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Autore: giascali    17/09/2015    2 recensioni
[The song of the sea!AU | rinharu | lovechildren!]
Niji e Sakura adoravano le visite della zia Gou. Abitava in città e, ogni volta che prendeva il traghetto per venire a trovarli, portava qualcosa di buono da mangiare oppure qualche fumetto e giocattolo.
Ma più di tutto adoravano le storie che raccontava prima di andare a dormire, quando loro padre stava via la notte. Solitamente narravano di spiriti che si cacciavano nei guai, di dei che aiutavano i miseri esseri umani o di eroi la cui fama li aveva resi immortali. La loro preferita parlava della storia d’amore tra un delfino e un umano.
Genere: Fantasy, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Gou Matsuoka, Haruka Nanase, Rin Matsuoka
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Mpreg
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note della pseudo autrice:
Altrimenti detta: l'ennesima AU sovrannaturale con protagonista la RinHaru. Ad ogni modo qualche delucidazione sulla ""mitologia"" protagonista della """"""""""""storia"""""""""""":
  • è appunto ispirata al film "The song of the sea" in cui uno dei protagonisti è una selkie, una creatura della mitologia islandese, ovvero una foca che nelle notti di luna piena può assumere le sembianze di una donna. All'inizio non volevo modificare nulla ma poi l'idea di Haru versione foca era leggermente ridicola, dato che il suo animale totem è un altro e (dopo un lampo di genio da parte della mia memoria) la foca quello di Nitori;
  • höfrungur significa "delfino" in islandese, data l'ambientazione del film, ho voluto riprenderne anche la lingua.
 

The höfrungur’s bedtime story
 
 

 
Niji e Sakura adoravano le visite della zia Gou. Abitava in città e, ogni volta che prendeva il traghetto per venire a trovarli, portava qualcosa di buono da mangiare oppure qualche fumetto e giocattolo.
Ma più di tutto adoravano le storie che raccontava prima di andare a dormire, quando loro padre stava via la notte. Solitamente narravano di spiriti che si cacciavano nei guai, di dei che aiutavano i miseri esseri umani o di eroi la cui fama li aveva resi immortali. La loro preferita parlava della storia d’amore tra un delfino e un umano.
Ai due fratelli piaceva addormentarsi cullati dalla dolce voce della loro giovane zia che raccontava quella favola e credere che i suoi protagonisti fossero i loro genitori.
La sera del quinto compleanno di Niji, all’ora della messa a letto, ovviamente non esitarono a chiedere alla zia di raccontare quella storia.
Ogni volta, per convincerla, i due bambini dovevano pregarla un po’. Il trucco stava nel tentativo di non notare il sguardo leggermente assente, quasi malinconico, quando le facevano quella richiesta.
La zia assumeva sempre quell’espressione ma non ci voleva molto per farle cambiare idea e riacquistare un lieve sorriso che Sakura sospettava fosse forzato.
Prima di cominciare, la donna prendeva sempre un profondo respiro, si guardava attorno, soffermandosi sulle pareti della loro cameretta, pitturate con immagini che raffiguravano le sue storie, e poi iniziava a raccontare: - Questa storia parla dell’incontro tra due persone appartenenti a mondi diversi. Una era un ragazzo e l’altra un delfino. Nelle notti di luna piena il delfino cambiava forma e diventava uno splendido giovane. Tutto del suo aspetto testimoniava l’appartenenza all’acqua, da lui tanto amata: i suoi occhi erano dello stesso colore delle acque più pure, i suoi capelli quello delle profondità più oscure. Una notte, i due si incontrarono. Il giovane delfino fu subito colpito dall’aspetto bizzarro dell’umano, tra la sua gente non c’era nessuno che avesse i capelli del suo colore, così bizzarro e caldo, rispetto a quello della sua chioma!, o i denti appuntiti come quelli di uno squalo. – Gou si prese un attimo di tempo per guardare divertita i due fratelli lanciarsi un’occhiata complice dai loro letti: entrambi avevano una di quelle caratteristiche fisiche. – A sua volta, il giovane umano rimase affascinato dalla creatura apparsa davanti a lui. Cercò di parlargli e avvicinarsi ma il delfino non gli rispose, non poteva capire cosa dicesse e si rituffò in mare. La notte dopo entrambi tornarono a quella spiaggia e tutto si ripeté. Andarono avanti così per una settimana. Allo scadere dei sette giorni, il delfino non poteva più riacquistare le sembianze umane ma non per questo non andò di nuovo in quel luogo. Questa volta, sicuro di essere al sicuro, permise all’umano di avvicinarsi e nuotarono insieme tutte le notti, fino a che non poté più diventare umano. Il delfino era taciturno e testardo ma il ragazzo anche di più e, nel giro di un po’ di tempo, riuscì ad insegnargli la sua lingua. Diventarono amici inseparabili, niente poteva impedir loro di incontrarsi e non avrebbero scambiato il loro legame per nulla al mondo. Presto, però, i sentimenti che provavano l’uno verso l’altro cambiarono e non ci volle molto tempo prima che l’umano si accorgesse di amare il suo amico delfino. Dimostrando ancora una volta la sua testardaggine, riuscì a far ammettere anche all’altro che il suo amore era ricambiato. Solo allora decise di raccontare tutto alla sua sorellina ed insieme a lei cercò abbastanza aiuto per costruire una casetta vicino a quella spiaggia, per fare in modo di non doversi mai allontanare dal suo amato delfino. Ed in una sera di luna piena gli chiese di vivere insieme. Il giovane dagli occhi cobalto accettò ed iniziarono la loro convivenza, ma non per questo smisero di bisticciare come una vecchia coppia anziana. La sorella minore e gli amici dell’umano, intanto cresciuto, li andavano a trovare di tanto in tanto. Non ci volle molto tempo prima che i due non fossero più due ma tre: il delfino aspettava un bambino. Questo fu motivo di molta gioia da parte di tutti e, sebbene lo avrebbe negato sempre, il giovane umano, quando il suo amato glielo rivelò, pianse per la commozione. Il delfino partorì suo figlio in una notte di luna piena, nella casa costruita per lui e quella che ora era la sua famiglia. Gli diedero il nome di un fiore bellissimo e delicato ma anche simbolo dei più grandi eroi. La piccola famiglia passò molti giorni felici in quella casa e lo divennero ancora di più quando iniziarono ad aspettare un altro bambino. Per l’occasione, l’umano costruì un altro letto e, aiutato dal suo delfino, dipinse le pareti per la camera dei loro figli, dato che era anche ora il primogenito dormisse da solo. La nascita del secondogenito, però, non fu semplice come quella dell’altro bambino. Prima che venisse alla luce, il delfino divenne inquieto, c’erano momenti in cui sembrava aver dimenticato la lingua del suo amato ed altri in cui si assentava e lo trovavano davanti all’oceano, a guardare l’orizzonte. L’umano era molto inquieto e preoccupato, così gli chiese spiegazione e, con voce inconsolabile, il delfino gli rivelò che il prossimo figlio sarebbe stato come lui e il mare non era disposto a perdere un altro delfino. Alla sua nascita, uno dei due se ne sarebbe dovuto andare per sempre. Con le lacrime agli occhi, l’umano annuì e da quella volta cercò di ignorare l’argomento. La notte in cui nacque il secondo pargolo, il delfino scomparve, lasciando, con il cuore spezzato la sua famiglia. Al suo posto, in riva al mare, l’umano trovò un bambino appena nato, con un ciuffo di capelli scuri come le acque più profonde. Il giovane padre non si lasciò demoralizzare e, in ricordo dell’amore che avevano condiviso, crebbe i suoi figli, aiutato dai suoi amici. Trascorse un anno da quel giorno e, forse spinto da un istinto primordiale, oppure da ciò che gli diceva il cuore o dal destino, lasciò i due bambini a sua sorella e si diresse alla spiaggia dove aveva incontrato il delfino, anni fa. Quando lo vide, con le sembianze umane, quasi non crebbe ai propri occhi. Si abbracciarono e baciarono a lungo. Con le lacrime che gli rigavano le guance, il delfino gli rivelò che il mare si era impietosito del suo dolore e gli aveva promesso che un giorno all’anno sarebbe potuto tornare sulla terra. L’umano allora volle portarlo nella loro casa, a conoscere i bambini. I due dormivano serenamente e non si accorsero che, mentre sognavano il mare che circondava la loro casa, in quello stesso momento si stesse riunendo la loro famiglia. Quando l’umano stette quasi per svegliargli, il delfino lo fermò, dicendogli che non voleva condannare i suoi figli a passare un intero anno in sua attesa, si sarebbe accontentato dei racconti del suo amato e avrebbe goduto solo della sua compagnia. Ancora una volta, l’umano capì le sue ragioni e le accettò. Passò il resto della notte abbracciato a lui, descrivendogli con voce triste cosa facessero tutti e tre durante le giornate. Entrambi ignorarono le lacrime dell’altro, quando l’uomo raccontò della prima parola del primogenito o dei primi passi del secondo. Si addormentarono l’uno tra le braccia dell’altro e al suo risveglio, all’alba, l’umano non trovò il delfino con lui. E così cominciò ad aspettare. Sono passati anni da quella notte ma ancora i due innamorati si incontrano ed in quelle notti è come se il tempo non sia mai passato, perché il loro amore è più forte anche degli anni trascorsi.–
Con un sospiro Gou finì il suo racconto. Si asciugò una lacrima solitaria, ormai la prassi, ogni volta che raccontava la fine di quella storia. Si chinò sui suoi nipotini e baciò le loro fronti. Uscì dalla stanza e si andò a sedere in salotto, dove avrebbe aspettato loro in compagnia di un buon libro. Quando sentì la porta dell’ingresso aprirsi, alzò lo sguardo e sorrise. Osservò per qualche secondo in silenzio le due figure, si tenevano teneramente per mano e non perdevano l’uno di vista l’altro.
–Ben tornato, Haru. –
 
 
 
-Come sono cresciuti. – constatò il moro, con voce bassa, forse per timore di svegliarli.
-Già. – ribatté l’altro al suo fianco, fiero. – Niji ti assomiglia sempre di più: è una lotta cercare di allontanarlo dall’acqua. – Haru inclinò la testa di lato e fece un sorriso lieve. Accarezzò la nuca del citato e con tristezza si chiese quando la sua vera natura si sarebbe rivelata. – Sakura invece si rifiuta di mangiare altro oltre lo sgombro.- continuò il discorso l’altro, probabilmente facendo finta di non aver capito cosa stesse pensando.
-Fa bene. –
-Ci terrei a farti notare che è ancora un bambino e deve mangiare tutto. –
-Lo sgombro è più che sufficiente. –
-Tsk. –
I due uscirono dalla stanza che ancora bisticciavano, uno spiraglio di luce proveniente dalla porta socchiusa cadde sull’occhio di Niji, abbastanza inteso da riscuoterlo dal suo stato di dormiveglia. Complice gli erano state anche delle voci che bisbigliavano. Erano così familiari… - Papà? -
   
 
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