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Autore: Tefnuth    20/09/2015    2 recensioni
Georg è sempre stato diverso dagli altri: ha potenti poteri psichici che ha dovuto imparare a controllare sin da piccolo. Come lui anche suo fratello minore, Gustav, ha una capacità particolare: il suo corpo genera elettricità. Sarebbe stato tutto perfetto se una sera un mostro non fosse entrato nella loro casa e non avesse ucciso i loro genitori,una rigida sera d'inverno in cui le loro vite si incrociano con quelle di Bill e Tom, due gemelli dotati anche loro di capacità particolari (per di più sono figli del leggendario Hellboy). Da quella sera la vita di Georg e Gustav non sarà più la stessa, si popolerà di cacce ai demoni in un mondo in cui loro non sono i personaggi più strani e nemmeno i più pericolosi.
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Georg

Berlino.
La prima volta che scoprì l’esistenza dei suoi poteri aveva solo sei anni ma anche una gran voglia di sapere cosa lo rendesse diverso da tutti gli altri bambini. Georg era sempre stato uno di quei bimbi che noi potremmo definire “emarginati” o “asociali” perché raramente lo si vedeva parlare con i suoi coetanei, e non sarebbe mai accaduto che gli altri ragazzini si facessero avanti per parlargli e chiedere se per caso avesse voluto giocare a calcio con loro. Erano quasi tutti spaventati da quel ragazzino che con occhi di falco li scrutava così intensamente che sembrava voler passare la loro pelle e vedere cosa ci fosse all’interno di quelle minuscole masse di muscoli che non facevano altro che muoversi a casaccio nel tentativo di far entrare il pallone dietro cui si spaccavano i piedi in una piccola rete tenuta su con dei paletti di plastica. Georg, da parte sua, preferiva  guardare da lontano tutto quello che facevano quei ragazzino che andavano matti per quel pallone usato talmente tanto da avere il rivestimento esterno quasi consumato dalle loro scarpe firmate.

 Georg non era un bambino povero, anzi, suo padre lavorava in un’agenzia molto prestigiosa ma non se ne andava a vantare in giro come gli altri e, soprattutto, preferiva impiegare il proprio tempo libero dagli studi con una buona lettura per allenare la mente o ascoltare musica. Anche suo padre che all’inizio insisteva molto per incitarlo a dialogare con “gli altri della sua specie” dovette presto arrendersi all’evidenza che suo figlio non era come loro, non era come il figlio più piccolo che in quel momento viveva con la madre in un’altra città e che aveva occasione di vedere due volte al mese; al contrario lui era forse fin troppo socievole.

Tutto accadde in una giornata di sole, per Georg sembrava una delle solite giornate noiose in cui avrebbe dovuto aspettare l’arrivo del padre, in ritardo come sempre, davanti alla scuola e invece un piccolo evento sconvolse tutta la sua monotonia: il bulletto della scuola aveva deciso di parlargli dopo la solita piccola umiliazione ricevuta in classe.
 “Ehi tu, saputello, non tieni mai la bocca chiusa?” gli aveva detto quel bambino con la bocca ancora sporca di briciole, Georg inizialmente avrebbe voluto semplicemente ignorarlo ma poiché quello gli si era messo davanti bloccandogli la visuale aveva risposto  “Io ho risposto semplicemente perché conoscevo l’argomento e, quindi, la risposta. Non è colpa mia se non riesci a memorizzare cose semplici come queste” “Già, tu sei quello che deve sapere tutto. Siamo sicuri che tua madre e tuo fratello non se ne siano andati perché eri troppo noioso?” ribattè il bullo scoppiando in una risata, la testa di Georg invece aveva fatto un mezzo giro e gli occhi di falco erano andati a scontarsi con gli occhi a palla dell’altro bambino.

Improvvisamente l’atmosfera si fece strana: i giochi di plastica avevano iniziato a produrre  uno strano rumore e sembrava che le piante all’interno dell’edificio si muovessero pur in assenza di vento. Anche il bambino cattivo sentiva che qualcosa non andava, si sentiva troppo leggero e quando vide gli occhi di Georg che luccicavano di una strana luce costrinse i propri occhi a guardare i piedi che, con sua grande sorpresa, non erano più posati sul pavimento in legno “Che stai facendo?” chiese, anche gli altri bambini che stavano aspettando i genitori assieme alle loro maestre erano rimasti increduli allo spettacolo “E’ un mostro” sussurrarono alcuni “Maestra gli dica di farmi scendere, per favore” diceva il piccolo bullo “Georg basta così, non è un atteggiamento tollerato” esclamò la maestra più anziana, bastò un solo sguardo e anche lei si trovò coi piedi per aria “ Non credo che lei abbia la possibilità di darmi ordini signora, non è nemmeno la mia insegnante” le disse il ragazzino, tenere in aria due persone richiedeva l’aiuto di una mano.

Georg non sapeva perché aveva agito così, forse sentiva solo il bisogno di farlo per dimostrare agli altri chi fosse veramente: un diverso che nel suo inconscio non aveva fatto altro che aspettare con impazienza la scintilla che avrebbe fatto scattare tutto. Il coro degli altri bambini che continuavano a ripetergli di smetterla gli riempiva le orecchie di gridolini striduli e fastidiosi, Georg si trattenne dal farli levitare tutti solo per il semplice fatto che sapeva di non potercela fare. Fu il rumore del motore della macchina del padre a distoglierlo dalla sua apparente incapacità di ascoltare “Finalmente è venuto a prendermi” disse, ma non lasciò subito la presa sull’insegnante e sul bambino che in quel momento stava rischiando di vomitare l’abbondante spuntino di mezza mattinata, aspettò che il padre entrasse e vedesse tutto prima di sentire l’energia che gli scorreva dentro scomparire. Fu incredibile la velocità con cui corse in macchina

“Non parti, mi vuoi picchiare perché non sono normale?” domandò Georg non appena il padre si mise al posto di guida senza toccare il volante, era pronto a difendersi se necessario “No. Ti rendi conto di quello che hai appena fatto?” domandò a sua volta il padre guardandolo con gli occhi grigio-verde che aveva ereditato il figlio “No…anzi si, ma non so dirti il perché” era quasi in procinto di scusarsi “Hai dei poteri psichici!” non sembrava arrabbiato, la sua voce era alta per l’emozione “E’ una cosa grave? Mi manderai a far analizzare?” domandò Georg, aveva mal interpretato la risposta del padre “Certo che no, tu hai un dono, dobbiamo solo farci l’abitudine”.


Gustav
Amburgo, qualche tempo dopo.

“Forza Gustav, esci dalla vasca” gli gridò la madre fuori dalla porta del bagno ma Gustav non aveva affatto intenzione di ubbidirle, da qualche tempo ormai sentiva quasi il bisogno di stare a sguazzare dentro l’acqua non troppo alta della vasca da bagno e percepire la sensazione di immensità che gli dava.
“Quante volte ti devo chiamare per farti uscire da lì? Sei diventato peggio di un pesce” diceva la sua mamma, non lo stava rimproverando (lo si poteva percepire dal tono divertito della voce), anzi era felice che il figlio amasse tanto stare in acqua almeno quanto lei odiasse anche solo immergere la testa  “Lo sai che non mi può succedere niente, l’acqua non è alta” rispose il bambino biondo, era appena uscito dalla vasca e non si era accorto del piccolo laghetto ai suoi piedi “So che è impossibile che tu affoghi in quei pochi centimetri d’acqua, ma tu conosci il motivo della mia paura perciò capiscimi” quando era giovane la donna aveva visto una sua amica affogare e da allora ne era rimasta traumatizzata “Non preoccuparti, io sto sempre attento” disse Gustav da sotto l’asciugamano, non ebbe risposta dalla madre che era andata in cucina a controllare le padelle sul fuoco, stava preparando la cena.

Il biondo prese il phon dal mobile sotto al lavandino (ogni oggetto era perfettamente ordinato come solo sua madre sapeva fare) e ne srotolò il filo. Stava per inserire la spina nella presa di corrente quando vide una piccola saetta fuoriuscire dal buco della presa, toccargli il dito e attraversargli la mano. La casa piombò nel buio.

Sua madre corse immediatamente in bagno, temeva che lo avrebbe visto carbonizzato, e invece lui era in piedi e perfettamente in salute al centro della stanza…buia come il resto della casa “Che è successo?” domandò il bambino spaventato, avrebbe voluto che sua madre lo abbracciasse ma lei restava ferma sulla porta “Sarà…è stato di sicuro un blackout, vedrai che tra poco la corrente tornerà e riavremo la luce. Però…” la donna aveva fermato il discorso a metà, come se stesse studiando qualcosa “Però?” domandò Gustav, la mano ancora gli formicolava “Bhè…” la donna non sapeva che dire “Mamma, perché non ti avvicini?” “Non posso” una risposta difficile da dare al figlio, se solo lui avesse potuto vedere ciò che lei aveva davanti agli occhi “Perché? Non sono stato io” aveva i lacrimoni agli occhi, la madre lo poteva sentire dalla voce strozzata perciò tentò di rassicurare il figlio “Lo so tesoro, tranquillo” “E allora perché? Cos’ho che non va?” gridò Gustav.

La luce tornò come se fosse stata richiamata dalla voce del bambino e la madre si rasserenò, quello che vedeva prima era scomparso e sicura che non lo sarebbe accaduto niente poté correre ad abbracciare suo figlio “Assolutamente niente caro, è tutto a posto adesso. Tuttavia sarà meglio chiamare tuo padre” come avrebbe potuto dire a lui che nel buio della stanza lei aveva visto il suo corpo attraversato dall’elettricità?
  
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