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Autore: kissenlove    26/09/2015    5 recensioni
Salve, ragazzi!
Visto e considerato che sono una fan sfegatata della Amuto, e come tutti voi altre fan voglio che loro stiano insieme, perché sono destinati dalla chiave e il lucchetto, ho deciso di scrivere e pubblicare una raccolta di momenti dedicati a Amu Hinamori e Ikuto Tsukiyomi, in cui forse verranno soddisfatti molti dei tanti desideri dell'anime.
“Io ti odio Ikuto!” - gli gridai in faccia innervosita, vomitando tutto l’odio che in quel momento provavo per lui. Odiavo il modo in cui si poneva nei miei confronti, odiavo quei suoi capelli che ricordavano tanto il pelo di un gatto, detestavo quando quel sorrisetto da insulso idiota gli si disegnava in faccia, quando spesso mi prendeva in giro. Lo odiavo con tutta me stessa, perché mi sconvolgeva, perché mi faceva provare un sentimento troppo complicato.
Quando fui convinta di averlo ferito con quelle parole, piene di ribrezzo, fu in quel momento che i suoi occhi incontrarono i miei ambra, e che mi annullarono totalmente come tutte le altre volte. - “Davvero mi odi Amu? Dimmelo sinceramente.” -
Silenzio penetrante.
“No. Non ti odio..” mormorai a me stessa. “Non l’ho mai fatto.”
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                 Primo momento
                                                                      ~prima neve, primo bacio


Mi sembra che sia accaduto solamente ieri, eravamo agli inizi della stagione estiva, avevamo dimenticato persino in che modo dovevamo estraniarci per metterci a studiare in vista di qualche interrogazione, mentre avevamo in mente solamente di divertirci, di spassarcela tutti insieme, sulle rive di una spaggia, ad osservare increduli il sole che lentamente si immergeva nello specchio marino, adesso invece sembra tutto passato, tutto è stato trascinato via da un primo preludio invernale. Gli alberi si stanno spogliando, presto restaranno solo tronchi denudati dalla foglie, mia madre ha già rinnovato il guardaroba di mia sorella e il mio di cappotti, guanti di lana, magliette a maniche lunghe, abbottonati fin sopra, tanto che assomigliavamo a teneri pupazzi di neve. 
A proposito di quella, era giunta puntuale, senza farsi attendere il più del dovuto, cospargendo i tetti delle case, le strade, i giardini, tramutandone il terreno in un comodo lenzuolo tutto bianco, morbido e freddo allo stesso tempo al tatto. Ami, per questa occasione, era entusiasta. In effetti, non capitava ogni giorno di trovarsi a svegliarsi il mattino seguente, e vedere dalla finestra la neve affossata sul davanzale del piccolo balconcino, infatti dopo pochi minuti dal mio risveglio pacato mi trovai la figura minuscola e graziosa di Ami che mi buttava già la porta, letterlamente, saltellando come un dolce coniglietto, puntando la finestra. -Sorellona! - gridava con quella voce ancora da bambina, raggiungendo con un balzo la porta che dava sul balcone. -Hai visto fuori? É tutto bianco! - 
Certo che avevo visto che aveva nevicato, era stata la prima novità che i miei occhi ambra avevano inquadrato da quando avevano aperto le serrande. Era naturale che lei fosse contenta, molte volte papà ci aveva mostrato la neve l’ultima volta che l’avevamo avuta, perché nella nostra zona, più che neve si poteva parlare solamente di ghiaccio sciolto, Ami era piccolina e quindi difficilmente lo poteva ricordare, a confronto di ora che avendo quattro anni più facilmente le sarebbero rimasto impresso. -Sorellona! Voglio fare un pupazzo. - mi disse, guardandomi con gli occhi traboccanti di fanciulezza, facendomi rimpiangere un po’ quei momenti che avevo avuto anche io, prima che spontaneamente decidessi di crescere per rivestire il ruolo di sorella maggiore. 
-Ma qui non è possibile, Ami. - feci io, anche se sapevo che non si sarebbe convinta facilmente. 
-Ma... io ne voglio fare uno grandissimo, uno più alto di papà! - gridò lei, sbattendo la testa a destra e a sinistra, in modalità bambina piena di complessi e capricciosa. Io feci un veloce gesto con le mani.
-Va bene, Ami. Ne faremo uno grandissimo, ma dovremo dirigerci al parco. - 
Lei tornò nuovamente allegra. 
-Davvero? - 
-Sì, Ami. - 
-Evviva! - esultò. - Grazie Amu! -
Mi piaceva vederla contenta per qualcosa, e che qualcosa lo avessi potuto permettere io, non mi pesava il ruolo di sorellina maggiore, volevo solamente prendermi cura di lei e darle tutto ciò di cui quella bambina aveva bisogno, non chiedevo poi più di tanto, volevo solamente accontentarla. 
Io la guardai seria in volto, mostrandolo l’indice, e avvicinandolo più al suo volto. 
-Sì, Ami però devi promettere che alle sette torneremo a casa. - 
Lei fece sì con la testa, e mi diede un tenero abbraccio; io me la strinsi forte al petto, sembrava quasi mia figlia e che io fossi sua mamma, e lasciamo il problema a chi fosse il padre ipotetico per dopo, anche perché questa cosa era da decidere. Le dissi, infine, che avrebbe dovuto darmi il tempo di vestirmi e prepararmi, poi saremmo potute uscire e andare a fare questo benedetto pupazzo. 
Ami mi rispose nuovamente “va bene, sorellona” poi se ne scese al piano inferiore con gli occhioni a forma di stellina e canticchiando una canzone di Utau, la sua cantante idol preferita. 
Io presi una maglietta, con su la stampa di un cuore, un pantalone, una giacca color prugna e i guanti rosa confetto che si intonavano con i miei capelli, su cui sopra vi avevano cucito un teschio, che era esattamente il mio stile “cool and spice” con cui ero riconosciuta da tutti, poi mi introdussi nel vano doccia, optando per una velocissima doccia calda, e pulita e preparata scesi giù con tutta la mia famiglia riunita nel momento colazione. Mamma stava consumando la sua omelette, papà invece osannava la decisione di Ami e le faceva i complimenti, chiamandola teneramente la mia bambina, e Ami che sedeva composta, con un cuscino sotto, e finiva in fretta e furia il suo piattino. 
Io li salutai. 
-Oh, Amu. Giungi giusto in tempo per la colazione. - mi esortò mamma a prendere posto a tavola.
Finii in fretta anche io il mio consueto piatto della colazione, con Ami che mi strattonava continuamente un lembo di pantalone, e dichiarando che saremmo andati al parco per acconsentire al desiderio di Ami di fare un gigantesco pupazzo di neve, lasciai la mia famiglia alle sue cose. 
Intanto io e Ami procedemmo a piedi per raggiungere il posto, un parco non molto distante da casa nostra, dove eravamo solite fermarci a giocare insieme a mamma e papà, anche quando ero figlia unica, quando frequentavo l’asilo, poi anche con Ami qualche volta ci sono stata. In quel parco di neve ne potevi trovare in abbondanza più che sulle strade, che con il bollente fumo del motore si scioglieva e si riduceva solamente a una lastra di ghiaccio, lì invece era tutta integra, e sarebbe rimasto senza sciogliersi finché non saremmo tornati in pieno periodo primaverile, quando il sole avrebbe cominciato a disperdere i suoi forti raggi solari dappertutto.
-Ami, ricorda a casa alle sette! - le ricordai, quando arrivammo in modo che durante quel breve tempo di divertimento non se lo scordasse. Iniziò a correre come una matta, levando urli infantili al cielo un po’ annuvolato, di quanto le piacesse giocare con la neve, io intanto me ne stavo in disparte ad osservarla, senza prenderne veramente parte, essendo un po’ cresciutella per una simile iniziativa. Mi limitavo a tenere lo guardo fisso su lei, e a non perderla mai di vista. 
Ami aveva cominciato ad arrotolare una piccola quantità di neve, che sarebbe servita per un piccolo abbozzo di pupazzo, mentre io, con le gambe un po’ anchilosate, prendevo posto su una panchina lì nelle vicinanze. Era ghiacciata a tal punto che quando vi posai il mio delizioso punto di dietro, dovetti fare uno sforzo per trattenere una parolaccia di troppo, in presenza della mia sorellina, anche se lontana e completamente travolta dalla sua mania di ispirazione per il pupazzo. 
-Ami, non ti allontanare! - le gridai, poi la mia schiena toccò nuovamente la panchina, che nonostante tutto continuava a irrigidirmi i muscoli dal freddo. -Cavoli... - mi lasciai scappare. 
Levai lo sguardo al cielo, non prometteva niente di buono, quelle nuvole nere conducevano con sé un bel po’ di acqua a giudicare dal colore nerastro, e dal fatto che distante avessi intravisto una saetta.
-Ci mancherebbe che si mettesse a piovere.. - mormorai. 
Come avrei staccato Ami da quella sua opera se avessi iniziato seriamente a piovigginare? 
Sicuramente il capolavoro si sarebbe via via sciolto, e avrei avuto una buona probabilità di portarmela a casa senza alcun piagnisteo, comunque per ora sembrava che la situazione fosse tranquilla, anche se non ci speravo poi molto. Ami era a metà dell’opera, aveva raccimolato un cumulo di quella sostanza bianca con cui aveva montato il corpo del suo omino, e intanto si apprestava a cercare dei bastoncini per fargli il naso. -Uhm, non è che non sia bello.. - mugugnai, portandomi una mano al mento. - Fatto da una bambina di quattro anni mi aspettavo di peggio.. - 
-Non lo sapevi che i bambini possono essere molti inventivi in fatto di giochi? - 
Una voce mi giunse dietro alla mie spalle, proprio vicino al mio orecchio. Spalancai con vigore le pupille, arrossendo vistosamente sulle guance, reputando questo mio atteggiamento per il freddo che mi si stava depositando addosso, e non al ragazzo che potevo dire di conoscere talmente bene, da sognarlo tutte le notti, da vederlo quasi come una visione ossessiva, e che inoltre era una figo, un pervertito, e uno stupido con gli occhi ametista, i capelli del medesimo colore e un aria di misteriosa apparenza che lo contraddistingueva. Io mi scrollai dalla mia posizione, balzando via dal mio posto.
-E tu! Cosa diamine ci fai qui?! - 
-Così si saluta un amico, Amu? - ribatté. 
-Lascia stare queste assurde scuse. Cosa ci fai tu qui?! - gli ripetei. 
-Uhm.. volevo vedere la neve. - mi disse, anche se il suo volto che si apriva in un sorrisetto mi faceva intendere altro, altro che non faceva altro che incrementare la mia ansia. -Non ho alcun motivo per venire nello stesso posto tuo, solo con l’intento di vedere te confettino. - 
Io a quel nomignolo arrossi ancora di più, diventando in poco tempo un tizzone. 
-E non chiamarmi così! - lo rimproverai. 
-Va bene, per te Amu? - 
-Va più che bene, anzi sarei più contenta se mi chiamassi Hinamori. - 
-Se ti sta bene, ti chiamo col tuo cognome. - replicò lui. 
Restammo improvvisamente silenziosi, io ostinatamente con gli occhi bassi al terreno coperto di bianco, lui invece che si metteva le mani nelle tasche del pantalone, visto che aveva dimenticato di mettersi i guanti; aveva solo un giubbino, una maglia, e il suo pantalone a jeans, i suoi capelli venivano leggermente mossi dal venticello piuttosto fresco, mentre i suoi occhi osservavano me, mi scrutavano, non si staccavano, erano come ipnotizzati dalla mia figura gracile. Io ancora con lo sguardo basso, adocchiavo ogni suo movimento nonostante un imbarazzo che mi si attanagliava nell’anima come uno spillone; Ikuto passò dalla parte della panchina, e vi si sedette. 
Io dimenticando il mio rossore gli urlai, vistosamente furiosa. -Che diamine fai! Non ti ho chiesto di sederti, e poi quello era il mio posto. - 
-Che c’è? - domandò, fingendosi incredulo, e facendomi letteralmente incazzare; per colpa di Ikuto aveva sbadatamente dimenticato di attenermi al mio ruolo di sorella maggiore, e Ami stava procedendo per conto suo la sua opera su un abbozzo di pupazzo, ancora in via di aggiornamento.
-Come cosa c’è! - ripetei. 
-Dai, mica te la sei comprata? - 
-No, ma si da il caso che no ti voglia seduto vicino a me, Ikuto! -
Lui si portò una mano sotto al mento, impiantando i suoi occhi nei miei. 
-Ciò significa che pensi a me anche in un altro modo, Hinamori.. - tentò lui. 
Io spalancai la bocca, completamente in panne, quasi come una macchina senza benzina, o come uno scrittore che cerca disperatamente qualche racconto a cui appellarsi, ma senza esito; dalla mia bocca mezza aperta fuoriuscì solamente una nuvoletta di fumo condensato di aria calda. 
-Vedi Amu, allora... veramente provi qualcosa per me. - si disse, assolutamente convinto. 
-Non dire cazzate Ikuto! - 
-Non dico cazzate Amu, sono sincero. Tu mi ami, ma lo nascondi. Sono certo di questo. - 
Dall’espressione ancor più confusa Ikuto ne dedusse che aveva fatto centro. 
-Ami! Dobbiamo andare! - urlai a squarciagola ad Ami, che dall’altra parte del parco mi mandò un’occhiataccia assassina, e io non ebbi altra scelta che farmi ancora maltrattare da quell’idiota. 
-Idiota! - bofonchiai. 
-Ora sono io idiota? Non eri tu quella che voleva scappare? - 
-Io.. scappare, neanche per sogno! - 
-Bene, allora lascia che ti dimostri la mia tesi. - fece lui, mentre io lo guardavo perplessa, cercando di decifrare in quei pozzi scuri cosa avesse intenzione di fare; fu palese quando diminuì le distanze, e per evitarmi la fuga, mi accerchiò la schiena, spingendo le nostre fronti le une contro le altre. 
Il pensiero che mi stava per baciare non riuscì a formularsi nella mia testa, che lui subito me le posò, incurante della presenza fanciullesca della mia sorellina, incurante del freddo, del fatto che io non volessi, incurante che dopo gli avrei dato uno schiaffo, perché ormai non lo potevo più fare, ero inerme, a causa sua, ma ero agitata perché ciò che provavo ora si concretizzava sulle labbra di Ikuto, nel nostro primo bacio, in mezzo a tutta quella neve. 








**Angolo della Love** 

Piaciuto? Questa prima raccolta è dedicata alla mia coppia Ikuto-Amu ovvero Amuto.
E scusatemi se sono stata sintetica, ma dovevo purtroppo.. adesso vi lascio. 
Spero di ricevere qualche recensione per questo schifo, bacioni e a presto.
~Love


 
   
 
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