Il cedimento della maledizione.
Si
era placata appena qualche istante, prima di tornare a dimenarsi con
ogni briciolo di forza che possedeva. I suoi occhi assetati mi
osservavano come se non desiderasse altro che farmi a brandelli e
come se riempirsi la bocca di sangue fosse l'unico obbiettivo che
aveva.
-Sta ferma- bisbigliai con un filo di voce, conscio che
qualunque tono avessi usato non sarebbe mai arrivato alle sue
orecchie.
Era scocciante e faticoso trattenerla, eppure se
avessi allentato di poco la presa, non avrebbe esitato un solo
istante ad attaccarmi. Non avevo la più pallida idea del
motivo per
cui Kuran mi avesse chiesto di potarla in quel rudere desolato,
nè
tantomeno come mai il suo subconscio riconoscesse quel luogo.
Quello
che era chiaro era che lui fosse a conoscenza delle sue
potenzialità,
cosa che non si poteva dire di me.
Continuavo infatti a
domandarmi cosa avesse in mente per lei e come sperasse di poterla
sfuttare a proprio vantaggio. Sembrava un livello E sotto ogni punto
di vista: era assetata, priva di coscienza, con il viso deturpato
dalle zanne e da un paio di famelici occhi vermigli.
L'unico
dettaglio utile pareva essere la sua capacità di ferire i
vampiri
senza che essi potessero rimarginarsi a loro piacimento, ma la sua
mancanza di controllo la rendeva incontrovertibilmente un'arma a
doppio taglio.
Era una bestia cieca e sanguinaria che senza
alcun timore si sarebbe gettata alla gola persino di un sanguepuro.
Non le importava di ferirsi o di consumare senza ritegno le proprie
energie, o avrebbe smesso di dimenarsi già da tempo.
Ciononostante
Kuran mi aveva chiesto di portarla al sicuro, di tenerla nascosta
fino a suo ordine, come se avesse ben altri progetti per lei e non
avesse intenzione di condividerla con nessun altro.
Sospirando
mi arresi all'idea di decifrare la mente del capodormitorio e
lentamente scesi la scalinata nascosta al di sotto della botola, per
poi richiudere quest'ultima alle mie spalle.
Una volta serrata,
mi stupii del fatto che nemmeno uno spiraglio di luce filtrasse
all'interno di quel piano interrato, a tal punto che solo un vampiro
sarebbe stato capace di adattare i propri occhi a quella profonda
oscurità. Fortunatamente io lo ero, quindi dopo un singolo
battito
di ciglia, riuscii a mettere a fuoco ogni singolo dettaglio della
stanza.
Ai piedi della scalinata si apriva infatti un salottino
in classico stile europeo, con al centro un ampio tappeto di ottima
fattura ed un tavolo basso, in legno scuro, che separava tra loro un
divano ed un paio di poltrone bombate. Nella parete di fronte vi era
un imponente caminetto in marmo bicromo, curiosamente riempito di
legna, come se fosse pronto per essere utilizzato, così come
un
antico pianoforte verticale, sistemato nel lato opposto della stanza.
Vi erano persino un paio di porte, in costoso legno massello, che
lasciavano intendere una planimetria ben più ampia.
Una
perfetta abitazione per vampiri: buia, nascosta,
lussuosa.
Probabilmente sarebbe stato interessante vedere per
intero il luogo in cui Kuran mi aveva condotto, ma d'altra parte
trascinarsi dietro quella ragazza impazzita sarebbe stato fin troppo
fastidioso, così mi abbandonai sulla superificie soffice del
divano.
Poggiai il capo su un bracciolo e i talloni su quello
opposto, quindi sollevai il corpo della guardiana a mezz'aria,
lasciandola sospesa sopra di me. Stancamente mi premetti un braccio
sulla fronte e annoiato dal suo stupido dimenarsi piantai i miei
occhi nella sua figura.
Per quanto tempo avrei dovuto
resistere?
Quel dannato
sanguepuro non si era preso la briga di fornirmi il benchè
minimo
indizio su quali fossero i suoi piani, quindi non avevo la
più
pallida idea di come dovessi comportarmi nè tantomeno cosa
dovessi
aspettarmi da lei.
Per ore la scena che si prospettava di fronte
ai miei occhi fu sempre la stessa: un incontenibile livello E che
tentava costantemente di liberarsi e di
farmi a
brandelli.
La
situazione sarebbe mai cambiata?
Più
la osservavo, più ero conscio che nulla in lei fosse ancora
umano,
per quanto assurda fosse l'idea che il sangue di uno come Zero fosse
stato in grado di trasformarla.
La sua pelle era lucida e
diafana come la porcellana, i suoi capelli apparivano immortalmente
fluenti e corvini tanto da dare l'impressione di fluttuare attorno al
suo viso, il suo cuore tamburellava imbizzarrito nel suo petto e il
suo sangue scorreva furente in ogni angolo del suo corpo.
Era
bella ed eterea come solo un vampiro poteva essere.
Tuttavia vi
era un leggero ma costante cambiamento il lei: la pressione del suo
sangue, per quanto irruenta, flebilmente perdeva vigore e con essa la
forza con la quale tenteva di
liberarsi.
Tum.Tum.
Tum.Tum.
Tum.Tum.
Silenzio.
Spalancai
gli stessi
occhi
che fino a poco prima avevo tenuto socchiusi a causa di quella noiosa
routine ed attesi impaziente che qualcosa accadesse. Le sue pupille
erano completamente sgranate, il suo cuore fermo ed il suo corpo
paralizzato. Io stesso trattenni a mia volta il fiato mentre contavo
i secondi di irreale silenzio.
Uno.
Due.
Tre.
Quattro.
Cinque.
Il tempo che sembrava
essersi fermato fino a qualche istante prima riprese a scorrere:
sembrò infatti come il cuore le si rivoltasse nella gabbia
toracica
e faticosamente ricominciasse a palpitare in maniera appena
percettibile. In un battito di ciglia i suoi occhi tornarono del
colore del ghiaccio, prima di venire celati da un paio di stanche
palpebre, e tutto il suo corpo sembrò appassire.
Vidi la sua
pelle perdere il suo candore e diventare pallida come quella di un
cadavere, i suoi capelli cederle
spenti sul collo e la
sua
resistenza svanire come se avesse prosciugato ogni grammo di forza
che possedeva.
Era di nuovo visibilmente umana.
Adesso
ero certo che Kuran sapesse perfettamente cosa aspettarsi, per questo
mi aveva suggerito di stare attento ai suoi morsi.
Curioso
riassorbii parte della mia frusta ematica, portando il corpo della
guardiana ad appena una spanna dal mio. Se come supponevo
il sangue di vampiro che aveva in circolo si era esaurito, non era
più necessario che continuassi ad immobilizzarla, tuttavia
le fitte
provenienti dal mio braccio destro mi trattennero dal farlo, almeno
per qualche altro minuto.
Per quanto fossi sempre più convinto
che le mie congetture fossero esatte, non ero minimamente felice
all'idea di rischiare la mia stessa vita nello scoprirlo.
Nel
buio e nel silenzio di quel lussuoso
scantinato tuttavia non potevo percepire altro che il battito leggero
di un cuore umano e il profumo inebriante dello stesso sangue che da
giorni avevo bramato con ardore.
Allungai quindi lo stesso
braccio che fino ad allora avevo tenuto premuto contro la mia fronte,
fino a sfiorare con la punta delle dita l'epidermide smunta di una
delle sue gote.
Era
così fragile, così umana... così
appetitosa.
Era di nuovo
Tisha, il punto fermo dei miei pensieri.
Stanco
di sprecare inutilmente le mie energie mantenendola legata,
risucchiai completamente la frusta di sangue che avevo generato, sino
a che il suo corpo leggero non cadde delicatamente sul mio.
Quel
solo contatto mi strinse la gola in una morsa dolorosa: percepivo il
calore tiepido del suo corpo, il flebile respiro che sgusciava fuori
dalle sue labbra e mi accarezzava delicato la superficie del collo,
il debole palpitare del cuore fragile ed il profumo invitante del suo
sangue che filtrava attraverso la sua epiderme.
Probabilmente
sarebbe riuscita a riprendersi..sempre che non fossi ceduto
all'impulso di morderla prima che accadesse.