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Autore: BlueButterfly93    16/09/2015    2 recensioni
RACCONTO DI UN MOMENTO AUTOBIOGRAFICO
DAL TESTO:
“Ti ricorderò per sempre. Farò in modo che tutti si ricordino di te. Racconterò storie di un angelo dai capelli biondi, lunghi e lisci. Racconterò favole di una bimba birichina che si nascondeva sempre sotto la tavola per fare dispetti ai commensali. Racconterò fiabe di una ragazza romantica che sognava un matrimonio ed una vita felice. Tu non l'hai avuta, la vita felice, ma per una volta fingerò che sia stato così. Fingerò di vederti invecchiare, di vedere quei capelli trasformarsi in grigi, fingerò di vederti qui accanto a me in ogni momento importante bello o brutto che si susseguirà nella mia vita...”
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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                     FINGERE UN TUO FUTURO

 

 

 

 

 

 

E poi ti ritrovi lì. Inerme. Immobile, davanti ad uno schermo bianco di word; Con quella lineetta, intermittente e snervante, che scrive appena tu digiti una lettera e t'innervosisce più di quanto già potresti esserlo.

Stai lì, per ore ed ore a fissare uno schermo, in attesa di trovare parole per descrivere il momento che stai vivendo. Ma la verità è che non esistono parole, e non potranno mai esistere. Perché il momento che stai attraversando è uno dei più brutti della tua vita.

Purtroppo la causa della tua depressione non è una futile lite con il tuo ragazzo, non è un tuo capriccio, non è il nervosismo pre-esame, non è nulla di tutto questo. Anche se in realtà vorresti con tutta te stessa che fosse uno di quegli inutili pretesti, non lo è. In un certo verso rimpiangi quei momenti. Rimpiangi i momenti passati, quelli in cui non avevi problemi eppure te li creavi ugualmente; quando i tuoi unici motivi d'isteria erano: il sentirsi troppo grassa, il non piacere ad un ragazzo che tu desideravi con tutta te stessa, il semplice litigio con tua madre per non aver pulito la cameretta o per averlo fatto male. Già, erano bei tempi quelli.

Ma ora?!? Perché stai piangendo? La risposta è semplice, formata da solo quattro parole, quattro parole che però rinchiudono un enorme e terribile significato.

 

È morta tua zia.

 

Già... e non era una semplice zia, no, era una seconda mamma per te, anzi, più che altro una sorella. Perché lei era giovane, troppo, per morire.
Perché lei aveva trentasei anni e una vita ancora davanti.
Perché lei aveva tre figli, tre angioletti dai capelli biondi ancora bisognosi della figura materna, come qualsiasi figlio. D'altronde... chi è quel figlio pronto alla morte della propria mamma? Nessuno... tutti hanno bisogno di un suo abbraccio, di un suo bacio, di un suo consiglio e perché no di un suo rimprovero. La mamma è una guida, la guida più dolce che può esistere lungo la strada della vita. La mamma inizia insieme a te il percorso tenendoti per mano e vorresti che ti giungesse accanto fino alla fine, fino al buio, ma purtroppo questo non può essere. La natura vuole che prima o poi la mamma ti abbandoni perché qualcuno ha deciso, al suo posto, che non può più occupare spazio in quest'inferno di vita.

Ma allora se la natura vuole questo perché porta via la vita ad una figlia?

Perché la natura vuole che i figli di questa figlia siano cresciuti dalla mamma della figlia morta?

Già, sembra uno scioglilingua, ma vi posso assicurare che non lo è. Quella domanda descritta con un linguaggio troppo semplice e contorto è la dura e cruda realtà.

Una realtà che vorresti fosse un sogno, un incubo. Vorresti risvegliarti da un momento all'altro e ritrovarti davanti agli occhi la persona che temevi aver perso. Ma ciò non può accadere.

Invece ogni giorno ti risvegli con mille problemi, e soprattutto con la nostalgia dei momenti passati insieme a lei.. e sai che quei momenti non potranno mai più essere rivissuti.

Tutti i giorni ti ritrovi davanti una nonna disperata per una natura ingiusta. Nelle orecchie senti risuonare le sue parole di sconforto, come darle torto? Come poterla consolare? Non esiste consolazione davanti a questo scempio. Perché se nel mondo, se nella vita esistessero davvero i termini “giusto o ingiusto”, a quest'ora staresti piangendo davanti ad una bara diversa. È VERO piangeresti ugualmente, ma accetteresti maggiormente la perdita. Se proprio qualcuno dovesse morire preferiresti fosse chi ha già vissuto la sua vita, almeno per più della metà. Sebbene il dolore sarebbe grande ugualmente.

 

 

E quindi non riesci ad accettarlo, non riesci a superare quella notizia che ti è stata data all'alba. Nella testa risuonano le parole dette da tuo padre “zia non ce l'ha fatta!” Ma perché? Perché allora è stata lasciata viva a soffrire per due anni? Perché è successo, perché?

Senza riuscire a rispondere alle domande che intanto la tua mente emana, senza neanche aver il tempo di metabolizzare, ti ritrovi già al suo funerale. “Non la potrò rivedere mai più”, pensi mentre fissi la sua bara. Cavolo, è la SUA bara, la sua. Vorresti farti dare un pizzicotto per capire se sta davvero accadendo o meno, ma a giudicare dal dolore che provi -che hai imprigionato dentro il corpo- valuti che sta succedendo realmente...

 

Mentre un inutile prete fa il sermone ti ritrovi a fissare la sua foto appiccicata a quel masso di legno. In questo momento stai odiando persino lui, il sacerdote; odi il modo con il quale predica; odi la sua freddezza, il fatto che per lui è solo e soltanto un altro funerale. Ma come puoi biasimarlo? Lui non può sapere che grande donna è rinchiusa in quella bara. Lui non la conosceva.

Lui non può sapere quanto dolore e sofferenza ha provato, non può sapere che lei non ha mai smesso di lottare. Non può sapere che fino all'ultimo respiro negli occhi le si leggeva voglia di vivere.

 

Quando la messa finisce quello stesso sacerdote, che stai odiando da almeno una mezz'ora, ti fa cenno con la mano di avvicinarti all'altare.

Il cuore ti batte forte, sembra uscirti dal petto.

Inizi a tremare perché sai quello che stai per fare.

È arrivato il momento dell'ultimo saluto.

Sai che lei amava le lettere e allora decidi di leggergliene una, scritta da te, difronte a migliaia di persone. E, diversamente dal solito, non provi neanche vergogna. Provi solo dolore, solo... quando ormai sei sull'altare il prete ti porge un microfono, ma tu non riesci ad aprire bocca.

Il dolore ha risucchiato persino la tua voce.

Così scoppi a piangere rumorosamente e i presenti applaudono per incoraggiarti. Se fossi stata in altre occasioni saresti voluta sparire, ma in quel momento non senti niente.. e capisci ogni persona che soffre:

Ogni muto che vorrebbe parlare, ma non riesce;

Ogni cieco che vorrebbe guardare, ma non riesce;

Ogni sordo che vorrebbe sentire, ma non riesce;

 

In quel momento hai terminato tutta la saliva che avevi in bocca;

In quel momento vedi solo in bianco e nero;

In quel momento vedi ombre di mani che sbattono tra di loro, ma non le senti;

 

Il dolore si è impossessato di ogni cellula del tuo corpo.

 

Ma poi accade qualcosa d'inspiegabile, qualcosa che né la scienza né la religione potranno mai dimostrare. Senti la presenza di qualcuno dietro di te, senti una mano che si poggia sulla tua spalla per incoraggiarti. Ti volti in quella direzione, ma non vedi niente. E lì, dentro di te, scatta una scintilla, una scintilla che risveglia tutti gli organi assopiti del tuo corpo. Capisci che è lei quella presenza, capisci che è scesa da qualche angolo del cielo solo per ascoltare ciò che hai da dirle. Ma soprattutto capisci che è lì per l'ultima volta.

 

Ed è grazie a lei che ritrovi la forza.

È grazie a lei che fissando due dei suoi figli seduti al primo banco, ritrovi la voce ed inizi a leggere.

 

<< Ehilà bambolina,

inizio questa lettera, forse in un modo un po' bizzarro, ma questo è il saluto che rivolgevi sempre a me ed oggi voglio ricambiare. Certo, avrei voluto ricambiare in altre circostanze, magari al tuo quarantesimo compleanno, ma la tua vita è stata breve, troppo, per cui non ho potuto farlo.

 

La vita ti è stata strappata, come un foglio di giornale, con crudeltà e dolore.

 

Due anni fa “il male” ha colpito anche te. Quel male ti ha logorato dentro, ti ha distrutta lentamente, ti ha separato dal lavoro di mamma; non ti ha permesso di vivere la vita di una normale trentaseienne... e tante altre cose.

Ma tu ci hai creduto fino all'ultimo, volevi guarire, volevi trovare una cura che ti permettesse di rinascere. Le hai provate tutte. Hai provato cure che ti hanno distrutto il corpo, cure che ti hanno distrutto persino la mente. Noi grazie alla tua determinazione e forza di volontà abbiamo sperato con te, ma a distanza di due anni sei volata. Sì, volata. Perché tu non sei morta, ma volata in cielo, in paradiso. Sei diventata un angelo, l'angelo con le ali più grandi e più belle di tutti. Noi t'immaginiamo con i capelli biondi, lunghissimi, lisci, con un sorriso bello come il sole.. e ti vogliamo ricordare così per sempre. Ma adesso basta, non voglio più parlare “del male” che ti ha consumata perché quello ha fatto da protagonista per troppo tempo e non lo merita.

Oggi la protagonista sei tu.

Tu che amavi scrivere lettere ai nipotini: e ricordo ancora perfettamente quella che hai scritto per il mio diciottesimo compleanno. Semplice e fantasiosa come sei, su un foglio di quaderno scrivevi queste parole con inchiostro rosa e brillantini: “... ti presentavamo a tutti amici e conoscenti, proprio come si fa con un gioiello, sì un gioiello, perché tu per noi hai un valore inestimabile.. non ti cambieremo per nessun'altra persona al mondo, rimani sempre così come sei perché sei il nostro orgoglio!” A distanza di quattro anni ho voluto riportare alcune frasi scritte da te, non per scopiazzare, ma perché rappresentano anche te e quello che sei per noi.

E non voglio parlare di te al passato, perché tu sei e sarai sempre al nostro fianco.

Veglierai sui tuoi figli guidandoli verso le migliori strade che esistono.

Veglierai su tutti, anche su chi a volte aveva da ridire, perché sei buona, la donna più buona che abbia mai conosciuto. Tu hai il dono del perdono, perdoni chiunque anche le persone peggiori, e forse è proprio questa la giustificazione che possiamo dare alla chiamata anticipata e ingiusta fatta dal Signore. Quindi ora che hai smesso di soffrire riposa in pace, zia! Anche in paradiso mantieni sempre quel sorriso e quella forza che ti hanno contraddistinta, ama il prossimo, ma inizia a pensare un po' a te stessa. Già, un'altra tua virtù era questa: pensare prima agli altri e per ultimo a te stessa. Anche durante la malattia l'hai fatto, e dicevi sempre “Mi dispiace che soffrite per me!” Ma come si fa, eh zia? Come si fa a non soffrire per una donna, una mamma, una donna che ancora aveva troppo da dare ai suoi figli, al mondo?

Ma va bene così, ormai è andata in questo modo e nonostante la sofferenza per la perdita, ti promettiamo che cresceremo i tuoi figli come se fossero i nostri e vivremo sempre con il tuo ricordo ed i tuoi insegnamenti.

Voglio terminare con la frase che mi hai rivolto quattro giorni fa: “grazie amore, grazie di essere qui!” grazie a te zia, grazie per le emozioni che ci hai regalato, grazie per averci onorato del tuo amore.

Ti amiamo e sarà così per sempre

Arrivederci zia! >>

 

 

È finito tutto.

Mentre restituisci quello stupido microfono al sacerdote, pensi. Sono finite quelle ore di attesa che facevi in ospedale solo per salutarla. Sono finite le ore sfrenate di shopping con lei, che aveva i tuoi stessi gusti nel vestire. Sono finite le confessioni, i consigli, quando la mattina prima di andare all'università passavi da casa sua e ti offriva il caffè. Passavate ore ed ore solamente per cercare un paio di scarpe su internet. Perché lei non poteva più uscire di casa, non ne aveva le forze e pur di farla felice preferivi studiare di meno per cercare con lei quello che più le piaceva.

Non ritornerà niente di tutto questo, non ritornerà più lei.

Quello che ti resta ora sono soltanto lacrime...

Scoppi a piangere, di nuovo.

Ti manca il respiro.

Qualcuno ti trascina fuori dalla chiesa.

Non reagisci, riesci a stento a camminare. In un batter d'occhio vedi chiudere la bara dentro il carro funebre e la tua bocca riesce a malapena a sussurrare: << Addio zia!>>

 


“Ti ricorderò per sempre. Farò in modo che tutti si ricordino di te. Racconterò storie di un angelo dai capelli biondi, lunghi e lisci. Racconterò favole di una bimba birichina che si nascondeva sempre sotto il tavolo per fare dispetti ai commensali. Racconterò fiabe di una ragazza romantica che sognava un matrimonio ed una vita felice. Tu non l'hai avuta, la vita felice, ma per una volta fingerò che sia stato così. Fingerò di vederti invecchiare, di vedere quei capelli trasformarsi in grigi, fingerò di vederti qui accanto a me in ogni momento importante bello o brutto che si susseguirà...”

 

...perché fingere può far bene. Fingere può far sognare un futuro, un futuro dove ci sarai anche tu.

 

Vivrai nei nostri pensieri in ogni istante.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Salve a tutti,

è la prima volta che mi cimento in un racconto drammatico e perlopiù autobiografico. Nonostante i momenti che ho raccontato vi prego di essere sinceri nel giudizio. Se non vi è piaciuta qualcosa o anche se non vi è piaciuto nulla fatemelo presente. Preferisco un giudizio negativo piuttosto che il silenzio. Per il resto non ho nulla da dire, credo di aver raccontato abbastanza dentro il testo xD. Ho cercato di mettere tutto ciò che mi passava per la testa, tutte le emozioni e sensazioni che ho vissuto nei momenti descritti. Mi scuso per la troppa semplicità del linguaggio, ma diciamo che il mio percorso di autrice è in corso di miglioramento quindi ogni critica potrà contribuire in bene.

 

Ho finito di lamentarmi xD

GRAZIE PER LA LETTURA..

A PRESTO <3

  
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