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Autore: Claire Riordan    24/09/2015    2 recensioni
POST 3B, NESSUN COLLEGAMENTO CON LA 4° STAGIONE.
La morte di Allison ha sconvolto Scott e il suo branco, Isaac in particolare, che sembra incapace di reagire, di trovare un'ancora che lo salvi dall'abisso in cui è sprofondato. Nel frattempo, a Beacon Hills ritorna una ragazza di nome Holly, una ragazza che pare nascondere qualcosa ma che, allo stesso tempo, sembra risvegliare dei ricordi nella memoria di Isaac...
Dal cap. 2:
Isaac non riuscì a trattenere un sorriso «Sono Isaac» continuò «Isaac Lahey. Ti ricordi?»
Holly aggrottò la fronte, lo osservò un paio di secondi e, infine, scosse la testa.
«Alla scuola elementare di Beacon Hills» disse ancora Isaac, muovendo un passo avanti, animato da quel nuovo entusiasmo «Quello che… che ti ha spinto giù dall’altalena e ti ha rotto il naso» concluse con una risata.
Genere: Introspettivo, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris Argent, Isaac Lahey, Nuovo personaggio, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Jubel

8. In the shadows

Nel tepore del suo letto, Holly si rigirò sotto le coperte, portando il suo sguardo ad incrociare i numeri rossi e luminosi della vecchia radiosveglia posata sul comodino: le nove e cinquantasei.
«Cacchio!»
Si alzò a sedere di scatto, provando un leggero capogiro, poi balzò giù dal letto, chiedendosi perché diamine non avesse puntato la sveglia la sera prima. Non dimenticava mai di farlo.
Mentre apriva l’armadio alla ricerca di qualcosa di comodo da indossare, il ricordo di quanto era accaduto il giorno precedente la colpì con la forza di un violento schiaffo in faccia. Si portò una mano sugli occhi, mentre la testa ricominciava a girare vorticosamente.
«Wow, calma!» esclamò, tornando ad accomodarsi sul letto. Si lasciò cadere a pancia in su sul materasso, i palmi delle mani premuti sugli occhi, mentre le immagini di ciò che era successo il giorno prima le scorrevano davanti come un film mandato a velocità doppia. Era cominciato tutto con Scott e Stiles che l’avevano sequestrata nel corridoio della scuola e, nel giro di poche ore, si era ritrovata coinvolta in una sparatoria conclusasi con una morte. Lo shock era stato esagerato e, non appena si era resa conto di essere al sicuro, fuori da quell’inferno, era finita a gambe all’aria, svenuta. Ricordava a malapena l’espressione angosciata di sua madre, accorsa sul posto non appena saputo dell’accaduto dalla polizia, e l’infermiera che l’aveva aiutata, una donna dai capelli scuri e un viso rassicurante, che le aveva raccomandato di passare un paio di giorni a casa per riprendersi dal trauma, prima di tornare agli impegni scolastici. Ecco perché non aveva puntato la sveglia. La sera precedente era crollata dal sonno non appena aveva poggiato la testa sul cuscino, consapevole che, l’indomani, avrebbe avuto l’intera giornata libera.
Dal piano di sotto, udì il trillo del campanello. Chi poteva essere, a quell’ora del mattino? Magari la polizia, arrivata per farle delle domande?
Scendendo dal letto con più calma, per evitare di provare nuovamente la spiacevole sensazione delle vertigini, si avvicinò alla porta della sua stanza per ascoltare. E se fosse stato Chris Argent, venuto per cercare di convincere ancora Ellen a collaborare con lui?
Sentì la porta scattare, poi la voce di sua madre: «Ciao» disse semplicemente. Il suo tono suonò perplesso «Posso aiutarti?»
Le rispose una voce maschile, che Holly non riuscì a captare. Era il postino? Un corriere?
«Ma certo, certo, vieni pure!» trillò Ellen, questa volta in modo molto più affabile «Accomodati»
Passarono pochi secondi prima che strillasse il nome di Holly dal fondo delle scale.
«Holly, tesoro, sei sveglia?» la chiamò «Hai visite»
Holly alzò gli occhi al cielo. Sua madre era talmente preoccupata di fare brutta figura con un ospite, chiunque egli fosse, da non curarsi minimamente di svegliare la propria figlia con toni che perfino un sordo avrebbe potuto udire. Recuperò una felpa, gettata malamente sulla sedia, e la indossò prima di scendere di sotto, legandosi i capelli in una coda fatta alla meno peggio mentre saltellava giù per i gradini.
«Che c’è, mamma?» sbuffò «È la pol- oh!»
Quasi sobbalzò per la sorpresa quando si ritrovò davanti Isaac.
«I-Isaac, io… ma tu… che cosa…» balbettò, così stupita da non riuscire a trovare le parole. Cosa ci faceva lì? Era venuto a chiederle spiegazioni per il bidone del pomeriggio precedente?
«Isaac mi ha detto che siete compagni di scuola» intervenne Ellen tutta allegra «È venuto a trovarti»
«Già» confermò lui, stringendosi nelle spalle, mentre le sue guance si tingevano di una leggera sfumatura rosata «Ho saputo di ieri alla tavola calda e… ecco, volevo sapere come stavi»
Concluse la frase abbozzando un sorriso timido. Se avesse saputo del suo arrivo, Holly si sarebbe impegnata un po’ di più per rendersi presentabile.
«Sì, beh» cominciò Holly, un po’ in imbarazzo «a quanto pare, sono viva»
«Oh, Holly, non dire così» commentò sua madre con fare teatrale, mettendole un braccio attorno alle spalle.
«Mamma, sono rimasta coinvolta in una sparatoria» le fece presente lei, come se dovesse ricordare una cosa banale ad un anziano affetto da demenza senile «Pensa se fossi rimasta senza una gamba»
«Ma non è successo» cinguettò Ellen, lasciando andare la figlia e rivolgendo un sorriso che sarebbe dovuto risultare accogliente ad Isaac. Lui arricciò appena gli angoli della bocca, evidentemente parecchio a disagio.
«Posso offrirti qualcosa, Isaac?» proseguì poi Ellen «Un caffè? Un tè?»
«Sono a posto, grazie» si affrettò a dire lui «E…»
«E poi vuole sapere come sono andate le cose ieri» lo interruppe Holly, impaziente di portarlo via dalle grinfie di sua madre. Superò Isaac, diretta verso la porta d’ingresso, afferrandolo per un braccio e trascinandolo con sé, lontano dalle orecchie indiscrete di Ellen, augurandosi con tutta se stessa che non si mettesse a spiarli da una finestra.
 
 
Mentre Holly si chiudeva la porta alle spalle con uno scatto, Isaac non poté fare a meno di provare l’ennesima fitta di dolore al petto nello sbirciare il nome sul campanello. Non era mai stato in quella casa ai tempi in cui vi abitavano Allison e la sua famiglia. Essere consapevole che, ora, ci viveva Holly, quell’ancora di salvezza che lo stava di nuovo trascinando in superficie, gli provocò quell’ormai familiare sensazione di senso di colpa che sentiva ogni volta in cui pensare a lei alleviava le sue sofferenze. Era come se si fosse convinto di non meritare una nuova felicità, di non essere degno di una vita serena e senza pensieri negativi, come se fosse destinato a soffrire per il resto dei suoi giorni.
Cercò di scacciare quel pensiero fastidioso, tentando piuttosto di concentrarsi sulla ragazza che gli stava davanti: i capelli scuri di Holly erano legati in una coda spettinata, dalla quale erano sfuggite diverse ciocche, gli occhi erano gonfi ed assonnati, la felpa grigia che indossava sopra il pigiama blu troppo larga.
«Allora» cominciò lei, stropicciandosi un occhio prima di incrociare le braccia sul petto «come hai saputo della sparatoria?»
Isaac esitò per una frazione di secondo «Il padre di Stiles» disse infine «È lui lo sceriffo di Beacon, la città è piccola ed è bastato un passaparola veloce»
Che altro poteva dirle? Certamente non che aveva saputo dell’accaduto perché Scott aveva percepito l’urlo di Lydia, quell’urlo che Holly doveva sicuramente aver interpretato come un segno di pazzia.
«Capisco» disse Holly, annuendo appena «Sai, è stata una giornata folle, ieri. Credevo che avremmo studiato e, invece, mi sono quasi fatta ammazzare»
Isaac, incapace di trattenersi, sparò fuori la fatidica domanda: «È per questo che non ci siamo visti?»
Non era riuscito a resistere. Quel quesito gli frullava in testa da quando aveva ricevuto l’sms di scuse di Holly il giorno prima. Era una compagnia così terribile da preferire di rischiare la morte?
Holly sospirò, passandosi stancamente una mano sugli occhi «In realtà, è cominciato tutto qualche ora prima» disse «Mi sono attardata perché avevo dimenticato una cosa e, mentre uscivo, sono stata… beh, rapita»
«Rapita?» ribatté Isaac, sgomento. Che diavolo le era successo?
«Scott e Stiles» rispose lei «Mi hanno sequestrata mentre passavo per il corridoio»
Isaac chiuse gli occhi per un attimo, nel tentativo di nascondere un improvviso moto d’esasperazione «È molto da Scott e Stiles» sospirò «Cosa volevano?»
Holly alzò le spalle «Chiedermi di Chris Argent» rispose «Cosa so di lui, dato che conosce mia madre»
«Davvero?» fece Isaac, sorpreso «E tu che gli hai detto?»
«Che non so nulla» disse lei. Isaac si concentrò sui suoi battiti cardiaci: erano perfettamente regolari. Non seppe spiegarsi perché, per un attimo, avesse sospettato di lei. Per quale ragione, poi? Chris e la signora Chase potevano semplicemente essere vecchi compagni di liceo, ed ecco spiegato perché si conoscevano.
«E la cosa folle» riprese Holly «è che poi mi hanno raccontato cose incredibili su questo posto»
«Incredibili?»
«Sì» disse lei, il tono entusiasta tradito dallo sguardo nervoso «Beacon Hills è piena di… licantropi. E Scott è uno di loro»
Isaac diede un forse troppo violento colpo di tosse. Aveva completamente dimenticato che Holly era del tutto estranea a quel che era successo a Beacon Hills negli ultimi anni. Era stata lontana da quel posto per moltissimo tempo e, di certo, non poteva immaginare che, durante la sua assenza, si fosse popolato di creature di cui aveva sentito parlare soltanto nei libri o nei film. Lui stesso era così concentrato sul suo tentativo di liberarsi di tutti quei fardelli che lo opprimevano da aver scordato che Holly non conosceva affatto la sua vera natura di lupo mannaro. E non avrebbe dovuto conoscerla mai. Ma che dire di Scott?
«Sì, io… lo sapevo, vivo con lui da un po’» decise di dire, infine.
Holly lo guardò come se fosse pazzo «Tu vivi con un licantropo?» esclamò, sbigottita «Ma lui… insomma, tu… potrebbe farti a pezzi da un giorno all’altro!»
Isaac cercò di soffocare una risata, trasformandola in un altro colpo di tosse «No, lui è… mansueto» disse, dopo una veloce riflessione.
«Intendi come un cane addestrato?» domandò lei, vagamente perplessa.
«Come un cane addestrato» ripeté Isaac, ben deciso a non voler far prendere a quella conversazione una piega che avrebbe reso le cose troppo difficili.
Holly alzò le sopracciglia, sbattendo più volte le palpebre: era ovvio che quella spiegazione, seppur vagamente plausibile, le sembrasse assurda.
«Beh» disse dopo un po’ «in ogni caso, sta’ attento»
Non era affatto carino da pensare, ma Isaac avrebbe voluto scompisciarsi dalle risate. Ormai era così abituato alle stranezze di Beacon Hills che sentire qualcuno parlarne come se fosse un evento fuori dall’ordinario gli sembrava quasi ridicolo. Ma non avrebbe riso di Holly. Quel che le avevano detto Scott e Stiles doveva averla turbata parecchio e lui voleva aiutarla, non allontanarla.
«Farò attenzione» ribatté, con un largo sorriso.
Holly ricambiò prima di lasciarsi andare ad un sospiro «Niente scuola, oggi?» gli domandò poi.
Isaac scosse la testa «No, non era il caso» rispose «Non con quel compito di chimica lasciato in bianco»
Holly si lasciò sfuggire un lamento «Scusami ancora, davvero» cominciò, prima che Isaac la interrompesse: «Non preoccuparti, non è stata colpa tua, lo so che…»
«Volevo davvero aiutarti» disse Holly, costringendolo a troncare la sua frase a metà «Volevo… volevo avere un amico»
Isaac, preso alla sprovvista da quella dichiarazione, restò a bocca aperta, nell’espressione silenziosa della frase precedente rimasta incompleta. Le parole di Holly, nonostante sapesse quanto si sentisse sola, lo lasciarono nuovamente spiazzato, facendogli salire in gola la verità.
«Anch’io» mormorò «E spero… spero che avremo la possibilità di rimediare presto»
«Sono sicura di sì» rispose Holly, sorridendogli di nuovo. Isaac ricambiò, restando a fissarla come inebetito. All’improvviso, provò lo strano impulso di avvicinarsi e stringerla a sé, un impulso sopito immediatamente da un repentino flashback dei momenti che aveva passato con Allison. Con una fitta allo stomaco, fece un passo indietro «Beh, allora… a presto, sì» borbottò, cercando di non lasciar trasparire il suo disagio «E cerca di rimetterti»
«Ci proverò» disse Holly. Prima di andarsene, Isaac cercò di captare le sue emozioni: pareva non essersi accorta di nulla, il suo battito era normale e riusciva ad avvertire soltanto una sensazione di sollievo. Con un ultimo saluto, si voltò e lasciò la vecchia casa degli Argent, udendo la porta scattare quando Holly rientrò.
Si ritrovò a camminare lungo la strada, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni, la testa, per l’ennesima volta, affollata di pensieri. Di nuovo, si era bloccato. Si era bloccato davanti all’idea di poter essere nuovamente sereno. I sensi di colpa sembravano non volerlo abbandonare, costringendolo a vivere nel dolore dei ricordi di momenti che non sarebbero ritornati mai più. Forse non voleva che lo abbandonassero. Forse vivere di quei ricordi era l’unico modo per non dimenticare quell’unico periodo della sua vita in cui aveva sentito di essere qualcosa di importante per qualcuno.
Ma anche per Holly poteva essere importante. Poteva essere un amico, una spalla, qualcuno su cui poter contare. Avrebbe potuto sentirsi importante anche con lei, senza dovere per forza scordare il passato. Avrebbe potuto custodirlo in un angolo della sua mente e del suo cuore e ricordarlo, di tanto in tanto, con un pizzico di malinconia. Ma, probabilmente, ancora non era arrivato il momento giusto per mettere tutto quanto da parte. Di una cosa, però, era certo: quando quel momento sarebbe arrivato, l’avrebbe saputo riconoscere. E l’avrebbe accolto a braccia aperte.
 
 
Scott avviò la moto con un rombo, dando qualche colpetto al pedale d’accensione prima di dare gas e partire. L’aria fresca della sera entrava dalla visiera del casco, che aveva lasciato aperta, facendogli lacrimare gli occhi. Sbatacchiò le palpebre più volte per cercare di alleviare quella fastidiosa sensazione: non aveva mai sopportato sentire gli occhi inumidirsi.
Sfrecciò lungo le strade di Beacon Hills, dirigendosi fuori città, nella zona industriale, dove aveva dato appuntamento a Kira. Da quando avevano debellato la minaccia del Nogitsune non si erano più rivolti la parola. Dopo la morte di Allison, Scott si era sentito lacerato, fatto a pezzi. Non aveva mai smesso di amarla e sapeva che per lei era lo stesso, e le strazianti parole che gli aveva detto in punto di morte non avevano fatto altro che riportare a galla le sofferenze che aveva cercato di lasciarsi alle spalle dopo il loro distacco, rendendo ancora più doloroso il ricordo dei tempi in cui si erano amati. Ma, nonostante tutto, Scott era riuscito ad andare avanti, a lasciarsi alle spalle, seppure con qualche difficoltà, la sua relazione con Allison e a vedere una nuova luce in Kira. Kira, che si era fatta da parte in silenzio dopo quella perdita che aveva straziato Scott, forse provata dal senso di colpa di essere la figlia di colei che aveva risvegliato quello spirito malvagio che aveva assassinato Allison. Ma lei non aveva alcuna colpa e Scott aveva deciso che era il momento che Kira lo sapesse, che, a piccoli passi, forse, sarebbero potuti ripartire daccapo.  
Svoltò a destra, superando un vecchio capannone, raggiungendo il luogo del loro incontro. Kira era seduta sui gradini di quello che, un tempo, doveva essere l’ingresso di quel fabbricato ora abbandonato: teneva il capo chino e si tormentava l’unghia del pollice. Alzò la testa solamente per un attimo quando udì il suono del motore.
Scott girò la chiave nel quadro e slacciò il casco, sfilandolo. Guardò Kira, che gli rivolse un mezzo sorriso più che mai imbarazzato. Scese dalla moto e si incamminò verso di lei, ma non l’avrebbe mai raggiunta: la porta del capannone alle sue spalle si spalancò all’improvviso e due uomini col volto coperto la afferrarono per le braccia prima che potesse riuscire ad opporsi.
«Kira!» urlò Scott, mettendosi a correre, mentre la ragazza gridava e si dimenava per cercare di sfuggire alla presa. Gli uomini la trascinarono all’interno del magazzino, sbarrando l’entrata. Scott prese a pugni la porta, ripetutamente.
«Kira!» gridò di nuovo «Lasciatela andare!»
Sferrò un calcio alla porta, mandando in frantumi il legno vecchio e marcio: l’interno dello stabilimento sembrava essere vuoto.
«Kira!» chiamò, sentendo solamente la sua voce che riecheggiava sui muri. Fuori, udì lo stridio delle gomme di un’auto: si catapultò all’esterno appena in tempo per vedere un Hummer nero sfrecciare via nella notte.
Corse alla sua moto, s’infilò il casco e fece per avviare il motore, quando si rese conto che non avrebbe più potuto inseguirli. Quegli uomini erano fuggiti, portando Kira con loro chissà dove. E lui non poteva raggiungerla: era scomparsa.


*Clare's Corner
Hello everyoneeeee! Tanto per cambiare, sono in ritardo, sebbene stavolta sia un po' più contenuto. Il mio entusiasmo post-laurea si è esaurito troppo in fretta anche per i miei gusti ç_ç
Anyway, eccoci qui con un nuovo capitolo, finalmente con Holly e Isaac che riescono ad avere un piccolo momento per loro. E poi ci sono Scott e Kira, che viene rapita dai possessori dello stesso Hummer nero che si è presentato a Chris Argent nel capitolo scorso - in realtà, scopriremo che è Horatio Caine, direttamente da CSI Miami, carramba, che sorpresa! Va bene, la smetto.
E niente, se avete voglia di farmi sapere cosa ne pensate ne sarò felice :)
See you next time!
C.

 
  
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