Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: ferao15    22/09/2015    2 recensioni
"... Un brivido, all'epoca per nulla familiare, che lo avvisava di quel qualcosa che sarebbe potuto accadere. Qualcosa che riguardava loro. Che sarebbero potuti non ritornare a casa.
Era questo quello che quel brivido bisbigliava al suo orecchio, quasi fosse un serpente tentatore. [...]
...Eppure, ora che aveva conosciuto lui [...] ritornava, forte come la prima volta, ad avvertirlo di stare attento.
Isabel e Farland sarebbero dovuti essere gli unici. ..."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren, Jaeger, Farlan, Church, Isabel, Magnolia
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Whispers

L’aveva avvertito quel giorno.
Proprio lui.
Un brivido, all’epoca per nulla familiare, che lo avvisava di quel qualcosa che sarebbe potuto accadere. Qualcosa che riguardava loro. Che sarebbero potuti non ritornare a casa.
Era questo quello che quel brivido bisbigliava al suo orecchio, quasi fosse un serpente tentatore.
Quando davvero quel presentimento si avverò non poté fare altro che lasciarsi trasportare dalla rabbia verso se stesso, per non essere stato con loro; verso di loro, per non essere stati abbastanza accorti; verso il gigante, che avrebbe potuto tranquillamente evitare di camminare in mezzo a quella foschia; verso Erwin, che aveva tacitamente ed inconsciamente trascinato i suoi due più preziosi tesori verso un destino macchiato di sangue.
Alla rabbia si alternò il rimorso per essere stato così avventato, per aver voluto di più, per aver cercato di inseguire da solo il sogno che insieme avevano cercato di costruire attraverso tutti i mezzi loro disponibili.
Al rimorso susseguì il dolore.
Era indescrivibile.
Due sole immagini riempivano ora la sua testa: quella chioma fulva, separata dal suo corpo ancora acerbo e grondante di vitalità, che giaceva a terra e un altro corpo orrendamente dilaniato. In entrambi poteva scorgere la voglia di lottare, la voglia di vivere; il loro sguardo era irrimediabilmente puntato verso il cielo, come la notte in cui si promise di fidarsi di loro, di non dare ascolto a quel brivido.
Solo quando la sua furia venne placata si rese conto che l’intensità dei sentimenti che nutriva per loro era venuta fuori come un fiume in piena, travolgendolo.
Da allora decise di seguire Erwin, non perché non aveva più nulla da perdere, forse anche per questo, ma perché sapeva che nella sua mente c’era un disegno grande e rivoluzionario che doveva ancora essere tracciato e che lui stesso non aveva ancora delineato.
Accantonò la rabbia, il rimorso, il dolore, quel brivido e procedette camminando insieme ad Erwin, sicuro che non avrebbe mai più provato nulla di simile.
Isabel e Farland sarebbero stati gli unici.

 

Eppure, ora che aveva conosciuto lui, con gli occhi di lei e la determinazione di lui, non ne era più così tanto sicuro.
Quei maledetti occhi, quell’assurdo e quasi maniacale complesso dell’uccidere i giganti, che lo faceva sentire così vicino a se stesso, la sua intramontabile motivazione nel perseguire il suo obiettivo.
Se loro, anni addietro, avevano dato vita ad una delle ali della libertà, ora lui si stava accingendo a procacciare quella mancante.
Per questo il brivido ritornava, forte come la prima volta, ad avvertirlo di stare attento.
Isabel e Farland sarebbero dovuti essere gli unici.
Con la loro morte i suoi occhi si erano spenti, lasciando al loro posto un’anima combattiva, pericolosa e letale ma priva di una luce.
Quella luce, che sembrava essere stata spenta per sempre ora era stata accesa ed era più viva che mai.

Ma quel brivido attendeva nell’ombra.

Durante ogni missione, ogni allenamento fuori dalle mura lo sentiva persistente e onnipresente, come fosse un demone.
Gli allenamenti che sosteneva erano estenuanti, ma Eren non badava a certe cose; ciò che gli faceva più male era la consapevolezza di essere additato come un mostro. Riceveva sguardi guardinghi da chiunque, poteva scorgere nello sguardo di chi lo guardava diverse espressioni: compassione, rabbia, sfiducia.
Ciononostante Jaegar non ci badava, anzi, lui stesso pensava di  non fidarsi abbastanza degli atri ma, durante l’incidente del cucchiaino da tè , dovette ricredersi.
Fu allora che vide nei suoi occhi una scintilla diversa: quella della rassegnazione.
Lui cercò in tutti i modi di far capire agli altri quello che vedeva lui; in Eren si poteva leggere la chiara e splendente possibilità dell’umanità di sovvertire le sorti di quel fato immane e bastardo che gli aveva resi non solo prigionieri dei giganti ma anche di loro stessi, dei loro imiti, dei loro simili, di tutto ciò che avrebbe potuto rompere quel precario equilibrio che si era venuto a ricreare dopo la ricomparsa del Titano Colossale.
Nell’essere umano è insita la contraddizione: vi è la voglia di cambiare, di ribellarsi al sistema e alle avversità ma, allo tempo stesso, vi è la paura di rischiare, di correre pericoli, di giocarsi ciò che si è guadagnato durante una vita di stenti e l’egoismo di non pensare agli altri. È stato proprio nelle situazioni critiche che si può scorgere come l’istinto di autoconservazione vada a ledere quello della cooperazione.
Però, in tutto quel marciume, c’era la Legione Esplorativa.
Formata da pazzi, da ribelli, da sognatori che non pensavano alla vanagloria personale ma a quella che sarebbe potuta sopraggiungere nel caso in cui avessero vinto contro la lotta che oramai durava da secoli.
Ecco perché ogni vita veniva ricordata e si accodava a quel sogno che tutti speravano di vedere realizzato.
Ecco perché Eren teneva così tanto a vedere l’oceano, ecco perché lui stesso, quando guardava il cielo stellato, o l’alba o il crepuscolo, si rendeva conto che non si sarebbe mai sottratto dalla scelta che aveva fatto in passato; anzi, si sarebbe comportato allo stesso modo.
Ecco perché quel luccichio era tornato.
Ecco perché aveva iniziato a provare dei sentimenti forti per quel ragazzo caparbio, impulsivo e generoso dagli occhi meravigliosi.

Ogni volta che lo possedeva lo accarezzava, imprimeva ogni suo dettaglio dentro la sua mente. Ma questa nota quasi romantica era ben presto sostituita dalla passione del loro amplesso ma anche dalla paura che quella sarebbe potuta essere la loro ultima volta.
Per questo spingeva sempre più forte, si faceva graffiare, prima di venire gli scostava i capelli sudati ormai incollati alla fronte e lo guardava negli occhi.

Poiché, se fosse morto, non gli sarebbe importato: Eren avrebbe continuato il suo sogno e lui avrebbe fatto di tutto affinché accadesse, avrebbe dato la sua stessa vita.
E poco importava se non fosse riuscito ad osservare interamente il mondo al di là delle mura.
L’oceano l’aveva già visto nei suoi occhi.
E quel brivido poteva anche andare a farsi fottere.

[The end]

Salve, buonasera cari lettori!
Spero che questa piccola oneshot vi sia piaciuta; è la prima che scrivo in questo fandom e spero di ricevere qualche recensione così da potermi migliorare e scrivere altra robbbba buona (… si spera).
Alla prossima!
Un bacio a tutti e per ciascuno 

   
 
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