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Autore: Temperina    25/09/2015    2 recensioni
Esiste il contrario di déja vu. Lo chiamano jamais vu. È quando incontri le stesse
persone o visiti gli stessi posti in continuazione, ma ogni volta è come fosse la prima.
Tutti sono sconosciuti, sempre. Niente risulta mai familiare.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Avete mai desiderato rivivere un giorno dall’inizio alla fine?
È quello che è successo a me.
Solo che nessuno mi ha chiesto quale.
E io non ho potuto scegliere.
Siamo di nuovo nel bagno di Amber, dove tutto è iniziato e dove tutto potrebbe finire.
La mia vita, quella di Paige, di Alex e di Peter.
Il tempo si dilata.
Non esiste più un prima, così come non esiste ancora un dopo.
Esistiamo solo noi.
Alex mi guarda senza dire niente.
« Non farlo » mormoro, « ricordati. »
Ricordati di me.
Non lasciarmi.
Non lasciarmi andare.
Percepisco un lampo nei suoi occhi, qualcosa di inafferrabile.
Alex abbassa la pistola.
« Cosa stai facendo? » Peter si affaccia alla porta del bagno. « Sparale, cazzo! »
Alex punta di nuovo la pistola contro di me, io trattengo il respiro, poi lui si volta di scatto verso Peter e preme il grilletto.
Nella vita reale spesso non si ha una seconda occasione, non si può fermare il tempo e riavvolgerlo, si può solo prendere atto di quello che è successo e imparare dai propri errori.
Anche i momenti peggiori contengono insegnamenti preziosi, lezioni che ci aiuteranno a crescere, ci renderanno adulti e, forse, migliori.
Apro gli occhi.
Non sono in camera mia e non è più venerdì.
Mi trovo in ospedale ancora intontita dai sedativi che mi hanno somministrato.
Mia madre ha gli occhi gonfi e arrossati, capisco che ha pianto.
« Sto bene » cerco di rassicurarla. « È finita. »
« Oh, tesoro, se solo penso a quello che sarebbe potuto succedere! » mi abbraccia forte.
« Alex? » chiedo alla fine di quel lungo abbraccio.
« L’hanno arrestato. »
« Mi ha salvato. »
« È entrato in quella casa con una pistola. Quattro ragazzi sono morti! »
« Avrebbe potuto sparami» mormoro, «ma non l’ha fatto. »
Ha cambiato idea.
Peter ha ucciso quattro persone quel venerdì e ne ha ferite altre sette.
In un certo senso, siamo tutti morti quel giorno.
Eppure il mondo fuori non si è fermato.
Sto facendo finta di dormire, quando sento qualcuno che bussa alla porta della mia camera.
« Avanti. »
« Ciao » è il debole saluto di Amber, lo sento appena.
« Ciao » rispondo tirandomi su.
Credevo che fosse Paige o, meglio, lo speravo.
Non ci siamo ancora parlate da venerdì. Ogni tanto controllo il mio cellulare, se la batteria è carica o se c’è segnale. Apparentemente non c’è niente che non va.
Nemmeno io l’ho chiamata. Non sono ancora pronta a parlare di quello che è successo, di quello che ha fatto Peter o di quello che ha fatto Alex.
« Stai bene? » domando ad Amber.
Lei scuote la testa, ha un braccio fasciato, ma non credo sia quello a farle male. « È stata tutta colpa mia » dice a un tratto. « Ho chiesto aiuto a Peter per diffondere le foto di Diane e, in cambio, l’ho invitato alla mia festa. »
« Non sapevo che Peter avesse qualcosa a che fare con la diffusione delle foto. » Non me lo sarei mai aspettato da lui. Solo ora mi rendo conto di quanto poco lo conoscessi in realtà.
« L’ho invitato solo per gentilezza, non pensavo venisse davvero. Tanto meno che facesse quello che ha fatto » continua Amber. « Diane è morta. »
Come al solito non so cosa dire.
La sua migliore amica è morta.
Il mio migliore amico l’ha uccisa.
« L’ho odiata in quest’ultimo periodo. Per la storia di Kevin... » continua Amber. « Se solo potessi parlarle un’ultima volta, le direi che non importa. Non m’importa. Io e Kevin ci saremmo comunque lasciati alla fine dell’estate, ognuno di noi avrebbe continuato la sua vita, in college diversi, in due stati diversi. Diane doveva trasferirsi a New York con me. È stata la mia migliore amica per quattro anni, eravamo come sorelle. »
« Lo so. » Mi alzo e l’abbraccio. « E anche Diane lo sa. »
« Tu credi nella vita dopo la morte? »
Ci credo?
Non lo so.
Non so più niente.
Non riesco ancora a dare un senso a quello che è successo.
Sono sempre stata una persona pragmatica e non c’è niente di logico in tutto questo.
« Se potessi... » riprende Amber, « parlare con Peter, cosa gli diresti? »
« Gli chiederei perché l’ha fatto. »
« Cos’è successo con Alex? » tira su col naso. « Se era d’accordo con Peter, perché gli ha sparato? »
Ripenso a quello che è successo in bagno. « Non lo so. È successo tutto... in un istante. »
Tutto scorre inesorabilmente, sia le giornate felici e spensierate che i giorni peggiori, quelli in cui ci sembra di annegare sulla terraferma.
Tutto passa.
Anche il dolore.
« Riley... Non pensavo di vederti. » Il carcere ha reso Alex diverso, più adulto. « Sei qui per il Ringraziamento? »
Annuisco.
« Come va al college? È come te l’aspettavi? »
« No » è la prima parola che dico.
Ho sempre pensato che la vita vera sarebbe iniziata a Cambridge, che avrei incontrato un ragazzo carino, mi avrebbe chiesto di uscire e mi sarei innamorata. Avrei dimenticato Alex, la mia cotta ai tempi del liceo, e riso di quei ricordi, così lontani nel tempo, davanti a un caffè con Peter e Paige, che sarebbero rimasti i miei migliori amici.
Mi sbagliavo.
Ora divido un piccolo appartamento con altre due ragazze che non hanno mai sentito nominare la mia cittadina né Peter Lincoln.
Paige è andata a vivere a New York con Brian. Ogni tanto ci sentiamo al telefono, ma non è più la stessa cosa. Ogni volta che ci parliamo non possiamo fare a meno di pensare a Peter. La sua assenza, nella nostra amicizia, è qualcosa di tangibile, è il grosso elefante nella stanza che non possiamo fingere di non vedere. Paige vuole dimenticare, vuole andare avanti con la sua vita, la capisco, ma io non ci riesco. Non ancora. È come se fossi ancora bloccata a quel venerdì 18 giugno, come se la mia vita si fosse davvero spezzata quel giorno.
Gli psicologi della difesa dicono che Alex soffriva di depressione, si sentiva intrappolato in una vita che non voleva, dove tutto era prestabilito.
Non aveva previsto di incontrare Peter però.
Alex lo ha aiutato con la grafica del videogame. Non voleva che si sapesse a scuola, forse si vergognava di essere diventato amico di Peter, o di non essere poi così diverso da lui.
Mentre il gioco ispirato al massacro di Colombine prendeva forma, parlavano di come sarebbe stato se l’avessero fatto per davvero.
Per tutta la vita mi sono spesso sentita invisibile, incompresa, fuori posto, ma non con Peter. È stato il mio migliore amico per quattro anni e non sapevo chi fosse.
Un assassino dalla personalità narcisistica antisociale. Si sentiva superiore ai nostri compagni di scuola, le prese in giro non lo toccavano perché, per lui, erano tutti degli sfigati che non avrebbero combinato mai niente nella vita, mentre lui sarebbe andato ad Harvard come suo padre e suo nonno.
« Non era stato ammesso » dice a un tratto Alex.
« Lo so. »
« Avrebbe potuto iscriversi a qualsiasi altro college. »
« Per Peter esisteva solo Harvard, da quando era bambino, era tutto per lui. »
Ho visto la scena un milione di volte nella mia testa.
Peter che apre la busta sorridendo, sa già cosa conterrà.
Poi la doccia fredda.
Ci dispiace doverle comunicare che...
La sua vita cambia di colpo.
Il suo mondo crolla in un istante.
La vita è adesso.
Non dopo il liceo.
Non dopo il college.
È in questo momento.
Ci sta scorrendo davanti agli occhi.
Metto la mia mano sopra quella di Alex.
In un’altra vita, forse, tutto sarebbe stato diverso.
In questa, abbiamo solo quell’attimo nel bagno di Amber, siamo legati per sempre da quell’istante in cui ci siamo guardati negli occhi e lui ha deciso di abbassare la pistola.
E da un bacio che ci siamo dati, oltre il tempo e oltre lo spazio.
Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni singolo secondo sono importanti.
Perché, in un istante, tutta la nostra vita
può cambiare
   
 
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