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Autore: Achernar    20/09/2015    1 recensioni
Un'immersione un po' fiabesca nella vita di L della durata di cinque flashfics, per ripercorrere il suo viaggio, fra una fetta di torta e l'altra, alla scoperta non solo del colpevole di turno ma anche di se stesso.
Questa raccolta NON prende in considerazione nessuna informazione o fatto contenuti in Death Note-Another Note, L Change the WorLd e qualunque altro spin off o special che non sia compreso nei 12 tankobon canonici.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: L, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Storia partecipante al contest a turni "Un personaggio - Cinque relazioni" indetto da rhys89 sul forum di EFP.
Il solito grazie speciale alle mia pazientissima beta LaFe_10, che anche questa volta ho messo a dura prova.

Grimilde


Di immagini del suo volto riflesso sul dorso di un cucchiaino, L ne aveva la memoria piena.

Quelli di plastica non andavano bene chiaramente, ma, estrapolati dal rovescio di quelli di metallo— solo se adeguatamente leccati, ovvio— aveva collezionato migliaia di visi a testa in giù di un L intento a osservare se stesso.

E gli piaceva osservare se stesso, in quei rari momenti che, nel suo egoismo votato all’inseguimento dei misteri “interessanti” del mondo, ritagliava per le domande esistenziali.

Con i propri riflessi avrebbe volentieri scambiato quattro chiacchiere: la sua mente sarebbe potuta sfrecciare via, lontano, insieme a loro, senza doversi più fermare e guardare l’universo rincorrerlo affannosamente. Avrebbe potuto lesinare di spiegazioni, smettere di dare voce a ogni più piccola, elementare congettura e forse avrebbe finalmente trovato qualcuno di interessante da ascoltare.

Ma erano i suoi riflessi, ed L nutriva poche speranze riguardo alla loro loquacità.

Esistevano, però, altri modi di comunicare e, seppur parco di parole, il dorso del cucchiaino era un suggestivo oratore.

Mostrandogli quel viso capovolto, pallido e deformato dalla curva del metallo, incorniciato da capelli neri che da troppo tempo non vedevano un pettine, lo prendeva in giro e lo interrogava sulla sua stessa esistenza, con l’ilare e inquietante sicurezza di un clown.

Io sono il tuo riflesso, sono a testa in giù. Tu chi sei? Qual è il tuo nome?

C’era un trabocchetto? Se avesse trovato l’inganno, il riflesso sul cucchiaino si sarebbe messo a parlare davvero e gli avrebbe rivelato la verità? Perché così su due piedi non credeva di poter trovare una risposta e lui era bravo solo a dedurre. Se stesso era la persona più difficile e insieme più facile con cui andare d’accordo e così, con la stessa certezza con cui sapeva che né L né Lawliet sarebbero andate bene come risposte, sapeva per certo di non conoscerne nessuna di migliore.

Si osservò di nuovo.

I capelli, le occhiaie, gli occhi… erano sempre gli stessi. Anche i vestiti. Ancora.

Sentiva la risposta farsi beffe di lui nell’accogliente inespugnabilità del proprio nascondiglio. Gridava: “sono qui, sono davanti ai tuoi occhi”. Era sfuggevole e sgusciava via dalle sue dita e dai suoi pensieri, anche se così veloci. L’aspetto inganna in fondo, e l’abito non fa il monaco.

L immerse il cucchiaino nella zuccheriera e se lo portò alle labbra. I cristalli dolcissimi gli si sciolsero in bocca, ma non portarono con sé nessuna nuova idea. Allora, ispirato da infantili smanie di castigo, tuffò il cucchiaino nel caffè bollente e lo contemplò con ridicola soddisfazione mentre il liquido incandescente divorava il suo riflesso.

Perché quel viso a testa in giù aveva vinto anche oggi. E L odiava perdere.


 

  
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