Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Hoel    23/09/2015    2 recensioni
"Tutto accadde sei anni fa, quando ancora frequentavo il penultimo anno di università."
Così incomincia la testimonianza di Naruko Namikaze, trascritta da Tobirama Senju, celebre horror writer. Una storia taciuta da molto, molto, forse troppo tempo e che tuttavia continua tuttora a tormentare la sua protagonista. Una confessione per poter finalmente scrivere il tanto agognato "The End".
Tutto incominciò sei anni addietro. Con un appuntamento. Cui Naruko non andrà mai.
Perché cosa - o chi - può averla persuasa a disdirlo?
***
[SasukexFem!Naruto; altre coppie ...]
Genere: Horror, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Menma Uzumaki, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Tobirama Senju | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Gender Bender, Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Heilà!

Chiedo venia per questo mio ennesimo e obbrobrioso ritardo: purtroppo, ho avuto un incidente che m'ha messo fuori uso la mano per un bel po' di tempo e ancora oggi dopo un po' di ore a battere al computer mi dà fastidio. Non contiamo poi che, lavorando nel settore degli eventi, l’estate non è un bel periodo per scrivere in tutta tranquillità.

 Ciliegina sulla torta, quando questo tanto agognato epilogo era lì lì per essere pubblicato, cos'è successo? La mia chiavetta è andata in gloria. Impossibile aprirla. Kaputt ohne Hoffnung. Risultato? Ho perso il capitolo e l'ho dovuto riscrivere. Duh. Un’impresa titanica e spero che questa versione sia buona lo stesso.

Ma in fin dei conti meglio tardi che mai e voilà la conclusione di questa fic: evvai! Ce n'è voluto di tempo, ma scrivere gli ultimi capitoli è sempre triste, perché ci si accomiata da personaggi divenuti "cari", di cui vorremmo sapere sempre di più, rimanendone però delusi per motivi di trama.

Adesso vediamo di proseguire con le altre storie, “Stigma” in primis ...

Nel frattempo, prima di lasciarvi al capitolo e alle note finali, un sentito ringraziamento ai miei lettori e recensori, in particolare ad Imoto e Jo95. Grazie davvero, miei cari recensori sia degli ultimi aggiornamenti che dell'intera fic, per il vostro supporto e per il tempo dedicato a leggere e condividere i vostri pensieri su questo mio sghiribizzo. Merci!

Ringrazio poi: Glaucopide Atena26; Monaco e Paola DP per aver messo questa storia tra le preferite.

Ed infine, ringrazio: Aulica; Babynaru90; Braveheart_99; Camelia _Calliope; ChibiRoby; Clarisse44; Giulia_Cullen;Isangel; Krikka86; Luffy_chan; Lululove2; Mekbul; Reika701; Thera e Trouble00 per averla messa tra le seguite.

Se qualcuno avesse voglia di lasciare una piccola recensione di commiato, faccia pure, siamo aperti 24/7! XD

Ci vediamo brevemente dopo il "the end" per l'ultima comunicazione di servizio ...

Buona lettura,

 

 

 

 

 

 

H.

*************************************************************************************************

 

 

 

 

 

 

 

Scioglimento

 

 

 

Sfogliando le ultime pagine del libro, Terumi Mei prese a leggere ad alta voce, nel frattempo che lei e l'horror writer deambulavano nel cortile del tempio.

 

 

Avevo già menzionato come né mia madre né io ci fossimo più rivolte la parola in seguito alla mia decisione di continuare la gravidanza e di sposare Sasuke e vi confesso che all’inizio non diedi il giusto peso a questo nostro bellicoso accordo: forse perché avevo mio padre che ci faceva da mediatore; forse perché giostrandomi tra casa, lavoro e famiglia non avevo materialmente il tempo di meditarci troppo sopra. Qualunque fosse il motivo non mi diedi alcuna pena di riallacciare il nostro rapporto guastatosi così scioccamente.

Fu soltanto nel 2004, poco prima di decidere di raccontarvi questa mia esperienza, che volli ricostruire i ponti bruciati con Okaasan.

Sasuke, ovviamente, aveva storto il naso a riguardo, ma non ebbe più di tanto da obiettare dinanzi alla mia iniziativa: se essa avesse potuto in qualche modo giovarmi ad affrontare con maggior serenità il futuro, allora che quell’ultimo confronto avesse pure inizio. Diciamo che la notizia del prossimo arrivo del nostro secondogenito l'aveva assai ammorbidito. Con mia madre la questione si rivelò più ostica: a lungo ella ignorò le mie telefonate e le conseguenti ambasciate tramite Otōsan e Menma-nii, ma alla fine cedette. Sapevo che dietro alla sua maschera d’orgoglio ferito, anche Okaasan desiderava poter interagire sul serio col suo unico nipote, al di là dei bigliettini di circostanza che ci si scambiava durante le feste di precetto. Mio padre si riferiva a lui con tale entusiasmo di Ojiisan da suscitarle un persistente e dispettoso interesse, che le s’ingrossava perfido in petto col trascorrere degli anni alla stregua  del ventre di un rospo gracidante.

Sicché, dopo mesi di trattative, riuscii finalmente a fare breccia nel suo animo che portò Acchan e la sottoscritta a ritrovarsi a scampanellare alla porta di casa dei miei genitori in un umido tardo pomeriggio di pien'estate […]

 

 

"Devo ammettere che, rispetto alle sue altre storie, L'Appuntamento è la meno ... sorprendente, ecco."

L'horror writer arcuò il sopracciglio, più per curiosità che per irritazione. "In che senso, prego?"

"Non fraintenda, Tobirama-sensei. Le vicende sono appassionanti come sempre e anche le atmosfere suscitano inquietudine e terrore, come si confà al genere horror. Tuttavia, non so, l'effetto sorpresa è mancato: molti lettori hanno dichiarato d'aver subito capito come Naruko-san fosse incinta. Di conseguenza, l'opinione generale fattasi da parte del pubblico è che la trama appare piuttosto banale e talvolta prevedibile!"

Tobirama annuì senza scomporsi. "E secondo lei, è banale e prevedibile per una futura madre la scelta d'abortire il suo bambino?", domandò tranquillamente, rivolgendo alla giornalista un sorrisetto grondante di compatimento, provocando per sua intima delizia una mezza sincope nella donna, la quale si affrettò a spiegarsi meglio onde evitare uno spiacevole malinteso:

"No, no, certamente no, ma dal punto di vista tecnico ..."

 

 

[…] “E’ come la ricordavi?”

Col naso all’aria, gironzolai distrattamente per la mia cameretta, bevendo tuttavia ogni dettaglio, permettendo che i ricordi della mia infanzia m’avvolgessero.

“Sì, non è cambiato nulla”, commentai con un mezzo sorriso, fermandomi al centro della stanza. “Grazie, Okaasan”, mormorai sincera, colmando di un poco la distanza tra noi due. M’irrigidii però al notare come mia madre avesse indietreggiato di qualche passo. “Sai quanto significhi per me. E per Acchan”, aggiunsi.

Okaasan annuì in silenzio.

“E’ un bravo bambino”, borbottò poi, allontanandosi verso il corridoio. “Ho aggiunto degli asciugamani in bagno. Le lenzuola sono pulite, ovviamente. Dimmi se ti serve qualcos’altro.”

Mi servirebbe che tu mi guardassi dritto negli occhi, volevo dirle, ma tacqui. “Va bene così, Okaasan.”

“D’accordo.”

Una volta uscita mia madre mi sedetti sul futon, passandomi una mano sulla fronte madida di sudore. Forse la mia era stata una pessima idea. Non sarei dovuta venire a trovarla. Forse avrei fatto meglio a telefonare a Sasuke, comunicandogli la mia decisione di prendere il primo treno per Kyōto e di rincasare al più presto.

In ogni caso, ero grata che Acchan se ne fosse stato in salotto col nonno, evitando d’assistere a simili scene. Sperai inoltre che il sonno mi portasse consiglio sul da farsi.

In un certo senso, andò esattamente così.

 

 

"L'Appuntamento non è stato concepito allo scopo d'intrattenere i lettori, bensì di farli riflettere. Lo si potrebbe definire un "horror filosofico", uno snap-shot della nostra società, che invece di promuovere la prevenzione favorisce l'eliminazione d'un problema, sia questi un feto o il traffico. Non a caso la storia è stata ambientata nel 1998, l'anno precedente alla legalizzazione in Giappone della pillola anticoncezionale."

"Quindi lei è pro-vita?"

 

 

Fu il caldo a destarmi quella notte. Tale era l’umido, da non trovare neppure nelle ore notturne un poco di refrigerio dalla canicola estiva. Dopo molti anni lontana da casa m'ero scordata della terribile afa estiva di Konoha. In aggiunta, Acchan, come tutti i bambini, emanava un calore da piccolo termosifone, incrementando conseguentemente la mia agonia.

Giunta quindi allo zenit della mia sopportazione, dopo molto inquieto e incessante rigirarsi nei limiti concessimi dal crescente pancione, decisi di scendere giù in cucina e di servirmi d’un bel bicchierone d’acqua ghiacciata.

La mia mano fece appena in tempo ad appoggiarsi sulla porta che un famigliare gelo m’invase le viscere.

 

Tap-tap-tap.

 

Avevo udito quei passi troppe volte per sbagliarmi sull’identità del loro creatore.

 

 

"Non prendo posizioni pro o contro l’aborto. Semplicemente, in questo romanzo volevo far capire il peso delle nostre azioni, su come esse coinvolgano non soltanto noi stessi ma anche chi ci circonda, nel bene e soprattutto nel male."

"Rappresentate appunto dal Mizuko."

"Esatto. Il rancore di una vita che non è potuta esistere  e magari più meritevole di vivere di quella che l’ha terminata anzitempo", Tobirama sospirò, il viso contorto in un’espressione talmente affranta, che Mei avvertì un insistente impulso di appoggiare a mo’ di conforto la mano sul suo braccio. “E talvolta … non sempre è colpa della madre …”

 

 

Malgrado il terrore che gradualmente mi stava paralizzando, per amore d’Acchan e del bambino che portavo in grembo mi sforzai a non  urlare né di svenire o comunque dar segni di cedimento dinanzi a quell’entità persecutrice, qual era il Mizuko.

Invece, appoggiai l’orecchio alla porta, cercando di capire quanto distante fosse da noi quell’essere. Perché mi perseguitava ancora? Dopo sei anni! Non volevo mica abortire il mio piccino! Che ce l’avesse ancora con Sasuke, dopo tutto questo tempo ancora voleva vendicarsi per quell’incidente?

 

Tap-tap-tap.

 

Con mio sommo orrore, scoprii come il Mizuko si stesse facendo sempre più vicino alla mia stanza. Avrebbe mai avuto una fine quest’assurdo carosello di vendetta?

 

Tap-tap-tap.

 

Strinsi le labbra, pronta ad affrontarlo. Se voleva nuocere ai miei due tesori, sarebbe prima dovuto passare sul mio cadavere.

 

Tap-tap-tap.

 

Lanciai un’ultima occhiata ad Acchan, il quale seguitava a sognare ignaro di tutto, cullato nel suo dolce mondo onirico.

 

Tap-tap-tap.

 

Potevo quasi percepire il gelo dell’acqua del Mizuko scivolare da sotto la porta e lambirmi i piedi …

 

Tap-tap-tap.

 

Eccolo …

 

Tap-tap- ta … “Kawa-chan!”

 

Eh?! Come?! Si era fermato?!

 

“Kawa-chan! Lascia Naru-tan in pace! Vieni qui, Kawa-chan!

 

Tap-tap-tap ma nella direzione opposta, distante dalla mia stanza. Il Mizuko si stava allontanando.

 

 “Vieni, Kawa-chan! Vieni da Kaa-san!”

 

Tap-tap-tap.

 

Smisi di respirare.

 

Tap-tap-tap.

 

Caddi in ginocchio, priva di forze, proteggendo il mio crescente pancione con ambedue le braccia e tremando dalla testa ai piedi.

 

Tap-tap-tap.

 

 

Sussultai violentemente al timido contatto di una manina sulla mia spalla. “Kaa-san?”, farfugliò Acchan con voce impastata, strofinandosi assonnato l’occhio destro. “Perché stai piangendo? E’ successo qualcosa ai nonni? A Tou-san?”

 

L’abbracciai d’impeto. “Ti voglio tanto bene, anima mia”, singhiozzai. “Tanto bene …”

 

 

“Stando al finale, il Mizuko, nei confronti di Naruko-san, può dunque essere definito un’entità positiva a negativa?”

"Entrambe. Premetto, che l'idea che desideravo che il lettore si facesse di Naruko è quella di una giovane donna certamente intelligente, ma molto insicura se affermare la sua individualità o se adeguarsi alla comunità per il quieto vivere. Il Mizuko quindi è una sorta di grillo parlante, rappresenta la sua coscienza, ecco, la quale la sprona a prendere una decisione non per compiacere gli altri, bensì per essere in pace con se stessa.  E’ difficile infatti convivere da soli.  Seppure, come avrà sicuramente letto nell'epilogo, il Mizuko non è pacifico né è spinto da nobili motivazioni, al contrario, esiste per riversare tutto il suo odio e la sua tristezza nella persona che sta per commettere, a suo giudizio, la medesima azione che gli ha impedito di vivere. I conflitti interiori non sono mai teneri e piacevoli, non a caso li chiamiamo appunto “conflitti” e spesso alla fine ci si porta appresso molte cicatrici. L’importante è uscirne sulle proprie gambe, vincitori. Altre domande?"

 

 

Presi in disparte mia madre soltanto dopo la colazione, quando Otōsan e Acchan uscirono di casa per recarsi a trovare la sua nonna paterna e gli zii. Non fu difficile, la trovai in salotto intenta a passare l’aspirapolvere e dovetti schiarirmi più volte la gola per attirare la sua attenzione, cosa che non avvenne nell’immediato e quando chiuse quell’infernale aggeggio ella si voltò verso di me con deliberata lentezza.

“Sì, cara?”

Raddrizzai il collo, abbozzando ad un tirato sorrisino, giusto per non lasciarle ad intendere la mia intima agitazione.

“Kaa-san ... ieri notte …”, iniziai impacciata, cercando le parole più adatte onde affrontare quel discorso che, ad orecchie profane, poteva suonare ridicolo se non folle.

“Uhm…?”, m’incoraggiò distrattamente mia madre, riprendendo il lavoro interrotto.

“Ecco … ho sentito dei rumori ...”

Okaasan  non parve particolarmente impressionata.“Oh, davvero?”

“All'inizio ho pensato trattarsi di Tou-san, ma poi ...”

“Poi? Nacchan, ti sbrighi o continui a parlarmi a puntante? Devo sbrigarmi con le pulizie, ho il pranzo da preparare, sai!”

Annuii velocemente e m’umettai le labbra secche, torcendomi le dita sul mio ventre sempre più rotondo.“Kaa-san ... chi è Kawa-chan?”

Okaasan cessò d’aspirare per terra, pietrificata.

 

 

"Ne avrei molte, Tobirama –sensei, ma una in particolare sta tormentando i lettori da molto tempo! Il romanzo incomincia con: Dalla testimonianza di Namikaze Naruko e lei ha confermato che le vicende narrate sono assolutamente vere."

"Sì, sebbene un poco romanzate e ingentilite, poiché avrebbero potuto offendere la sensibilità delle persone coinvolte."

"Indubbio. La domanda che ne consegue è questa: dov'è Naruko-san? Lei aveva promesso di portarcela per l'intervista, ma ... ma non abbiamo ancora avuto modo d'incontrarla. Per caso ha avuto dei ripensamenti? Oppure il suo è un alias per proteggere la sua privacy?"

 

 

Meccanicamente, mia madre si erse dritta, continuando tuttavia a fissare il pavimento, incapace ( o non desiderosa) d’incrociare i nostri sguardi. I suoi occhi, dal poco che riuscii a scorgere, mi parvero più opachi e vuoti d’un cadavere.

Nascosi a stento un brivido.

“A che mese sei, Nacchan?”

Mi rifiutai di risponderle. Qualcosa dentro di me urlava di allontanarmi quanto prima da lei, dal salotto, dalla casa, dalla stessa Konoha. Percepii un vuoto allo stomaco e chissà se  anche il mio piccino stava sperimentando quel malessere. “Cosa c'entra?”, mi risolsi a ribattere, suonando falsamente annoiata da quella domanda.

Ancora, mia madre non diede cenno di volermi guardare dritto in faccia e fu meglio così, considerato il tono gelido, da automa, che impregnò la sua spiegazione.“E' meglio che tu non ritorni in questa casa fino al parto.”

Indietreggiai, colta da un'improvvisa realizzazione.

 

 

"No, nessun ripensamento. Vede, Mei-san, lei ha già conosciuto Naruko."

"Sì nel romanzo, però io intendevo di persona ..."

"Appunto."

"Prego?"

 

 

Plick-plick-plick.

 

In lontananza, nel silenzio mortifero sceso in salotto, udii il famigliare gocciolio dell'acqua  scendere pingue e lenta giù dalle scale ...

 

Plick-plick-plick.

 

M’appoggiai sullo stipite della porta a mo’ di sostegno, mancandomi per un istante l’aria, di nuovo in neanche ventiquattrore. Al diavolo i doveri figliali. Appena rincasati dalla loro visita agli Uchiwa, avrei pigliato Acchan per recarci immediatamente alla stazione.

 

Plick-plick-plick.

 

"Kaa-san ...”, ansimai, avvertendo gocce di sudore freddo scendermi lungo le tempie. “Kawa-chan … è il mio ...?"

Seguii con lo sguardo la pozza d’acqua che univa mia madre e la sottoscritta, arrivando alla fonte di tale scia, come una lumaca che lascia la bava ovunque si sposti. E di fatti, aggrappato alla sua gonna, il Mizuko mi sorrideva ambiguo, trionfo, un ghigno che, ammorbidito da una più genuina benevolenza, avevo già visto su di un altro volto.

Quello di Mikoto. O meglio, del suo defunto fratello.

 

Plick-plick-plick …

 

 

L’horror writer indicò una delle molte statuette di bambini accostate l’un l’altre nel cortile del tempio.

"Mei-san, lei ha qui davanti Naruko."

 

 

Se Izuna o Hashirama lo avessero saputo, si sarebbero arrabbiati moltissimo, Tobirama ne era al corrente. Ciononostante, non poteva rimanere passivamente a casa, sorbendosi per l’ennesima volta la visione del Mizuko senza capire perché accidenti la perseguitasse ancora, dopo anni trascorsi dalla prima manifestazione. La prima volta poteva anche comprendere, sì, aveva considerato l’opzione dell’aborto ma ora, che senso aveva? Era sposata con Izuna, avevano avuto un secondo figlio, come mai quello stronzetto d’un fantasma perseverava nella sua persecuzione? Credeva che scrivendo il libro il Mizuko si sarebbe placato, invece …

Perciò, complice anche la telefonata quasi provvidenziale, la scrittrice s’era recata alla casa paterna, dove aveva giurato anni addietro di non metterci mai più piede.

Le venne ad aprire la donna delle pulizie, ignara della tacita faida tra lei e suo padre, Senju Butsuma. In seguito alla morte della madre in un incidente stradale, il rapporto tra lui e i figli s’era bruttamente incrinato, solo che Tobirama, contrariamente a suo fratello Hashirama, era sempre stata più abile nelle sottigliezze, nel dare la carne al padre non ribellandosi apertamente bensì tramite della subdola manipolazione. Finché non era arrivato anche per lei il punto d’ebollizione.

Butsuma s’era immediatamente accorto della sua presenza in salotto, ma non diede cenno d’averla riconosciuta né di rivolgerle lui per primo la parola. Tobirama non cedette a quella senile provocazione, limitandosi a schiarirsi più volte la gola onde attirare l’attenzione del padre, cosa che non avvenne nell’immediato e quando chiuse il giornale, sbuffando, egli s’arrese a quella silente ostinazione della figlia e si voltò verso di lei con deliberata lentezza.

“Ebbene? Che c’è? Hai già finito di firmare autografi?”

La scrittrice raddrizzò il collo, abbozzando ad un tirato sorrisino, giusto per non lasciargli ad intendere la sua intima agitazione, specie in seguito a quelle spiacevoli telefonate.

“Mi hai contattato spesso ultimamente e quindi pensavo di venirti a visitare, visto che sembravi così impaziente di risentirmi, soprattutto dopo la pubblicazione del mio ultimo romanzo”, iniziò l’albina freddamente, cercando le parole più adatte onde affrontare quel discorso che, ad orecchie profane, poteva suonare ridicolo se non folle.

“Uhm…?”, l’incoraggiò distrattamente suo padre, riprendendo la lettura interrotta. “E che me ne dovrebbe importare? Credevo che tu possedessi un po’ d’amor proprio per evitare tale sputtanamento pubblico tuo e della tua famiglia.”

“Certo, se chi lo legge ha la coscienza sporca ...”

Butsuma  non parve particolarmente impressionato.“Oh, davvero? Sentiamo: perché dovrei sentirmi preso in causa?”

“All'inizio non avevo collegato la tua rabbia iniziale riguardo il mio desiderio di sposarmi con Izuna, ma poi, diciamo che alcune tue affermazioni mi hanno fatta riflettere ... Così come la tua particolare devozione a Jizō-sama.” E il nome su quella statuetta con la sciarpina rossa nel cortile al tempio a lui dedicato.

“E allora? Tobirama, ti sbrighi o continui a parlarmi a sciarade e indovinelli? Non ho tutto il giorno da perdere dietro le tue idiozie, sai!”

L’interpellata annuì  velocemente e s’umettò le labbra secche, torcendosi le dita sul ventre ancora piatto.“ Otōsan... al tempio di Jizō-sama … accanto a te in questo stesso momento … chi è Kawa-chan?”

Butsuma cessò di leggere definitivamente il giornale, guardando fisso davanti a sé, pietrificato.

 

 

Terumi Mei sembrò quasi sul punto di schiattare lì, in mezzo al cortile, strabuzzando un paio d’occhi tondi quasi come delle palline da golf. "Quindi ... quindi L'Appuntamento è la sua autobiografia?", boccheggiò stordita e guardando al limite dello sconcerto la statuetta, Tobirama e la copia del libro e non esattamente nell’ordine sopracitato.

L’albina accompagnò dolcemente la giornalista alla prima panchina disponibile, lasciandole abbastanza tempo e spazio per riprendersi da quella rivelazione decisamente inaspettata. D’altronde, non si poteva dire che Tobirama avesse dischiuso molte informazioni circa il suo passato e solo dopo essersi più volte consultata col fratello e con il marito (omettendo però il Mizuko) s’era decisa a rivelare almeno parzialmente quell’episodio fondante della sua vita.

 "Un'autobiografia camuffata, sì. Namikaze Naruko è il nom de plume che usavo sia da ragazzina, quando scrivevo da dilettante, sia da giornalista d’inchiesta, prima di dedicarmi esclusivamente ai romanzi. Infatti, ricevendo spesso minacce da parte delle “vittime” dei miei articoli, ho sempre giudicato opportuno difendere la mia identità e la mia privacy. Non può figurarsi la soddisfazione di smettere di indossare parrucche e lenti a contatto onde passare inosservata. Malgrado ciò, al momento di scegliere il nome della protagonista, non ho resistito all’impulso, anzi al dovere, di usare Naruko: glielo dovevo, dopo intensi anni di collaborazione lavorativa”, le spiegò semplicemente la scrittrice, intrecciando le dita sul grembo. “Ma non per questo quanto narrato nel libro deve essere preso alla lettera: le dinamiche ne L’Appuntamento non si snodano esattamente come vengono lì descritte. Mori, dove sono nata, è divenuta Konoha e Kagami-kun nacque d’inverno, non d’estate. Non condividevo la casa con le mie compagne di corso all’università, mi consideravano troppo stramba per i loro gusti. Il funerale iniziale era di mia suocera, non di mio suocero. I dialoghi col bisnonno e coi bambini non hanno mai avuto luogo, sono una mia invenzione. Mia madre è morta, giusto per citare il rapporto Naruko-Kushina, ma come quest’ultima anche lei s’era divertita parecchio prima e dopo il matrimonio con mio padre, che di sicuro non era comprensivo come Minato né tantomeno sindaco. Hashirama ed io siamo stati cresciuti  dalla nostra matrigna, da cui è nato Itama, il nostro fratellastro.

Né tutti i personaggi corrispondono per filo e per segno ai miei parenti e conoscenti, del resto.  Ad esempio, mio fratello non è omosessuale anzi ha  pure un figlio appresso; mia cognata Mito – poverina e pace all’anima sua – ha cambiato sesso ed è divenuta Gaara. Quanto a mio cognato Madara non sì è mai sposato, figurarsi se ha cinque figli! Ma come Itachi e Menma, lui e Hashirama sono legati da una profonda amicizia, sebbene Madara possegga un carattere ben più … problematico rispetto ad Itachi. Shisui è una mia cara amica per la cui privacy non rivelerò il nome.

Insomma,  ho preso le loro personalità e le ho scisse, rimescolate, creando nuove identità, ho addolcito alcuni aspetti, ma alla fine il succo della storia non cambia ... Sì, lo ammetto: rimasi incinta del mio primo figlio, Kagami-kun, appena ventenne e all’epoca, non sicura di come mio marito Izuna avesse potuto reagito alla notizia, avevo considerato d’abortire. Ma poi desistetti dal mio proposito e, chiaritici, decidemmo di sposarci.”

“Quindi il Mizuko non esiste? Espediente narrativo?”

“Uhm … sì, diciamo di sì …”

“E … sua madre …?”

Il volto di Tobirama s’oscurò all’improvviso.

 

 

Meccanicamente, suo padre s’alzò dal divano, continuando tuttavia a studiare rigido il pavimento, incapace ( o non desideroso) d’incrociare i loro sguardi. I suoi occhi, dal poco che la donna riuscì a scorgere, le parvero più opachi e vuoti d’un cadavere.

Tobirama nascose a stento un brivido.

“A che mese sei, musume?”

L’albina si rifiutò di rispondergli. Qualcosa dentro di lei urlava di allontanarsi quanto prima dall’uomo, dal salotto, dalla casa, dalla stessa Mori. Percepì un vuoto allo stomaco e chissà se  anche il suo piccino stava sperimentando quel malessere. “Cosa c'entra?”, si risolse a ribattere, suonando falsamente annoiata da quella domanda.

Ancora, suo padre non diede cenno di volerla guardare dritto in faccia e fu meglio così, considerato il tono gelido, da automa, che impregnò la sua spiegazione.“E' meglio che tu non ritorni in questa casa fino al parto.”

Tobirama indietreggiò, colta da un'improvvisa realizzazione. S’appoggiò sullo stipite della porta a mo’ di sostegno, mancandole per un istante l’aria, di nuovo in neanche ventiquattrore. Al diavolo i doveri figliali. Appena ottenuta la dolorosa conferma, sarebbe corsa immediatamente alla stazione e avrebbe pigliato il primo treno per rincasare.

 

Plick-plick-plick.

 

In lontananza, nel silenzio mortifero sceso in salotto, udì il famigliare gocciolio dell'acqua  scendere pingue e lenta giù dalle scale ...

 

Plick-plick-plick.

 

" Otōsan...”, ansimò, avvertendo gocce di sudore freddo scenderle lungo le tempie. “Kawa-chan … è il mio ...? Quando Kaa-san è morta ...? Eravamo in due?"

 

Plick-plick-plick …

 

 

“La mia vera madre perì in un incidente in macchina e assieme a lei il mio fratello gemello, Kawarama, all'inizio del settimo mese di gravidanza. Mi salvai per puro miracolo." O almeno questa era la versione ufficiale inculcatale volente o nolente da suo padre. Ma il dubbio – il dubbio! – le sorgeva ogniqualvolta si guardava allo specchio, ogniqualvolta parlava con Hashirama, non riflettendosi nei suoi tratti somatici … “Se ci fosse stato un Mizuko sarebbe sicuramente stato Kawarama, il quale mi avrebbe punito e al contempo conceduto una seconda opportunità per meglio riflettere riguardo la mia volontà d’abortire Kagami-kun.”  Peccato che non sussistesse alcun “se”, ma Tobirama non gradiva condividere certe esperienze con chiunque, soprattutto se c’era la possibilità d’accusarla di pazzia. Figurarsi se la gente credeva sul serio all’esistenza dei fantasmi.

Un lungo silenziò s’insinuava intanto tra le due donne, rendendole stranamente unite in quel segreto tuttavia ben compreso dalla giornalista, che, sospirando profondamente, commentò sincera:

"Lei è stata molto coraggiosa, Tobirama-sensei. Non molti scrittori avrebbero avuto il fegato d’esporsi così, raccontando vicende così dolorose anche se … edulcorate e camuffate in un romanzo."

"O sventata, Mei-san. Ho tagliato i ponti con la mia famiglia, tranne ovviamente con mio fratello maggiore. Solo di recente, dopo aver concluso il romanzo, ho tentato di ... No, lasci perdere questo punto." Meglio glissare sull’ultima conversazione avuta con Butsuma.

Mei fece cenno di sì col capo, comprensiva. "Quindi Uchiwa Sasuke è suo marito? Uchiha Izuna?"

La tensione scomparve in parte dal viso della scrittrice, rilassandolo. "Sì, quand'era giovane e sciocco come me."

"Kirisutokyouto anche lui? Medico?"

"Esatto. Veda un po' lei com'erano contenti i miei genitori, mio padre in particolare, quando appresero come la loro reclusa-albina-freak d'una figlia se l’intendesse con una di quelle strane creature, rimanendone perfino incinta e questo praticamente sotto il loro naso! Fu grazie alla complicità di Hashirama se potei scappare di casa e sposarmi con Izuna: mi avevano praticamente messa sottochiave fino all’appuntamento col medico …”, Tobirama s’interruppe, ridacchiando un poco imbarazza. Se non fosse stata tanto terrorizzata dal Mizuko,  avrebbe all’epoca giudicato tutto quel gioioso bordello alla stregua d’una pessima trama da romanzetto rosa.

La giornalista si coprì con la mano la bocca, stringendo caparbia le labbra onde reprimere un sorrisetto divertito. "Beh, in questo caso non mi resta che porgerle i miei più vivi complimenti per la sua terza gravidanza e per la felice pubblicazione del suo romanzo!”

“Grazie, è molto gentile da parte sua.”

“Immagino suo marito sia molto contento?”

“Moltissimo e così anche Kagami-kun e Naori-chan sono entusiasti all’idea di avere un fratellino o una sorellina.”

“Un'ultima domanda: è stato per caso celebrato un Mizuko kuyō e fatta un'offerta a Jizō-sama per il suo fratellino?"

"No, questo romanzo è la sua cerimonia funebre”, parziale, avrebbe voluto aggiungere Tobirama, ma tacque. Dopo aver finalmente regolato i conti e appresa la verità, forse il Mizuko non l’avrebbe mai più infastidita. Forse. “Mi sono convertita, tali riti non hanno più senso per me. Non è un caso che il Mizuko abbia lo stesso nome del mio fratellino."

"Anche lui ... figlio dell’adulterio?"

"Così m’è stato suggerito dagli avvenimenti."

"Un momento! Non vorrà mica insinuare ...?", sgranò gli occhi Mei, abbandonando scioccata la penna sul block-notes. “Che lei e … e suo fratello siete figli di …?”

"Chi può dirlo?"

 

 

Tobirama seguì  con lo sguardo la pozza d’acqua che univa lei e suo padre, arrivando alla fonte di tale scia, come una lumaca che lascia la bava ovunque si sposti. E di fatti, aggrappato ai pantaloni, il Mizuko, o Kawarama, le sorrideva ambiguo, trionfo, un ghigno che, ammorbidito da una più genuina benevolenza, lei aveva già visto su di un altro volto.

Nel suo, fosse stata maschio, ma non certo in quello di Butsuma. Né d’Hashirama.

O della sua defunta madre.

 

Plick-plick-plick.

 

"Perché me l’hai tenuto nascosto? Perché farmi abortire quando già abbiamo un Mizuko in casa? Eravate tanto ansiosi di averne un secondo?!", prese a tremare Tobirama e stavolta di rabbia, stringendo i pugni fino a ferirsi i palmi con le unghie. Dinanzi al cocciuto silenzio del padre, ella digrignò i denti, resistendo a malapena all’impulso d’afferrare l’abat-jour e di fracassargliela in testa. “O magari, ti dispiace proprio che io per prima sia sopravvissuta all’incidente?!”

"Bisognava mantenere il segreto."

"Quale?"

Silenzio.

"Non chiedermi questo."

 

Plick-plick-plick …

 

“… ovvio che no, Mei-san. Ovvio che no. Ma è così bello vendicarmi tramite il romanzo, facendoglielo credere.”

E Tobirama rise perfida.

 

 

 

 

 

 

 

***

 

“Baby Blue, Baby Blue ,

I know that thing t’was done to you ...

... You killed your baby!”

 

 

 

 

 

 

- The End -

 

 

 

************************************************************************************

 

Scioccati? Incavolati? Mi dispiace, non si accettano minacce di morte! ^^

Ebbene sì: se non lo avevate già capito, il tag “Genderbender” non si riferiva solo a Naruto, bensì anche a Tobirama! Infatti, rileggendo, noterete come abbia insistito sui capelli corti di Naruko, quando invece nel manga ha le codine alla Sailor Moon. Inoltre, occhi a parte, un poco si assomigliano. Ma soprattutto, complice anche l’affermazione del nostro Shodai preferito, Sasuke e Izuna sono pressoché identici e quindi il “parallelo” ci stava.

Infine, avete notato come non avessi mai usato né aggettivi declinabili né tantomeno pronomi personali riferiti al sesso di Tobirama? E' stata un'agonia grammaticale, davvero! Ma ne è valsa la pena, buahahahhaha!!!

Dunque siamo arrivati veramente alla fine: è stato divertente scrivere questa storia, nonostante i temi trattati, e ne sono relativamente soddisfatta.

Se volete lasciare qualche commento o se avete alcune curiosità sulla storia, non esitate a lasciarmi o una recensione o un pm! Rispondiamo – quasi – subito! ;-P

Grazie ancora a tutti voi che mi avete seguito fino al The End!

 

 

Alla prossima storia!

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Hoel