ripensava al miglioramento della sua vita. Sapeva bene di non essere stato l'unico ad aver contribuito a tutto ciò, c'era stato l'intervento di qualcosa fuori da lui, qualcosa di magico che per certi versi voleva la sua parte di merito. Che sia pazzo?, pensò per la centesima volta, mentre schioccava un bacio sulla fronte della madre, la cui bellezza era venuta meno con l'avanzare della depressione.

Ti voglio bene!” disse mentre usciva verso il giardino per godersi il sole tanto agognato. Che fosse anche quello il risultato di quella strana magia? Len pensò che magari fosse solo una coincidenza: dopotutto, quel periodo era stato durissimo e di uscire fuori non se ne parlava... Per lui era come se piovesse sempre, nonostante le sporadiche giornate di sole.
Ora però camminava con le mani dietro la schiena nel suo bel giardino in fiore, il vento gli scompigliava i capelli biondi che scappavano alla presa del suo elastico, mentre fischiettava un motivetto accattivante e allegro. Si era ormai dimenticato di quel giorno lontano, la fortuna aveva iniziato a girare dalla sua parte e questo per Len bastava. Che fosse un atto egoistico il suo lo sapeva, ma che altro avrebbe potuto fare? Forse dimenticare, perché quel ricordo sembrava una pugnalata al cuore.

Era una fredda e piovosa serata di dicembre e, come al solito, sedeva da solo nel salotto. La mamma era rinchiusa nella sua stanza, non voleva nemmeno parlare al figlio, che sedeva sulla sua poltrona a fissare i lampi che illuminavano la stanza immersa nel buio. Si era detto che non avrebbe sprecato nemmeno un ciocco di legno per il camino, sarebbe rimasto al freddo pur di non usare le ultime risorse della sua famiglia. Allora pensava a come poter tirare avanti, cosa fare per riportare il regno economico ereditato dal padre in auge, senza però dover ricorrere a metodi drastici come la prostituzione o lo strozzinaggio. Aveva immediatamente rifiutato quelle idee, si sentiva addirittura sporco per averci pensato, ma non vedeva altre possibilità. Tutti si erano infatti rifiutati di aiutare una società sull'orlo del declino, perciò il povero Len era rimasto da solo.
Fu allora che alla sua porta bussò qualcuno. Si era alzato per aprire con il corpo pesante, come fosse stato svuotato di tutte le energie, come se non volesse più lasciare la sua poltrona in stile Barocco e volesse morire là sopra.
Len si mise a ridere ricordando la depressione in cui era sprofondato perché ora tutto andava per il verso giusto, ma un brivido lo attraversò da capo a piedi, quando gli sovvenne il sorriso cinico del suo ospite. Era in piedi davanti la porta, coperto da un mantello grondante di pioggia, mentre la mano era poggiata su un oggetto nascosto da un grosso telo.
Il ragazzo non sapeva che fare, non voleva farlo entrare, eppure l'uomo riuscì ad infilarsi in casa con un movimento fulmineo.

Mi aveva chiesto se conoscessi il motivo della mia sfortuna... -fece tra sé e sé- Come avrei mai potuto sospettarlo?”
Infatti l'uomo gli aveva posto una domanda stranissima, a cui nessuno avrebbe potuto rispondere. Continuava a sorridere, a guardarsi attorno, mentre aspettava che Len dicesse qualcosa. Fu quando il giovane iniziò a perdere la pazienza che mostrò l'oggetto che l'accompagnava.

Se vuoi sapere chi ha rubato tutta la tua fortuna, prova a guardare in questo specchio!”
All'inizio era scettico, era convinto che quell'uomo fosse l'ennesimo ciarlatano pronto a togliergli quei pochi soldi rimasti. Era tutta questione di denaro? Per l'uomo, doveva essere solo una questione di divertimento, il biondino lo aveva sospettato dal principio.
L'uomo aveva un ghigno sul volto, poi lo invitò ad avvicinarsi, mentre al posto del riflesso del ragazzo appariva l'immagine di una giovane che per qualche motivo gli assomigliava in modo impressionante.

Che fai? Ti abbandoni ai ricordi?”
Len si voltò e vide l'uomo a cui stava pensando, con accanto il suo specchio. La sua espressione non era diversa da quella dei ricordi del ragazzo che indietreggiò di pochi passi, scettico e sospettoso.

Che ci fai qui?!” chiese aggredendolo con lo sguardo.
Dovresti mostrare un pochino di gratitudine per quello che ho fatto per te!”
Il misterioso ospite riprese a ghignare e a muovere la testa in tutte le direzioni, compiacendosi dei risultati raggiunti dal giovane imprenditore. Iniziò a complimentarsi per la bella casa e per il giardino ben curato, iniziò a fare moine riguardo al nuovo staff e ai nuovi abiti che Len indossava.

Quindi? Cosa vorresti dire con questo?” chiese il biondo.
Che questo è il risultato della decisione di quella notte!”
Len socchiuse gli occhi e aspettò che proseguisse. Ancora una volta, però, non riusciva a decifrare quel volto, nascosto in parte dal cappuccio del mantello. Quanti anni avrà?, pensò poi, cercando di capire meglio il suo interlocutore. Un singolo particolare del viso avrebbe potuto fargli capire che persona fosse, ma purtroppo per lui l'unica parte visibile era la bocca, affiancata da un paio di ciuffi di capelli quasi bianchi.
La misteriosa figura fece un passo avanti e fece un cenno al ragazzo, invitandolo a mettersi di fronte allo specchio. Chi avrebbe visto questa volta? Perché si sarebbe dovuto specchiare di nuovo? Purtroppo non lo sapeva e aveva paura di scoprirlo.

Avanti, vieni a vedere!”
Len deglutì e si posizionò davanti la lastra di vetro riflettente. Al posto del suo riflesso, vi era l'immagine di una ragazza dai capelli biondi, seduta a terra e circondata da diverse bambole di pezza. Sullo sfondo c'era una sedia a rotelle.
Il giovane imprenditore ebbe un sussulto e si voltò di scatto verso l'uomo: “Che dovrebbe significare?!”

Ti ricordi di lei, non è vero? Ti avevo detto che era colpa sua, se la sfortuna si era abbattuta su di te... Ora tu sei felice, mentre lei si è sobbarcata tutte le tue sventure! Cosa pensi possa significare?”
Len non rispose, era ancora intento a fissare quella ragazza, privo di parole.

Come, non lo sai? Con il nostro accordo, la ruota della fortuna ha ripreso a girare in tuo favore... Ma non può andare bene per tutti! E lei non fa eccezione.”
S-Stai insinuando che il suo dolore sia... C-Colpa mia?” chiese titubante.
Lo specchio rappresenta le due facce di una medaglia, luce e oscurità, bene e male... Fortuna e sfortuna. Cosa hai intenzione di fare? Lasciare che le cose procedano così, oppure vuoi metterti contro lo stesso scorrere del destino per salvarla? La scelta è solo tua!”

Angolo di Zenya ^^
Aaaaallora! Magari qualcuno si ricorda di me col nome di Dark Sun o per la storia The Servant's Story, o magari è la prima volta che leggete una mia storia... Nel caso, ciao a tutti!
Finalmente una nuova storia, eh? Come si suol dire, nuovo nome, nuova storia! Che ne pensate? Spero che il primo capitolo di questa double o triple shot vi sia piaciuto (sì, devo ancora decidere quanti capitoli saranno, ma direi pochi) e vi invito a lasciare una recensione, mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate ^^ dopotutto questa storia si è letteralmente scritta da sola :P
Beh, alla prossima e un bacione a tutti i lettori, silenziosi e non!

Angoletto dello Spam :P
  • The Servant's Story     http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2652590&i=1
  • E se non ci fosse un Eroe?     http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2957402&i=1
  • Kingdom Hearts: the Last Princess    http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3258304&i=1

   
 
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