Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn
Segui la storia  |       
Autore: Yuki Kushinada    20/09/2015    1 recensioni
[Lambo]: Lambo non aveva mai considerato Tsuna come un Boss, tanto meno come il proprio Boss, quanto più come un fratello maggiore.
Ma c’erano alcune giornate, alcuni momenti, in cui Tsunayoshi Sawada era veramente un Boss, al di là di ciò che a tutti loro piaceva credere.

[Ryohei]: Non serviva sapere quale fosse il peccato che si sentiva sulla coscienza, semplicemente, non stava bene con se stesso. La mafia non faceva stare nessuno bene.
[Takeshi]: Non fu nell’istante in cui il sangue gli schizzò sulla pelle in macchie che avrebbe poi lavato, macchie che sarebbero comunque rimaste, che il panico lo assalì nella consapevolezza di essere diventato un assassino.
[Mukuro & Chrome]: Non era una sceneggiata a beneficio della malavita, era un giuramento che riguardava esclusivamente loro tre.
[Hayato]: Gokudera Hayato, ex Guardiano della Tempesta della Decima generazione della Famiglia Vongola, deglutì a vuoto, ma non rispose. Sollevò la pistola e se la porse alla tempia.
Un Boss e un Guardiano. E una Famiglia che sa essere maledizione e conforto insieme.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lambo, Mukuro Rokudo, Ryohei Sasagawa, Takeshi Yamamoto, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note dell'Autrice: Sono molto più in ritardo di quanto avrei voluto con questa storia. In realtà l'ho praticamente terminata tre mesi fa, ma è una cosa su cui lavoro da così tanto tempo che avevo bisogno di separarmene per poterla rileggere con cura e correggerla. Ad ogni modo, passando alle cose importanti, immagino sia cosa nota che io adoro Chrome e Mukuro insieme, non a caso metà delle fic su questo sito su loro due come coppia sono opera mia. Ora, in realtà questa storia si discosterà particolarmente dalle altre, nel senso che siccome la raccolta è incentrata sulla mafia e su Tsuna, beh, lo è anche questa. (Quindi niente sesso o romanticismo esagerato in generale)
Per cui, per i non amanti della coppia o dell'etero in generale, posso assicurare in anticipo che sono comunque al sicuro.
Per gli amanti della coppia, invece, questa storia si colloca all'incirca un anno prima di Mostro, in cui avevo già inticipato che i ciccini erano destinati a nozze u.ù. (E la seconda parte di quella storia è praticamente il seguito di questa.)
Anyway, stesso target e stesse raccomandazioni che alle altre storie. E se proprio devo dirla tutta la storia è più o meno velatamente 699627, amen.
Vi lascio alla lettura e... ci vedremo tra un po', la prossima è su Gokudera e sono ancora praticamente agli inizi, non ho proprio la più pallida idea di quando riuscirò a completarla. Spero che per allora qualcuno continuerà a seguire questa raccolta. Se nel frattempo volete farmi sapere cosa pensate di questa storia, sappiate che i commenti incitano a scrivere. :P Alla prossima!

 

 

 

 

 

 

 

Vongola Decimo

~ Mukuro & Chome ~

 

 

 

 

 

 

 

 

“Toh. Il tuo rapporto.”

Tsunayoshi Sawada afferrò al volo il plico di fogli lanciato come un frisbee che minacciava di colpirlo in piena fronte.

La giornata non era nemmeno iniziata e il suo buon umore era già sotto le scarpe. Curiosamente, per una volta, aveva una sola persona cui attribuirne la responsabilità: Mukuro Rokudo, il suo settimo Guardiano, uno dei due Custodi della Nebbia e la più grossa spina nel fianco che avesse mai conosciuto.

“Mukuro, ti dispiacerebbe entrare e sederti? Devo parlarti.”

L’illusionista lo guardò dall’alto in basso per qualche secondo, senza trattenere uno sbuffo di malavoglia, ma stranamente decise di accontentare il suo presunto Boss senza troppe storie. Si staccò dallo stipite della porta cui era appoggiato e si accomodò alla poltrona di fronte la scrivania che un tempo appartenne a Giotto Vongola, badando bene di buttarci gli stivali sopra.

“Tsunayoshi, che devi dirmi di tanto importante? Sto fremendo dalla curiosità” mormorò con un tono amabile che gli fece intendere che non poteva fregargliene di meno di quanto aveva da dire.

Mukuro era così. Diceva una cosa, ne pensava un’altra e ne faceva un’altra ancora. E tutte e tre avevano il sommo potere di fargli saltare i nervi.

“Ho letto il resoconto della tua ultima missione” lo informò.

Mukuro rimase a guardarlo per qualche istante, poi per qualche minuto. Infine si annoiò. “Immagino che tu stia aspettando che ti chieda di andare avanti, ma per quanto mi riguarda puoi anche fermarti qui” lo informò, tanto perché non stesse troppo in attesa di un E quindi? che non avrebbe ricevuto.

Il mal di testa di Tsuna peggiorò furiosamente.

“Mukuro, quando ti ho chiesto di prenderti cura di quegli spacciatori da quattro soldi, non volevo prendessi il loro posto.”

“Avresti dovuto specificarlo. Errore tuo.”

“Mukuro…” lo chiamò in un tono minaccioso che era un mezzo avvertimento. Quasi credesse davvero che gliene fregasse qualcosa di come lo chiamava.

“Oh, Tsunayoshi, non farla lunga. Se qualche ragazzino è tanto scemo da buttare tutti quei soldi per fottersi il cervello non è mica colpa mia.”

Tsunayoshi Sawada dovette trattenere l’ennesimo attacco di rabbia. Aprì il secondo cassetto alla sua sinistra di scatto, tirando fuori un sacchetto con dentro delle pillole bianche e glielo tirò contro.

La busta atterrò placidamente sul ventre dell’Illusionista, che non sciolse le braccia da dietro la testa per afferrarlo.

“L’hanno perquisito in una scuola quelli della Fondazione.”

Rise. A modo suo, ovviamente. “Sempre pensato che Kyoya Hibari e i suoi non avessero un cazzo da fare.”

“Mukuro!”

Il Boss dei Vongola era sempre più vicino ad una crisi di nervi e il suo Guardiano della Nebbia non poteva neanche più fingere che la cosa non lo divertisse.

“Che vuoi, non sono io quello che passa le sue giornate a gironzolare per strada a pestare la gente.”

“Oh, no, tu le passi a dare fastidio a Chrome e a spacciare caramelle a dei ragazzini. Caramelle che vendi a trenta euro l’una.”

“Pensa tu quando sono stupidi i mocciosi di oggi che spendono trenta euro per comprare di nascosto qualcosa che potrebbero avere liberamente a dieci centesimi in un bar qualsiasi.”

“Sei tu che li prendi in giro!”

“Guarda che sono loro che le cercano. Mica io ad andare da loro. E poi che volevi, che dessi loro sul serio stupefacenti?”

Il mal di testa di Tsuna stava raggiungendo livelli sempre più epici, mentre si chiedeva chi gliel’avesse fatta fare.

Negli ultimi due mesi, c’erano stati due decessi per droga nella provincia. Due ragazzini di tredici e diciassette anni, morti a distanza di poche settimane l’uno dall’altro. Cocaina tagliata male.

Qualche Famiglia rivale si era messa a spacciare nelle scuole. In genere, i pusher da strapazzo non lo disturbavano più di tanto. Su una cosa Mukuro aveva ragione, i tossici la droga la cercano, non il contrario.

Quello che non tollerava, però, era che delle droghe fossero vendute a ragazzi e ragazze minorenni, ancora inconsapevoli delle scelte che facevano.

Non aveva dato quella missione a Mukuro per caso. L’Illusionista, più di chiunque altro, aveva vissuto sulla sua pelle l’assuefazione da farmaci in età sbagliata. Con la differenza che lui non l’aveva scelto, ce l’avevano costretto. E non si era mai ripreso del tutto.

Mukuro Rokudo aveva praticamente tutti i difetti del mondo, ma era completamente astemio, non beveva, non fumava, non sopportava neanche l’idea di sostanze tossiche. In realtà non sopportava nessun tipo di farmaco, fosse anche un banale sciroppo per la tosse.

L’unica volta in cui aveva letto il panico negli occhi eterocromi del suo Guardiano era stata quando l’equipe medica aveva cercato di sottoporlo ad anestesia per potergli ricucire una ferita grave che aveva riportato in battaglia.

 Sarebbe morto di infezione piuttosto che farsi iniettare qualcosa capace di addormentarlo contro la sua volontà.

Per Rokudo, chi si drogava volontariamente meritava le peggiori agonie. Da bravo psicotico o presunto tale qual era, adorava giocare con le menti degli altri, con una mente corrotta era ancora più divertente.

Ma in quel caso non c’era veramente dietro una scelta. C’erano ragazzi anche di 12 anni in piena tossico-dipendenza. Non era molto diverso da quanto aveva subito lui.

Tsuna lo sapeva, sapeva che sarebbe stato spietato. Gli aveva ordinato di non uccidere nessuno e lasciato carta bianca sul resto. Non aveva neanche intenzione di sapere come aveva deciso di agire, sapeva semplicemente che nessuno di quei quattro delinquenti c’avrebbe mai più riprovato.

Quello che non poteva minimamente sospettare però, era che Mukuro se ne uscisse con una delle sue anche in quell’occasione. Aveva deciso di sostituirsi ai pusher della zona e vendere caramelle. Caramelle in cui aveva infuso un briciolo della sua Fiamma, poteva distinguere senza troppi problemi l’aura bluastra che impregnava il sacchetto che gli aveva lanciato.

Chiunque fosse stato in grado di vederla ne avrebbe riconosciuto la minaccia, come un marchio di fabbrica. Pochi illusionisti erano capaci di fare qualcosa del genere e solo uno era tanto deviato da farlo sul serio.

I mafiosi più accorti ormai sapevano che se volevano distribuire sostanze illecite in quel territorio avrebbero prima dovuto vedersela con Mukuro Rokudo degli Estraneo, il sopravvissuto ai Vindice, il rinnegato nella mafia e, nonostante ciò, uno dei Guardiani della Famiglia Vongola.

Tutti gli altri, la gente normale e ancor di più i ragazzini liceali a cui vendeva quella roba, non sarebbero mai riusciti a vedere il potere infuso in quelle piccole pastiglie di zucchero, nonostante fosse l’unica cosa a smorzarne il sapore di eucalipto.                                        

E il problema era proprio questo. Quella piccola goccia di Fiamma della Nebbia era capace di infondere un senso di oblio in chi una Fiamma non ce l’aveva. Chi l’assumeva poteva godere della stessa ebbrezza di qualunque altra droga sintetica, lo stesso senso di onnipotenza, la stessa sensazione di benessere, seguita poi da quegli effetti di ansia, sudorazione, panico e dolore accompagnati dalla droga.

Non era nessuna droga però a dare quei sintomi, ma l’astinenza. Loro credevano di drogarsi, ma in realtà si disintossicavano. Aveva capito il gioco di Mukuro, era un’idea assolutamente geniale e in realtà non ci vedeva poi così tanto di male neanche sul fatto che avesse deciso di specularci sopra.

Anzi, se avesse avuto lui un’idea del genere avrebbe chiesto subito aiuto a Chrome. Il problema era che Mukuro era un bastardo. Lui stesso non lo aveva mai negato o nascosto.

La Fiamma che aveva trasferito in quelle caramelle agiva in modo tale che quanto più qualcuno ne assumeva, tanto più la sensazione di ebbrezza aumentava, fino a raggiungere un apice oltre il quale iniziavano gli incubi, il terrore, la sensazione di morire, di soffocare e di subire sulla propria pelle le paure più profonde.

Più era giovane il soggetto che si lasciava colpire volontariamente dalla sua Fiamma, più le sue illusioni si sarebbero rivelate cruenti.

Aveva letto su tutti i giornali il caso di Giordana Pagliuso, una ragazza di quattordici anni che era stata ricoverata in stato confusionale, convinta che la pelle e la carne le si stessero sciogliendo dall’interno.

E non era l’unico caso simile.

Mukuro stava sì disintossicando praticamente tutti i ragazzi della provincia, ma al contempo li stava punendo in modo atroce.

Li portava al punto da realizzare che continuare a drogarsi non valeva la sofferenza che pativano, ma prima ne logorava i nervi e l’anima.

“Se sento che qualcuno si è suicidato per colpa di questa roba che distribuisci in giro…”

“Tanto era già un aspirante suicida, prima. Significa che era destino.”

“Mukuro! Stai parlando di ragazzini!”

“Ragazzini stupidi che mentono alle famiglie e rubano per potersi drogare, se stai cercando di muovermi a compassione stai sprecando il mio e il tuo tempo, Tsunayoshi.”

Gli puntò un dito contro, nervoso. “Se la cosa degenera, te ne riterrò responsabile.”

“Degenererà senza dubbio e puoi farmi i complimenti già da adesso, senza aspettare, se vuoi.”

Tsunayoshi sbuffò al limite della frustrazione. Era praticamente inutile discutere con Rokudo. Serviva solo a perdere quel briciolo di sanità mentale che gli era rimasto.

“Vattene. Parlare con te mi dà noia.”

“Oh, lo vedi che quando ti impegni su qualcosa siamo d’accordo?” lo prese in giro il suo Guardiano.

Mukuro levò i piedi dalla scrivania, buttò le mani sulle cosce e si alzò.

“Prima che me ne scordi” disse però una volta in piedi, “tra non molto è il compleanno di Chrome. Organizza il matrimonio.”

Tsuna sentì tutta la frustrazione e il nervosismo provati fino a quell’istante svanire all’istante, dimenticati all’improvviso, di fronte lo stupore incredibile che lo avvinse a quella frase.

“Eh?!” Non che fosse la domanda più intelligente del mondo, ma l’unica che riusciva a formulare in quella situazione, con gli occhi che minacciavano di uscirgli dalle orbite. “Mukuro, non potete sposarvi!”

“E perché mai?” chiese quello, scettico, con un sopracciglio inarcato.

“Siete troppo giovani!”

“Chrome compirà a breve vent’anni. Non è a quell’età che in Giappone diventate maggiorenni? Può sposarsi.”

Tsuna aveva sempre più voglia di picchiare la testa contro il tavolo di mogano all’assurdità di certi discorsi.

“Ma lei è d’accordo?”

“Non lo sa ancora. Ma lo sarà sicuramente.”

“Mukuro, vuoi che io organizzi il tuo matrimonio con Chrome, senza averlo detto ancora a Chrome? E poi perché non te lo organizzi da solo? Tu e le tue follie!”

“Devi pensarci tu. E poi non mi pare che hai molto altro da fare, visto che perdi tempo a discutere le mie azioni. Mi raccomando, fa’ che sia tutto pronto per il suo compleanno.”

Mukuro si congedò così, senza aggiungere altro e senza dargli la possibilità di porgli le altre centosettantadue domande rimaste in sospeso.

Come se fosse naturale decidere da un secondo all’altro di sposarsi e sbolognare tutte le responsabilità a qualcun altro. Tsuna voleva trucidarlo ancor di più che non per la questione della droga.

 

 

“Ohi, ImbranaTsuna, hai intenzione di giocare per ancora qualche altra ora con quella penna o pensi che prima o poi comincerai a lavorare?” gli chiese un pacificissimo Reborn con uno sguardo omicida negli occhi e una pistola puntata contro la sua testa.

Qualche anno prima, avrebbe avuto un attacco di panico e avrebbe cominciato a correre per tutta la stanza di fronte quella minaccia. Dopo anni di convivenza forzata con l’hitman, non solo non aveva problemi a schivare i suoi proiettili, ma era così abituato ad essere sparato da Reborn che un buco in più o uno in meno non gli avrebbe cambiato troppo la giornata.

Tsuna alzò gli occhi dal rapporto che fingeva di leggere puntandoli in faccia al suo ex tutor e attuale Consigliere Interno. Continuava a rigirarsi la penna tra le mani.

“Mukuro mi ha chiesto di organizzare il suo matrimonio con Chrome.”

L’hitman prese posto alla scrivania di fronte a lui. Posò l’arma sul banco e tirò fuori tutto il necessario per pulirla con cura. Per qualche motivo era sempre nello studio di Tsuna che decideva fosse il caso di prendersi cura delle sue armi.

Nonostante Reborn gli avesse detto che lo faceva soltanto perché aveva bisogno di provarle su un bersaglio mobile dopo averle pulite, Tsuna vedeva quel gesto come un atto di estrema fiducia e non mancava mai di renderlo in qualche modo felice.

“Ah.”

“Non lo ha neanche chiesto a Chrome, ti rendi conto?”

“Lo sospettavo.”

“E pretende che me ne occupi io, ma che diavolo c’entro?”

“Sei il suo Boss.”

“Appunto. Non la sua segretaria o organizzatrice di eventi” sbuffò infastidito. Come se avesse poche responsabilità cui far fronte.

“ImbranaTsuna, non hai capito” lo redarguì Reborn, controllando la canna della pistola. “Mukuro non vuole che prenoti il ristorante, vuole che celebri il matrimonio.”

L’urlo stupito che buttò ricordava più il ragazzino delle medie che era stato e non il Boss mafioso che era. Reborn ne sorrise.

“Ma ti sembro un prete per caso?”

“Mukuro non è cattolico, ImbranaTsuna.”

Nonostante il tono esasperato per l’ottusità del suo allievo, Tsuna lo vedeva chiaramente che Reborn si stava divertendo. E quando mai!

“Non sono neanche un sindaco, se è per questo.”

“Sei il Decimo Boss della Famiglia Vongola. E’ con questo titolo che devi sposarli.”

“Ah già, mi ero scordato che oltre ai matrimoni legali e religiosi, ci fossero anche quelli mafiosi” ribatté sarcastico, con uno scatto della mano che fece volare la penna da qualche parte nella stanza.

“Hai fatto male. La prossima volta ricordatene.”

“No, fermo, aspetta. Stai dicendo sul serio?”

“Certo, Tsuna” sbuffò teatralmente, tanto per prenderlo un altro po’ in giro. Poi si fece serio “Ascolta, quello che Mukuro vuole da te è che celebri il matrimonio di fronte tutti i tuoi amici, ma soprattutto di fronte tutti i tuoi nemici.”

“Perché mai dovrebbe desiderare una cosa del genere?!”

“E’ così che funziona nella mafia. Non sarà un matrimonio riconosciuto dalla legge, ma nessuno potrà metterlo in discussione nel nostro mondo. Tienilo bene in mente ImbranaTsuna, perché varrà anche per te quando deciderai di sposarti. Quello di Mukuro è un avvertimento.”

“Avvertimento? In che senso?”

“Associando il suo nome a quello di Chrome, vuole far sapere a tutti i mafiosi che se qualcuno farà un torto a lei, l’avrà fatto anche a lui e si vendicherà di conseguenza. Se celebri tu il matrimonio, la loro unione avrà la protezione di tutta la Famiglia Vongola. Significa che chiunque vorrà mai mettersi tra loro o contro di loro dovrà vedersela contro la Famiglia.”

“Non ha senso. Mukuro e Chrome sono miei Guardiani, non permetterei mai comunque che qualcuno faccia loro qualcosa. Non c’è bisogno di mettere in atto questa messa in scena.”

“Lo so. E lo sa anche Mukuro, nonostante tutto. Ma per gli altri Boss significa poco e niente. Sono in tanti a considerare le vite dei propri uomini del tutto sacrificabili e ormai dovresti saperlo.”

Lo sapeva, lo sapeva eccome. Lo aveva visto accadere più e più volte da quando era diventato Boss. E ancora non capiva come fosse ammissibile.

“Non scordarti neanche che Chrome è una donna e la mafia è piena di uomini che non rispettano le femmine” chiarì con marcato accento siciliano. “Una donna sposata, però, è una donna con qualcuno pronto ad ammazzare chiunque tenti di metterle le mani addosso. Mukuro vuol far sapere in giro che, in questo caso, quel qualcuno è lui.”

“Mukuro ha sempre disprezzato la mafia. Perché ora vuole seguire le tradizioni della malavita?”

“La disprezza, ma volente o nolente, è la sua realtà. Lo è sempre stata. Non credo sappia neppure ragionare in modo diverso. In più, ricordati bene che se ha chiesto a te di celebrare il matrimonio, significa che ti rispetta e riconosce come Boss.”

 

 

I capelli lunghi, nerissimi come la notte, con quelle sfumature blu, un po’ violette, che lo ricordavano davvero un cielo senza luna, le ricadevano lisci, come un manto di seta sulle spalle. La spazzola li attraversava morbidamente, mentre raccoglieva alcune ciocche in una piccola coda alta.

Era appena uscita dalla doccia, aveva appena finito di asciugarsi i capelli. Ancora completamente nuda, sedeva di fronte allo specchio osservando la propria immagine. Guardava ogni singola cicatrice, quelle che aveva riportato in battaglia, quelle che aveva subito il giorno dell’operazione. Il giorno in cui era morta e rinata.

Qualche anno prima aveva odiato il proprio corpo, non faceva che contarne i difetti, le mancanze. Si sentiva come un burattino, un burattino vuoto e prosciugato, in cui non c’era più spazio né per i suoi organi, né per la sua anima.

Qualche anno prima non sapeva ancora cosa significasse avere una famiglia, essere accettata per quello che era, con tutte le sue imperfezioni.

Adesso ogni volta che fissava le sue cicatrici pensava piuttosto a quanta strada avesse fatto fino a quel giorno, quanta ne avrebbe fatta ancora.

Doveva migliorare, doveva diventare più forte, doveva proteggerli tutti, come loro avevano protetto lei da ogni nemico, dalle sue paure, da se stessa.

Doveva proteggerli, perché li amava.

Amava le ragazze che le avevano insegnato ad accettarsi così com’era. Amava gli altri Guardiani che la stimavano e non avevano mai messo in discussione il fatto che fosse una di loro.

Amava Tsuna, perché era stata la prima persona in assoluto ad accettarla a braccia aperte nelle sua vita, senza domande o pretese. Era sinceramente grato di averla al suo fianco, quasi in quel modo lei gli avesse fatto un dono e non il contrario.

E poi amava Mukuro. Mukuro che invece pretendeva continuamente da lei, la spronava a migliorarsi e a dare il suo meglio senza arrendersi mai. A superare i propri limiti senza farsene spaventare. L’aveva spinta con ogni mezzo a diventare padrona della sua vita, quando lei una vita era convinta di non avercela più.

Mukuro era stato un padre, un maestro, un fratello e un amico. E anche molto più di quello, pensò con un certo imbarazzo, notando i segni rossi che macchiavano la sua pelle. Rossi di passione, non rossi di battaglia.

Il suo corpo era pieno di difetti, ma a Mukuro piaceva. Non aveva bisogno di altro.

Tsuna era diventato ufficialmente Don Vongola tre anni prima, a diciotto anni. Una settimana prima che assumesse la carica, era andato da lei, badando bene di cacciare fuori Mukuro, per parlarle. In realtà sospettava che Mukuro fosse d’accordo, per questo l’altro illusionista non aveva posto gran resistenza.

Quel giorno Tsuna le aveva parlato della mafia, con una crudezza che non gli apparteneva, ma che riteneva necessaria, senza riflettere sul fatto che non poteva essere all’oscuro sulla malavita, dopo aver convissuto per anni con Mukuro.

Anzi, era molto probabile che lei ne sapesse più di lui allora. Eppure, Tsuna si era seduto accanto a lei sul freddo pavimento dell’istituto che occupavano abusivamente a Kokuyo, aveva incrociato le braccia e le mani sul ventre e si era messo a nudo per lei.

Credeva volesse parlarle della violenza della mafia, per dissuaderla dall’idea di accettare il ruolo di Guardiano. In fondo, era quanto stava cercando di fare da giorni anche il suo compagno.

E sì, era anche lo scopo di Tsuna, ma lo aveva fatto come solo un fratello può tentare. Si era messo in gioco per lei.

Non aveva cercato di terrorizzarla con la crudeltà dei bassifondi, le aveva raccontato la sua esperienza, dal suo punto di vista. Quello che non diceva mai, perché sapeva avrebbe fatto preoccupare eccessivamente i suoi amici. Quello che probabilmente conosceva solo Reborn e neanche per intero.

Le aveva parlato di suo padre, Iemitsu Sawada, l’uomo che non c’era mai stato a casa a prendersi cura di suo figlio e sua moglie, che aveva mentito e li aveva abbandonati. E che sua madre adorava lo stesso, più di quanto adorasse lui, probabilmente. Le aveva detto come l’arrivo di Lambo, I-Pin, Fuuta e Bianchi in casa sua fosse stata un piccolo miracolo per lui, nonostante tutto. Perché era la prima volta che la sua casa era qualcosa di più di quattro mura.

I bambini guardavano a lui come un fratello maggiore, Bianchi, benché avesse più volte tentato di ucciderlo, non gli aveva mai negato il supporto di una sorella maggiore.

Reborn aveva sconvolto la sua vita nel bene e nel male. Gli aveva portato una Famiglia mafiosa e una famiglia vera.

Le aveva confessato di averlo odiato davvero molte volte: lo aveva costretto a conoscere verità che preferiva ignorare, lo aveva trascinato in una vita che non voleva. Ma Reborn gli era sempre stato accanto, neanche fosse un padre. Quando il suo vero padre era la stessa persona che aveva proposto il suo nome come futuro candidato, senza prima alzare la cornetta del telefono per chiedergli il suo parere.

No, aveva preferito farsi credere morto allora, era più romantico.

Le aveva parlato del suo primo omicidio. Di Byakuran. Di quello che aveva provato, della disperazione nel sapere di non aver altra scelta se voleva fermare una guerra, della rabbia e della voglia di ucciderlo dopo la morte di Yuni. Il vero motivo per cui si era sentito in colpa era proprio il non aver sentito rimorso nell’uccidere Byakuran.

Nel primo momento di tregua, non aveva potuto fare a meno di pensare che magari anche lui era un mostro.

Per fortuna però, il futuro era variabile, Byakuran nel loro tempo era ancora vivo, per cui quel gesto non era altro che la chiave per cambiare la loro realtà, renderla migliore. Nonostante le prime incertezze, era riuscito a perdonarsi in fretta.

Poi erano venuti Enma Kozarto e Daemon Spade. Quella era stata la prima volta in cui si era messo in discussione veramente. In cui all’improvviso gli era parso tutto spietato, tutto sbagliato. Combatteva per i propri ideali e di punto in bianco si era ritrovato senza nulla in cui credere.

Le disse cosa aveva provato quando Daemon Spade si era impossessato di lei, le disse che ancora non sapeva cosa le avesse fatto ma non se ne dava ancora pace. Lei a quelle parole gli aveva sorriso con dolcezza, ma non aveva chiarito i suoi dubbi.

Ed era andato avanti poi per ore, raccontandole tutto ciò che aveva vissuto, confidandole i suoi timori, le sue paure. Il terrore più grande non era quello di perdere una coscienza prima o poi, ma quella che lo facessero i suoi guardiani e che lui non fosse in grado di fermarli.

Odiava Mukuro per essere già così vicino al punto di rottura, per essere già così corrotto, disilluso e spietato.

E infine le aveva chiesto come prevedeva di non accettare il ruolo di Guardiana, non perché temeva non l’avrebbe retto, ma perché temeva che Mukuro potesse perdersi del tutto se anche lei fosse stata coinvolta nella mafia. Perché la mafia cambiava tutti, stava cambiando lui avrebbe cambiato anche lei.

Mai come in quel momento, Chrome aveva avuto le idee chiare sul da farsi. Ironicamente, era stato proprio il suo Boss a farle prendere la decisione di cui poi non si sarebbe mai pentita.

Ricordava di avergli sorriso, ma di aver scosso la testa, spiegandogli che avrebbe accettato il ruolo di Guardiana proprio per questo motivo. Perché Tsuna non doveva combattere quella guerra da solo, non quella contro la mafia, ma quella per la sua famiglia, per i suoi amici. Non doveva cercare di proteggerli tutti, ma si sarebbero protetti a vicenda.

Lei avrebbe protetto lui e avrebbe protetto Mukuro, dalla mafia e da se stesso. Non avrebbe scelto una vita spensierata per sé lasciando le persone cui teneva di più in balia del cancro della società. Aveva scelto di essere la Nebbia, per lo stesso motivo per cui Tsuna aveva scelto di essere il Cielo e perché gli altri Guardiani non si erano tirati indietro al momento di giurare del proprio futuro.

Tsuna l’aveva semplicemente accettato. Le aveva dato un bacio su una guancia e l’aveva invitata a prendere un gelato insieme. Una settimana dopo, partivano tutti in volo per l’Italia.

Occupava da allora quella stanza dalle pareti indaco, il letto matrimoniale, il comò ad angolo, e quello specchio gigante su una parete, che la rifletteva completamente, senza nascondere nessuno dei suoi difetti. Ma mettendo ugualmente in luce anche i suoi pregi.

Aveva appena finito di sistemarsi i capelli quando qualcuno bussò alla porta.

“Un attimo!”

Si legò la benda da pirata sull’occhio destro, e si avvolse in un accappatoio dai toni blu. Per quanto le andava lungo, probabilmente non era neanche il suo.

“Boss” notò, aprendo la porta.

“Scusami” mormorò quello con un lieve imbarazzo. “Se ti disturbo passo più tardi.”

“No, ho quasi finito di prepararmi, dimmi pure.”

“Devo partire per la Puglia. Ho sentito di un giro di traffico d’armi illegali tra Cosa Nostra e la Sacra Corona Unita e voglio controllare la situazione prima che quelle armi finiscano nelle mani sbagliate. Ti va di venire con me?”

“Ma domani devo partire per Milano con Mukuro, per cercare quelle ragazze.”

Tre ragazze nel campo della moda erano state rapite nei pressi di Milano da qualche giorno e alle famiglie era arrivata la richiesta di riscatto. Per qualche motivo, avevano preferito affidarsi ai Vongola piuttosto che alla polizia.

Tsuna non discuteva la loro scelta, aveva promesso che avrebbe riportato indietro le ragazze sane e salve e lo avrebbe fatto.

“Se ne occuperanno Hayato e Takeshi.”

“Come mai?”

Perché Mukuro gli dava sui nervi ultimamente, soprattutto da quando aveva deciso di informarlo quotidianamente dei suoi affari. E da quando aveva deciso di ampliare l’azienda spacciando anche le caramelle di Lambo. Non lo disse.

Non le disse neanche che aveva minacciato Mukuro di strangolarlo se non lasciava in pace Lambo e, più efficacemente, aveva minacciato Lambo di tenerlo a verdure a vita e di affidare il suo addestramento e il suo tempo libero completamente nelle mani di Hayato, se non la piantava di dar retta a Mukuro.

“Perché preferirei avere a te accanto in Puglia. Mi serve un’Illusionista e qualcuno che non aggredisca il primo idiota a vista, come farebbe Hayato.”

Chrome non trattenne una piccola risata. “Dammi venti minuti e sono pronta a partire.”

“Ti aspetto.”

 

 

Quando la donna col vestitino rosa leggero, il cappello vecchio stile, la folta chioma bionda e il paio di tette più grosse che avesse mai visto lo raggiunse, Tsuna temette davvero che si trattasse di Mukuro e di doverlo uccidere. Non avrebbe retto un intero viaggio dalla Sicilia alla Puglia con lui. Non con lui in quelle condizioni.

Tirò un sospiro di sollievo quando riconobbe quell’illusione come tipica della Fiamma di Chrome.

Mukuro non si camuffava quasi mai durante le sue missioni. Solo se erano di spionaggio o se decideva di mandarlo in bestia. D’altronde non ne aveva neanche bisogno: si era fatto un nome nel mondo della mafia sin da quando era bambino ed era stato rinnegato e considerato un pericolo da tutta la malavita a tredici anni. Ci teneva a mostrarsi ai suoi avversari, adorava leggere il terrore sui loro volti quando lo riconoscevano.

Chrome era molto più discreta, invece, e si impegnava a non lasciare tracce. Nessuno conosceva il suo vero volto se non all’interno della Famiglia. Aveva anche provato ad insegnare a Fran quel genere di accortezze, ma il ragazzo era troppo abituato ai metodi di Mukuro per non essere fuori di testa anche lui.

Quando Mukuro aveva accettato il ruolo di Guardiano della Nebbia, probabilmente per il solo scopo di assicurarsi che lui arrivasse alla tombe tra le peggiori sofferenze, aveva deciso che Fran era abbastanza adulto per entrare nei Varia.

Aveva detto che non aveva più tempo per lui, quindi voleva sbolognarlo a quella manica di psicopatici, ma Tsuna sapeva bene che lo aveva fatto soltanto per assicurarsi lo seguisse in Italia dove poteva tenerlo facilmente d’occhio, ma con i Varia, in modo che il suo nome non fosse associato a quello del fuorilegge Mukuro Rokudo.

Il problema era che lo sapeva benissimo anche Fran che non mancava di rinfacciarlo al suo maestro ad ogni singola occasione. Così come gli rinfacciava di aver legato la propria vita alla mafia, benché dicesse di odiarla, di vivere con Chrome nonostante dicesse di non aver bisogno di nessuno e di avere un feticismo preoccupante nei confronti degli ananas.

Fran era l’unico, probabilmente, capace di far saltare i nervi a Mukuro senza neanche impegnarsi e senza soprattutto giocarsi la sanità mentale e un’ulcera nel tentativo. Doveva ricordarsi di invitarlo più spesso alla villa. Tanto per salvaguardare la propria di salute.

“Per poco non ti avevo riconosciuta” l’accolse, quando lei lo raggiunse.

Chrome sorrise. “Allora ho fatto un buon lavoro.”

“E’ che non sono abituato a vederti così.”

“Mukuro dice che i nemici sono più vulnerabili quando hanno a che fare con una donna con le tette grosse.”

Tsuna percepì quell’informazione con un tic nervoso. Doveva decisamente invitare Fran non appena tornava da quella missione. Anzi, doveva lasciare a lui il compito di sposarlo.

“Vieni, andiamo.”

Le aprì la porta della limousine nera con un gesto galante, che Chrome accolse con un sorriso. Si sedettero l’uno di fronte all’altra. Poi Tsuna alzò il vetro divisorio che li separava dall’autista.

Quello fu il segnale da cui Chrome capì quanto fosse seria la missione. Tsuna era un ragazzo aperto e spigliato e non aveva problemi a parlare di quello che faceva con qualunque membro della Famiglia. Quando decideva di tagliare fuori chiunque men che i suoi Guardiani, significava che la faccenda era grave. Meno informazioni aveva un uomo, meno poteva essere sottoposto a tortura, le aveva insegnato una volta Mukuro.

Chrome creò per sicurezza una debole illusione accanto a loro, avrebbe impedito a qualunque dispositivo di registrare la loro conversazione, semmai qualcuno fosse riuscito ad impiantare qualche cimice nella loro macchina.

“I dettagli della missione, Boss?” chiese, pratica.

Tsuna si rilassò contro il sedile della macchina e si passò una mano tra i capelli. Si allentò la cravatta con un gesto secco. Era nervoso, capì Chrome. Ma non mancò di rivolgerle un sorriso prima di rispondere.

“Quest’estate un gruppo di hacker è riuscito a bucare i server dei computer della Famiglia Bovino.”

“La famiglia di Lambo” rifletté lei a voce alta. “E’ per questo che lui e Irie sono stati via tutto il mese d’Agosto.”

“Già, ho chiesto a Shoichi di dare loro una mano a potenziare i loro sistemi di difesa e Lambo ne ha potuto approfittare per stare un po’ con la sua famiglia, visto che non doveva andare a scuola e I-Pin era in Cina. Ad ogni modo, per fortuna, i Bovino se ne sono accorti prima che potesse essere troppo tardi e li hanno fermati, ma hanno comunque sottratto il prototipo di nuove armi.”

“Chi sono i responsabili?”

“Una Famiglia americana di Cosa Nostra, i Dragna. Personalmente non c’ho mai avuto a che fare, ma Byakuran mi ha detto che è da un po’ che la situazione in America sta prendendo una piega pericolosa, lui e i suoi Guardiani sono andati a studiare lì per questo” le spiegò, censurando la parte in cui era convinto che Byakuran in persona fosse la cosa peggiore che potesse accadere in America. “Agiscono da Chicago. Spanner è riuscito a localizzarli e ha tenuto finora sott’occhio tutti i loro computer. Credo anche li abbia sabotati più volte, senza farsi scoprire. Ma abbiamo preferito evitare di correre il rischio di dichiarare guerra aperta, per cui niente armeria pesante finora.”

“E ora cos’è cambiato?”

“Il progetto dei Bovino era piuttosto simile alle box che abbiamo usato nel futuro, anni fa. In altre parole, erano delle armi che andavano attivate con le Fiamme per potere funzionare. I Dragna hanno prodotto prototipi che, anziché aver bisogno di essere attivati, sfruttano le Fiamme di chi le usa. Se spacciate come armi normali, la gente comune rischia di ritrovarsi prosciugata di tutta la loro energia senza accorgersene.”

“Perché mai qualche Famiglia dovrebbe acquistare merci simili? Non conviene neanche a loro.”

“Funzionano da amplificatore, per chi sa usarle. Un po’ come l’Anello del Male di Genkishi, per intenderci. Come armi da guerra rischiano di essere micidiali. In un caso o nell’altro, non voglio che arrivino nelle mani sbagliate.”

“Dovremo combattere allora.”

“Lo scopo è quello di impedire la transizione e requisire la merce. Ma gli acquirenti sono i Mestroni, non sarà facile soffiargliele sotto gli occhi.”

“Ed è per questo che ti serve un illusionista.”

“E’ per questo che mi servi tu” chiarì Tsunayoshi.

Mukuro sarebbe riuscito a portare a termine quella missione benissimo da solo, ma come aveva ben specificato, non voleva che quelle armi finissero nelle mani sbagliate.

 

 

Quando furono sul campo, Tsunayoshi decise di dare via libera a Chrome. Aveva creato un’illusione addosso ad entrambi. Ora erano l’immagine perfetta del magnate e la sua sgualdrina. Tsuna aveva protestato apertamente, ma Chrome era decisa a fidarsi delle direttive di Mukuro.

Di fronte a quel commento, il Boss dei Vongola non aveva potuto fare a meno di pensare che il Guardiano e Reborn potevano anche mettersi a scrivere un manuale. Un bastardo e il travestimento perfetto, come titolo rappresentava entrambi.

Si erano mossi con circospezione nelle strade notturne di Brindisi, attiravano gli sguardi stupiti e sconvolti della gente per bene, che si fermavano a guardarli, ma poi se ne tenevano a distanza, giudicandoli e disprezzandoli. Quando si erano diretti verso il molo di Costa Morena, nessuno era più disposto a dare loro un briciolo di attenzione. Esattamente ciò che desideravano. Svoltavano da Via Annunziata alla traversa di Vicolo D’Afflitto – completamente buia e disabitata a quell’ora di notte – quando Chrome creò addosso a loro una seconda illusione, rendendoli invisibili a chiunque non avesse la capacità di riconoscere la Fiamma della Nebbia che li circondava.

D’altronde nascondere il vero nell’illusione era uno dei suoi più grande talenti.

Avevano raggiunto il molo con una buona ora d’anticipo rispetto all’appuntamento, e non li stupì notare che sia i Dragna che i Mestroni avevano fatto lo stesso. Ovviamente, però, nessuna delle due Famiglie avrebbe lasciato il proprio rifugio prima dell’ora stabilita. Riconobbero le auto scure dei Mestroni parcheggiate a poche centinaia di metri di distanza. Erano almeno 40 uomini e tutti armati.

I Dragna avevano usato voli privati per trasportare le armi dall’America fino alla Bulgaria. Non erano riusciti a seguire oltre i loro movimenti, per cui Tsunayoshi aveva presupposto si sarebbero mossi via mare e seppe di non sbagliarsi quando individuarono la nave mercantile.

Si infiltrarono a bordo in silenzio, poi fu Tsuna col suo superintuito a guidare la missione. Il sangue Vongola e l’esperienza che aveva maturato nel mondo della mafia, sapevano suggerirgli dove trovare la merce di scambio. Bastava semplicemente cercare il punto più protetto di tutta la nave.

Le armi erano in tre grosse casse di legno. Una quantità paurosa, qualcosa che poteva scatenare un’intera guerra.

“A che stai pensando?” gli chiese Chrome sottovoce quando vide il suo volto concentrato.

Erano ancora invisibili ad occhi indiscreti, comunque rimanevano accovacciati dietro una delle due ante della grossa porta della stanza in cui risiedevano le armi. C’era un via vai di gente notevole lì, Chrome aveva intensificato l’illusione nel timore che qualcuno li scoprisse.

“Che dovevamo essere molti di più. In due è troppo pericoloso.”

“No, Boss, possiamo farcela tranquillamente” Tsuna si voltò a guardarla, ma non parlò per cui Chrome continuò. “Tu riesci a trasportare via tutte e tre le casse vero?”

Studiò bene la situazione. Aveva sollevato un intero autobus affollato a quindici anni, tre casse d’armi erano ingombranti e pesanti, ma niente che gli creasse problemi. “Devo solo trovare un modo per legarle insieme, oppure trasportarle via una alla volta.”

“Meglio una alla volta. Ci sono meno rischi. Cerca di fare il più piano possibile e trascinale via una ad una da qui. Nel frattempo farò credere loro che non stia cambiando nulla.”

Tsuna annuì e si mosse veloce. Non sapeva per quanto tempo Chrome sarebbe riuscita a creare un’illusione così forte. I Dragna erano a conoscenza delle Fiamme, per cui sospettava che molti di loro fossero in grado di vederle. Riuscire a nascondere la Fiamma della Nebbia e al contempo le sue operazioni, richiedeva uno sforzo e un talento non indifferenti. Inoltre, Chrome doveva anche mantenere attivi i suoi organi, ed era esattamente ciò che lo preoccupava di più.

Usò la Fiamma debole per darsi la spinta necessaria a trascinare via le casse, era più facile da occultare. Le portò semplicemente fuori dalla nave, Chrome le avrebbe rese invisibili, proprio come stava facendo con loro. Uno sforzo in più a cui avrebbe dovuto sottoporsi.

Perché diavolo non aveva semplicemente mandato Mukuro?!

Ci mise poco più di dieci minuti a trasportare tutte le armi, evitando di farsi scoprire o urtare qualcuno o qualcosa. Quando tornò al fianco di Chrome, sembrava che nulla fosse cambiato. La ragazza era in posizione proprio dove l’aveva lasciata, non era stanca e non aveva neanche il fiatone. L’orecchino della Nebbia che indossava brillava incredibilmente.

“Sei stanca?” non poté fare a meno di chiedergli.

Chrome capì esattamente qual era la domanda.

“Mukuro sa che sono in missione” gli spiegò. Non che Tsuna ne avesse bisogno, sapeva che Mukuro e Chrome erano collegati in ogni istante, ancor di più quando usavano la Fiamma della Nebbia. Se fosse perché avevano condiviso corpo e anima, o semplicemente perché indossavano entrambi un solo orecchino del Vongola Gear della Nebbia non poteva dirlo con certezza. “Se succede qualcosa ci penserà lui.”

In altre parole, Mukuro al momento del pericolo avrebbe mantenuto viva l’illusione degli organi di Chrome. Per quanto Tsuna lo ritenesse uno screanzato, neanche lui ne aveva alcun dubbio. E poi, Chrome era la donna che Mukuro voleva sposare, no?

“Non voglio comunque sottoporti a troppi sforzi.”

Chrome gli sorrise. “Non preoccuparti, Boss. Finora, è stato tutto più semplice del previsto. Nessuno di loro è in grado di riconoscere la mia Fiamma e nessuno si è accorto di nulla. Andranno sicuri alla negoziazione, solo che non porteranno niente.”

“Ottimo. Dobbiamo assistere allo scambio, voglio sapere quale sono le loro intenzioni.”

“Cosa credi che succederà quando scopriranno che la transizione non è mai avvenuta?”

“Faremo in modo che neanche i Mestroni riescano a pagare, ce la puoi fare?”

“Figurati, nessun problema.”

“Quando se ne andranno e scopriranno entrambi di essere stati raggirati, la loro collaborazione sarà finita.”

“Non temi scoppi una faida?”

“I Dragna sono nel territorio dei Gelso, i Mestroni dei Vongola. Non possono scatenare una guerra senza che se ne sappia apertamente il motivo. E se accadesse qualcosa, avremo il permesso di intervenire ufficialmente, perché sono stati loro a disturbare il nostro territorio e a recarci torto. Senza armi dubito che i Mestroni vogliano provarci. Quanto ai Dragna, riceveranno presto un’amara sorpresa. Il loro laboratorio potrebbe prendere accidentalmente fuoco e tutti i computer distrutti, dopo essere stati hackerati. In altre parole, smetteranno di collaborare, ma non tenteranno nessuna rimostranza, se non vogliono finire di male in peggio.” Quando Chrome scoppiò a ridere sottovoce, Tsuna le rivolse quasi un’occhiata risentita. “Non guardarmi in quel modo, non sono io che voglio incendiare i laboratori di nessuno, è colpa di Byakuran, mica mia.”

“Nel senso che non sarà Shoichi Irie ad occuparsi dei computer dei Dragna?”

Tsuna si strinse nelle spalle. “Beh, ogni tanto lui e Byakuran si ricordano di essere migliori amici.”

“Lungi da te intrometterti in un’amicizia, vero?” continuò lei senza smettere di ridacchiare.

“Vedo che mi capisci.”

 

 

Le valigie contenenti il denaro andarono presto a fare compagnia alle casse di armi. In pratica, erano giusto a qualche centinaia di metri di distanza dal luogo previsto per l’appuntamento. Lo scambio procedette senza intoppi, almeno era ciò che credevano tutti i partecipanti.

Tsuna e Chrome rimasero ad assistere per tutto il tempo, ma non riuscirono a ricavare nessuna informazione interessante.

Fu allora che Chrome gli propose di seguire i Mestroni per capire per quali scopi avevano deciso di procedere con l’acquisto di armi tanto pericolose, quanto letali. Per tre giorni consecutivi, Chrome aveva retto l’illusione delle armi, li aveva resi invisibili e aveva mantenuto funzionanti i propri organi. Il fatto che i Dragna non avessero contattato in nessun modo i Mestroni gli suggerì che probabilmente stava mantenendo ancora attiva l’illusione del denaro anche in America.

L’idea di Chrome era quella di far passare abbastanza tempo da assicurarsi che le due Famiglie non potessero apertamente accusarsi a vicenda, ma temessero entrambe l’intervento di qualcun altro.

Tsuna l’aveva lasciata fare. Era rischioso, ma in effetti la sfiducia che si sarebbe creata era sufficiente ad evitare successivi contatti tra le due Famiglie, ma non abbastanza da tentare una guerra. Ciò che però temeva era che la fatica l’avrebbe resa esausta.

Invece, la vide lavorare duramente per giorni e senza lamentarsi. Quando riuscì ad entrare in possesso dei progetti dei Mestroni non ne fu contento. Era ovvio che l’obiettivo della Sacra Corona fosse quello di togliere di mezzo i Vongola e il punto di partenza sarebbe stato quello che loro consideravano evidentemente la minaccia più grande: la Famiglia Bovino, l’unica in grado di creare armi peggiori di quelle che avevano acquistato.

Reborn li avrebbe uccisi uno per uno solo per l’offesa, probabilmente. Se qualcuno si metteva contro i Vongola, la cosa peggiore che doveva temere erano i Vongola stessi. Tuttavia, poiché ancora non avevano fatto nulla, non poteva di certo agire subito.

Li avrebbe tratti in fallo e spiegato perché mettersi contro di loro fosse un’idea incredibilmente stupida. Ma avrebbe cercato di farlo senza creare nessuna vittima. In altre parole, Reborn non doveva saperne nulla di quella storia.

Quando presero i documenti, finalmente poterono lasciare il quartier generale dei Mestroni e considerare chiuso quel capitolo, almeno per il momento.

 

 

Non rientrarono subito in Sicilia, per una sorta di contratto non scritto, non poteva ritornare a casa senza souvenir quanto meno per i suoi fratelli e francamente bramava un paio di giorni di riposo senza pensieri o i problemi legati alla mafia. Anche se, per mantenere la copertura, erano ancora costretti a vestire i panni della puttana e del pappone. Stava iniziando a dargli sui nervi.

“Se vuoi, posso farla io la prostituta” si offrì quella sera, appena si richiusero la porta dell’albergo alle spalle e la fiamma della Nebbia finalmente si spegneva.

Chrome ridacchiò. “Mukuro non te ne farebbe uscire vivo. E neanche Reborn”

Per un attimo Tsuna fu sul punto di rispondere che il suo ex-tutor non lo avrebbe mai saputo. Poi rinsavì. Probabilmente, sapeva già che lo aveva proposto, pensò in preda ad un panico improvviso che fece ridere ancora di più apertamente la ragazza.

Il suono di quella risata cancellò ogni preoccupazione. Chrome era una bambina insicura quando l’avevano conosciuta, una ragazza abbandonata dalla sua stessa famiglia, senza un posto che chiamasse casa e qualcuno che le volesse sinceramente bene. Non rideva mai allora, quasi avesse paura di farlo, quasi avesse paura delle loro reazioni, e ogni volta che lo faceva adesso gli scaldava il cuore di un calore che avrebbe difeso a costo della vita.

A ben pensarci non sapeva se era disposto a celebrare il matrimonio tra Chrome e Mukuro, e non solo perché gli sembrava ridicolo, ma perché se Mukuro le avesse fatto del male, avrebbe dovuto ucciderlo.

“Se vuoi, vai a fare pure la doccia per prima, io ho un po’ di scartoffie da sbrigare.”

“Pensavo fossi in vacanza, adesso.”

L’occhiata esasperata che le lanciò le suscitò una risata che l’accompagnò fino alla porta del bagno.

Tsuna accese il computer portatile e si mise a stilare il rapporto della missione. Dopo anni di torture e angherie subite, ormai gli veniva naturare mettere i suoi doveri di Boss prima di ogni altra cosa. In più, temeva che se avesse perso tempo si sarebbe dimenticato dettagli importanti della missione. Quella storia non era affatto chiusa.

Chrome uscì dopo appena un quarto d’ora dal bagno in accappatoio, con ancora i capelli bagnati e spazzola e phon alla mano, per dargli la possibilità di andare subito a lavarsi, se ne sentiva il bisogno. Ma Tsuna si prese tutto il tempo necessario per annotare ogni singolo dettaglio e aggiungere al report le foto che aveva scattato col cellulare ai documenti dei Mastroni.

Quando finalmente poté andare a rilassarsi sotto la doccia si era già fatto tardi.

Chrome era già a letto in pigiama e con un libro in mano, quando uscì in accappatoio. Il Piacere, di D’Annunzio. Era pronto a giurare che quel libro glielo avesse consigliato Mukuro. Chrome voleva perfezionare quanto più possibile il proprio italiano, ma per farlo si affidava alle due persone peggiori che gli venissero in mente, il suo fidanzato e Lambo.

Si sdraiò sul letto accanto a lei, riflettendo giusto per un attimo che forse era il caso che si levasse l’accappatoio e si mettesse il pigiama pure lui, ma in quel momento si sentiva troppo stanco per farlo. Chrome posò il libro e si voltò su un fianco per guardarlo bene in faccia.

Erano sdraiati sullo stesso letto, seminudi e a trenta centimetri l’uno dall’altra. Una situazione che in qualunque altro caso sarebbe stata compromettente a dir poco, ma Tsuna per Chrome era come un fratello e Tsuna si sarebbe sparato tra le gambe con Leon, prima di tradire la fiducia della ragazza in questo modo.

Era uno dei più grandi Boss della malavita e avrebbe potuto avere qualunque donna gli fosse piaciuta. Che diamine centinaia di ragazze non facevano che offrirglisi continuamente in cambio di protezione. Ma, nonostante ormai fosse Vongola Decimo già da tre anni, Tsunayoshi a 21 anni ancora non aveva imparato ad usare il sesso come merce di scambio e credeva invece ciecamente nell’amore. Il fatto che non si sarebbe mai concesso di amare nessuno a causa del suo lavoro, era tutt’altro discorso.

“Cosa farai, allora? Contatterai i Mestroni?”

“Tu cosa mi consigli? Sei stata eccezionale sul campo in questi giorni, Chrome, anche più brava di me. Per cui, tu che faresti?”

Chrome arrossì come un peperone e si sporse a dargli un bacio sulla guancia.

“Dovresti lasciar passare un po’ di tempo” gli rispose. “Se manterrò l’illusione per qualche giorno ancora, quando svanirà non potranno capire subito che la transizione non è mai esistita. Saranno confusi e poi andranno nel panico. Io penso che sarà quello il momento in cui dovresti contattarli.”

Tsuna non poté trattenere una leggera risata. Se in quel momento ci fosse stato il suo Consigliere Interno, o il suo braccio destro, entrambi gli avrebbero detto che quello era il momento giusto per sottometterli e insegnare loro il rispetto. Ma Chrome era semplicemente troppo pura per quella vita, eppure al momento dei fatti era riuscita a rivelarsi eccezionale: forte, decisa, sicura di sé. Non di certo una principessa che aveva bisogno del principe per essere salvata dal drago sputafuoco. Ed era una fortuna, perché in quella metafora il drago sputafuoco probabilmente era Mukuro e non riusciva a capire chi potesse essere il principe.

“Ottimo, faremo così. Avvisami quando decidi di far sparire l’illusione.”

“Non vuoi essere tu a decidere quando?”

“No, mi fido di te.”

“Grazie, Boss.”

Tsuna si mosse per abbracciarla e stringerla al petto, come faceva da anni con I-Pin quando aveva un incubo

“Chrome, posso chiederti una cosa?”

“Certo.”

“Perché sei ancora tanto legata a Mukuro? So che gli vuoi bene, ma non hai più bisogno di lui.”

Chrome sorrise e si nascose nel suo petto.

“Non ho altra scelta.”

“In che senso?”

“Lo amo e ho bisogno di lui. Non per le illusioni sai, ma… Mukuro mi capisce. E io capisco lui. Senza di me finirebbe con distruggersi da solo, Boss. Ha bisogno di me per stare bene, e io ho bisogno di lui.”

“Come fai ad esserne così sicura?”

“Perché condivido la sua anima. So quello che prova, anche se cerca di nascondermelo. Mukuro ha paura della mafia, ha paura degli uomini, ha paura di tante cose in verità. E, a volte, quando è spaventato è aggressivo” spiegò senza scorgere la smorfia di Tsuna a quelle parole. Lei ne parlava quasi fosse un cucciolo, quando dire che fosse aggressivo era un eufemismo. “Ma più di ogni altra cosa, ha paura di farmi del male. Ha paura che finirà per trascinarmi nel suo baratro e che possa rimanerne vittima. Ma non sa che io temo per lui la stessa cosa. ”

La smorfia sul volto del giovane Boss sparì completamente a quelle parole. Guardava la testa della sua Guardiana e non poteva fare a meno di sentirsi teso.

Lo conosceva, quel gioco che facevano Mukuro e Chrome da anni. Aveva iniziato a farci caso dopo che la maledizione degli arcobaleno era stata spezzata, ma era certo che andava avanti da molto più tempo. Mukuro si prendeva cura di Chrome, Chrome si prendeva cura di Mukuro, ma entrambi erano quasi completamente incapaci di prendersi cura di loro stessi. E molto, troppo spesso, finivano per farsi male a vicenda. Senza sapere come fermarsi, senza essere capaci di portare rancore, senza volere neanche smettere.

Chrome non era una donzella inerme che aveva bisogno di essere protetta dal mondo della malavita, ma aveva troppe cicatrici addosso, tante quante ne aveva Mukuro. E fu quello il momento in cui capì: Mukuro voleva proteggere Chrome da se stessa, e voleva che Tsuna si impegnasse a proteggerla da lui e dai suoi di demoni.

Perché se Chrome cadeva, sarebbe caduto anche lui.

Non era una sceneggiata a beneficio della malavita, era un giuramento che riguardava esclusivamente loro tre.

“A te sta bene? Voglio dire, ti piacerebbe vivere tutta una vita con lui, così?”

Chrome si voltò a guardarlo e gli sorrise. “Non riesco ad immaginare una vita migliore.”

 

 

“Dobbiamo parlare” annunciò Vongola Decimo senza troppi preamboli.

“Oh?” Mukuro inarcò un sopracciglio stupito.

Tsunayoshi non invadeva mai il suo spazio personale, se non in momenti di vita o di morte, o che vi assomigliavano pericolosamente. E invece adesso era entrato nella sua camera senza bussare, senza neanche far finta di non avere una copia della chiave da usare a piacimento.

“Non sarà ancora la storia dell’altra volta, voglio sperare” rispose ironico con una risata delle sue.

Ma il ragazzo non reagì come faceva di solito. Si aspettava di vederlo sclerare in qualche modo, urlare, disperarsi, o anche solo rinunciare esausto ad avere un dialogo con lui.

Invece afferrò una sedia, la girò e vi si sedette pesantemente di sopra, incrociando le braccia sullo schienale. Per un attimo, Mukuro si chiese se volesse minacciarlo. Andò automaticamente in modalità difensiva, se voleva giocare a fare il boss mafioso aveva sbagliato persona.

“Tsunayoshi Sawada…”

“Mukuro Rokudo” lo interruppe duramente il Don. “Ho deciso di assecondare la tua richiesta.”

“Mh?” chiese a malapena.

“Ti sposerò. Il cinque dicembre tu e Chrome convolerete a nozze e sarò io a celebrare il vostro matrimonio.”

“Bene” rispose appena, senza capire come mai glielo stesse annunciato con il tono che aveva quando uno dei due aveva ammazzato qualcuno di troppo.

“Domani stesso manderò gli inviti. Parteciperanno tutti i membri della Famiglia Vongola, inclusa la Squadra Indipendente Varia e il Consiglio Esterno Della Famiglia. Tutte le Famiglie dell’Alleanza saranno invitate alla cerimonia, esattamente come tutte le Famiglie che non ne fanno parte. E sono pronto a punire personalmente chiunque proverà a mettersi in mezzo tra voi due o ad ostacolare la cerimonia.”

Mukuro lo guardò e basta. Tsunayoshi non era in Hyper Mode, ma parlava con voce così bassa che gli veniva naturale richiamare la Fiamma della Nebbia. In quel momento, Tsunayoshi era privo di punti deboli e aperture, e all’erta come se stesse affrontando una battaglia. Poteva prevedere perfettamente che, se lo avesse attaccato in quell’istante, il Cielo non si sarebbe fatto trovare impreparato e, anzi, avrebbe contrattaccato in meno di un secondo.

La Fiamma del Firmamento era trattenuta a stento, Natsu vibrava sull’anello che indossava al dito medio. Lo stesso anello con lo stemma di una delle più potenti Famiglie mafiose mai esistita. Quella che lo aveva ricattato e usato i suoi compagni come merce di scambio. E tutto perché diventasse una specie di guardia del corpo di un fottuto ragazzino che giocava a fare il boss mafioso.

Ora, quel ragazzino Boss lo era diventato sul serio e Mukuro si ritrovò a chiedersi una volta in più cosa ci facesse lì, cosa ci facessero entrambi in quella stanza vivi.  

“Il vostro matrimonio sarà sotto la mia protezione di fronte a tutti i miei nemici e di fronte a tutti i tuoi. Chiunque proverà a fare del male a Chrome, o a te, sarà mio nemico finché avrò respiro e lo perseguiterò fino alla morte.”

L’Illusionista roteò gli occhi al cielo. “Tsunayoshi, non ho bisogno della tua protezione, grazie mille.”

“Non ti ho chiesto se ne hai bisogno o meno. Né mi interessa il tuo parere a riguardo, Mukuro. Sei un mio Guardiano e un membro della mia Famiglia, avrai la mia protezione che ti piaccia o meno.”

Mukuro rise. Un suono basso, cupo, minaccioso. “Ragazzino, scendi dal piedistallo. Non so chi ti credi di essere questo pomeriggio, ma ho paura che tu mi abbia scambiato per uno di quei cani da guardia che ti idolatrano. Non sono io il tuo Guardiano e non faccio parte della tua Famiglia. Non farò mai parte della tua combriccola di mafiosi.”

“Mukuro, non condivido come mio padre ti abbia reclutato, ma se vuoi che sia sincero condivido ben poche cose di quell’uomo. Ma adesso tu ed io siamo qui. Non piace né a te e né a me, ma io sono Vongola Decimo e tu sei un membro della mia famiglia. E non sto parlando della Famiglia Vongola. Le cose stanno così, può non piacerti, ma non puoi farci nulla per cambiare la situazione. Celebrerò il tuo matrimonio, ti garantirò la mia protezione e sono pronto ad uccidere per te.”

Il Guardiano si prese un minuto sano prima di decidere se replicare. Sapeva esattamente il peso di quelle parole. Tsunayoshi non era pronto ad uccidere mai, per nessun motivo. Alla fine si strinse semplicemente nelle spalle. “Se hai finito, la porta è quella che hai aperto senza permesso.”

“Non ho finito.”

“Mi sono espresso male. La porta è sempre quella, vattene. Anche se non hai finito.”

“Tu sarai un bravo marito per Chrome.”

“Mh?”

“Io celebrerò le vostre nozze, ma sarai tu a sposare Chrome e ti impegnerai a renderla felice ogni singolo giorno della tua vita.”

“Altrimenti?” lo provocò.

“Altrimenti ti ammazzo” lo disse senza allegria e senza timori. Senza una sola inflessione nella voce.

“Mi stai minacciando Tsunayoshi?”

“Ti ho detto che sono disposto ad uccidere chiunque provi a far del male a te o a Chrome. Se tu le farai del male, sarà contro di te che me la prenderò.”

“E se fosse lei a fare del male a me?” chiese con un sopracciglio inarcato e una risata strafottente.

“Non essere ridicolo” replicò con una smorfia. “E’ quello che volevi, no? Sei capace anche da solo di difendere Chrome da ogni potenziale minaccia. Ma da te? E’ per proteggerla da te che mi hai chiesto di sposarvi.”

Mukuro si fermò un istante a fissarlo. A fissarlo davvero.

“Sei diventato davvero un Boss mafioso” disse infine.

“Dovrebbe essere un complimento?”

“Affatto.”

“Lo prenderò comunque come tale.”

Con quelle parole si alzò e se ne andò. Aveva un matrimonio da organizzare.

 

 

~Omake ~

“Vongola?”

“Fran? Volevo parlarti del matrimonio di Mukuro e Chrome.”

“Oh? Ho capito. Vuole che accompagni il Maestro all’altare.”

Tsuna rimase a guardare per un’istante la cornetta del telefono interdetto. Lui voleva chiedere a Fran se era disposto ad essere il testimone di Mukuro, tanto per rovinargli la festa, non quello… Quando lo sguardo gli cadde sui nuovi rapporti del traffico di caramelle alla Nebbia di Mukuro capì che Fran era un maledetto genio. Per quanto potesse impegnarsi, lui non avrebbe mai avuto il talento di irritarlo che aveva il ragazzino.

Tanto valeva lasciare che se ne occupasse lui e che lo portasse pure all’altare.

“Sì, esattamente.”

“Sarà fatto.”

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn / Vai alla pagina dell'autore: Yuki Kushinada