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Autore: piccolo_uragano_    23/09/2015    2 recensioni
Il ragazzo sorrise, e a Felpato sembrò di guardarsi attraverso un specchio che lo ringiovaniva di vent'anni.
Sirius guardò suo figlio, e gli sembrò già troppo grande. "Ma non lo vedi, Robert? La neve se ne frega."
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Spin-off sulla vita del primogenito della nuova generazione Black, Robert Sirius. Perché forse esistono dei Black che non sanno mentire.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Famiglia Weasley, Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio, Sirius Black, Un po' tutti | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
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Una volta, quando aveva sette anni, stava frugando negli scatoloni che sua madre teneva ben nascosti in soffitta. Kayla lo aveva convinto a cercare delle foto di Sirius che non avessero mai visto, e anche lui, sotto sotto, aveva voglia di sapere di più su quell’uomo dai capelli scuri che ricordava poco. Aveva trovato anche una pallina gialla e bianca, che lo aveva divertito per via della consistenza. Doveva essere stata più colorata e più dura, un tempo, ma ora era scolorita e sembrava essere stata mordicchiata da un cane. Non lo aveva detto, a sua madre, di quella pallina, perché sapeva che avrebbe capito dove l’aveva trovata. L’aveva mostrata a Remus, chiedendogli cose fosse. Lui aveva sorriso e aveva risposto che era un giocattolo babbano per cani vivaci.
Ora, Robert aveva quattordici anni, se ne stava sdraiato sul suo letto nel dormitorio maschile Grifondoro, e lanciava quella pallina gialla verso l’alto, per poi riprenderla e lanciarla di nuovo.
Pensava  a quell’uomo con i suoi stessi occhi, che era tornato a casa, aveva ricominciato ad occupare il posto che gli spettava, nel lettone e accanto a Martha, aveva imparato a volergli di nuovo bene e gli scriveva tre volte a settimana per sapere come stava.
Robert aveva creduto che lui e Sirius non avrebbero mai recuperato il tempo che avevano perso, e lo aveva creduto davvero. Se ne era convinto quando aveva scritto a sua madre che era stato Smistato a Grifondoro, esattamente come lei, e la sua lettera di risposta finiva con ‘Sono fiera di te, pulce. E anche tuo padre sarebbe davvero orgoglioso’. Ora suo padre era tornato, e loro avevano passato l’intera estate a parlare. Eppure ora, dopo tre settimane di scuola, gli mancava tremendamente. Aveva passato dieci anni senza di lui, eppure ora gli mancava.
Come se non bastasse, Tonks, sua cugina e sua migliore amica, aveva terminato la scuola. Cercava di fare del suo meglio per non farlo sentire solo, scrivendogli ogni giorno lettere chilometriche, ma nessuno meglio di Dora poteva sapere che Robert Sirius Black non si era mai sentito così solo.
“A che pensi?” domandò una voce conosciuta.
“A Tonks.” Rispose, sentendo i gemelli accomodarsi nei loro rispettivi letti, lanciando in aria la pallina gialla.
“A Tonks? Ti piace Tonks?”
“Ma smettila, George. Non può piacergli Tonks.”
“Infatti non mi piace Tonks, razza di idioti.” Replicò, mettendosi a sedere e sforzandosi di sorridere ai suoi amici. “Non può piacermi mia cugina nonché mia migliore amica.”
“Ehi! E noi a che posto stiamo?” ironizzò Fred.
“Tu sei per caso una femmina, Fred?”
“No!” replicò seccato il primo.
“Allora perché sei geloso dell’etichetta di ‘migliore amica’?”
“Non sono geloso, idiota.”
“Certo che non lo sei.” Si intromette Robert, inclinando la testa e sporgendo il labbro inferiore. “Hai solo bisogno d’affetto, vero, Freddie caro?”
Fred gli tirò un cuscino, con dipinto in viso un sorriso divertito. “Non sono io la checca, qui.”
“Io non sono una checca, idiota.”  Si difese il giovane Black. “Mio padre mi ha insegnato un sacco di trucchetti.”
“Ho notato lo sguardo di Grace, Rachel e Jasmine, oggi.” Contestò George. “Pensavo che da un momento all’altro ti sarebbero saltate addosso.”
“In tre?!” domandò Fred. “Merlino, Black, insegnali anche a noi certi trucchetti!”
Robert rise e tirò indietro la testa. “Guarda.” Ridusse il sorriso ilare ad un sorriso seducente, fissò Fred intensamente negli occhi e poi gli fece l’occhiolino. Inclinò leggermente la testa e poi tornò a guardarlo con quello stesso sguardo. Dopo pochi secondi, scoppiò a ridere.
“Porco Salazar, Robert!” esclamò George. “Se decido di convertirmi all’omosessualità, ti faccio un fischio.”
“No, grazie.” Rispose Robert.
“Ma illuminami. È con uno sguardo del genere che tuo padre ha conquistato tua madre?”
“No, no. Loro erano grandi amici e poi si sono innamorati.”
“Ecco! Quindi pure tu potresti innamorarti di Tonks!”
“No, George.” Replicarono all’unisono Fred e Robert.
George si buttò sul letto con aria scoraggiata. “Andate al diavolo, tutti e due. Maledetti.”
Robert rise e scosse la testa. Alla fine, non era poi così solo.

Robert se ne stava seduto su una panchina in riva al lago, con gli auricolari attaccati ad un lettore CD portatile che sua zia Rose gli aveva regalato per il Natale precedente. Lasciava che le Sorelle Stravagarie strimpellassero le loro canzoni senza senso a tutto volume, perché, per quanto assurdo fosse, ascoltare quel gruppo lo faceva sentire più vicino a Tonks.
Si stava godendo l’ultimo sole, il sole di metà ottobre, sapendo che, l’indomani, suo padre sarebbe stato processato.
“Ciao.” Disse una voce flebile. “Posso sedermi?” Lui aprì gli occhi.
Si trovò davanti ad una ragazza con dei folti riccioli scuri e la divisa Corvonero. L’aveva già vista – l’aveva già notata – ma non aveva mai notato la pancia tonda che indicava una gravidanza di almeno cinque mesi.
“Certo.” Replicò lui con tono gentile, facendosi più in là. Quando lei si fu seduta, lui le porse la mano destra. “Robert Black, al suo servizio.”
Lei rise. Aveva una risata dolce ma matura. “So chi sei. Tutti sappiamo chi sei.”
“Ma io non so chi sei tu.” Replicò lui con un sorrisetto Malandrino.
Lei lo scrutò. “Mi chiamo Alexandra, Alex per gli amici.”
“E io sono tuo amico? O ti devo chiamare Alexandra?”
“Credo che potresti essere mio amico, si.” Rispose lei, dopo averlo scrutato.
Lui osservò con tenerezza la pancia della sua nuova amica. “Di quanto sei?”
“Ventitré settimane.” Rispose lei con semplicità.
“E lui dov’è?”
“A Durmastrang, ma non ne vuole sapere nulla.”
Robert annuì silenzioso. “Mi dispiace. I tuoi che dicono?”
“Che mi devo arrangiare. C’era da aspettarselo, scusa, eh, ma i tuoi che ti direbbero?”
Lui incarnò un sopracciglio. Era facile giudicare una persona per il cognome che portava, era troppo facile. Era facile giudicare un Black un purista, senza sapere che era un Mezzosangue nato da due diciassettenni che stavano facendo la guerra.
“Niente.” Quella ragazza gli piaceva, in qualche modo. Non come apprezzava le sue coetanee, ma sembrava che dietro di sé avesse qualcosa di molto più serio che un  ragazzo tedesco e una gravidanza scomoda. “Mia madre è rimasta incinta di me a diciassette anni, quindi se tornassi a casa dicendo che la mia ragazza è incinta, lei scuoterebbe la testa e direbbe ‘sei proprio uguale a tuo padre’.”
“Non ci avevo pensato.” Rispose lei, scuotendo la testa. “Cioè, tutti parlando dei tuoi, si sa che sono abbastanza giovani, ma non lo aveva collegato.”
Fu lui a scuotere la testa. “Meglio così.”
“E che hanno fatto?”
“Secondo te?”
“No, no. Intendevo, si sono sposati perché saresti arrivato tu, o si sarebbero sposati comunque?”
“Mio padre chiese a mia madre di sposarla a novembre, e lei rimase incinta a dicembre.”
Alex rise. “Beh, devono amarsi molto.”
Lui abbassò lo sguardo. “Sì, a modo loro.”
“Vorrei averli anche io, due genitori così.”
“Te li regalo, se vuoi.” Scherzò lui. “Anche una sorella di dieci anni e Harry Potter come fratello acquisito.”
“Scherza, scherza. Io sono cresciuta con mio padre perfetto e la sua compagna perfetta, i loro due figli perfetti nella loro casa perfetta. Ti immagini che noia?”
“Immagino come farei saltare in aria una casa perfetta, questo si.”
Lei rise. “Nel senso?”
“Nel senso, la compagna perfetta usa qualche shampoo costoso?”
“Si, tutti prodotti babbani. Ah, loro sono babbani, tutti quanti, solo io non lo sono.”
Lui fece segno che non importava. “Prendi una crema per le verruche e cambi l’etichetta, dicendo che è uno shampoo costosissimo che usano le streghe più belle del mondo magico. Regali ai bambini perfetti alcune Caccabombe dicendo che sono giochi per cani, e a tuo padre perfetto delle foto magiche, incantandole perché stiano immobili quando le guarda e cambino completamente quando non le guarda. È semplice, basta avere un po’ di fantasia.”
Lei scoppiò a ridere di nuovo. “Merlino, Robert Black. Era una vita che non mi divertivo così!”
Passò un ragazzo, sesto anno, Serpeverde, e scrutò Alex come fosse un mostro. Lei si lasciò scivolare quello sguardo addosso, come se nulla fosse.
Robert, improvvisamente furioso, con un leggerissimo colpo di bacchetta fece spuntare un codino da maiale al Serpeverde.
Lei scoppiò a ridere di nuovo, e lui si sentì al posto giusto.

“Black?”
“Mh?”
“Black, stai ascoltando?”
Robert aprì gli occhi, strizzandoli per la luce. La professoressa McGranitt, con il suo solito sguardo in grado di uccidere, lo osservava dalla cattedra dell’aula di Trasfigurazione. “Certo che sto ascoltando.” Rispose, cercando di avere un tono fermo e deciso.
“Oh, davvero? Allora non sarà un problema consegnarmi tre rotoli di pergamena sugli Incasimi di Scambio, per domani, se stavi ascoltando.”
Ecco, quello era un vero tono deciso e fermo! Maledetto lui. E maledetto Baston, con i suoi allenamenti.
“Certo che no.” replicò di nuovo.
“Benissimo. E saresti così gentile da svegliare Fred e George Weasley, dietro di te?” Robert cercò di nascondere un sorriso, girandosi e scoprendo, dietro di lui, i gemelli più addormentati che mai. Battè con decisione la mano sul tavolo, e i due scattarono seduti composti.
“Buongiorno, signori Weasley.” Disse la professoressa. “Anche voi, come il signor Black, dovrete consegnata tre rotoli di pergamena sulla lezione di oggi, domani all’ora di pranzo.”
“Tre rotoli ciascuno?” domandò allibito Fred.
“Esattamente, signor Weasley. Ora, potete andare.” L’intera classe si alzò e si diresse verso l’uscita, mentre i tre si stiracchiavano e sbadigliavano.
La McGranitt si avvicinò al banco di Robert. “Signor Black, possiamo scambiare due parole?”
Robert raccolse la pergamena su cui avrebbe dovuto prendere appunti e la mise nella borsa a tracolla che era appartenuta a Martha. “Certamente.”
La strega aspettò che Fred e George uscissero per aprire di nuovo bocca. “Come saprai, tuo padre è stato assolto da tutte le accuse.”
“Si, me lo ha scritto.” Rispose, cercando di capire dove volesse arrivare.
“Ora, immagino saprai anche che ha intenzione di riavere il suo posto di lavoro.”
Robert annuì di nuovo.
“E immagino saprai anche che in questo momento il professor Silente sta avendo un colloquio con lui nel suo ufficio, in quanto Stregone Capo del Wizengamot.”
Robert sorrise e si passò entrambe le mani nei capelli. Sirius era lì! Prima che si mettesse a correre, la donna lo fermò di nuovo.
“Black! Sono tutte cose che tu sapevi già. Io non ho detto nulla, intesi?”
Robert sorrise e allargò le braccia. “Come sempre, professoressa.”
   
 
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