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Autore: lauramelzi    24/09/2015    7 recensioni
"I-io non penso sia una buona idea.." lei sussurrò piano.
La dolcezza del suo smarrimento era quasi tangibile. Stefano le sorrise, bastardo.
L'alito del fascista le accarezzava le labbra, e Gaia sentiva il suo cuore batterle come impazzito nelle orecchie.
Annegò nei suoi occhi, oltre che nella vergogna, e come ogni volta in cui i loro sguardi si incatenavano, si creò un'elettricità che pregava di essere liberata.
Perché non voleva ascoltarla ora? Perché la stava ... perché si comportava così?
Confusamente Gaia si rese conto dell'inevitabile fine che le sue labbra avrebbero fatto di lì a poco.
Doveva fermarlo, pensò sconcertata.
... faceva così con tutte, era un montato, inafferrabile e irresponsabile.
lui, lui..
Lui la guardò.
La guardò e vide sotto la fievole luce della bajour quegli occhi nocciola, così sinceri, e con essi tutte le difese che la ragazza avrebbe voluto erigere contro di lui se avesse potuto, e le fece capire immediatamente che le avrebbe annientate se mai ci fossero state, che le avrebbe fatto ciò che era inevitabile, ciò che spingeva entrambi a stuzzicarsi ogni giorno, a essere così suscettibili, vulnerabili e ... duri.
"Non è mai una buona idea a fare la differenza."
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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Gaia vide un paio di occhi azzurri e freddi come il ghiaccio oltre il finestrino, poi la portiera del passeggero si aprì. 
 
Respirando nervosamente, scese dalla macchina e si guardò attorno. 
 
Si trovava in una zona di Roma a lei sconosciuta, ma piacevole alla vista.
 
Le case erano attaccate le une alle altre, come pinguini difronte al gelo, e si affacciavano tutte su piccoli cortili graziosi incorniciati da basse staccionate.
 
Gaia non credeva fosse possibile trovare un posto così silenzioso, eppure così pieno di vita in se. 
 
Era magnifico, uno spettacolo che mozzava il fiato.
 
Un lieve venticello le scosse i capelli, ricordandole che si stava facendo sera e ormai era freschetto.
 
"Qual è?"  domandò con un sorriso euforico.
 
La risposta fu un breve cenno del capo. "Seguimi" 
 
Il mozzicone di una sigaretta cadde per terra, mentre il ragazzo ne espirava l'ultimo tiro.
 
Si voltò, guardandola negli occhi mentre sul viso gli si affacciava un sorriso impertinente.
 
"Ti piacerà, fidate."
 
Gaia annuì con lo stesso entusiasmo di una bambina, e lo seguì impaziente.
 
Passarono in mezzo al piccolo giardino, colmo di terrazze piene di fragili orchidee e splendidi ciclamini screziati.
 
Lo stupore per tutta quella bellezza racchiusa in quella modesta intimità la fece commuovere e Gaia si ritrovò a nascondere gli occhi lucidi facendo attenzione ai gradini che portavano al portone in legno chiaro.
 
"Se devi piangere fai in modo di starmi lontana." 
 
Gaia lo guardò stizzita, scorgendo però in quel viso severo un accenno di sorriso divertito. Aggrottando la fronte, tirò su il naso e si tolse un ciuffo di capelli dagli occhi.
 
"Ma taci piuttosto, e apri quel dannato portone."
 
 
 
 
 
 
Stefano arrivò in classe in ritardo e si produsse in un sorriso falsamente riluttante (ma segretamente compiaciuto), per poi sedersi tra Giorgio e Liuk.
 
Il professore iniziò la lezione, borbottando qualcosa a proposito di quanto facessero pena i tempi moderni. 
 
Lo sguardo di Stefano sorvolò velocemente su tutte le capocce della classe, per poi bloccarsi su una testolina in particolare in prima fila. Inconsciamente si incantò per pochi attimi. Quasi intravedeva appena un piccolo nasino spuntare da sotto quel ciuffo.
 
D'un tratto gli arrivò una gomitata su un fianco. Imprecò malamente sottovoce, e alcune teste si girarono. Attese un attimo per far calare l'attenzione che aveva risvegliato, poi si girò furente.
 
"Di' un po', ma sei diventato scemo Gio'?"  gli chiese col viso paonazzo. Giorgio aveva sempre avuto quella particolare abilità di beccare i punti critici tra le costole.
 
E faceva un male cane.
 
"No, è solo preso da mia cugina" disse Liuk, guardandoli appena. Era intento a scrutare il cellulare, sotto il banco.
 
Stefano parve incuriosito.
 
"... davvero?" chiese al biondo guardandolo con un sopracciglio alzato. Il viso di Giorgio si fece d'un tratto tirato.
 
"Perché, nel caso?" chiese monocorde. Una scintilla si annidava in fondo a quegli occhi, una scintilla che Stefano riconobbe subito. Era la stessa che si accendeva come una miccia ogni qual volta una rissa stava iniziando, la stessa che si infuocava quando ultimamente si parlava di Anita. Stefano si sorprese, ma non lo diede a vedere. Decise di andarci leggero.
 
"Bhe, insomma te la sei trombata?" 
 
Liuk smise di guardare lo schermo, e guardò Giorgio con l'aria di volerlo uccidere.
 
Il biondo deglutì a vuoto, poi rivolse l'attenzione su un bigliettino che gli era volato davanti agli occhi. Stefano con un sorriso beffardo lo prese e leggendovi come immaginato un numero di cellulare, rivolse un sguardo alla bruna due file davanti a loro, che ricambiò subito.
 
"Bhe anche tu mi sembri alquanto preso" ribatté Giorgio, osservandolo.
 
Stefano mostrò un sorriso pigro, e si prese tutto il tempo di distendersi lungo lo schienale della sedia come un gatto prima di rispondergli. 
 
"Hai preso un abbaglio."
 
"Non intendo quella bruna, come tu sai." disse il biondo affabile.
 
Per tutta risposta Stefano prese il fogliettino e lo piegò davanti ai suoi occhi, per poi infilarselo in tasca. Omettendo che l'avrebbe buttato non appena Giorgio si fosse allontanato. 
 
"Comunque ho intenzione di portare Anita al ballo." 
 
"Tu cosa?!" Liuk quasi fece cadere il cellulare dalle mani. Giorgio lo guardò negli occhi, sfidandolo a contestare. Liuk aprì bocca, per dirgliene quattro. Entrambi sapevano benissimo che era inaffidabile, incapace di essere fedele, disinteressato a relazioni durature, favorevole a spassarsela, e ... 
 
E il suo migliore amico aveva compreso quello che c'era tra lui ed Elle.
 
E finché non fosse stato sicuro della reazione di Stefano, Liuk non poteva rischiare. Al solo pensiero che qualcosa potesse accadere ad Elle, tutta la sua rabbia sparì, lasciandolo senza parole, con uno strano peso sul petto.
 
Guardò Giorgio freddamente, sentendosi tradito da quella minaccia implicita.
 
Poi si alzò e uscì dalla classe senza chiedere il permesso. 
 
 
 
 
 
 
 
 
Elle soffocò a fatica uno sbadiglio, mentre la voce noiosa del professore perseverava nell'aria. Finalmente la campanella suonò, e tutti gli studenti parvero rianimarsi come un sol uomo. Presi dalla paura di perdersi pochi degli essenziali secondi della ricreazione, si gettarono come bufali imbestialiti verso la porta, bloccandosi di tanto in tanto per spingere gli uni sugli altri.
 
"Elle, tesoro, noi andiamo in bagno, ci accompagni?" Elisabetta, che quel giorno mostrava almeno due anni in più di quanti ce ne aveva per quanto fondotinta si era spennellata sul volto, le rivolse un sorriso frivolo. Dietro di lei, Maria fece una smorfia con la bocca che Elle non seppe come interpretare.
 
In realtà aveva appuntamento con Gaia di sotto, ma le pareva scortese rifiutare.
 
Con non troppo entusiasmo le seguì fino al bagno. 
 
Il corridoio era deserto, e un vociare confuso proveniva dalle finestre aperte sul cortile.
 
Rabbrividì mentre un soffio di vento freddo le sfiorò la pelle scoperta del collo.
 
Elisabetta le appoggiò il telefono e il portafogli in mano, e Maria fece lo stesso non appena pochi secondi dopo si liberò un bagno.
 
Comprendendo l'utilità penosa del suo accompagnarle, Elle con un sorriso triste si diresse verso gli specchi, vicino all'uscita.
 
Vide se stessa riflessa, in un'immagine che la lasciò insoddisfatta. I capelli raccolti in una morbida coda, mostravano il suo viso, così diverso dal resto. Così sotto le righe per quella scuola. Così ... strano.
 
Chiuse gli occhi, desiderando per un attimo ritornare a quella mattina. Nessuno sembrava notare che lei e Liuk arrivassero solo con pochi minuti di differenza, ...  e la strada, e gli sguardi, e tutto ciò che per lei era divenuto un universo.
 
All'improvviso qualcuno le coprì gli occhi con delle grandi mani, che arrivarono a carezzarle le guance. Elle sobbalzò allarmata. Rimase impalata, con due cellulari e un portafoglio a occuparle entrambe le mani. Poi, d'un tratto, la superficie ruvida di quei palmi la fece sorridere. 
 
"Brava gattina" una voce roca le arrivò a sfiorarle l'orecchio, lasciandola in balia di brividi.
 
Elle sentì un leggero morso sul collo e ridacchiò, cercando di scansarlo con la spalla.
 
"sei sleale" sussurrò al buio, con una sfumatura d'amore nella voce.
 
"fino in fondo ..." un altro morso, poi un bacio "... quando si tratta di te." 
 
Elle come risvegliatasi da un sogno, sentì con orrore lo scatto metallico della serratura dei bagni. In un attimo la lieve pressione contro il suo viso, la presenza  contro la sua schiena, e il sussurro incantatore contro la sua pelle, svanirono. Un altro scatto metallico.
 
"Elle? Dove sei? Mi è parso di sentirti parlare con qualcuno!"
 
"Ah eccola, il mio cellulare? Perché sorridi?"
 
 
 
 
 
 
 
 
Stefano stava cercando di non pensare al famoso "ballo" o come lo definiva lui "la pagliacciata di fine novembre", ma era proprio scientificamente impossibile.
 
Femmine con occhi pieni di emozione andavano schifosamente in giro per un loro mondo, fatto di vestiti, scarpe, acconciature e accompagnatori.
 
E che Dio lo perdonasse, ma lui non avrebbe mai partecipato. 
 
Mai. 
 
Solo l'idea di dover "danzare" con una ragazza appiccicata al petto, o meglio trascinarla a fare giro giro tondo, altroché "mondo", a lui cascavano i coglioni!
 
Ed era praticamente certo che Liuk la pensasse come lui. Proprio non ce lo vedeva a ballare con una ragazza. Anzi ... No, no, meglio non immaginare proprio niente. Niente riguardo a questa cretinata.
 
In quel momento vide Gaia uscire con Anita dai giardinetti, e come se la bionda e Giorgio fossero stati legati da un filo, lui si alzò e si incamminò verso di lei. Liuk era sparito, e forse era stato un bene visto il sorrisone che Anita rivolse a Giorgio. 
 
Stefano rimase a fissare sconvolto come quei due sembravano intendersi alla meraviglia. Perché non si era accorto dei nuovi risvolti imbecilli che la mente di Giorgio sembrava aver preso?
 
Confuso distolse lo sguardo. Gaia era a una decina di metri da lui, che lo fissava. E Stefano sentiva dentro di se, che fosse dannato, il profondo timore che lei potesse chiedergli di invitarla al ballo. Cercò di pensare velocemente a una qualche scusa, perché aveva l'inquietante sospetto che non avrebbe saputo dirle di no.
 
Per un attimo si concesse di immaginarla, mentre la teneva stretta contro di se, facendola volteggiare. Il suono fresco della sua risata, i baci teneri contro il collo che le avrebbe dato, il profumo vellutato e irresistibile della sua pelle ...
 
"Ehi" 
 
Stefano voltò di scatto la testa, e si ritrovò a dare una zuccata ad un'altra persona. Appena si rese conto che l'oggetto dei suoi pensieri smidollati si stava massaggiando la fronte aggrottata, scoppiò a ridere.
 
Gaia lo guardò ostile, cercando di capire se era tutta una tecnica per farla fuori. 
 
"Ma dico, sei diventato pazzo?" borbottò a bassa voce.
 
Stefano con un sorriso sincero la strinse a se con un braccio. 
 
"Tu mi fai gli assalti, amore." le rispose con voce roca contro i capelli.
 
Il cuore di Gaia perse un colpo. Poi si accorse del sorriso da canaglia che spuntava sul quel viso, e si diede della cretina.
 
Ma il momento era troppo bello, e Gaia istintivamente poggiò la testa sulla sua spalla.
 
Lo fece piano, dandogli quasi il tempo di levarsi dal suo fianco, mentre una piccola parte di lei ne assaporava ogni singolo microsecondo.
 
Ma anche se ne ebbe la possibilità, lui non lo fece.
 
Fu il turno di Stefano di perdere il respiro.
 
Per fortuna si riprese abbastanza in fretta da sentire che gli aveva dato dello spaccone.
 
Stava per darle della suora, ma si trattenne in tempo. Con un moto d'orgoglio, sentì che quell'appellativo gliel'aveva cancellato lui stesso dal corpo.
 
Adorava la sensazione che lei gli appartenesse.
 
Sentiva, sapeva di legarla a se, con ogni movimento del proprio corpo contro il suo... mentre con le altre ragazze questo "sesto senso" non l'aveva proprio percepito.
 
A volte si chiedeva se era questa consapevolezza a renderlo empatico nei suoi confronti, ma poi si riscuoteva dandosi del cretino. Lui non era fatto per essere sensibile, o men che meno fragile per qualcuno. 
 
Si fece coraggio.
 
"Volevo informarti che sei libera, se vuoi scegliere un accompagnatore per il ballo." Il tono era volutamente distratto, come a celare quanto stesse pesando quelle parole per non ferirla. D'altronde le stava donando la sua benedizione per divertirsi con qualcun'altro, quello era un atto cavalleresco, cercò di pensare.
 
Gaia lo guardò, con una strana luce negli occhi. Stefano poteva percepire quasi l'odore delle sue lacrime.
 
"T-tu non vieni?" chiese quasi come stesse cercando di capire se avesse sentito bene. Gaia cercò di mandare giù il magone, ma ... inevitabilmente aveva sperato che la volesse accompagnare lui. 
 
"Vedi... non mi piace troppo ballare per questi eventi..." si fermò non appena scorse una lacrima rigarle la guancia arrossata dal freddo "no, tesoro, no ... non piangere, sei libera, puoi fare quello che vuoi..." le asciugò velocemente il viso bagnato, per poi stringerla a se non sopportando la vista di quelle lacrime.
 
Fu un'impressione, ma sentì un soffocato "non è vero".
 
 
 
 
 
 
 
Il ballo si avvicinava, e le ragazze del quinto anno stavano facendo gli scioperi della fame, mentre negozi di vestiti venivano svaligiati uno dopo l'altro.
 
Le stelle illuminavano Roma dall'alto, con una luce fioca che gettava tristi ombre sopra i tetti della città.
 
Stefano bevve un sorso di birra, poi la passò a Liuk. Si infilò la mano in tasca ed estrasse il pacchetto delle Marlboro, insieme all'accendino.
 
Un silenzio solitario aleggiava tra loro. Ognuno era immerso nei propri pensieri, perso ai confini della realtà.
 
Un gatto saltò da un tetto a un altro, una luce di una finestra si accese poco più in là, e uscì del fumo da un vecchio camino in lontananza.
 
Stefano percepì che Liuk lo stava fissando. 
 
"Hai saputo che Gaia tra poche ore va al ballo con un certo Simone?" si sentì chiedere.
 
Ovviamente l'aveva scoperto pochi minuti dopo l'accaduto, ma Stefano tenne per se quella risposta. Il formicolio che sentiva sulla pelle, gli faceva venir voglia di menare qualcuno.
 
"Dicono che sono carini insieme" aggiunse Liuk.
 
Altra provocazione, altro fremito nascosto da un tiro di sigaretta. Gaia era libera, poteva fare quello che voleva, con chi voleva.
 
"Ma che lo dico a fare, tanto tutti lo vedranno stringerle il culo mentre danzeranno." 
 
Con un ringhio Stefano si scagliò contro di Liuk, che finì disteso sotto il suo peso. Stefano alzò un pugno pronto a colpirlo, ma Liuk gli diede una ginocchiata in mezzo alle gambe. A quel punto Liuk invertì le posizioni, e con agilità lo bloccò sotto di se.  Stefano gli tirò un paio di pugni sullo zigomo, e Liuk contraccambiò sulla sua mascella. Stava avendo la meglio ormai, ma si fermò.
 
Stefano aveva abbassato le difese, lasciandosi volontariamente senza guardia. Lanciandogli uno sguardo di chi la sa lunga, Liuk si tolse dal suo petto, e gli si distese affianco.
 
Attese, mentre i loro respiri creavano delle piccole nuvole nell'oscurità della notte.
 
"Non riesco a lasciarla andare." disse infine Stefano
 
 
"Allora lasciati andare."
 
 
"Ma lei è ebrea, cosa penseranno di me ... di noi?" 
 
Vi fu un attimo di silenzio.
 
"Per te conta che lei sia ebrea?"  gli chiese Liuk guardandolo.
 
Stefano sapeva quella risposta già da un mese, eppure dirla ad alta voce gli faceva provare paura. Paura del cambiamento, delle emozioni. Ammettere quella semplice realtà, lo avrebbe fatto sentire diverso, o semplicemente di nuovo se stesso?
 
Non sapeva che cosa urlare al cielo.
 
Liuk attese, mentre un dolore lancinante allo zigomo si permeava su tutto il lato sinistro del viso.
 
Poi sentì una flebile risposta, farsi strada nell'oscurità della notte.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Gaia pensò che paradossalmente non avesse mai vissuto giorno più brutto di quello che si era immaginata come un finale quasi da favola.
 
Eppure, con Simone sempre intorno, il suo morale era addirittura stato sepolto con chili e chili di terra.
 
Quando era giunta lì alle nove in perfetto orario, si era quasi aspettata di veder comparire qualcuno all'ingresso dei camerini, per salvarla da quell'idiota.
 
Ma niente. 
 
E per di più, doveva sorridere per tranquillizzare Elle, che non vedendo arrivare Liuk aveva iniziato a farsi prendere dal panico. E non c'era niente di peggio che tranquillizzare una persona che non aveva nulla da temere. Gaia ne era certa. Liuk sarebbe arrivato in tempo.
 
"Ma se avesse cambiato idea?" chiese afflitta mentre sfilava le forcine e le riposizionava disordinatamente.
 
Gaia le prese le mani tra le sue, e la fece sedere difronte a uno specchio. 
 
"Tesoro, tu non hai proprio niente di cui aver paura." le sussurrò dolcemente pettinandole i capelli lucenti "Liuk ha detto che ci sarebbe stato e ci sarà." Elle iniziò a torturarsi le unghie delle mani.
 
Non si accorse del velo di tristezza che oscurò lo sguardo di Gaia. 
 
Era difficile evitare di paragonare le due situazioni. Liuk teneva ad Elle, era evidente. Come era evidente che se Stefano avesse veramente tenuto a lei, non l'avrebbe scaricata al primo che capitava.
 
Al solo ricordo del bacio che Stefano le aveva rubato fuori dalla classe, alla sua promessa implicita di non distanziarsi più, sentì il petto serrato in una morsa feroce. Posizionò le forcine con praticità e la fece alzare in piedi, ammirandone il risultato.
 
"Sei bellissima, amica mia." le disse emozionata.
 
Elle si sciolse in un sorriso dubitante, ma dolce al contempo.
 
La abbracciò di getto, e per Gaia quello significò più di mille parole di conforto. 
 
"Se voi due avete finito, vorrei specchiarmi anche io..." Lo squittio della voce di Jessica fece distorcere il sorriso sincero delle due ragazze. Mentre lentamente si allontanavano, Elle chiese a Gaia confusa: "Ma con chi viene quella strega?"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Liuk arrivò pochi minuti prima dell'inizio, con un brutto livido rossastro sotto lo zigomo. Elle sbiancò letteralmente, mentre i suoi occhi focalizzavano quanto dolore stesse provando Liuk in quel momento.
 
Liuk le prese il viso tra le mani, e la baciò a stampo, zittendola.  
 
"Sono qui per ballare con te, solo questo."
 
Gaia poco dietro di loro, non si lasciò distrarre dal bacio che aveva sconvolto tutti, ma da quelle parole. Dentro di se, una vocina le stava gridando che tutto ciò non era giusto, che non se lo meritava di essere sola, che anche a lei qualcuno dovesse tenerci così tanto prima o poi.
 
Il ballo iniziò e venne celebrato il primo valzer, che lei ballò tra le braccia di Simone. Aveva voglia di andarsene, restare da sola, e piangere fino a che lo stesso suono del suo pianto l'avesse infastidita. 
 
Il valzer finì e Simone la scortò a bordo pista. Gaia si sentiva una bambolina di pezza nelle sue mani, senza vita propria.
 
L'unica cosa che la rincuorava era che almeno Elle avesse avuto la sua favola con Liuk, che la teneva stretta come fosse fatta di una qualche strana sostanza fragile, come potesse spezzarsi in mille pezzi da un momento all'altro.
 
Jessica, che si voleva gustare la sua vittoria, chiese a Leo di andarle a prendere da bere, e nel frattempo si avvicinò a Gaia e Simone.
 
"Gaia tesoro, non sarai gelosa per caso se io e il tuo affascinante accompagnatore ballassimo questo valzer vero? So bene che è l'ultimo, ma sai ... sei molto nota per la tua gentilezza e così ho pensato che ... "
 
"Va bene" la interruppe velocemente Gaia, non potendo sopportare oltre.
 
Non le costava niente, visto che quell'ultimo valzer non sarebbe stato comunque bello per lei.
 
Li guardò andare via mano nella mano, come due vecchi amici, e dirigersi al centro della pista da ballo. Poco dietro di loro, Gaia scorse Giorgio guardare intensamente la sua compagna bionda.
 
D'un tratto qualcuno le toccò una spalla da dietro. Sussultando spaventata, Gaia si girò su se stessa. Si ritrovò difronte un paio di occhi scuri come l'oblio, che la destabilizzarono.
 
Il volto di Stefano era rilassato, mentre la guardava intensamente. Gaia, tra il battito impazzito nelle sue orecchie, notò che la mascella aveva uno strano colorito, e le ci volle poco a collegare il tutto con lo zigomo rossastro di Liuk.
 
Smarrita si guardò in giro, e vide che tutti li stavano osservando. Riportò lo sguardo su Stefano, non sapendo che fare.
 
E poi l'inimmaginabile.
 
Stefano le porse la mano, invitandola a ballare con lui, a seguirlo, ad avere tre minuti di assoluto folle coraggio.
 
E Gaia si vide con il respiro trattenuto nel cuore, stringerla. Sentiva le ginocchia deboli, e sperò confusamente di non cadere come una neonata ai primi passi.
 
Si vide trascinata a lui, in quello che ormai doveva essere sommo silenzio.
 
Anche la musica taceva, ascoltando i battiti dei loro cuori.
 
Il vento scosse le fronde degli alberi, e le foglie si lasciarono condurre al cielo, inesorabilmente verso l'alto. 
 
Stefano la guardava, e i suoi occhi neri come il più profondo degli abissi sprigionavano audace sensualità, consapevolezza e desiderio. Le sue labbra si stirarono in un sorriso pigro, e dopo un attimo la strinse a se con delicatezza.
 
Gaia sentì i propri fianchi sfiorare quelli di lui, e il resto del mondo sparire in una coltre di nebbia. Il suo profumo l'avvolgeva, inebriandola, sfiorandole la pelle, entrandole dentro per imprimersi come fuoco denso in ogni sua cellula.
 
Sconvolta dalla portata delle proprie emozioni, gli sorrise impacciata. Stefano le avvolse la vita con un braccio, tenendole l'altra mano imprigionata con la propria.
 
Il carceriere del suo cuore che ballava con la propria vittima, condannandola ormai all' ergastolo. 
 
La musica vagò nell'aria, intrecciando i loro destini incompresi agli occhi altrui.
 
Gaia lasciò che la sua testa si posasse sul petto di Stefano, rannicchiandosi in quella calda sicurezza che per pochi minuti, quello era il momento più bello della propria vita.
 
Danzarono lentamente, con un armonia che li univa attimo dopo attimo, un'armonia che quasi pareva essere stata persa nei secoli.
 
Gaia chiuse gli occhi, seguendolo ciecamente, lasciando che fosse l'anima a guidarla. 
 
Percepiva i loro corpi volteggiare nello spazio, avvolti dall'immensità del tempo.
 
E per un attimo, quel momento le parve infinito.
 
Alzò il volto, desiderando vederlo un'ultima volta per incorniciare la fine di quello che avrebbe potuto, ma non sarebbe mai stato, un ultimo inizio perfetto.
 
Ma non appena sollevò il viso verso quello di Gargano, le labbra di Stefano si posarono sulle sue, avvolgendole delicatamente in modo travolgente, suggellando un emozione comune a entrambi.
 
Un boato di applausi esplose intorno a loro, e Gaia lo respinse spaventata mentre Stefano le sorrideva sulle labbra. 
 
Non permettendole di allontanarsi, Gargano la prese per i fianchi e la fece girare verso i compagni. Poi con voce abbastanza alta affinché tutti lo potessero sentire, disse:
 
"Questa, cari amici, è la ragazza più testarda e cocciuta dell'intero sistema solare. Nonché acida e dannatamente permalosa..." delle risatine arrivarono dalla folla, e le guance di Gaia arrossirono violentemente.
 
"...Ma" proseguì con un sorriso fintamente sconsolato, mentre la sua voce si faceva più dolce "anche fragile, tenera e meravigliosamente mia. Che io sia fottuto se me la lascerò scappare." Un altro applauso e diversi fischi fecero tremare il cuore di Gaia, già a rischio d'infarto.
 
Non stava ciarlando, vero? Gaia sentiva il proprio cuore batterle a mille nel petto. Non poteva essere tutto uno scherzo quello, perché se così fosse stato ne sarebbe uscita distrutta. 
 
"Gaia?"
 
Smarrita, girò il viso per guardarlo, distogliendo lo sguardo perso dai compagni.
 
Sgranando gli occhi, lo vide inginocchiarsi impacciatamente difronte a lei, e porgerle una mano.
 
"Vorresti stare con questa sporca canaglia?"
 
Gaia annuì convulsamente mentre le lacrime di gioia le scivolavano giù dalle guance, e senza aspettare oltre si buttò fra le sue braccia. Stefano che intanto si era alzato, quasi cadde all'indietro per quello slancio improvviso, e iniziò a ridere di cuore, insieme a tutto il resto del suo mondo.
 
 
 
 
 
 
EPILOGO
 
 
 
 
 
 
Elle e Liuk, con le mani strette, avanzarono ridendo lungo un marciapiede scuro.
 
La notte li nascondeva alle luci tremolanti dei lampioni, accogliendoli nella sua immensa infinità.
Liuk le parlava del ballo come fosse stato il momento più imbarazzante della sua vita, ma Elle non riusciva a smettere di ridere, al ricordo di lui che nascondeva il viso nel suo collo mentre tutti li guardavano sconcertati ballare stretti uno contro l'altra.
 
 Poi Liuk si fermò, con l'aria di chi sta riflettendo su una cosa. Elle si arrestò, con ancora un sorrisino in viso.
 
Liuk si girò verso di lei, guardandola con un'intensità tale che Elle si dimenticò il motivo per cui stava sorridendo. Quegli occhi azzurri sembrarono perquisirle l'anima.
 
"Ti fidi di me?" 
 
La sua voce era vellutata, profonda, la scosse dentro.
 
"Si" sussurrò, mentre un'elettricità primitiva si impossessava del suo corpo.
 
La pelle fremeva, ancora prima del contatto.
 
La magia, ancor prima della logica.
 
Liuk si avvicinò, lentamente, come una lince selvatica che circondava la sua preda preferita.
 
Poi sfiorandole il naso con il mento, le girò attorno, posizionandosi alle sue spalle.
 
Elle sentiva il sangue come miele bollente scorrerle nelle vene, puro fuoco contro il gelo della notte. 
 
Poi i suoi occhi vennero coperti delicatamente, dalle mani di Liuk. 
 
"Vai avanti" le sussurrò contro la tenera pelle sotto l'orecchio. Sorrise nel notare i brividi della ragazza, ma questo Elle non poté vederlo.
 
Fece come lui le aveva detto, e Liuk la vide teneramente fare due passi avanti.
 
Elle lo sentì muoversi di poco. Poi un suono metallico, come la serratura di un qualche cancello.
Sentì la spinta del suo bacino contro la schiena, e istintivamente fece un passo avanti, col cuore in gola. Il buio totale la avvolgeva, non permettendole di essere sicura nei movimenti.
 
Ma a un altro passo, sentì qualcosa cambiare nella consistenza del terreno. Come fosse più cedevole, malleabile. Ansimò quando qualcosa le sfiorò il piede coperto da un sandalo. Un corpo decisamente fragile le si era infilato nel sandalo, e le accarezzava la caviglia. Elle con stupore si accorse che si trattava di un filo d'erba.
 
Un'altra spinta sensuale contro la parte alta del suo sedere la fece avanzare. Elle, vergognosamente eccitata, respirava a fatica e si doveva concentrare per non perdere l'equilibrio.
 
"Attenta ai gradini, bambina. Hai il corrimano alla tua destra." le mormorò contro il collo niveo.
 
Cercando di mettere in fila un pensiero dietro l'altro, Elle cercò a tentoni un contatto alla sua destra. 
 
La sua mano toccò qualcosa, levigato al tatto. Seguendo il corrimano, Elle fece tre gradini poi incespicò.
 
"Ferma così, tesoro." Liuk con una mano le coprì entrambi gli occhi, e con l'altra armeggiò producendo uno stridio metallico. Poi un sonoro "Clack" echeggiò nelle orecchie della ragazza. Un leggero scatto delicato lo seguì.
 
Liuk riprese la sua posizione, e la guidò avanti, con una mano posata protettivamente sul ventre della ragazza.
 
Elle aveva caldo, caldo come in una tipica giornata romana in agosto.
 
E sentiva lo stomaco contratto, in confusione.
 
Percepiva il bisogno di girarsi, stringerlo a se e baciarlo, liberando quell'energia che la faceva tendere come una fragile corda di violino.
 
D'un tratto Liuk sciolse la presa leggera sul suo volto, e gli occhi di Elle furono innondati di luce. Sbattendo più volte le ciglia, si guardò attorno preoccupata. Ma niente, niente di quello che si era aspettata di vedere le si trovò difronte.
 
Esterrefatta, dischiuse istintivamente le labbra, lasciandosi scappare un piccolo singhiozzo.
 
Erano sul ciglio di un piccolo monolocale. 
 
Un piccolo ma modesto salotto occupava il centro della stanza, con un grande divano color beige a L accoccolato nell'angolo. Una piccola TV era accostata alla parete opposta, sopra a un mobiletto bianco con dei cassetti. Un tavolo di legno era apparecchiato per due sotto la finestra, a lume di candela e a vista delle stelle luminose del cielo.
 
Un soppalco con una scala a chiocciola, separava l'alto soffitto dal pavimento in parquet.
 
Elle salì piano, quasi avesse paura di cadere, le piccole scale mentre sentiva vagamente alle sue spalle il suono della porta che si chiudeva. Sentiva gli occhi lucidi, mentre un'emozione forte le opprimeva il respiro. Arrivata in cima, le si bloccò il respiro.
 
Un letto matrimoniale era al centro di quella perfetta isola di legno scuro, coperto da un piumone color lavanda. Un piccolo comodino era l'unica cosa che l'accompagnava nella sua elegante solitudine. 
 
Uno strano rantolo le uscì dal petto, ed Elle si prese il viso tra le mani. Calde lacrime le scesero lungo le guance arrossate. La schiena era scossa tra i singhiozzi. Sentì le mani di Liuk sulla schiena, bollenti, sul collo, sul viso... la accarezzò, lasciandola calmare, stringendola teneramente a se.
 
"Sei a casa" le sussurrava all'orecchio " è solo per noi" 
 
Elle era entrata in uno stato confusionale, quasi fosse ubriaca. Ubriaca di lui. Ubriaca del suo amore. Si lasciò cullare, sentendo che ogni pensiero razionale era sparito dalla sua mente. La sua pelle era più sensibile, accaldata, e quasi non sopportava più il contatto contro i vestiti di Liuk.
 
Elle alzò il visino verso quel volto decisamente maschile, dai tratti fini e levigati.
 
Guardarono uno nell'anima dell'altra, per istanti che parvero infiniti.
 
Poi Elle avvertì le mani di Liuk farsi delicatamente strada sulla sua schiena, verso la zip del vestito. Quello cadde a terra con un fruscio.
 
La ragazza portò tremando le mani sulla camicia bianca di Liuk, per poi iniziare a sbottonarla lentamente. Continuavano a fissarsi, come insaziabili della loro sintonia.
 
Liuk quella notte la depredò delle sue perfette imperfezioni, e delle sue dolci, infondate paure. La baciò dappertutto, donandole un sentimento che a pochi è veramente riservato nella vita.
 
Un'emozione che va al di là della fisicità, del tempo, dello spazio.
 
Ed Elle gli donò tutta se stessa, corpo, anima e cuore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ED ECCOCI GIUNTI ALLA FINE DI QUESTA AVVENTURA, VISSUTA INSIEME A VOI FIN DALL'INIZIO...  GRAZIE, GRAZIE DAVVERO A TUTTI! ^.^  SIETE STATI VOI A SUPPORTARMI NEI MOMENTI DIFFICILI E A DARMI I CONSIGLI PREZIOSI E UTILI. QUESTA STORIA è NATA CON VOI, E ANCHE CRESCIUTA. 
SPERO CHE QUESTO FINALE VI SIA PIACIUTO, INSIEME AL RESTO *.* (oddio lo spero davvero tanto, fatemi sapere ogni giudizio, sia positivo che non!)
CON LA SPERANZA DI NON AVERVI DELUSO IN NIENTE, UN BACIONE 
LALLA
 
PS NON SPARISCO, MI TROVATE SEMPRE QUI A EFP, INTENTA A SCRIVERE ALTRE STORIE ^-^
  
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