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Autore: DeadlyPain    28/09/2015    1 recensioni
Jake adora giocare a Pokèmon fino a tarda notte e crede che la theme di Lavandonia lo rilassi. Ma una sera, dopo aver giocato ed essersi messo a dormire, qualcosa va storto. Forse il sonno non viene. Forse sta dormendo. E ciò che sta vivendo è un incubo senza limiti, ma di una cosa può essere certo: sarebbe meglio se non si svegliasse da quell'incubo.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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La notte è fatta per dormire, eppure Jake adorava stare alzato tutta notte. Usciva con gli amici oppure stava a casa a giocare ai videogiochi.
Adorava pokèmon, ci giocava spesso la notte e gli piaceva sentire quel brivido che saliva lungo la schiena quando, di proposito, vagava per Lavandonia. Quella musichetta alle 4.00 di notte era stupenda e trasmetteva un brivido e una paura più profonda, e lui adorava quella sensazione.
Quella di un pericolo che sta all'agguato dietro l'angolo.
Quella di essere vulnerabile.

Dopo l'ennesima passeggiatina a Lavandonia Jake andò a dormire. Erano le 3.50 di notte.
Generalmente dormiva bene, nonostante la sua passione per lo spaventoso.
Quella notte non fu così.
Prese sonno tardi, guardando le lancette sul quadrante girare vorticosamente fino a che non spuntarono le 5.00
In breve si sarebbero alzati i suoi e non gli andava di farsi trovare sveglio. Avrebbero fatto il solito baccano e la pace ed il sonno sarebbero andati persi per sempre.
Fortunatamente riuscì ad addormentarsi.
Ma il suo sonno non fu pacifico. Agitato, pieno di sensazioni ed incubi.
Sognò la città Viola, sognò Pokèmon che si azzannavano tra loro, sangue e urla. Un Darkrai in lontananza che fluttuava sopra le loro teste, obbligandoli a vivere in un incubo reale.
E la sua testa, come un mp3, non la smetteva di ripetere in loop la theme di Lavandonia.
Aprì gli occhi di scatto e la sua stanza era incredibilmente buia per essere l'alba, si aspettava che della luce filtrasse dalle bianche tende, come ogni mattina, ed invece, il buio era fitto e denso, cose se fosse immerso nel gasolio, un buio che soffoca ogni vita.
La musica continuava e ogni minuto si faceva più forte, fino al punto che Jake non riusciva più a capire se fosse davvero solo nella sua testa o se qualcuno avesse acceso uno stereo.
Ma chi?
E, sopratutto, perchè?
Il sonno era passato e i suoi occhi si stavano lentamente abituando al buio.
Quando i suoi occhi si furono totalmente abituati a quell'oscurità, aprendo le pupille fino al limite muscolare dei suoi occhi, Jake, capì che c'era qualcosa che non andava.
La stanza era vuota. La sua scrivania, i suoi libri e videogiochi, la televisione e l'armadio erano scomparsi. Si trovava chiuso in quattro mura, in una stanza che somigliava più a una scatola o una cella.
Cercò di alzarsi dal letto ma gli sembrò di esservi incollato.
La musica continuava a suonare.
La parete, di fronte a lui, iniziò a trasudare liquido. Un liquido nero vedeva lui, ma poteva essere di qualsiasi altro colore, l'assenza di luce gli permetteva di vedere e percepire il mondo in solo bianco e nero.
Il liquido era denso e appiccicoso e sgorgava dalla parete formando prima gocce grosse e corpose per poi scivolare lentamente, come il sangue da una ferita al braccio.
Il muro continuò a trasudare quel liquido finchè non si composero due parole
“NON SVEGLIARTI”
Jake rimase immobile, terrorizzato a quella vista, ma conscio che si stava trattando solo di un brutto sogno, un incubo. Sarebbe bastata una sveglia per riportarlo al suo mondo.
Rimase immobile a fissare quella scritta finchè non divenne illeggibile gocciolando e fondendo le parole l'una con le altre per poi accasciarsi come morente sul pavimento.

Jake si tirò a sedere e solo in quel momento notò che la stanza o cella che sia non aveva finestre, ne' porte. Solo lui ed un letto.
Si alzò di scatto e corse ad una parete battendo forte le mani, nella speranza che nel suo sogno venisse qualcuno a salvarlo.
Aveva visto abbastanza film horror per sapere cosa stava succedendo. Temeva che qualcosa, un qualche mostro spuntasse fuori all'improvviso dalle pareti dilaniandolo in pezzi, o mangiandolo vivo, o aprendogli la pancia per svuotarlo delle interiora come un grande chef, pronto a pulire il suo corpo dal morbido e sanguinolento ripieno.
Urlava di salvarlo e la sua voce era incredibilmente forte e potente. Per essere un sogno è il più realistico che abbia mai fatto, pensò il ragazzo.
Battè le mani e urlò per quelle che gli sembrarono ore, o forse erano solo cinque minuti, è incredibile la percezione del tempo nelle emozioni. Se stai scappando ti sembra sempre che il tempo rallenti, come a permettere al tuo assassino di raggiungerti più facilmente.
Oh, ma qui è facile. Qui non si può scappare.

Battè e urlò. Urlò e battè sul muro finchè non gli fecero male le mani, finchè la pelle cominciò a staccarsi con incredibile dolore.
In quel momento qualcosa di nero rimase incollato ai suoi pugni.
Una cosa viscosa che si impregnava nella palle e più lui tentava di liberarsi da quella cosa, lei, come un polpo gli si avvinghiava sui polsi stretta e poi su verso le spalle come per prenderlo, inglobarlo, mangiarlo. Soffocarlo, ucciderlo.
Sgorgava dal muro lenta, e lui, ormai in ginocchio, rassegnato alla sua fine non faceva che piangere. Piangeva per la rabbia, per la frustrazione. Voleva liberarsi ma non ci riusciva dannazione!
In che diavolo di guaio si era cacciato?
Che diavolo di incubo è mai questo?
Rinchiuso in una cella dalle quattro mura, con i polsi legati da quella cosa nera, ormai sentiva che la sua fine era vicina.
Aveva la speranza di morire.
Nei sogni ci si risveglia sempre prima della morte. Se ti stanno sparando ti svegli, se sta cadendo da un palazzo ti svegli.
Si ritrovò a invocare la morte, che possa porgere fine al suo sonno.
Quel liquido viscido e nero formò sul pavimento altre macchie, grosse e gonfie come macchie d'olio su una superficie bagnata.
“NON SVEGLIARTI”
“Io voglio svegliarmi!” urlò il ragazzo. Voleva la fine di quest'incubo che troppo dolore gli stava arrecando.
“NON SVEGLIARTI”
“Uccidimi! Uccidimi ma svegliami!”
“NON SVEGLIARTI”
“Fai finire quest'incubo!”
Il muro trasudò un'enorme quantità di quel nero, come un conato di vomito, che si alzò, erigendosi di fronte al ragazzo fino al punto di fluttuare nell'aria. Quella massa nera e imponente si mosse al suo interno cambiando forma, fino al punto di creare un Darkrai.
Il pokèmon squadrava Jake dall'alto, la sua imponenza era incredibile al punto da sembrare un sovrano seduto sul suo trono di fronte ad un suddito.
Jake si buttò a terra pregando, pregando il re degli incubi di salvarlo, di graziarlo, di fargli smettere quell'incubo orribile.
La musica, la theme di Lavandonia, cambiò ritmo.
Ora non riconosceva quella canzone, ma recitava un motivetto dicendo ai ragazzi di seguire qualcuno, parlava di felicità e sicurezza.
“Come little children, come with me.
Safe and happy you will be”

Non sentì altro perchè davanti ai suoi occhi comparve l'ennesima scritta “NON SVEGLIARTI”, sempre di quel colore scuro, che poteva essere benissimo sangue, vista l'incapacità di distinguere colori.
Guardò Darkrai con gli occhi opachi dalle lacrime.
“Svegliami. Svegliami ti prego”.
Il pokèmon sorrise, o forse era un ghigno, al buio era difficile distinguere le due cose.
Alzò una mano e lentamente la posò sulla testa del ragazzo.
Poi il buio.

Jake aprì gli occhi di scatto.
Si girò verso la sveglia.
7:31
Si tirò seduto e accese la luce. I suoi mobili, i suoi giochi, la sua tele. Tutto era al solito posto. Si era svegliato, finalmente.
Aveva uno strano prurito al naso, però.
Si rigettò indietro cadendo nel morbido letto convinto che ormai il peggio fosse passato.
La luce, da sola si spense, come in un corto circuito. Eppure la lucetta rossa dello stand-by della tv rimase accesa.
Fu quella che gli permise di vedere un grosso naso giallo ed un pendolo bianco sovrastarlo dall'alto della testiera del letto.
Solo allora si accorsa che la strana canzoncina stava continuando, dicendo ai bambini che erano stati sciocchi a seguirlo e che ora tutti avrebbero pianto la loro scomparsa.
Solo allora la musica cessò.
Una voce uscì flebile al di sotto di quel naso giallo.
“avresti fatto meglio a non svegliarti”
   
 
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