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Autore: mikchan    15/09/2015    0 recensioni
[NON COMPLETA] La ginnastica artistica è sempre stata la più grande passione di Chiara. Non c'era niente di meglio che qualche giro sulle parallele o un salto al volteggio per rendere migliore la giornata.
Ma nel momento in cui questa possibilità le viene tolta, Chiara si ritroverà catapultata nella vita di una qualunque adolescente, tra scuola, libri, amicizie e primi amori. I problemi quotidiani sembrano molto più grandi se vissuti dall'interno e Chiara dovrà imparare ad affrontarli con coraggio e tenacia.
E chissà che, forse, non trovi anche il ragazzo che le faccia battere forte il cuore.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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5- INCONTRI



Risata.
"Fammi capire: vi ha visti?".
Uno sbuffo da parte mia e un'altra risata da parte di Greta. "Smettila, non fa ridere", borbottai.
Lei mi ignorò, continuando a ridacchiare e a darmi della stupida. Insomma, cosa potevo farci io se mia madre era un'impicciona di prima categoria e amava spiarmi dalla finestra del soggiorno? Come potevo immaginare, soprattutto, che lei era nascosta lì, se avevo la testa completamente impegnata in qualcosa di più importante?
Un bacio al sapore del miele.
Arrossii al ricordo e non riuscii a trattenere un sorriso, che ovviamente non sfuggì a Greta.
"Ah, lo sapevo! Continui a pensarci. Che romanticona", esclamò guardandomi con gli occhi dolci.
Le guance mi si infiammarono ancora di più dall'imbarazzo.
Non avevo resistito e avevo raccontato tutto a Greta e, purtroppo, non me ne pentivo. Era la mia migliore amica ed erano anni che sognavo di potermi confidare con lei come vedevo nei film o nei libri, ma mi sarei dovuta aspettare una reazione del genere da parte sua. Quando le avevo rivelato che mia madre si era appostata dietro le tende era scoppiata a ridere e aveva continuato per minuti interi. Per fortuna eravamo a casa da sole e nessuno l'aveva sentita, altrimenti sarebbe stato doppiamente imbarazzante, considerato il terzo grado a cui ero stata sottoposta una volta entrata in casa.
Anche in quel momento, dopo una cena all'insegna di battutine con mia madre e riferimenti velati verso mio padre che non sapeva niente e non doveva assolutamente sapere, Greta continuava a rivangare l'argomento e l'avrei presa volentieri a padellate in faccia, se solo non avessimo dovuto incontrare il suo ragazzo da lì a quindici minuti.
Sdraiate sul mio letto, chiuse in camera come quando eravamo alle medie, le avevo confermato che mi ero davvero presa una cotta per Carlo e, fortunatamente, dopo qualche gridolino di gioia, si era limitata ad abbracciarmi e a dichiarare di essere immensamente contenta per me.
Proprio Carlo stavamo aspettando, mentre la playlist del mio computer continuava a scorrere, ed io ero tremendamente nervosa. Un po' perché avrei finalmente conosciuto Lorenzo, un po' perché mi erano finalmente arrivate le mie cose, ma soprattutto perché il mio ragazzo -ed era veramente strano poterlo definire così- era in ritardo di ben venticinque minuti.
"Tranquilla, Chiara. Tanto anche Lorenzo è sempre in ritardo", mi rassicurò Greta dopo l'ennesimo insulto.
Sbuffai. "Non vuol dire niente, abbiamo un appuntamento e odio arrivare fuori orario".
"Cosa dice Carlo?", mi chiese quindi.
Sbuffai di nuovo, per almeno la centesima volta durante quel sabato. "Arriva tra cinque minuti. E l'ha detto anche prima", le feci notare.
"Non preoccuparti", mi ripeté. "Arriveremo in tempo".
"Non dovevo chiedere a lui di passarci a prendere", borbottai stizzita.
"Lorenzo ha una moto e non ci saremmo state entrambe", mi spiegò tranquilla. "E nessuna delle due ha ancora la patente".
"Non vedo l'ora di compiere i diciotto anni", mi lamentai, mentre il telefono mi vibrava tra le dita. Lessi velocemente il messaggio e sospirai. "Andiamo, finalmente è arrivato", le dissi, alzandomi dal letto.
Ci infilammo le giacche e le scarpe e, salutati i miei genitori, uscimmo di casa. Davanti al mio vialetto c'era la macchina di Carlo, dove lui ci aspettava con un sorriso di scuse.
"Perdonatemi, ragazze, ho avuto un'enorme contrattempo", disse quando entrammo.
"Cos'è successo?", gli chiesi preoccupata, dimenticandomi di essere arrabbiata con lui.
Carlo si sbilanciò verso di me e mi diede un veloce bacio a stampo. Sentii un brivido attraversarmi la schiena a quel gesto tanto intimo quanto naturale e dovetti sforzarmi per trattenere un sorriso smagliante. "Questo pomeriggio mia sorella si è fatta male e ho dovuto accompagnarla al pronto soccorso. Siamo stati lì un'eternità e mi è morto anche il telefono nel frattempo", spiegò, mentre metteva in moto la macchina.
"Cavolo, sta bene?", esclamai preoccupata.
"Sì", annuì lui. "Solo una distorsione alla caviglia".
Rabbrividii, ricordando per un secondo quando era capitato a me, anni prima.
"Ma ora è a casa, tranquilla. Le è dispiaciuto non poter finire la partita, oggi", disse con un tono talmente tenero che mi fece sorridere.
"A cosa gioca?", gli chiese Greta, seduta sui sedili posteriori.
"Pallavolo. Non chiedetemi niente perché non saprei dirvi in che serie o roba del genere gioca", scherzò.
"L'importante è che non sia nulla di grave", dissi con un sospiro di sollievo.
Carlo annuì, voltandosi poi verso Greta. "Sai la strada?", le chiese. "Ho capito più o meno dove si trova, ma sarebbe meglio non perderci, considerato che siamo già in ritardo".
"Vai verso la scuola", disse lei. "Poi da lì ti guido io".
Carlo accelerò e mi ritrovai appiccicata al sedile. Non gli dissi niente, soprattutto perché gli avevo già fatto notare che non era molto sicuro giudare a quelle velocità in paesini piccoli come il mio, ma lui si era limitato a rassicurarmi che sapeva cosa stava facendo. Ero comunque contenta che, rispetto alle prime volte, aveva diminuito notevolmente la velocità.
"Sono così contenta che conoscerai Lorenzo!", esclamò poi Greta.
"Il tuo ragazzo?", le chiese Carlo, curioso.
"Finalmente", dissi io mentre lei annuiva. "Stavo iniziando a pensare che non esistesse nemmeno".
"Esagerata", rise lei. "È che non abbiamo mai avuto l'occasione di uscire tutti insieme. Poi lui quest'anno ha iniziato l'università ed è sempre impegnatissimo".
"Come si chiama di cognome?", si intromise Carlo. "Forse lo conosco".
"Fabbri. Veniva nella nostra scuola".
"Sì, ho capito chi è", rispose lui, mentre io rimuginavo su quel cognome. Aveva qualcosa di familiare, ma non riuscivo a ricollegarlo a nessun volto nella mia memoria.
"Ah, ora gira a destra", esclamò Greta, accorgendosi all'improvviso della strada.
Carlo eseguì e per il resto del viaggio si sentirono solo sue indicazioni per arrivare al piccolo bar dove avevamo deciso di incontrarci quella sera. Ci sarebbe stato Lorenzo con alcuni suoi amici, e avevo invitato anche Vera con il suo ragazzo, Alessandro.
Quando entrammo nel parcheggio riconobbi subito la mia amica e, appena scesa dalla macchina, corsi ad abbracciarla. Non la vedevo da settimane: lei era sempre impegnata in palestra, mentre io non avevo un mezzo di trasporto per poterla andare a trovare al suo paese, che distava quasi venti minuti dal mio.
"Sono felice di vederti", esclamò lei. "Pensavo non arrivassi più".
"Sì, Carlò è arrivato in ritardo", dissi indicando il ragazzo che intanto mi aveva raggiunto, accompagnato da Greta che continuava a guardarsi intorno.
"Ah, il famoso Carlo!", disse lei ridendo e allungando una mano per presentarsi. "Sono Vera".
"Il Famoso Carlo", si presentò invece lui, facendoci ridere tutti.
Vera presentò anche il suo ragazzo, ma fummo distratti da un urletto di Greta, che corse incontro a una macchina che era appena arrivata, per poi saltare letteralmente addosso a uno dei ragazzi che scese dalle portiere posteriori.
Quello, invece, doveva essere il famoso Lorenzo. Da lontano non riuscivo a vederlo bene in volto, ma era molto alto, forse anche più di Carlo, con due spalle enormi e le braccia muscolose. Dentro di me continuavo a ripetermi il suo cognome, ma fu solo quando si avvicinò e incrociai i suoi occhi che capii dove l'avessi già sentito.
All'improvviso mi sentii catapultata all'indietro nel tempo, mentre nella mia testa partivano immagini del mio passato in compagnia di un ragazzino che abitava vicino a me.
"Saremo sempre amici?".

"Finalmente ti conosco!", esclamò lui, allungando una mano verso di me e riportandomi alla realtà.
La strinsi, incerta, e cercai di sorridere. Mi aveva riconosciuta? Dal suo sguardo era chiaro che non aveva la minima idea di chi fossi e, per un attimo, mi chiesi cosa dovessi fare.
Prima che potessi decidere, tutti si incamminarono verso l'entrata del bar e mi ritrovai a seguirli automaticamente. Carlo mi prese per mano e mi lanciò un'occhiata interrogativa, alla quale risposi scuotendo la testa. Non era quello il luogo e il momento per rivelargli i miei trascorsi con Lorenzo.
Mi lasciai per un attimo distrarre dal posto: era un locale abbastanza piccolo e rustico, ma accogliente e informale, perfetto per una serata senza pretese tra amici. All'improvviso mi accorsi di non aver nemmeno sentito i nomi degli amici di Lorenzo e mi diedi della stupida e della maleducata. Erano due ragazzi e una ragazza, che camminavano con la sicurezza di chi conosce il posto, e ridevano tra loro come se si conoscessero da sempre.
"Ehi", richiamai Carlo, tirandolo per la mano. "Come si chiamano?", gli chiesi a bassa voce, mentre un cameriere ci portava a un tavolo.
Carlo abbozzò un sorriso. "La tipa si chiama Marta, i due ragazzi Giulio e Alberto", mi rispose. "Pensavo li conoscessi".
Scossi la testa. "Non esco spesso con Greta", gli rivelai, evitando di dire che recentemente non ero uscita spesso e basta.
Ci sedemmo a un tavolo rotondo ai lati della sala, vicino alle finestre. Mi trovai tra Carlo e Vera e, mentre scambiavo qualche parola con la mia amica, sentii Lorenzo rivolgersi al mio ragazzo. Evidentemente si conoscevano entrambi di vista, come aveva ipotizzato Carlo poco prima in macchina e, essendo seduti vicini, si trovarono a conversare per un po' sulla scuola e i vecchi professori.
Mi ritrovai a sorridere al pensiero che, forse, avrei potuto riallacciare la profonda amicizia che mi aveva legato a Lorenzo da bambini. Certo, eravamo entrambi cambiati molto, ma all'epoca gli avevo voluto bene e, anche se in quel momento Carlo ricopriva ormai quel ruolo, ero certa di provare ancora dell'affetto nei suoi confronti.
Ordinammo da bere e passammo la serata a chiaccherare tranquillamente. Scoprii che Marta e Alberto stavano insieme da anni e che i due ragazzi erano gemelli. La ragazza, inoltre, era simpaticissima con le sue battute spigliate e gli insulti verso i ragazzi, che trattava come se fossero la sua famiglia. Parlai anche un po' con Lorenzo, cercando di tenermi su un territorio neutro per capire se si ricordasse di me o meno, ma non riuscii a intuire cosa si nascondesse dietro i suoi occhi verdi. Quell'incertezza mi stordì al punto che Carlo mi trascinò fuori dal locale con la scusa di una sigaretta. "Si può sapere che ti prende?", mi chiese quando fummo fuori all'aria aperta.
Presi un grosso respiro per calmarmi. "Lo conosco", dissi. "Lorenzo, intendo".
Carlo agrottò le sopracciglia, mentre si accendeva la sigaretta. Poi si sedette su uno dei gradini e mi fece segno di imitarlo.
"Da bambini abitavamo vicini ed eravamo inseparabili, ma poi lui si è trasferito e non ci siamo più sentiti", gli spiegai.
"Sei sicura che sia lui?".
"Praticamente certa. Ha lo stesso cognome e gli stessi occhi. Non potrei mai dimenticare il suo sguardo", mormorai nostalgica.
"Devo essere geloso?", mi chiese Carlo ridacchiando e stringendomi le spalle con un braccio.
Sorrisi e scossi la testa. "No. Lorenzo era il mio migliore amico e non riuscirei mai a pensare a lui come a qualcosa di diverso di un fratello".
"Bene, perché stavo iniziando a preoccuparmi che mi avresti mollato per quel tipo".
Alzai un sopracciglio, guardandolo sorpresa dal basso. "Che stai dicendo?".
Lui buttò fuori il fumo e spense la sigaretta sotto la scarpa. "Sei strana da quando l'hai visto. Che ne potevo sapere, magari ti aveva fatto qualche incantesimo e ti eri innamorata di lui".
Scoppiai a ridere davanti a quella prospettiva che trovai inaspettatamente dolce e tremendamente tenera. "Sei carino quando sei geloso", sussurrai appoggiando di nuovo la testa sulla sua spalla.
Lui mi strinse di più a sé. "Sì, beh, però vedi di non innamorarti davvero", borbottò imbarazzato.
Io risi di nuovo, per poi allungarmi e dargli un piccolo bacio ad occhi aperti. "Sto con te, no?", gli chiesi retorica.
Lui annuì e mi rapì le labbra in un nuovo bacio, questa volta più profondo. Adoravo baciare Carlo: ogni volta mi perdevo tra le sue braccia e nel suo profumo, che si trasormava sempre in quello del miele del nostro primo bacio.
"Dovresti smettere di fumare", gli dissi quando ci staccammo, sentendo sulla lingua il sapore del tabacco.
Lui sospirò. "Sono anni che ci provo", mi rivelò. "Ma rinizio sempre quando sono nervoso".
"Io non ti vieto di fumare perché non sono tua madre e nemmeno te stesso. Però preferirei baciare una bocca che sa di miele, piuttosto di una che sa di fumo".
Lui annuì, comprensivo. "Hai ragione", disse, frugando nella tasca e estraendo una caramella al miele. Se la mise in bocca e poi mi guardò con un sorriso. "Ora posso?".
"Non dovresti nemmeno chiederlo", dissi piano, avvicinandomi di nuovo a lui.
Quella sera non dissi niente a Lorenzo, anche perché la passai tutta tra le nuvole al sapore di miele, ma decisi che avrei chiesto il suo numero a Greta e che lo avrei chiamato. Volevo riallacciare i rapporti con lui e il fatto che fosse il ragazzo della mia migliore amica semplificava enormemente le cose.
Non sapevo quanto fosse cambiato e cosa gli fosse successo in tutti quegli anni, ma ero certa che averlo di nuovo al mio fianco sarebbe stata la scelta giusta.

Dopo mesi infiniti ecco che finalmente riesco ad aggiornare. 
Vorrei scusarmi con le poche persone che mi hanno seguito e aspettato, ma tra l'ansia della maturità, l'eccitazione dell'estate e di nuovo l'ansia per l'università questa storia è passata in secondo piano. La finirò, prima o poi, ma non garantisco aggiornamenti puntuali. Anzi, molto probabilmente passeranno settimane tra un aggiornamento e l'altro e di questo vorrei scusarmi in anticipo. 
E ci terrei anche a fare una precisazione, facendo riferimento a un messaggio privato che mi è arrivato e che mi ha dato parecchio fastidio. Ho risposto lì alla diretta interessata, ma vorrei che questo fosse chiaro a tutti. Il fatto che lo scorso capitolo non abbia avuto molto successo mi ha fatto capire che la svolta presa dalla storia è diversa da quella immaginata da voi lettori, ma, e mi scuso se sembro cattiva, acida, mestruata o quello che volete, ma questa è la mia storia e decido io cosa fare succedere. E no, se c'è altra gente che se lo sta chiedendo, non ho intenzione di lasciare carta bianca ai lettori. Non è così che funziona, almeno secondo me. Quindi mi fa piacere se leggete la mia storia e mi fa ancor più piacere se lasciate un commento, ma, per favore, non venite a dirmi cosa dovrebbe succedere "per aumentare le recensioni". Non è per questo che scrivo, mi dispiace. E se la storia non è di vostro gradimento, potete sempre smettere di leggerla. 
Spero di avere chiarito ogni dubbio e mi dispiace per questo sfogo, ma davvero non riesco a tollerare queste cose. 
Nella speranza di risentirci presto, auguro buon inizio di scuola a tutti
Mikchan

  
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