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Autore: Tayr Seirei    24/09/2015    2 recensioni
Un applauso infinito risuona alla chiamata sul palcoscenico, eppure...
Mezza citazione per presentare quella che, in realtà, è una storia che tratta di melone col prosciutto. E orchi, è una storia che parla di orchi!
E parla di gente che si perde nei boschi e gente che nel bosco ci abita, per la precisione in una casetta col tetto sbilenco. Una casetta che un po' odia e che qualcuno gli ha rubato. Eppure, in quella casetta ha anche qualche ricordo felice. Ma se si vuole tornare indietro bisogna prima andar via, giusto?
Ed è difficile, ma va bene comunque, perché quando lui ne ha bisogno Iwaizumi andrà a prenderlo - ovunque sia.
Poi questa storia parla anche di panini al latte, secchi senza fondo e sarti molto allegri, ma questo lo vedremo piano piano.
Al segnale, il sipario si alza e via, cominciamo!
[Iwaoi + Quel che succede quando si mescolano Cenerentola, la Iwaoi e Haikyuu Quest + Tanti OC random. (No, non è SU Haikyuu Quest, ma ne riprende qualcosina. Alla larga.)]
Genere: Comico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Voglio
Il
Mondo



Non voglio andarmene.
Voglio andar via, il più lontano possibile.
Quella è casa mia
Ma ora non lo è più.
Quello è mio fratello,
ma lui non si ricorda di me.
Voglio andar via, il più lontano possibile.
E tornare, dopo.
Sono stanco, tanto stanco.
Posso... riposare, ora, vero?
Solo un poco, lo prometto!
E poi... e poi...
... Iwa-chan ha promesso che mi aiuterà.
Non so nemmeno perché lo stai facendo -
devi odiarlo davvero, il melone col prosciutto.
Ma
ti dico
grazie.




Tooru non era felice, no, come dire...
Disperso in quel gran viavai che era la strada principale della città - ed era un po' come se fosse da solo, con Iwaizumi che camminava a passo di marcia qualche metro più avanti, il mento in su e l'espressione fosca. Era tutto impegnato a fingere di essere una persona cupa e violenta, quindi lui aveva supposto fosse meglio lasciarlo fare. Insomma, si divertiva tanto quando metteva in fuga i bambini e i piccioni con le sue occhiate torve! - aveva avuto già vari tipi di esperienze.
Ridere di come un mangiafuoco - con i vestiti in fiamme. - fosse corso a gettarsi in una fontana, ad esempio. Ma non ridere perché stava andando a fuoco, povero! Solo, come aveva sospirato di gran sollievo una volta riemerso dall'acqua... - e come un bambino fosse andato a fargli un gentile pat-pat sulla schiena, mettendosi sulle punte per arrivare il più in alto possibile.
Poi aveva rincorso per qualche metro dei bambini che giocavano alle gare di corsa sulle loro pentole a ruote; a parte rimirare le loro capacità meccaniche nell'aver creato un mezzo di locomozione così sofisticato - insomma, una pentola con le ruote! Ci si poteva sia muovere che cucinare dentro! Certo magari prima di cucinare era preferibile scendere dalla pentola, ma... - si chiese come avrebbe potuto convincere Iwaizumi a procurargliene una. Un calderone, magari, così ci sarebbe stato. Forse se l'avesse resa più attraente anche per lui, come proposta... e se gli avesse suggerito un calderone con le ruote, gli alettoni e le lucine ad intermittenza? Eh? Come avrebbe potuto dirgli di no? Anche il suo cavallo sarebbe stato felice di avere delle ferie, ogni tanto!
Però forse per il momento chiedergli una cosa del genere sarebbe stato da approfittatori. Stava pur sempre andando ad accamparsi a casa sua e... quanti dilemmi, quanti!
Infine aveva aiutato una vecchina a caricare tre grosse buste della spesa sulle scale mobili fuori di casa. Perché gli architetti della città dovevano aver ritenuto che con le casette a graticcio ci stessero bene le scale esterne, molto medievali, ma perché non fare una cosa pratica e metterle mobili? La città poteva vantare una fulgida tecnologia!
... Certo, casette a graticcio... bancarelle... tettini a punta coperti di tegole... era tutto così...
― ... europeo...? ― Fece per tirare la manica di Iwa-chan, ma quello stava cercando di avvicinarsi di soppiatto ad un altro piccione (e neanche li spaventava, stava lì a fissarli finché non se ne andavano, atterriti). Dunque alzò la voce: ― Ehi, Iwa-chan! Ma sei sicuro che siamo in Giappone, sì?
Iwaizumi raddrizzò la testa. ― Non ne sono mai stato troppo convinto, no. ― E inforcò le braccia sul petto con un sospiro dubbioso. ― Perciò una volta mi sono spinto fin sulla costa e ho chiesto a dei pescatori. Da quanto affermavano, siamo su una grossa isola di un grosso arcipelago che presumibilmente è il Giappone. Più di così non ti so dire.
A parte tutta l'ammirazione e la curiosità per l'infinità di viaggi che l'altro sembrava aver compiuto, be', se lo dicevano i signori pescatori non vedeva perché non fidarsi. Comunque, le case a graticcio facevano sì molto Nord Europa, ma sicuramente erano tanto carine da vedere! E lui era così, aveva un po' l'animo da edonista. O ce l'avrebbe avuto se negli anni passati avesse potuto esercitare qualche capriccio estetico sulla sua stanza e i suoi vestiti, e non dormire per terra e vestirsi di stracci con la sola compagnia di qualche bruco peloso. Ma ora, ah, ora...
Strinse il pugno e quasi tremò per la forza con cui l'aveva fatto - e l'emozione repressa, forse.
... potrò finalmente avere le lenzuola arancioni che ho sempre desiderato! Con le cuciture gialle! Oh, e il comodino con quattro cassetti, il porta-bicchieri e un tritaghiaccio!
Fosse mai che gli venisse voglia di tritare ghiaccio prima di dormire.
Era una persona con delle priorità, lui.
... certo, comodino a parte, non aveva smesso di pensare a tutto il resto. Ma aveva smesso di preoccuparsi o, almeno, aveva lasciato che quei pensieri cadessero in fondo alla sua mente.
In primo luogo, perché Iwa-chan aveva minacciato di lanciargli in faccia uno slime. O gellino, come lo chiamava lui. Sì, proprio uno di quei cosi gelatinosi che attaccavano i viandanti lanciandogli contro gelatina di frutta - con la frutta a pezzettoni. A pezzettoni. - e da cui lui fuggiva sempre a gambe levate o c'era il rischio di ritrovarsi gelatina alla frutta nei capelli per settimane.
Quindi era una minaccia seria.
In secondo luogo, perché...
... si guardò intorno. Il mangiafuoco che aveva ripreso con i suoi esercizi, il bimbo a fare il tifo per lui lì accanto; pentoloni che sfrecciavano per la strada; laggiù, al mercato, signore sorridenti che minacciavano di tirare contro gli astanti delle mirabolanti forme di formaggio della larghezza - e forse peso/durezza - di grossi sassi. Le case a graticcio così anormali ma così carine, profumo di pane e carne e fumo, chiacchiere, risate, urla e maledizioni mortali in lingue ignote, ma dette in modo inequivocabile...
Oh, Iwa-chan là di fronte che lo scrutava e forse si stava facendo qualche domanda.
Quasi da far girare la testa.
Questo mondo è bellissimo!
Quindi, no, Tooru non era felice, era felicissimo.
Poteva lasciar cadere quelle preoccupazioni. Il tempo di godersi quel mondo così colorato. E di capire, di riposarsi un po'. A pensarci ora, sembrava proprio una gran bella idea.
― ... comunque, non ti allontanare troppo. ― Iwaizumi sorvolò sulla sua distrazione, forse intuendo a cos'era dovuta, e lui gli fu grato che non cercasse di approfondire perché voleva gustarsi quella gioia tutta da solo, almeno per ora. Dopo, magari, l'avrebbe reso partecipe. ― Con quei vestiti, qualcuno potrebbe scambiarti per un servo in fuga e io non ho davvero voglia di ribaltare tutta una prigione o occuparmi di un rapimento o pagare un riscatto. Perlomeno ― si massaggiò una tempia: ― Potrei anche farlo, solo non... ora. Magari domattina se ne riparla. Quindi...
― Oh! Capisco, sì. ― ... E Tooru si torse le mani. ― Però...
― Vuoi andare al mercato. ― Indovinò l'altro.
Sospirò, ma sorrideva. ― E' così palese...?
― Il fatto che tu stia camminando di lato tipo granchio e ti ci stia pian piano avvicinando o le occhiate fameliche che gli stai dando potrebbero essere una specie di indizio. ― Iwaizumi annuì alle sue stesse parole e lui ammirò come fosse tanto sicuro di sé da annuirsi da solo: ― Per carità, non che non mi sembri comprensibile... dopo dieci anni a fare la spesa solo in un super-market dove non vendono nemmeno lo sgombro al cioccolato... per non parlare del fatto che sta in mezzo al bosco... quel bosco...
Da come l'aveva pronunciato pareva intendesse nello specifico Quel DANNATO bosco.
Poi era arrivato a bofonchiare e lui non ebbe cuore di fargli notare che, tutto sommato, aveva pure senso che in un bosco non vendessero pesce di mare. Sempre che per sgombro ricoperto di cioccolato si intendesse lo sgombro (pesce) ricoperto (azione del riversare qualcosa su qualcos'altro) di (preposizione) cioccolato (buono) - e parola sua, che cosa orribile! Perché fare così del male a del povero cioccolato?
Ad ogni modo, escludendo le signorine violente con i loro formaggi, il mercato pulsava di vita e sembrava lanciare richiami irresistibili; già da lì poteva vedere morbidi tappeti su cui ci si sarebbe rotolato più che volentieri - anche se forse i padroni della bancarella avrebbero cercato di prenderlo a scopettate -, alambicchi colorati, persone ammantate di strani vestiti che aveva visto solo nei libri e, dunque, dovevano venire da molto lontano, anche più del Nord Europa. Soprattutto, dei cosi che somigliavano a dei panini al latte e, sì, li aveva individuati perfino a cinquanta metri di distanza.
Ecco, nnno, andare al mercato nooon gli sarebbe dispiaciuto... giunse le punte delle dita, cercando una qualche scusa convincente che...
... oh, lo sapeva, sembrava un bambino. Ma non gliene importava daaavvero un accidente!
E l'altro, dimostrando grande empatia e capendo al volo come lui dovesse sentirsi, gli diede le spalle e se ne andò.
No, momento.
Gli scappò un "wah!" di disappunto.
― I-Iwa-chan! ― Gli corse dietro, una mano tesa: ― Non potremmo, anche solo un pochino-
― Ho detto di non allontanarti. ― Un gesto brusco della mano bastò per interrompere anche le sue parole. ― Ma intendevo per i prossimi dieci minuti. Stiamo andando a recuperare dei vestiti decenti per te.
Si sentì in diritto di spalancare la bocca. Vestiti decenti? Intendeva - nel suo solito modo di fare brutale ma pratico - che voleva comprargli dei vestiti nuovi?
― Aspetta, Iwa-chan, aspetta! ― Improvvisamente gli salì l'agitazione... o, come sperava, era in nome della buona educazione... ― Ma non c'è bisogno che spendi tanto per me! Se mi procuri della stoffa qualsiasi posso farmeli da solo!
... Iwaizumi si fermò e si voltò, tutto insieme, e tanto di botto che quasi gli si schiantò addosso.
Non era ben sicuro di come fosse riuscito a fermarsi in tempo - cosa che comunque era un bene perché avrebbe rischiato di spiaccicarlo e, nel caso non fosse morto sul colpo, avrebbe preteso una vendetta immediata quanto violenta. -, ma ora aveva davanti gli occhi color granito di Iwaizumi: ― Voglio comprarti dei vestiti. Ho soldi da buttare. D'accordo? D'accordo.
E riprese per la sua strada.
Suppose che quello fosse il fantomatico tono che non ammetteva repliche, quindi non protestò oltre.
... Anche se... ora avrebbe dovuto indagare sul perché quelle parole - e il tono con cui erano state dette, per non parlare dello sguardo omicida - gli avessero scaldato il cuore.
Doveva essere il sole di mezzogiorno, abbastanza caldo da colpire sotto la pelle.

Iwachan gli aveva anticipato che visitare la sartoria sarebbe stato pericoloso. Ma non ci aveva creduto, lui.
E ora, in quell'angusto negozietto illuminato a malapena da mezza candela, l'aria pregna di un forte odore di biscotti alla nocciola, un'ombra cupa appostata dietro il bancone...
IWAIZUMI! ― Quel grido aveva tagliato l'aria e Tooru poteva annunciare ufficialmente e tristemente di aver appena detto addio ad entrambi i timpani.
Poi un lampo - o forse era una persona che somigliava molto ad un lampo e si muoveva alla velocità della luce - scavalcò il bancone e si lanciò a missile verso di loro, inducendo Tooru ad augurarsi che quel rombo di sottofondo se lo stesse solo immaginando; mezzo secondo dopo, non sapeva bene come, si ritrovò di fronte ad Iwa-chan... ah, l'altro l'aveva afferrato per le spalle e trascinato davanti a sé... ovvero proprio dove il lampo-tizio stava puntando.
Oh. Lo stava usando come scudo.
Un attimo prima che potesse proferire le sue ultime parole, indignato - "Iwa-chan sei una persona orribile e NON PUOI USARE LA GENTE COME VITTIMA SACRIFICALE AL POSTO TUOOO", pressappoco, e mai parole sarebbero state più veritiere - e un secondo prima che il tipetto riuscisse a schiantarglisi addosso (e ucciderlo sul colpo o fare qualsiasi altra brutta cosa avesse pensato), quello inchiodò - puntellandosi sui talloni - e si fermò a pochi centimetri da lui, le braccia tese come se stesse per buttargliele al collo.
Si concesse di respirare: non era un lampo. E nemmeno un tifone tropicale fatto a persona. Solo un ragazzino con la pelle scura, gli occhi scuri e i capelli (scuri) raccolti in una coda che ondeggiava con furia, dopo il movimento repentino.
Ah, ah... ah, che esagerato, via! Spaventarsi per un ragazzino. Poi era sicuro che Iwa-chan non l'avrebbe mai davvero utilizzato come scudo umano... non avrebbe mai... non l'avrebbe mai fatto, vero...?
― ... Tu. ― Quel dito che il ragazzino gli aveva puntato contro e la soddisfazione in quelle poche lettere risultarono la cosa più inquietante, in tutto ciò.
Poi il ragazzino si rivolse ad Iwaizumi, ancora bello bello al sicuro dietro di lui (ed era davvero una persona orribile.), con un sorriso scandalosamente ampio: ― Sai che quando vieni a trovarmi illumini le mie giornate, Iwaizumi caro?
Iwaizumi lasciò andare le sue spalle - non si era accorto che ancora le stesse stritolando e, tutto sommato, doveva essere l'unico motivo per cui non era fuggito a gambe levate. - e sbuffò. ― Piuttosto dovresti illuminare qua dentro. Due candele, un fuocherello, una lavalamp di quelle alla gelatina di frutta neon, qualcosa. Non si vede un accidente.
― Oh, ma io ci vedo e vi vedo benissimo! ― Il ragazzino batté le mani e il modo in cui sottolineava certe parole rimaneva poco rassicurante: ― Ed è questo l'importante, giusto?
― Finché mi dai ciò che ti chiedo... ― Iwaizumi alzò lo sguardo al soffitto, esasperato, ma pareva anche... abituato? E Tooru pensò che, considerando la loro apparente confidenza, per quanto riguardava lui avrebbe anche potuto camminare pian piano verso la porta - raso muro, magari - e lasciarli ai loro affari.
La mano di piombo di Iwaizumi calò di nuovo sulla sua spalla non appena si mosse di mezzo millimetro in quella direzione. Perbacco.
― So già cosa vuoi chiedermi. ― Un passo indietro, forse per soppesarlo meglio, e il ragazzino portò una mano sotto il mento con fare sognante. ― Ma sì, ma sì, vuoi qualcosa per il tuo nuovo amico. Sempre in ottima compagnia, ti trovo!
Tooru si sarebbe risentito per come l'altro lo stesse studiando con la stessa faccia che faceva lui davanti ai panini al latte - almeno i panini al latte non ne erano consapevoli! - ma...
... quella frase implicava ci fossero altre ottime compagnie e di quali altre ottime compagnie parlava.
No, no, niente gelosia, macché. Mica aveva l'esclusiva. Ma... non aveva un caratterino un po' difficile, Iwa-chan...? (Insomma, faticava ad immaginarselo in mezzo a larghi e felici gruppi di amici che si facevano grandi risate... o quantomeno, se proprio si sforzava, poteva immaginarselo come Quello Che Sta Nell'Angolo Oscuro E Minaccia Di Stendere Con Una Bottigliata Chiunque Si Avvicini.)
― Ah-ha. Due paia di pantaloni, camicie, stivali... il solito. ― Iwaizumi fece un cenno sbrigativo ed era ammirevole come i due stessero parlando di lui (e del suo futuro guardaroba) senza nemmeno chiedergli lumi in merito; avrebbe pure protestato, ma visto che pagava Iwaizumi forse non...?
― Capito. ― ... e il ragazzo tese fra le mani un metro da sarto - recuperato non era ben sicuro dove, ma era probabile non lo volesse davvero sapere - con uno schiocco secco. ― Ora posso misurarti tutto, sì? ― Cinguettò, avvicinandosi piano.
Da quello, e dalla sua espressione - sempre settata su quel che lui identificava come "panino ora sei mio e ora ti mangio" - si poteva trarre una sola impressione concreta: che volesse legarlo con il metro.
Ma c'era Iwaizumi lì, e la sua mano sulla sua spalla che non gli permetteva di muoversi, non poteva succedere nulla di... bizzarro. Sì. Ne era sicuro.
Credeva.
Sperava.
Poi si perse in una tempesta.
No, era solo il ragazzo con i suoi capelli neri che gli volteggiava intorno ad una velocità improponibile, rischiando di schiaffeggiarlo con la sua lunga coda - e invece no, perché ogni volta arrivava a mezzo centimetro da lui e... tornava indietro - il metro giallo che si allungava, stringeva, schioccava, volava; se lo ritrovò intorno alla vita e in posti che non era ben sicuro del perché dovessero essere misurati da un sarto, ma fintanto che Iwa-chan non diceva una sola parola contraria... certo non sarebbe mai riuscito a spiegarsi perché gli avesse misurato la circonferenza dell'alluce destro, ma...
La tempesta di nero e giallo finì, rapida com'era iniziata, e lui soffiò per levare una ciocca di capelli che gli era ricaduta sull'occhio.
― Fatto! ― Il ragazzino portò le mani sui fianchi, palesemente orgoglioso del suo operato: ― Trenta minuti tondi tondi e ti preparo dei vestiti più carini. Che mi piange il cuore a vederti con quegli stracci! ― Senza dargli il tempo di replicare... o anche solo di pensare ad alcunché di sensato da dire, si portò indietro di qualche passo e proseguì imperterrito... ― Così starai meglio, no? Lascia che ti aiuti a... sentirti a tuo agio. ― Stavolta, il sorriso del ragazzino fu... caloroso, quel genere di sorriso che aveva visto un paio di volte di sfuggita sul viso di Iwa-chan (perché si impegnava a fondo per nasconderli, il disgraziato) e... gli sembrava di ricordare di averlo visto anche prima, molto tempo prima. Non da chi, però. Anche le parole erano state piacevoli e calde da sentire, come quel sole che c'era fuori.
― Qual è il tuo colore preferito?
― Eh? ― Tooru quasi sobbalzò nel ricevere una domanda diretta, ma non c'era bisogno. Non ricordava chi glielo avesse chiesto per ultimo, la risposta sì. ― Direi... celeste? Il colore che ha il cielo adesso...
― Quanto mi sei già simpatico... ― Il ragazzino fece l'occhiolino ad Iwa: ― Ecco, vedi? Lui sì che è una persona a modo!
Iwaizumi, per tutta risposta, tirò fuori la spada con molta casualità.
Non del tutto, il tanto da lacerare l'aria con un minaccioso sibilar di metallo. Corredando la cosa con una delle sue occhiate truci, la specialità della casa.
Secondo il suo modestissimo parere, per quelle scene si preparava in anticipo.
E il sarto tossicchiò. ― Sì, insomma, il celeste è anche il mio colore preferito. ― Gli tese la mano con un gesto fluido e non vide perché non ricambiare: ― Io sono Sora. Il piacere è tutto tutto tutto mio! ― Sorrise ancora... - no, d'accordo, proprio non ci riusciva. Quello era un ghigno nascosto alla bell'e meglio.
... Sora?
Gli venne comunque da ridere, nel ricambiare quella stretta: aveva appena arbitrariamente deciso che, sue stranezze a parte, Sora gli stava simpatico!
― Tooru! Posso dire che è anche piacere mio!
E... oh, voglia di ridere e poterlo fare. (Senza rischiare che qualcuno lo minacciasse con un oggetto contundente, un'arma impropria o un oggetto contundente e improprio.) Daaa quanto tempo che non si vedevano.
Ma che bello era, mh? Eh, eh~

La porta della sartoria si richiuse con un lento cigolio e Iwaizumi sospirò di sollievo.
Poi la porta si riaprì, lasciando vedere Sora che - a due passi dalla porta, il tanto per rimanere nell'ombra - agitava le mani in segno di saluto.
Iwa-chan gliela richiuse in faccia, poi rimase aggrappato alla maniglia.
Tooru se la rise perché, onestamente, non vedeva cos'altro avrebbe dovuto farci.
― Su, su... ― Si arrischiò a dargli una pacchetta sulla spalla. ― Non litigate, adesso!
Prestandogli lo zero per cento della sua attenzione, lasciò andare la maniglia...
E il battente tornò ad aprirsi, silenzioso, un millimetro alla volta...
Una venuzza pulsante sulla tempia di Iwa-chan.
D'accordo, forse sarebbe dovuto intervenire in prima persona per il bene di Sora, della sartoria e della quiete pubblica.
Tooru trascinò via Iwa prima che potesse buttar giù la porta con un calcio e, dopodiché, scaraventarla contro il sarto dispettoso. ― Suvvia. ― Non sapeva se stupirsi più del suo enorme talento - nascosto fino a quel momento - nel camminare all'indietro trattenendo una persona per le ascelle o se della straordinaria calma che sapeva mantenere perfino in circostanze simili: ― E' un po' strano, ma sembra simpatico!
Strano... ― Un sibilo. ― Rompiballe, piuttosto. Però... ― Sembrò calmarsi di botto, forse perché, trascina trascina, ora la sartoria non rientrava più nel loro campo visivo, e Tooru lo lasciò andare prima che pensasse di sfogare suoi eventuali istinti violenti su qualcuno più vicino - come lui, per fare un esempio del tutto casuale. ― Almeno è competente con il suo lavoro...
E voleva ben sperare, visto che gli aveva appena commissionato i suoi vestiti-
Iwaizumi dette un colpo di tosse sul pugno chiuso, poi si spolverò con cura gli abiti. Come se nulla fosse successo. ― Anche il principe viene a commissionargli qualcosa, di tanto in tanto. Almeno per i vestiti ci sa fare. Suppongo che questo lo giustifichi... un minimo.
... principe?
Tooru si soffermò a pensarci, cercando di figurarsi la scena: ― E il principe... ― Che non aveva idea di come fosse in nessun senso, perciò si figurò una grossa gelatina che entrava nella sartoria riempiendo il pavimento di roba budinosa: ― Prende bene il suo atteggiamento...?
Sincerissima curiosità. A parte il suo profondo desiderio di andare alla Scoperta Del Mondo, visto quel modo così allegro e spensierato che aveva Sora di porsi nei confronti delle altre persone si sentiva legittimato a porsi qualche domanda. Per come si era sempre figurato i reali - persone serie, composte e con molta poca benevolenza verso qualsiasi battuta che non fosse da tennis -, avrebbe pensato che l'incontro fra un tipetto del genere e un principe sarebbe finito con una rissa o con il sarto gettato nella più cupa e interrata e ammuffita delle celle dell'Aobajohsai. Certo che la muffa avrebbero potuto levarla, però. (Non bastava stare in cella, pure una cella ammuffita?)
Ma Iwaizumi pareva di altro avviso. Scrollò le spalle, indifferente: ― In realtà, il principe è uno dei pochi eletti con cui si comporta da... persona normale, se capisci quel che intendo. ― Non parlava di misurazioni utilizzando un lessico ambiguo, quindi? ― Perché lui dice che tanto è solo un tappo iperattivo.
― Lo dice il principe di Sora...?
― No, Sora del principe!
... ma non è anche lui un...? Oh, be'.
Però ora aveva una nuova informazione: il principe del loro ridente paese, che fosse il Giappone o un Nord Europa dove tutti avevano delle idee molto confuse riguardo la linguistica, era di statura non elevata (ma, alla fin fine, anche Iwa-chan non-) e forse andava in giro saltellando.
Forse i reali erano più simpatici di quanto avesse ponderato - ma era giustificato, dato che la sua unica fonte di informazioni finora erano stati i libri sopravvissuti in casa e quelli che fregava a Tobio-chan.
Si massaggiò il mento. Voleva eseguire degli studi più approfonditi.
― Ohi, Iwa! Iwaizumi!
Okay, e quella era la fine del suo interrogatorio - detto così che era più carino - di Iwa-chan. Uffa.
Si voltarono entrambi: se non fosse bastato l'allegro richiamo, bastava il gran fracasso di qualcuno che arrivava di corsa per suggerire la giusta direzione...
Un ragazzino - Iwa-chan era evidentemente circondato di ragazzini che correvano in giro alla massima velocità - con tutti i capelli dritti, un ciuffetto ribelle - ribelle perché biondo mentre gli altri erano castani, perché quello stava basso e gli altri no, quindi un disertore - e pezzi di armatura messi a caso.
Uno schiniere sulla gamba destra, una placca sulla spalla sinistra. E un... beh, guanto, che non ricordava più il nome vero e proprio... nella mano opposta. Il mantellino svolazzante nero gli stava bene, però.
― Buonsalve, Iwaizumi! Da un bel po' che non ci si vedeva, eh? ― E il tipo (lui che era un tifone tropicale fatto a persona) prese a dare energiche pacche sulla schiena di Iwa; non per dire, ma gli pareva di aver sentito un sottile crack venire dalla spina dorsale dell'altro.
Tooru si scansò di lato con tutta l'eleganza e la nonchalance possibili, onde evitare di venir coinvolto nelle... entusiastiche manifestazioni di giubilo del tipo.
Ma Iwaizumi era un uomo temprato dalle difficoltà della vita (?), un guerriero di tutto rispetto e neanche cambiò espressione. ― Nishinoya, Asahi... ― Modo di accogliere i nuovi arrivati molto semplice e incisivo.
... momento, erano in due.
Tornò a voltarsi: in effetti, c'era anche un altro ragazzo... uomo...? Un armadio alto due volte quando Nishinoya - supponendo che Nishinoya fosse quello spaiato -, con le spalle larghe, tanti muscoli e una faccia inquieta. Camminava piano e aveva alzato appena un braccio verso l'altro. ― Noya... ― Proferì, senza troppa convinzione, forse nel debole tentativo di placcarlo.
Che accoppiata curiosa.
Quello più piccolo, sebbene tale, avrebbe - e stava. - attirato l'attenzione dell'intera strada solo... beh, camminando; l'altro era del tutto avvolto in un gran mantello nero e sembrava cercasse di farsi piccolo piccolo - ma vista la sua stazza non avrebbe potuto nascondersi neanche in un armadio di medie dimensioni.
Sentiva che già quella giornata sarebbe stata molto istruttiva.
― Cominciavamo a pensare ti fossi di nuovo perso nel bosco! ― La risata di Nishinoya riecheggiò tutt'intorno, ma per quanto chiassosa era più un suono coinvolgente, che spiacevole: ― Che sarebbe la... ottava volta? Nona? Abbiamo perso il conto! Tu ricordi, Asahi?
― La nona. Ma... ― Asahi lanciò un'occhiatina ad Iwaizumi. ― Non credo sia il caso di ricordarglielo...
Oh, forse Asahi era solo preoccupato per la faccia che stava facendo Iwa-chan in quel momento.
Quella di quando aveva scritto in fronte "Darò fuoco a voi e a tutto quel dannato bosco", fra occhi socchiusi e labbra strette. Beh, comprensibile, gli istinti piromani dell'altro risultavano inquietanti pure per lui. Comunque...
― Ma stiamo scherzando, oh! Anche se è la pura verità. ― Nishinoya fece un gran sorriso, come se non avesse davanti un Iwaizumi assetato di sangue - del suo sangue -, poi diede un colpetto di lato con la testa: ― Allora, questo ragazzo qui? Il tuo nuovo protetto?
Misterioso piacere di Tooru nel sentirsi definire così.
Poi realizzò che se era nuovo dovevano esserci stati anche dei vecchi.
Misteriosa irritazione nel capirlo.
La fronte di Iwaizumi si rifece liscia: ― .. Nah. In questo caso direi più che è un mio ospite...
... tornò al misterioso piacere.
― Avrai un soggiorno a cinque stelle, quindi! ― Nishinoya... Noya e basta, che era più corto... gli rivolse il segno dell'okay. ― Certo, sempre se riesci a sopravvivere. ― ... e rise. ― Il nostro drago a sette teste non è così famoso per i suoi modi di fare amichevoli! Ad ogni modo, Iwaizumi... ― Iwa-chan cercò di tirargli un calcio sullo stinco, ma in meno di mezzo secondo il ragazzino stava già dall'altro lato. ― Ti cercavo. Asahi, qui, ha fatto un eccellente lavoro nel reperire informazioni di prima mano! E come al solito, direi. Sono sicuro che quel che ha da dire ti interesserà...
― ... potrebbe, sì. Cos'altro hai da aggiungere?
Noya tese la mano. ― Che fanno duecentocinquantamila yen. Sgancia!
La pelle di Asahi andò sfumandosi in varie tonalità; dal color carne ad un delicato rosa sbiadito, dal giallo semi-trasparente al bianco candido. ― Noya! ― Quasi si strozzò: ― Scusalo, Iwaizumi-san. Sai che è così irruente che...
Iwaizumi scosse il capo. ― Bah. Se fai un buon lavoro, mi pare ovvio richiedere un giusto compenso.
― Sì, ma... ― Asahi sospirò. ― Diciamo che ci sono modi più gentili per farlo. Ora ― e piazzò una mano sulla bocca di Noya prima che quello potesse continuare a dire cose sconvenienti: ― Parliamone con calma, va bene? D'altronde tu e questo ragazzo avrete altro da fare, ora, immagino. ― Sorrise mentre il ragazzino si divincolava, di sotto: ― Domani, okay?
― Sì, domani andrebbe benissim-
― AHIA! NON MORSICARE LA GENTE!
― E TU NON SOFFOCARMI!
Tooru giunse le mani, affascinato. Anche Asahi e Noya parevano due persone simpatiche che avrebbe avuto piacere di conoscere.
Iwa roteò gli occhi. ― Sì, ok. A domani. Andiamocene, va'.
Diede le spalle ai due, che non se lo stavano più filando - Asahi troppo preso a ripulirsi la mano nel mantello, Noya a dimostrargli quant'era offeso (?) - e se ne andò a passo di carica, come suo solito.
Gli tenne dietro, cercando di non ridacchiare perché intuiva come non fosse proprio il momento migliore: ― Quindi che si fa, ora?
― Recuperiamo del cibo. Poi torniamo dall'altro rompiscatole a prendere i tuoi vestiti. E dopo... ― Iwaizumi si voltò appena per esibire da sopra la spalla quello che, in controluce e di sfuggita, sembrava proprio un sorriso: ― Ho appena detto che sei mio ospite, no? Ti mostrerò la tua nuova casa.
Oh.
Oooh...
Meglio correre, allora.

Scaffali invasi dai libri - messi in ordine, messi in disordine, impilati uno sull'altro, aperti, chiusi e con grossi segnalibri che spuntavano dalle pagine.
Clessidre. Ampolle. Tre grossi bauli e uno non si chiudeva, una catena di perle che sporgeva fino a terra. Sacchi di quel che presumeva essere monete d'oro.
Ed era riuscito pure a farci stare un divano, un grosso letto, un tavolo, un fornello e due sediole che altrimenti pareva brutto!
Due intere pareti, poi, erano tutte a vetri, fornendo la casetta anche di piacevole panorama-turistico-sui-tetti-della-città.
Entrare nella casa di Iwa era come entrare fra i rami di un albero; tutto era pieno, tutto sporgeva, tutto sembrava venirti incontro.
... Eppure...
Provò a toccare un curioso aggeggio con una fila di palline appese: la prima sbatté contro le altre e, dal lato opposto, l'ultima pallina cominciò ad oscillare. Poi continuò a muoversi da solo. Ritrasse la mano di scatto - e controllò che Iwa-chan non fosse appostato lì intorno per mollargli uno scappellotto - ma rimase ad osservarlo, intrigato.
La casa era piena, eppure non dava una sensazione soffocante. C'era tutto lo spazio per muoversi con comodo, non si rischiava di sbattere contro qualcosa.
Ad Iwa-chan doveva semplicemente piacere circondarsi di tutti i suoi tesori...
... raccolse una manciata di conchiglie da uno scaffaletto e le esaminò tenendole fra i palmi delle mani: minuscole conchiglie rosate, bianche, sfumate di viola. Perlacee. Così sottili da doverle toccare con la massima cautela, per non rischiare si sfaldassero come la sabbia da cui venivano.
Tesori o forse, piuttosto, ricordi. Che dovevano essere la stessa cosa.
― Comunque, tu dormi sul divano. ― Fece Iwaizumi all'improvviso e, in teoria, avrebbe dovuto rovinargli l'idillio.
A lui, quello abituato a dormire su un pagliericcio con un cuscino di foglie e bruchi.
Sorrise soltanto e si avvicinò a passi leggeri, godendosi il legno levigato sotto i piedi, per poi lasciarsi ricadere sul divano... rimbalzò perfino e... ah, quant'era morbido...?
Sprimacciò i cuscini sotto le dita. La consistenza era delizia sotto i suoi polpastrelli.
Divano. Morbido. Caldo. Divano. Dormire su qualcosa di meno duro del pavimento, che in realtà era fatto di sassi perché nella sua vecchia stanza non c'era nessun pavimento. Ah.
― ... non ti starai già mettendo comodo? ― Riaprì gli occhi che non ricordava d'aver chiuso, notò come Iwa-chan stesse ghignando e pensò che, forse, avrebbe potuto far finta di essersi addormentato sul colpo.
Coma da divano, straordinario malore che coglie la gente non appena tocca i cuscini del suddetto e la costringe a poltrire là sopra per ore e ore, senza dare alcun segno vitale.
― Ehm... perché no?
Non era bello che stesse ghignando così. No. Davvero.
― Devi ancora farti la doccia e cambiarti, no?

Splash.
― AAAAAARGH L'ACQUA E' FREDDA E' FREDDA E' FREDDISSIMA-
c-cosa ci sono, i c-cubetti di g-ghiaccio!?
Le braccia strette sul petto nudo e scosso dai brividi di freddo, Tooru si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere Iwaizumi afferrare una manciata di cubetti di ghiaccio da uno dei secchi ai suoi piedi e scaraventarli di sotto da una finestrella.
― Allora c'era d-davvero!? E non pensi nemmeno alla p-p-povera gente a cui hai appena tirato dei cubetti di g-ghiaccio in fronte!
Iwa-chan scosse le spalle e, parola sua, pareva si stesse davvero divertendo un mondo; mentre lui doveva lottare per il non mozzarsi la lingua da solo quando parlava.
Ora comprendeva quella fantomatica malvagità di Iwaizumi Hajime di cui parlavano.
Avevano ragione. Tutti quanti.
― Non ti lavavi con l'acqua fredda anche di là? ― La cosa spaventosa non fu tanto la calma con cui lo proferì, il suo ovvio divertimento nel torturarlo o che ancora stava sorridendo, ma il fatto che avesse preso un altro secchio da svuotargli addosso.
Arretrò, agghiacciato. ― Sì, m-m-ma non era C-COSI' fredda! ― Avrebbe messo la testa in un freezer pur di stare più al caldo, al momento.
― L'acqua fredda fa bene. ― Iwa scosse le spalle e si preparava a lanciare...
― N-no c-che non fa bene! Non ho bisogno di t-tonificare niente! Mi sta bene essere molliccio, sono carine le gelatine! E... e poi, ma che ci fai tu nella doccia con me!?
Iwa abbassò il secchio di mezzo millimetro. ― Come te la lavi la schiena?
― Incollo una s-spugna alla parete e mi ci strofino c-contro-
Splash.
― AAAAAH IWA-CHAN ME NE TORNO NEL BOSCO DA DOVE SONO VENUTOOOO!


Il perdono, per Iwa-chan, arrivò solo quando esibì un bellissimo ventaglio a pannelli solari con cui
Tooru poté asciugarsi. Ad ogni colpetto mandava aria bollente. Bollente.
Onore e gloria a chiunque l'avesse concepito; che invenzione meravigliosa. Giusto i trentasette giorni di ricarica in cui bisognava lasciare il ventaglio fermo su una finestra sotto il sole rischiavano di sciupare un po' quel piacere proibito, ma valeva l'attesa. Nel frattempo, esistevano comunque gli asciugamani - insomma, confidava Iwa non si facesse la doccia ogni trentasette giorni. Anyway.
I vestiti nuovi lo aspettavano.
Tra le sue infinite chincaglierie Iwaizumi nascondeva anche uno grosso specchio; ora l'aveva appoggiato sulla porta d'ingresso, il più lontano possibile dalle pareti a vetri, nell'angolino della casa con maggior spazio di manovra.
Su una delle sediole, lasciata là vicino, ci aveva già sistemato i suoi vestiti - non prima di averli sventolati col ventaglietto magico. Almeno per una volta nella sua intera esistenza voleva provare l'ebbrezza di indossare vestiti caldi e setosi.
Alla biancheria già aveva pensato, che non gli pareva... uh... bellino andare in giro per casa nudo.
Dopodiché.
Non si guardò intorno. Bastava tener gli occhi fissi sul suo riflesso obbediente.

... Non aveva mai amato troppo gli specchi...


La manica della camicia scivolò sulle sue braccia, leggera, tante piume sulla pelle - però non le piume esterne che erano rigide e impermeabili, quelle interne che rimanevano belle soffici. Anche se non aveva idea del perché ora stesse pensando alle piume interne degli uccellini. Comunque era molto acculturato riguardo l'ornitologia. -, pure l'altra manica era liscissima e, per dire la verità, tutta quella camicia era morbida e piacevole al tatto, tanto che rabbrividì quando la stoffa risalì la schiena.
Abbottonò con calma ogni singolo bottone.

... perché quel che di solito ci vedeva era soltanto un ragazzo stanco e coperto di cenere...


Dopo venivano i pantaloni... dei pantaloni che non erano troppo larghi... si adattavano alle forme. E non avevano la consistenza della carta vetrata, cosa per cui le sue gambe gli resero un sentitissimo grazie.

... non era il suo riflesso, quello, e nessuno l'avrebbe mai convinto del contrario...


Un minimo di tacco per gli stivali. Ma, come si rese conto quando si rialzò, non ne aveva bisogno.
Perché era davvero...
― ... alto. ― Tese la mano e incontrò quella del suo riflesso, anche se i suoi polpastrelli erano freddi, di vetro: ― Non mi ero mai reso conto di essere così alto. ― Sorrise e per metà fu un sorriso dolente, per l'altra un sorriso di gratitudine: ― Mi sembra di essere rimasto a quando avevo otto anni...
Qualche secondo di silenzio.
E una risposta che non si aspettava: ― Ti sembra?
Abbassò le braccia di scatto, piccato: ― Che cattiveria, Iwa-chan! ― Gonfiò le guance; il tono dell'altro era stato onestamente stupito. ― Mi hai rovinato l'attimo di raccoglimento interiore!
A parte Iwa-chan e i suoi palesi tentativi di sabotaggio, poteva affermare a giusta ragione che gli abiti nuovi gli stavano proprio bene.
Per qualche misteriosa ragione, aveva voglia di alzare la mano mettendo le dita a V. Non era forse una vittoria, quella?

... Ora cominciava a rivedersi.


Anche se avere di nuovo qualcosa fra i suoi piedi - che nel corso degli anni avevano sviluppato una pelle più solida della corteccia - e il pavimento lo disorientava...
Iwa mosse due dita nella sua direzione, un invito a seguirlo. ― Dobbiamo discutere, ora.
Oh, era quel momento. Iwaizumi andò ad... accomodarsi sulla sedia dall'altro lato del tavolo, nella sua amata Posizione Al Contrario - neanche a lui dispiaceva mettere la sedia al contrario, ma così non ci si poteva dondolare.
Lo seguì a ruota trascinandosi dietro la sedia che aveva usato come appendiabiti. Lui però si mise bello composto, la schiena dritta e le mani sulle ginocchia. Per dieci minuti voleva illudersi di essere una personcina per bene. (?)
Occhi negli occhi, Iwa intrecciò le mani e le tenne al di sopra delle labbra, come una coppa.
Avrebbero dovuto accordarsi, ora. Patti chiari e amicizia lunga, giusto?
― Dovremo stabilire alcune piccole linee-guida. ― Non distolse lo sguardo nemmeno per un secondo... ― Dato che vivremo insieme, ci sono cose da chiarire prima. ― ... e non sbatteva le palpebre. Iwa-chan si prendeva troppo sul serio. O forse aveva la membrana come i serpenti.
Comunque, Tooru annuì: ― Certo! Dimmi tutto!
― In primo luogo, se mai ti trovassi a pulire qualcosa, ti prenderei a scapaccioni. Perciò non ci pensare neanche.
... nel rendersi conto della premura nascosta dietro quelle parole così violente, Tooru si sentì molto lusingato; però, se glielo avesse fatto notare, non faticava ad immaginare come Iwa avrebbe sollevato il tavolo che li divideva per usufruirne come arma impropria. Tenne il piacere per sé.
― ... d'accordo, d'accordo. ― Si lasciò sfuggire un mezzo sorrisino, mezzo soltanto. Alzò le mani:
― Posso cucinare, almeno? Voglio aiutare anche in casa! Iwaizumi sbatté le palpebre per la prima volta dopo mezzo minuto. Socchiuse gli occhi e forse era solo per non far vedere che stavano lacrimando. ― ... faremo dei turni.
― Ma-
Turni.
Se poteva dir di no a lui, con la sua spada era un altro paio di maniche. ― Okay. Ma esigo quello di domenica!
― Posso concederti domenica e festivi. ― La spada tornò lentamente sotto il tavolo. ― Per il resto, fai come se fossi a casa tua. Cerca solo di non rompere niente. Non c'è bisogno di chiedermi il permesso per usare qualcosa o se ti servono soldi: prendili. Ne ho pure troppi.
Allora quei quattro sacchi dietro il letto erano davvero di monete d'oro. Si grattò una guancia. ― Ma non mi sembra il caso di prenderli così come se niente fosse...
Iwaizumi ghignò: ― Lo so. Secondo te perché ti do il permesso? So che non lo farai.
... psicologia inversa? Parlare con l'altro sarebbe stato sempre un vero e proprio scontro verbale, e a lui mancava l'allenamento. Ma era abbastanza sicuro di non essere nemmeno un caso così disperato. Ancora una carta da scoprire... ― Intendevo... non potrei guadagnarmeli in qualche modo?
Un'altra lunga pausa e seppe di aver toccato il tasto giusto.
Si concesse di insistere: ― So che avevi in mente qualcosa, quando mi hai portato qui. ― Scommessa azzardata? ― Quindi...
... era una persona gentile, Iwa-chan, e questo l'aveva capito. Ma era anche abbastanza intelligente da non fare niente per niente. E da parte sua, andava bene così; se avesse potuto aiutarlo in qualsiasi modo...
E Iwaizumi, che era stato leggermente chino in avanti fino ad allora, si tirò su. ― ... mi hai scoperto. In effetti, avevo già pensato a qualcosa. Hai tutte le carte in regola e per il resto non è niente che il tempo non possa risolvere...
Per un lungo istante si ritrovò a pendere dalle sue labbra, ansioso di sapere...
― ... voglio che tu diventi il mio partner.
― ... stai parlando del tuo lavoro, vero...?
Iwa-chan inarcò un sopracciglio. ― Di cos'altro dovrei stare parlando?
Tossicchiò. ― No, scusa, l'hai detto con una faccia che...
L'altro aprì la bocca per ribattere, ma poi forse dovette pensare di non voler davvero approfondire. ― Comunque, sì, vorrei che tu fossi il mio partner sul lavoro. Sei alto, muscoloso e veloce. Un po' di allenamento e dovresti già imparare almeno a tenere in mano una spada...
A tenere in mano, dunque era più questione di estetica che altro.
― ... e potresti scacciare chiunque con una pallonata. E' un lavoro pericoloso (ma ci sono io) e altamente remunerativo (ma ci sono io che prendo il settanta per cento minimo, finché non impari ad usare la spada). Garantite visite in posti esotici e rischiare la vita due volte a settimana. Che ne dici?
... due secondi due per riordinare le idee.
Lì c'era Iwa-chan che gli aveva appena proposto di diventare suo partner - in campo lavorativo, ovviamente - si offriva di insegnargli tutti... o quantomeno quelli che servivano per non morire all'istante... i trucchi del mestiere e voleva anche portarselo dietro nei suoi lunghi viaggi.
La schiena fu percorsa da un brivido, centimetro per centimetro, dal collo alla vita.
Però non era un brivido d'inquietudine, tutt'altro.
Si alzò. ― Sai, Iwa-chan, c'è solo una cosa che vorrei ora...
Espressione interrogativa sul volto dell'altro.
Tooru scavalcò la sedia stando bene attento a non inciamparci per non fare brutta figura proprio in quella e scattò verso una delle tante finestre; spalancò entrambi i battenti, premurandosi di stare in mezzo alla corrente. Le maniche della camicia si agitarono come sperava. Allargò le braccia: ― Voglio il mondo!
― ... come, scusa?
L'espressione di Iwa-chan era passata dall'interrogativo allo sconcertato e lui ci rise su. ― Quel che ho detto. Insomma... ci sono tante cose! Da qui si vede il mercato, che è pieno di roba interessante e la voglio vedere tutta. Nella vietta qui accanto ci sono ancora Asahi e Noya che discutono e cielo, che discussione lunga! E Sora era simpatico. ― Strinse i pugni con forza, gli occhi persi nella città che si estendeva di fronte a loro... ma anche più avanti, sul bosco in lontananza, sulle montagne ancora più lontane sfumate di violetto; e poi lì, dove si finiva sempre, nel cielo. ― Voglio imparare. Conoscere le persone. Voglio anche imparare a difendermi, così non avrò più problemi riguardo meloni, megere e orchi.
Volse solo la testa verso Iwa; non di scatto, un gesto fluido. Non sapeva come, ma voleva condividere quel sentimento con lui. ― Quindi, sì, voglio il mondo e lo voglio tutto quanto. E saprò anche cosa... fare. ― Non aveva smesso di pensarci, non l'avrebbe mai fatto, però avrebbe potuto farlo in modo diverso. ― Venire con te sarebbe il modo più veloce per ottenere quel che voglio e poi... sembra divertente! Dunque...
Avrebbe potuto farlo. Guardò il suo pugno stretto. Tremò appena.
― Dunque...
... avrebbe potuto farlo, dunque lo avrebbe fatto. ― Ci sto. Accetto! ― ... e gli porse la mano.
Iwaizumi esitò mezzo secondo, prima di stringerla di rimando. Scosse il capo, eppure.... sorrideva anche lui, divertito. Si compiacque di come sembrava felice. ― Sai che sarò un insegnante intransigente, vero?
Tooru mise tutta la sua forza nella stretta: ― Oh, sì. Ma anche io sarò uno studente molto esigente, promesso!


[Io voglio
vedere il mare,
io voglio
amare la gente.
]





Yohoo!
Sì, ce l'ho fatta ad aggiornare! *A*v Anche se devo dire che per i miei standard quattro capitoli in cinque mesi sono un record coff coff-
(Specifichiamo: io sono lenta ad aggiornare. In realtà, a scrivere sono alquanto veloce. Solo, scrivo molte cose.)
Ah, questo capitolo... ah, questo capitolo... *^*^*^*
C'erano alcune scene che stavo prooooprio aspettando e, a vederle scritte, oh gaudio, oh giubilo! <3 *Chi vota per Tooru che si doccia e si riveste davanti allo specchio? Complimenti, hai vinto!*
Poi ho potuto impelagarmi col PoV di Tooru per la prima volta in questa storia. E' stato... interessante. Al momento è ancora un po' timido, un po' esitante. Vuole essere se stesso, ma avrà da imparare, prima...
Però non c'è problema. Iwa ha promesso che gli insegnerà tutto. U.U *E lui non vede l'ora, davvero.*
Abbiamo potuto presentare anche un cambio di ambientazioni e personaggi! Come avevo detto, Tooru/Iwa/Tobio NON sono gli unici personaggi di Haikyuu presenti x° Asahi e Noya saranno due personaggi ricorrenti anche se non appariranno tantissimissimo - però è garantita la loro presenza nel prossimo capitolo - e ci sono altri due tizietti che dovrebbero apparire a breve sicuri. U.U Non escludo appaia anche altra gente, ma...
Parlando solo dei ricorrenti, questi. Di sfuggita dovremmo nominare altra gente ancora x°
Bon, visto che siamo in tema personaggi: Sora. Che è un mio OC nato appositamente per questa storia, ma assomiglia in modo curioso ad un personaggio di una mia storia originale...x° Non che siano uguali, diciamo che... potrebbero essere cugini di primo grado, lol. Ad ogni modo anche lui è un personaggio secondario, non prenderà parte alla trama vera e propria U.U' *Consideriamolo una sorta di... jolly.*
Ah! Ora che abbiamo definito il principe "tappo iperattivo" nessuno capirà mai chi potrebbe essere, eh? x°°D *Ma apparirà più avaaanti... alla fine, in pratica*
Il prossimo capitolo credo sarà ugualmente tutto dal punto di vista di Tooru - anche per scrollarmi Iwa dalla testa. -, poi passerò a farli alternati che mi piace di più!
Se qualche pezzo vi è sembrato ambiguo, no, tranquilli. E' tutto a senso unico. QUEL senso.
Tutta la bella gente che ha letto/legge, messo negli elenchini e recensito ha i miei più sentiti ringraziamenti! <3
Vi posso anche salutare, ora.
A preeesto!
Bye!



- "Voglio vedere il mare, voglio amare la gente" era una citazione che avevo visto nel manga Princess Resurrection, per quel che ricordo segnalata come "Ballata del mostro". Tuttavia su Google non la trovo proprio e mi è sorto il dubbio fosse una citazione inventata. Oh, be', è figa comunque.

- Si dovrebbe essere evinto dal capitolo, ma. Tooru non ha la minima concezione dello spazio... o meglio, di quanto spazio occupa lui; per qualche ragione ha registrato che Iwa-chan è "basso", ma finora non aveva la minima idea di essere alto. E non sa neanche di essere piuttosto prestante.
(Nel pezzo con Asahi, infatti, lo considera "alto"... ma lui e Asahi sono alti uguale.)

- Per chi non fosse pratico di RPG, gli slime/gellini sono quei mostriciattoli blob di livello infimo che si trovano sempre nelle primissime fasi dei videogiochi x° *Anche Haikyuu Quest ne è pieno*


  
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