“ Natale, che
festa stupida e inutile” pensava il ricco magnate Scrooge McDuck
seduto alla sua scrivania e sommerso di fogli.
-Le ho portato la colazione, signore- disse il fedele Battista,
entrando nell’ufficio con cautela e trasportando un vassoio su
cui erano poggiati una tazza di the alla noce moscata e un piattino di
gallette.
Sapeva bene che il periodo natalizio non era facile per il suo
principale, causandogli un umore instabile e intrattabile: se da una
parte, appariva felice per gli incassi dei suoi negozi,
dall’altra era nervoso, arrabbiato e stufo perché, oltre
al fatto che i suoi dipendenti gli avevano chiesto le ferie per
trascorrere la festa con i propri cari, riceveva in continuazione
richieste di soldi e inviti per eventi di beneficenza. Ma cosa
credevano che i soldi crescessero sugli alberi? La risposta era no! Per
questo, aveva lavorato sodo un’intera vita per racimolare ogni
singola moneta che si trovava in quell’edificio, custodite con
amore e cura nella sua cassaforte e difficilmente ci avrebbe
rinunciato.
Anche il
maggiordomo avrebbe voluto chiedergli un periodo di riposo ma non ne
aveva il coraggio: temeva la sua reazione e, proprio per questo, se ne
stava in silenzio mentre si tormentavano le mani sudate e tremanti,
triste, irrequieto e sudando
freddo.
– Grazie, Battista. Puoi ritirarti- lo ringraziò Scrooge,
senza alzare gli occhi dal foglio che stava leggendo e facendo un gesto
con la mano
Battista posò il vassoio sulla scrivania per poi fermarsi a
guardare Scrooge. Sentendosi osservato, quest’ultimo alzò
lo sguardo e chiese:-C’è altro?-
Aveva già notato che il maggiordomo era strano e che gli stava
nascondendo qualcosa per via del suo comportamento. Si era già
fatto un’idea ma voleva che fosse l’altro a scoprirsi,
confermando cosi i suoi sospetti.
– No, signore. Buon lavoro- rispose lui, allontanandosi. Era
arrivato quasi alla porta quando si decise finalmente a dichiarare la
verità
– In realtà, sì. Ecco signore, io volevo ….
io volevo … - balbettò, con tono incerto. Dannazione,
perché non gli venivano le
parole?
Scrooge inarcò un sopracciglio ed esclamò:- Parla
Battista. Il tempo è
denaro-
-Va bene, signore. Volevo chiedervi se mi potevate dare qualche giorno
di ferie per il Natale. Però immagino che la vostra risposta sia
no-rivelò tutto d’un fiato Battista, abbassando lo sguardo
e attese la tanto temuta reazione che non tardò ad arrivare
…
-Cosa??? Tu osi chiedermi le vacanze in un momento del genere? Con il
lavoro che cala ogni minuto di più? Tu sei pazzo! Se sapevi
già la mia risposta perché me l’hai chiesto? Mi hai
fatto perdere tempo prezioso e ora merito una spiegazione. Anzi no, non
dirmelo- lo fermò Scrooge, vedendolo aprir bocca – Penso
di sapere già il motivo. Volevi quelle ferie per trascorrere il
Natale con la tua famiglia non è vero? Bè, sappi che non
le avrai e ora fila- balzò in piedi, facendo cadere la sedia a
terra e indicandogli la porta con un gesto
rabbioso.
Desolato e sconfortato, Battista apri quest’ultima ma, prima di
uscire, appoggiò una mano sulla porta e, con voce seria e
decisa, pronunciò:- Signore, gliel’ho dico come amico e
non come maggiordomo. Lei è senza cuore e, se continuerà
ad avere questo carattere, rimarrà da solo. La colpa sarà
soltanto sua ma ha ancora una possibilità. Non la sprechi- detto
questo, nella stanza cadde un irreale silenzio, rotto soltanto dal
rumore della porta che veniva
chiusa.
Scrooge era notevolmente perplesso ma riprese a leggere i documenti,
come se nulla
fosse.
“ Tsk. Che sciocchezza, io non ho bisogno di nessuno”pensò, impegnato e stringendo i fogli tra le sue mani.
La sua intenzione era di continuare a lavorare ma la sua mente,
occupata dalle parole pronunciate dal maggiordomo, gli impediva di
concentrarsi a dovere. Consapevole di ciò, abbandonò, con
un movimento stizzito delle mani, i fogli sulla scrivania e
rialzò la sedia che, senza accorgersene, aveva lasciato per
terra. Una volta messa a posto, appoggiò una mano su di essa e
lanciò uno sguardo verso l’elenco dei ricchi, appeso a una
parete di quell’ufficio da almeno cinquant’anni.
Vedendolo, gli riportò alla mente la felicità provata
quando aveva scoperto di essere il più ricco del mondo ma anche
la faccia e le parole arrabbiate di Ortensia, il suo andar via insieme
a Matilda mentre promettevano di non vederlo mai più e le
lacrime di quest’ultima. Ripercorse anche i momenti spensierati
che avevano passato nella loro casa a Glasgow, prima che lui se ne
andasse per cercare fortuna, e a quanto si era vergognato e pentito
quando aveva letto la loro lettera in cui scrivevano che sarebbero
andate via per smettere di giustificare il suo comportamento.
All’inizio voleva raggiungerle per scusarsi ma, per via della sua
spropositata febbre dell’oro, aveva sempre rimandato quel
momento. E quando era finalmente arrivato, lui l’aveva sprecato:
anche in quell’occasione, aveva tentato di fermarle e
l’avrebbe anche fatto se non fosse stato fermato dallo stesso
elenco che stava guardando con rabbia in quel medesimo
momento.
Fu proprio quell’emozione a farlo avvicinare velocemente alla
parete e staccare con forza quello che era la dimostrazione, insieme al
Deposito pieno di soldi, di quanto fosse avido o oculato risparmiatore come
amava autodefinirsi lui.
Gettato il documento sul pavimento, giunse al naso di Scrooge il
profumo dolce e invitante del the alla noce moscata e, presa la tazza,
incominciò a berlo con gusto e calma. Finita la bevanda,
guardò la tazza e gli parve di sentire la voce di Battista
dirgli: “… rimarrà da solo e allora la colpa sarà solo sua”.
Scuotendo la testa, Scrooge scacciò quei pensieri ed
entrò nella cassaforte o Sancta Sanctorum, come l’aveva
definita suo nipote Donald la prima volta che si erano
incontrati.
Accesa la luce, fu accolto dalla splendida lucentezza delle sue monete
che raggiungevano i novanta metri e che erano state guadagnate con il
sudore della fronte, l’impegno e con il duro onesto lavoro
nell’arco di mezzo
secolo.
Di solito il suo denaro l’aiutava a superare le crisi, ma questa
volta quell’orribile e straziante sensazione che provava nel
petto non era sparita. Anzi, si era accentuata quando, scendendo la
scala, vide il baule pieno dei suoi ricordi in un
angolo.
“Nipote ingrato e perdigiorno. Gli avevo detto di rimetterlo apposto”
rifletté, arrabbiato e, avvicinandosi all’oggetto, si
accorse che era rimasto aperto. Come aveva fatto a sfuggirgli un simile
dettaglio? Doveva aver avuto la testa tra le nuvole quel
giorno.
Dopo essersi ripromesso che non sarebbe successo mai più,
controllò l’interno e vide che era tutto a posto, per
fortuna. Sospirando di sollievo, Scrooge si rilassò e il suo
sguardo fu attirato da una ciocca di capelli dorati e legati da un
fiocco rosso, appartenuto alla madre, custodito in un foglio ingiallito
ripiegato in tre
parti.
Con delicatezza, lo prese in mano e lasciò correre i suoi
pensieri ai giorni trascorsi nello Yukon durante la corsa
dell’oro e a una certa papera dal cuore di ghiaccio che
l’aveva conquistato, arrivando perfino a fare l’amore con
lei dopo che si erano lanciati insulti e oggetti a non finire.
Rammentò che, quando si svegliarono, lui l’aveva mandata
via, più per paura di quello che sarebbe successo tra loro
se continuavano a stare insieme e di perdere cosi l’obiettivo che
si era prefissato da vent’anni che per altro, e, stupidamente,
l’aveva pagata. Lei gli aveva lanciato le monete addosso,
facendolo cadere sulla neve davanti alla
capanna.
“Che donna” aveva
pensato in quel momento e stava facendo lo stesso ora a distanza di
anni, mentre guardava la ciocca con dolcezza e gli occhi brillanti e
sognanti.
A malincuore, ritornò alla realtà e si accorse che, alla
fine, aveva allontanato anche lei, il suo unico e grande amore e su cui
ripensava continuamente ogni notte, sentendosi un verme per aver dato
retta al suo orgoglio che gli aveva impedito di leggere quella lettera,
finita in mezzo al manto bianco, inviata da lei quattro anni dopo,
prima che lui ritornasse in Scozia dalla sua
famiglia.
La sua famiglia …. era rimasto solo e forse era per questa ragione che odiava cosi tanto quella festa ma, testardo com’era, non l’avrebbe mai ammesso
Prima che le potesse fermare e trattenere, calde lacrime rigarono il suo viso e, seduto sulle sue monete con a fianco il baule e la ciocca, gli sembrò di risentire le veritiere parole di Battista “… rimarrà da solo e allora la colpa sarà solo sua” “Avevi ragione, Battista. Sono solo un povero vecchio taccagno senza cuore” pensò Scrooge, nascondendo il viso tra le gambe e abbracciandole con le braccia più per nascondere quelle scie salate che gli rigavano il volto che per altro.
Perché
quelle lacrime erano, seppur lui si vergognasse di ammetterlo, la
dimostrazione che stava soffrendo e pentendo per quella situazione.
Nessuno doveva vederle .. nessuno …
Pianse lacrime silenziose immerso nel suo dolore e con le immagini dei
suoi cari che gli scorrevano davanti agli occhi chiusi …
Nel frattempo Battista si era pentito di aver rivolto quelle dure
parole al suo principale e si era deciso a chiedergli scusa.
Entrò nell’ufficio e, trovandolo vuoto, immaginò
che fosse nella cassaforte. Affacciandosi appena dalla porta blindata,
rimase stupito quando vide le spalle di Scrooge scosse da quelli che
erano singhiozzi. In un primo momento fu tentato di andare a consolarlo
ma, pensando che non fosse il caso in un istante cosi delicato,
spostò lo sguardo e notò la ciocca dorata. Fu colto
all’improvviso da una magnifica idea e corse via, con un unico
proposito in testa: doveva correre immediatamente da Donald e
riferirgliela…
Mentre guidava per la strada diretto verso casa Duck, sorrideva
compiaciuto: il signore avrebbe ricevuto una bella sorpresa ed era
sicuro che avrebbe adorato il Natale o cosi sperava…
Fu cosi che Battista espose la sua trovata a Donald e, pochi minuti
dopo, quest’ultimo stava facendo una telefonata …
-Pronto? Sono Donald Duck, avrei bisogno di parlare con Goldie
O’Glittering … sì, è piuttosto importante
…. Forse lei non capisce, io sono il nipote di Scrooge McDuck
… sì, attendo … Buongiorno signorina Goldie
… -.