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Autore: InoHaruna    20/09/2015    1 recensioni
| Paolo x Bianca | Bianca's centric | Sentimentale e comico, almeno credo | Grazie alla mia Beta, Lila May |
~*~
Lei: Bianca, 17 anni. La ragazzaccia gelosa e impulsiva con cui non ci vorresti mai avere a che fare.
Lui: Paolo, 20 anni. Il bravo ragazzo della porta accanto che vorresti sposare.
Lei: studentessa delle superiori, in perenne conflitto con la madre che la considera una femmina mal fatta.
Lui: cameriere e studente universitario, ammirato da colleghi e amici, ma detestato dal padre.
Lei: Impetuosa come il fuoco.
Lui: Tranquillo come l'acqua.
# Una delle regole dell'amore dice: Gli opposti si attraggono, ma amano i propri simili.
Sara` vera?
~*~
Quest'introduzione non e` un granche`, ma spero lo stesso di avervi incuriosito.
Buona lettura :)
InoHaruna.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Gianluca Zanardi, Marco Maseratti, Paolo Bianchi/Fideo Ardena
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Sexy waiter
 
 
 
~  Un disastro di serata  ~
Bianca’s centric
 
 
 
- BIANCAAA! –
Mia madre mi stava chiamando, o meglio, mi stava gridando di muovermi e uscire dal bagno. Con uno sbuffo presi una forcina e cercai di acconciare nel modo migliore i miei indomabili riccioli in un semplice chignon, cosa che stavo tentando di fare da circa un quarto d’ora.
Il risultato era deprimente: ciocche che mi cadevano sul viso e quello che doveva essere un morbido chignon sembrava il nido di un uccello. Sbuffai stressata guardandomi nello specchio come se stessi guardando il mio peggior nemico.
Indossavo uno stupido vestito rosso bordeaux con le spalline che non mi piaceva per niente. Lo indossavo soltanto per far felice mia madre, che me lo aveva regalato sperando di suscitare in me una certa femminilita`.
Missione fallita, mummy.
Quelle maledette scarpe con il tacco le indossavo solo da dieci minuti, e i miei poveri piedi gia` mi imploravano di lanciarle fuori dalla finestra. Lo avrei fatto volentieri, ma erano le scarpe di mamma.
Purtroppo quella sera dovevo andare a cena fuori con i miei, per festeggiare il loro anniversario. Quando me lo dissero mi ero ribellata, ovviamente, dicendo che era il loro anniversario e che io sarei stata di troppo. Ma alla fine mi convinsero dicendo che non sarei mai stata un peso, che ero la loro figliola, il loro cucciolo e roba varia.
Sbuffai per l’ennesima volta quella sera, osservando la ragazza con il vestito rosso e un nido d’uccelli in testa riflessa nello specchio. Non mi piaceva. Soprattutto quel vestito, il mio outfit giornaliero che indossavo anche quando andavo alle feste comprendeva un jeans e una maglietta (di solito nera) e scarpe comode.  
All’improvviso qualcuno busso` in modo brusco alla porta, facendomi sobbalzare e per poco non caddi all’indietro nella vasca per colpa dei trampoli che avevo ai piedi.
- BIANCAAA! –
La graziosa voce di mia madre (pari a quella di un cinghiale che grunisce) mi fece aprire la porta.
Nel suo vestito blu e i biondi capelli che le ricadevano morbidi sulle spalle, mi rivolse uno sguardo stizzito, poi sorrise contenta di vedermi con quel pezzo di stoffa addosso, e infine rabbrividi alla vista nel mio nido in testa.
- Che c’e` mamma? Non sono abbastanza carina? – chiesi con voce falsamente innocente.
- Bianca... – sussurro` senza fiato mia madre non staccando gli occhi dalla mia testa. Manco fosse il nido di uno Pterodattilo!!
- Dove credi di andare con i capelli conciati in quel modo, eh??! – mi lancio` un’occhiata minacciosa, che non mi spavento` per niente. Scrollai le spalle indifferente.
- Non ho saputo fare di meglio. Mica ti vergogni di me? – chiesi con la mia finta voce angelica. Mia madre mi rispose spingendomi nel bagno, cercando di scogliere il nodo che avevo fatto. Non senza farmi male, ovviamente.
- Mamma! Ahi, mi fai malee!! – mi ribellai cercando di staccare le sua mani che mi stavano strappando i capelli. Solo le donne possono capire il dolore...
Dopo una decina di minuti uscimmo dal bagno. I miei capelli non sembravano piu` il nido di uno pterodattilo, ma un vero e proprio chignon dorato. Mi piaceva, ma non lo dissi a mia madre. Piuttosto le dissi che era meglio il mio nido.
Alla fine salimmo in macchina, dove il mio babbo ci stava pazientemente aspettando.
Durante il tragitto ignorai i miei che si comportavano con due fidanzatini che avevano appena compiuto un mese, e pensai che mio padre doveva essere un uomo davvero paziente e tollerante per sopportare una donna come mia madre. E me, ovviamente.
 
Il ristorante mi piacque subito. La sala era ben’illuminata, eleganti tavolate e sedie in legno naturale, enormi finestre con delle bellissime tende color arancio, con un piccolo palco e dei violinisti che suonavano, e c’era persino un piccolo e confortevole camino in mattoni a riscaldare la sala e rendere il tutto molto accogliente e gradevole.
Mio babbo condusse me e mamma ad un tavolo dalla tovaglia bianca e le posate argentate, vicino a una vetrata che mostrava le acque di Venezia. Un posto davvero bellissimo, e all’improvviso fui molto felice che mi avessero portato con loro.
Mi sedetti in malo modo al mio posto, perche` stavo per cadere a causa delle scarpe. Mamma mi rivolse un’occhiata ma niente piu`, mio babbo invece mi sorrise, il viso incorniciato dalla barba castana e i folti capelli del medesimo colore. Poi sorrise anche a mamma, e io inarcai un sopracciglio leggermente gelosa.
“Cominciamo bene.” pensai cercando di resistere alla tentazione di levarmi le scarpe. Non ce la facevo proprio piu` con quei tacchi.
Sospirai di nuovo guardandomi in torno in attesa che arrivasse il cameriere per prendere le ordinazioni, e intanto diedi un’occhiata al menu`.
Dato che era cucina casalinga, optai per un bel pollo e patatine fritte. E mentre cercavo di ignorare quei due piccioncini dinanzi a me che sembravano essersi dimenticati che c’era anche la loro figliola a quel tavolo, arrivo` il cameriere.
 
- Desiderate? –
 
E che cameriere!
Rimasi spiazzata.
Le spalle ampie erano fasciate dalla camicia bianca, con le maniche ripiegate fino ai gomiti, un farfallino nero allacciato alla base della gola che faceva risaltare il mento e le labbra piegate in un sorriso cordiale. Due grandi occhi blu cobalto si posarono gentilmente su di me facendomi arrossire. Poi rivolse lo stesso sguardo a mia madre e sorrise anche a lei. E inarcai di nuovo un sopracciglio, gelosa.
- Il piatto della casa per me e la mia signora, e un pollo con patatine fritte per la mia golosona qui. – disse mio padre indicandomi e facendomi diventare piu` rossa del vestito che indossavo.
- Ottimo. Volete dare un’occhiata ai vini? -  chiese quello schianto di cameriere.
- Volentieri! – rispose mia madre prendendogli la carta dalle mani del cameriere, che aspetto` pazientemente che i miei decidessero. Intanto io avevo la testa china, a torturarmi le mani e con le guance e le orecchie che mi andavano a fuoco.
Mi stupì di me stessa, non era da me quel comportamento così... sottomesso.
 
“Bianca Presti non s’imbarazza in quel modo solo per un cameriere.
Bianca Presti non diventa improvvisamente un cucciolo bisognoso di coccole.
Bianca Presti non indossa vestiti e tacchi e sorride come un ebete.
Bianca Presti gioca a calcio con una banda di ragazzi, in campo urla e saltava come una scimmia, fa quotidianamente a botte con i maschi, cosi come le gare di rutto e di sputo, mangia sempre schifezze e se ne frega altamente se le sue coscie sono un po` troppo formose e sproporzionate.
Bianca e` tutto fuorche` femminile.” pensai, sempre giocando con le dita.
 
Per questo litigavo sempre con mia madre. Non sopportava il fatto di avere un’unica figlia che si vestiva e si comportava come un maschio.
 
Strinsi in un pugno il bordo del mio vestito, cercando di essere il piu` naturale possibile. Ma in realta` sembravo solo un robot malfunzionante. Le mie braccia e il resto del mio corpo improvvisamente non voleva piu` rispondere ai miei comandi, di conseguenza cominciai a muovermi a scatti. Avevo un groppo in gola, che cercai di mandare giu` tossendo un po`, ma parve quasi come mandare giu` un rutto.
Il tizio colpevole di tutti i miei sintomi, mi rivolse un’occhiata curiosa. A quel punto il mio corpo dal collo in giu` si blocco` completamente, e dal collo in su` fino ai capelli divenni rossa. Rossa, rossa, rossa.
Lui continuava a guardarmi di sottecchi mentre io guardavo la mia forchetta, fingendo uno strano interesse per le posate. A quel punto lui assottiglio` gli occhi guardandomi ancora, cosa che fece capire al mio cervello che stava pensando che fossi una pazza.
Perfetto.
Ero andata in tilt, come se il mio cervelo stesse cuocendo in un forno. E stavo avendo seriemente problemi a respirare, e con quella poca lucidita` che mi era rimasta, decisi di chiedere aiuto a mio padre, altrimenti sarei svenuta ai piedi di quel fottuto, affascinante e sexy cameriere.
- Babbo... – sibilai in un fil di voce.
- Strawberry Hill! Grazie mille. – escalmo` ignorandomi del tutto. Cosa che mi offese, e non poco.
- Perfetto, le ordinazioni arriveranno tra meno di dieci minuti. –.
Sorrise il cameriere, versandomi un po` d’acqua nel bicchiere. Cosa che mi soprese molto... Poi mi fece l’occhiolino stando bene attento a non farsi vedere dai miei genitori e si dileguo`.
Ora potevo morire in pace.
Mi vergognavo di me stessa per la figura fatta, ed ero arrabbiata con i miei genitori che non si erano accorti che stavo seriamente male, lì a nemmeno un metro da loro.
Presi il bicchiere pieno d’acqua e lo bevvi fino all’ultima goccia, provando immediatamente un sollievo sia fisico che mentale. Ne bevvi un’altro bicchiere e la mia pelle si schiarì di nuovo. Infine presi un bel respiro profondo ed ecco Bianca Presti resuscitata.
I miei genitori bisbigliavano tra loro, scambiandosi sorrisi e risatine maliziose cercando di non farsi notare troppo da me.
Missione fallita, cari mamma e papa`. Anche perche` ero proprio di fronte a loro.
Inarcai un sopracciglio irritata. Perche` mi avevano portato al loro fianco se poi m’ignoravano e mi facevano sentire di troppo?
Ero il loro cucciolo eh?! Bene, allora ero il loro cucciolo monello.
Decisamente arrabbiata, decisi di mandare all’aria i miei buoni propositi di comportarmi bene con loro, e da brava signorina di diciasette anni.
Sbuffai sonoramente stiracchiandomi per bene sulla sedia, mi levai le odiose scarpe a spillo sotto il tavolo liberando i miei piedi da quella tortura e incrociai le braccia sporgendomi sul tavolo come un barrista.
La cosa diede molto fastidio sia a mamma che a papa`. La prima mi lancio` un’occhiata che conoscevo bene: “A casa faremo i conti.”. Mentre il secondo mi guardava incredulo e forse un po` deluso dal mio comportamento.
Pazienza daddy, hai deluso anche me.
Mi guardai intorno cercando con lo sguardo il cameriere. Non lo vidi da nessuna parte, e solo in quel momento mi ricordai che sarebbe ritornato con i piatti da un momento all’altro.
E io mi ero appena tolta le scarpe...
Mi diedi della stolta e della cafona cercando immediatamente di rimetterle. Cosa difficile dato che le avevo lanciate da qualche parte sotto la sedia di papa`.
Mamma aveva ragione, sarei dovuta nascere maschio e non femmina. Sarebbe stato piu` facile per tutti, per lei soprattutto, che proprio non mi accettava.
Alla fine le trovai sotto la finestra, ma c’era un altro ostacolo. Le scarpe avevano le cinghie, e quindi rimetterle ad occhi chiusi e senza l’aiuto delle mani sarebbe stato difficile. Parecchio difficile.
Lanciai un’occhiata lampo dietro di me, o meglio, alla porta delle cucine, giusto per controllare se il mio cameriere non stesse arrivando e mi buttai letteralmente sotto il tavolo nel tentativo di infilare quelle dannate scarpe. Il tutto si fece piu` difficile quando mia madre inizio` a darmi dei calci gridandomi a bassa voce di uscire immediatamente altrimenti mi avrebbe uccisa di botte a casa.
Allacciai le scarpe ed esultai mentalmente, ma qualcosa di appuntito mi colpi` alla base della schiena facendomi sbattere la testa sotto il tavolo e lanciare un piccolo gridolino di sorpresa mista a dolore. Sbucai da sotto il tavolo e la prima cosa che feci fu ringhiare a mia madre. E poi vidi lui, il cameriere che mi stava servendo il piatto guardandomi proprio come se fossi una pazza. Come non dargli torto?
Papa` ignorava il cameriere e guardava me con gli occhi fuori dalle orbite, incredulo e confuso, cercando di capire che cosa diavolo mi fosse saltato in mente, mamma invece sorrideva nervosa cercando di allegerire la corda tesa che si era creata in tutta la sala. Sì, tutti, ma prorpio tutti ci stavano guardando in un silenzio decisamente imbarazzante. Persino i violinisti avevano smesso di suonare.  
Mi maledii mentalmente in ogni modo, diventando di nuovo tutta rossa. Il mio babbo sembrava pietrificato, mamma civettava con il mio cameriere agitata e ridendo senza senso. E il ragazzo non mi staccava gli occhi di dosso, come se avessi scritto in fronte “Disagiata”.
Ottimo, volevo di nuovo nascondermi sotto il tavolo. Stavolta pero` anche il mio babbo mi avrebbe preso a calci.
E non avevamo neanche incominciato a mangiare.
Abbassai lo sguardo mortificata, iniziando a piluccare il cibo. Il cameriere sparì velocemente capendo che la situazione non era delle migliori. Mio padre mi guardava con uno sguardo triste e deluso che mi fece sentire malissimo.
Odiavo deluderlo e litigare con lui.
Lui, mi proteggeva sempre quando mamma se la prendeva con me, mi consolava quando ero triste, mi abbracciava quando mi sentivo sola. Semplicemente lui mi accettava per quello che ero, ovvero una ragazzaccia impulsiva e gelosa. E la cosa piu` bella di lui e che lui mi amava immensamente.
E gli avevo appena rovinato l’anniversario.
Mi venne da piangere, quindi dopo aver finito di mangiare mi alzai lentamente e senza dare nell’occhio feci per andare nel bagno, ma, mia madre mi chiamo` subito.
- Dove vai?! – disse gelida stringendo in un pugno la forchetta che aveva in mano.
- In bagno. – risposi gelida anch’io.
Poteva andare a farsi fottere. La odiavo. Non poteva capitarmi una madre peggiore.
Camminai faticosamente su quei tacchi, i piedi mi si erano gonfiati e facevano un male cane, avevo poco equilibrio e sembravo gobba. Insomma, una bella sfilata fino alle toilette.
Entrai in un corridoio barcollando, c’erano due porte: una per le donne e una per gli uomoni.
Senza fare troppa attenzione, afferrai una maniglia ed entrai in bagno.
Sbagliai porta, ovviamente.
Un tipo uscì da una cabina chiudendosi la cerniera dei pantaloni lanciandomi uno sguardo sorpreso. Imbarazzata feci qualche passo all’indietro per uscire, ma feci una brutta storta. Per mia grossa fortuna qualcuno dietro mi afferro` giusto in tempo, altrimenti avrei chiuso la serata dei miei in bellezza, in ospedale con una figlia in coma.
- Aah!! Oddio la r-ringrazio! – balbettai come un ebete ringraziando il mio salvatore.
Un cameriere.
Non il mio.
Un’altro ragazzo che avevo visto quella sera servire gli altri tavoli.
Il tipo dagli occhi chiari e freddi mi fece un sorriso strano, che non seppi decifrare. Aveva un codino basso dietro la nuca, splendidi capelli neri come il carbone, lisci e che ti facevano venir voglia di accarezzarli.
- Si figuri. Piacere, Gianluca. – mi porse elegantemente la mano continuando a sorridere.
- Bianca Presti. – gliela strinsi sorridendo un po` diffidente, mentre il tizio nel bagno ci stava ancora osservando.
Quel ristorante aveva un personale davvero affascinante.
- Sei la ragazzina che si era nascosta sotto il tavolo per non so quale motivo e le stava prendendo da sua madre? – mi chiese con voce innocente, che tanto innocente non mi sembrava.
Non risposi, mi limitai a guardarlo incredula e di nuovo imbarazzata.
Fantastico, davvero magnifico.
Ora tutto il ristorante, compresi i clienti mi conoscevano come la ragazzina presa a calci da sua madre sotto il tavolo.
Una figura di m... erda da aggiungere alla mia collezione.
- E quindi voi mi stavate prendendo in giro? – chiesi a testa bassa, tossendo un po`. Quel comportamento non era decisamente da me, di solito se qualcuno mi prendeva per i fondelli, io lo prendevo per i capelli. Forse mi stavano per venire le mie cose... Si spiegherebbe tutta la mia agitazione.
- Un po` dai, pero` ci hai fatto ridere tutti. – rise un po` quel tipo strano, e mi sentii di nuovo le orecchie andarmi a fuoco.
Sì, mi stavano arrivando le mie cose, decisamente.
- O-okey, io vado. Ciao. – lo salutai timidamente, entrando nel bagno giusto.
- Arrivederci, Bianca. – mi saluto` tornandosene nelle cucine.
Quel arrivederci non mi presagiva nulla di buono. Perche` mai ci saremmo dovuti ridevere? Non avrei mai piu` messo piede in quel ristorante una volta uscita fuori. Anche perche` c’era la possibilita` che mamma mi mettesse in punizione a vita.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Okey, c’e` l’ho fatta!
Non ci credo, non mi sembra verooo!
E da un po` che volevo scrivere su Bianca, la mia ragazzaccia! E sul quel Sexy waiter di Paolo...
Per gli ignoranti di inglese come la sottoscritta che in materia ha quattro, Sexy waiter significa: Cameriere sexy.
Dai, lo ci vedo troppo in questo mestiere.
Bene ragazzi, grazie per essere passati e magari se viva lasciate un commento!
Ah, un’altra cosa:
mi scuso per l’uso di questo segno ( ` ), purtroppo dalla mia tastiera non ho le lettere accentate, quindi mi arrangio come posso. Ho anche pensato di cambiare la tastiera ma... In poche parole e` troppo difficile.
Mi scuso di nuovo e buona serata.
InoHaruna.
 
 
 
 
 
 
 
  
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