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Autore: Cinnamon_Meilleure    26/09/2015    1 recensioni
Angels e devils hanno iniziato il loro secondo anno alla Golden School, e sono più pronti che mai alle nuove sfide che li attendono.
Raf, ancora innamorata di Sulfus, ha deciso di dimenticarlo per il bene di entrambi, nonostante ciò la distrugga.
Sulfus, invece, è ben deciso a non rinunciare a lei, a qualunque costo. Ma il prezzo che ha scelto di pagare è molto caro, il gioco che ha scelto di giocare potrebbe essergli fatale. Può l'amore andare oltre le regole e le convenzioni, oltre i peggiori ostacoli? Persino oltre... la morte?
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Ho scritto questa storia molto tempo fa, ai tempi in cui esisteva ancora il forum di angel's friends, forse i fan di vecchia data se ne ricorderanno. Mi chiamavo Dolce-Kira, e grazie a questa storia ho conosciuto una persona meravigliosa che è tuttora la mia migliore amica online. Lei insisteva sempre affinché la pubblicassi su EFP, e ora ho deciso di farlo.
La storia si collocatemporalmente dopo i 52 episodi della prima stagione.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti, Raf, Sulfus | Coppie: Raf/Sulfus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tutte le storie, prima o poi, giungono ad un epilogo. Questo è il penultimo capitolo di questa storia, che ho finito a modo mio. Ringrazio tutti voi che mi avete sempre seguito... godetevi quest’ultima parte, perché è il mio finale... spero che vi piaccia, lo spero sul serio... in caso contrario, potere reinventare voi il finale che più preferite. Questo è il mio, la possibile alternativa ad una delle tante strade della vita che potrebbero imboccare i personaggi.
Ognuno di noi è un personaggio, inventato da sé stesso... e ognuno di noi può decidere la strada da scegliere...
... vi auguro che sia quella giusta... vi auguro di avere il vostro lieto fine della vita...
...mi auguro che vi ricorderete di me... di una ragazza il cui volto non avete visto mai, che si fa chiamare Kira e che ha scritto queste parole per voi…
Buona lettura!

 

26. Non avere più paura
 
Tutti gli angel, il mattino dopo, erano a scuola. Ciascuno sedeva compostamente nel proprio banco, in una silenziosa e rispettosa attesa dell’insegnante.
Anche Miki, Dolce, Raf ed Urié erano lì, nonostante quello che avevano passato il giorno prima. Raf se ne stava a testa bassa nel proprio banco, e ripeteva mentalmente i nomi degli arcangeli, dei profeti, dei falsi profeti e le loro rispettive storie, dando sbirciatine al libro quando non ricordava qualcosa.
Urié dette un’occhiata all’orologio.
- Come mai il professor Arkan non arriva? Lui è sempre puntuale... è la prima volta che ritarda in due anni che lo conosciamo!- Constatò, mormorando all’orecchio dell’amica.
Lei fece le spallucce. -Mah! Forse... – non ebbe il tempo di finire la frase, poiché proprio allora il professore entrò in classe. Dolce notò subito che era trafelato e aveva le ali leggermente arruffate. I suoi capelli erano la prova inequivocabile della brevissima pettinata che era stara loro concessa, e i suoi occhi arrossati testimoniavano una lunga notte insonne. Per di più, non si era portato dietro la solita pila di libretti e librettini. Cosa poteva essergli successo?
-Ragazzi...-  esordì il professore, prendendo fiato. – Ho qualcosa di importante da dirvi. A sorpresa, da oggi avremo fra noi un nuovo studente. So per certo che farete di tutto per farlo stare bene qui, del resto siamo angeli, no? È ciò che sappiamo fare meglio...
Sembrava leggermente a disagio. Urié e Raf si scambiarono un’occhiata interrogativa. Dolce sollevò un sopracciglio, con disappunto. Lei non riusciva mai a capire la gente quando iniziava a parlare in modo sibillino! Del resto, la sua filosofia di vita era “Chi ha qualche cosa da dire, lo dica chiaramente”.
Gli altri studenti, invece, erano semplicemente incuriositi.
-Beh, ragazzi, non mi resta altro che farlo entrare… –. Fece un gesto verso la porta e nell’aula entrò il nuovo studente. Al suo ingresso, la classe divenne tutta un brusio, tanto che Arkan dovette zittire gli studenti con un’occhiataccia.
Miki, Dolce ed Urié rimasero imbambolate, come se fossero state pietrificate dallo sguardo di una Gorgone. Raf, al pari delle sue amiche, non riusciva a parlare né a pensare: non ne trovava, di cose da dire o da pensare.
Le prime cose che vide del nuovo arrivato furono le scarpe: sneakers celesti con una stella gialla al lato. Poi, piano, salì con lo sguardo. Un jeans blu scuro, arrotolato sulle caviglie, nei cui passanti era infilata un cintura dorata. Appena sopra, contrastava con il blu del jeans una camicia d’un bianco immacolato, fatta eccezione per una croce dorata sul petto che si armonizzava con i suoi occhi ambrati. Occhi che guardavano Arkan con riconoscenza e stima, mentre gli poggiava i libri e librettini sulla cattedra.
Era davvero lui. Era davvero Sulfus.
E aveva tutti quelli che si potevano definire “attributi angelici”: aureola e ali.
Era esattamente come quel giorno di Halloween, quando si era travestito da angel... fatta eccezione per il fatto che questa volta aveva la sua solita stella rossa tatuata sull’occhio.
Non muoveva completamente le ali, ma le faceva ondeggiare in modo appena percettibile, quel tanto che bastava a mostrare che fossero reali, che fossero parte di lui.
-Sono sicuro che si ambienterà presto…vero?- Chiese il professore, tossicchiando.
-Sicuramente- rispose Sulfus, pronto, incrociando gli occhi di Raf.
Qualcuno, invece, iniziava seriamente a preoccuparsi. E quel qualcuno era Ang-li. Il motivo? Disgraziatamente, il nuovo arrivato si sarebbe dovuto sedere. E, guarda caso, l’unico posto libero era quello accanto a lui. Ma proprio quel giorno il suo compagno doveva rimanere a letto con la febbre?!
Come era prevedibile, Arkan indicò a Sulfus di sedersi proprio lì.
Con un leggero timore, vide il ragazzo avanzare nella sua direzione. Non appena prese posto ed il professore si voltò, Sulfus gli afferrò il polso.
-Io e te dobbiamo fare due chiacchiere- sibilò, facendo cenno di torcerglielo, il polso. L’angelo dagli spessi occhiali tondi annuì. -Dimmi cosa pensi di Raf.  E dimmelo adesso. Sai cosa voglio dire.
-È molto simpatica… ahi! - Biascicò.
-Risposta sbagliata. Sei ancora in tempo per darmi quella esatta…
Ang-li, con il polso che gli faceva male, mormorò, quasi senza fiato:-Io… la detesto. Praticamente non la sopporto.
Finalmente Sulfus gli lasciò andare il polso. -Credo proprio che d’ora in poi potremo essere ottimi amici, mio caro!- Fece, soddisfatto, battendogli una forte pacca sulla schiena.
Ang-li non era esattamente della stessa opinione, ma si guardò bene dal dirlo.
 
Per Sulfus fu una giornata a dir poco estenuante. Non era affatto abituato a quei precisi e perfetti ritmi angelici, finita una lezione ne iniziava subito un'altra, e poi non parlare durante le spiegazioni, non dormire… e bisognava persino prestare attenzione! Assurdo!
Se non altro, tutte le cose finiscono: quelle belle, quelle brutte e per fortuna anche quelle noiose, e così finirono anche le ore di lezione.
Alzarsi dalla sedia per sgranchire le gambe fu un vero sollievo. Temeva che ci sarebbe invecchiato, su quella sedia.
Tutti gli studenti si riversarono fuori dall’aula in fretta (saranno stati pure angeli, ma di sicuro erano morti di noia pure loro) seguiti dal professore, il quale certamente stava andando a bersi un buon caffè. Per ultimi uscirono Raf e Sulfus, che non sapevano bene come comportarsi l’uno con l’altra.
-Allora? Che ne dici?- Fece lui, ad un certo punto, stufo di camminarle accanto in silenzio.
-Che ne dico di cosa?- chiese lei.
-Di quello che sono adesso. Avevi detto che le cose sarebbero state diverse se io non fossi stato un devil, perciò… beh, eccomi - disse, indicandosi. -Sono qui, sono un angelo, e se ho accettato di diventarlo, se sono quasi morto per diventarlo, è perché ti… perché voglio stare con te. E adesso cosa fai? Mi ignori? Ho fatto forse qualcosa di sbagliato?-. C’era delusione nella sua voce.
Lei incrociò il suo sguardo. -No, no… sono solo… beh, imbarazzata… non so bene cosa dovrei dire.
-Allora non dire niente.
Si chinò su di lei, i loro volti così vicini da poter sentire reciprocamente i propri respiri.
Lui le accarezzò una guancia, e lei inclinò la testa da un lato.
-Hai paura, vero?- le chiese.
-Sì.
-Di cosa?
-Che non sia vero. Che qualcuno possa portarti via, ora che finalmente sei qui con me, ora che sei un angelo, ora che… io non voglio che qualcos’altro ti porti via da me, io non voglio soffrire ancora… voglio solamente essere felice, e non lo so se chiedo troppo. Voglio solamente questo, ho sempre voluto solo questo, sin dall’inizio… ed è solo di questo che ho paura, adesso. Ho paura di perderti ancora.
-Non accadrà, Raf. Non accadrà mai, perché d’ora in poi ci sarò sempre, e quando dico “sempre” significa che dovrai sopportarmi proprio sempre, capito?
Lei rise. Lo strinse a sé, e lui le baciò i capelli. Stettero per un po’ in silenzio.
-Ti va di venire in un posto?- le chiese infine lui, quasi in un sussurro.
-Va bene -. Non chiese dove, non chiese perché.
Gli strinse la mano e Sulfus la condusse sino alla sua motocicletta, quell’orribile bestione nero e rosso che, per qualche strano motivo, a lui piaceva da impazzire. Con sua sorpresa, il ragazzo le porse un casco che aveva dipinto lui stesso, tutto d’azzurro con il nome di lei a caratteri rosa.
Senza dire niente, limitandosi a sorridere, se lo mise sul capo. Lui montò, e lei dietro di lui.
Lo strinse, poggiò la testa contro la sua schiena, chiuse gli occhi.
Portami dove vuoi. Tanto adesso la destinazione non conta più.
Il bestione ruggì e infine partì.
 
 
Cabiria raggiunse Kabalé accanto alla finestra e le poggiò una mano sulla spalla. Lei non si voltò.
-Mi dispiace.
-E di cosa?
Raf e Sulfus stavano partendo. Lui sarebbe andato via, lontano per sempre dal suo cuore.
-Beh, che le cose non siano andate come volevi.
La diavoletta sospirò. -Le cose non vanno mai come vogliamo, Cabiria.
-Oh, su questo hai davvero ragione. Anche io credevo e volevo che avrebbe funzionato, con Kaiwir, e invece…
-Vi siete lasciati?
-Io l’ho lasciato. Mi aveva stufato! Lui e la sua fobia per gli insetti!
Entrambe risero. Cabiria le passò il braccio attorno alle spalle, e Kabalé fece lo stesso.
-In fondo, sono felice per loro…
Cabiria guardò l’amica. Stava sorridendo. Un sorriso vero, sincero, da angelo.
Poi Kabalé si riscosse. -Naturalmente volevo dire “molto, molto, molto in fondo!”- puntualizzò.
-Ah, certamente!- concordò Cabiria, nascondendo il proprio, di sorriso.
Subito dopo arrivò Gas, il quale decise di unirsi a quel bell’abbraccio di gruppo.
Quell’avventura aveva davvero cambiato tutti loro.
 
 
Contemporaneamente anche qualcun altro stava guardando i due piccioncini dalla finestra. Si trattava di Urié, Dolce e Ang-li.
-Come sono dolci quegli zuccherini!- commentò Dolce, e Urié sollevò gli occhi al cielo.
-E’ vero- confermò poi. -Raf ha fatto di tutto per salvarlo. Chissà cosa ci trova in quel tipo!- si chiese ad alta voce.
-Già, questo vorrei tanto saperlo anch’io!- intervenne Ang-li, dando un’occhiata al proprio polso. Dal suo punto di vista, Sulfus non era affatto simpatico.
-Il mistero dell’amore!- Squittì Dolce, con una giravolta.
-Puoi dirlo forte. Mistero! - Fece Ang-li ridacchiando.
Urié non disse niente. Guardò il cielo e le venne voglia di volare. Si sentiva leggera. Sorrise.
 
 
E Miki e Raphitya? Beh, loro avevano imparato ad essere amiche, fedeli l’una all’altra, e non si sarebbero lasciate mai.
In quel momento erano in forma terrena e si godevano un paio di gelati al cioccolato, ridendo di strane battute.
E chiunque le avesse viste avrebbe detto che erano le migliori amiche mai esistite a questo mondo.
 
 
La motocicletta  attraversò le strade, e se qualcuno avesse potuto vederli, avrebbe visto due ragazzi stretti l’uno all’altra. Ma loro non erano solo questo. Loro non erano due ragazzi qualunque. Loro erano Raf e Sulfus, l’angelo e il demone che avevano infranto la più sacra delle regole, amandosi.
Erano l’angelo divenuto oscuro dalla rabbia per la sorte del suo amato, e il demone quasi morto per diventare come il suo angelo biondo.
E cosa li aveva spinti, in fondo, a vivere tutto questo? L’amore.
Senza di esso, non avrei avuto niente da raccontare.
Ma l’amore, in fondo, cos’è? La più grande delle debolezze, eppure la più devastante di ogni potenza. Strano, vero? Strano, il velo sottile che separa le cose opposte… infatti spesso quanto più due cose sembrano diverse, tanto più sono imprescindibili in realtà, poiché sono in un’unica essenza.
Il buio e la luce non sono contenuti entrambi in un unico giorno?
Il bene e il male non sono forse presenti in un’unica anima?
E nell’amore non può esservi quindi debolezza e potere? Certamente.
Del resto, quel grande terreno che fu Dante Alighieri lo disse ancora prima che loro nascessero. Forse ha fatto davvero un viaggio nell’aldilà per capirlo, o forse lo aveva capito prima, era bastato amare una volta per scoprire la forza e la debolezza che dà all’anima questo sentimento.
L’amore può giustificare qualsiasi gesto, anche il più estremo… l’amore è ciò con cui ci ha creati Dio, l’amore è ciò con cui ha creato la Terra e l’universo.
E quale forza può essere più potente dell’
amor che move il Sole e l’altre stelle?




Qui è la beta Aching heart che vi parla... scusate il ritardo, ho avuto problemi ad aggiornare. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e mi raccomando, ricordatevi che questo è il penultimo, manca ancora l'epilogo! 
Vorrei ringraziare a nome dell'autrice tutti coloro che hanno messo questa storia fra le seguite/preferite/ricordate, e in particolar modo TomMalfoyandEmmaGranger per aver recensito. 
A presto!
P.S. Naturalmente l'ultima frase, quella in corsivo, è di Dante Alighieri, è la frase che chiude la Divina Commedia.
   
 
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