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Autore: EclipseOfHeart    29/09/2015    1 recensioni
Tony la osservò, illuminata dalla tenue luce dell’alba e capì che quello sarebbe stato uno dei momenti che avrebbe ricordato per tutta la vita, più di quando l’aveva conosciuta, più di quando l’aveva rivista dopo averla aspettata per tanto tempo, perché era in quel momento che aveva realmente capito.
Più forte delle paure e più del dolore, Ziva era la speranza.

Storia ambientata in un ipotetico futuro, dove Ziva è tornata e sta insieme a Tony. Cosa succede quando il passato e un aspro litigio interrompono la felicità dei due?
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthony DiNozzo, Ziva David
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ad un passo dalla fine (l’infinito)

 

 

[Ad un passo dal vero primo senso in amore 
Ad un passo dall'unico progetto che ho] 

 

 

 

 

«DiNozzo! Il Direttore vuole vederti!»

Il richiamo perentorio del capo aveva fatto sobbalzare l’Agente DiNozzo, intento in qualche futile attività nel suo pc, e aveva incuriosito gli agenti Mcgee e Bishop.

Quella mattina, ancora, nessun caso aveva bussato alle loro scrivanie, ma mentre Tony percorreva i pochi metri che lo separavano dall’ufficio del Direttore mai avrebbe immaginato il precipitare degli eventi che si sarebbe verificato.

«Abbiamo un problema.» annunciò Vance, chiudendo le mani a triangolo di fronte a lui. «E tu devi aiutarmi.» concluse, riaprendole e poggiandole ai lati della scrivania.

«Cosa le serve?»

Vance emise un mugolio di fastidio: «Fosse così semplice. Ti ricordi Ari Haswari, vero?»

«E come potrei dimenticarlo?» chiese Tony, socchiudendo gli occhi. «Non so se lo abbia detestato di più da vivo o da morto.»

Aveva davvero sperato che non avrebbe dovuto più risentire quel nome che, prima aveva tolto la vita a Kate e poi aveva perseguitato per tutti quegli anni la sua amata Ziva, ostacolandone la felicità e tenendola lontana da lui e da loro per fin troppi anni.

«Ci sono arrivate notizie dal Mossad: recentemente stanno scoprendo delle piccole cellule terroristiche che, prese singolarmente non inducono nessun tipo di allarmismo, ma un pericoloso filo conduttore sembra legarle.»

«Ari?»

«Così sembra.»

«Ma è morto da quasi quindici anni. Cosa può mai c’entrare lui?»

«Dalle notizie che mi ha mandato Orlì, sembra che il loro leader, Yehouda Moab, si ispiri alle ultime volontà di Haswari: distruggere l’organizzazione del Mossad e portare il caos in Israele.»

«È impossibile che facciano una cosa del genere. Quanto si dovrebbero essere spinti oltre per attuare un piano del genere: il Mossad è un’agenzia riconosciuta e non può essere distrutta da un giorno all’altro!»

«Quindici anni di preparazione a me, sinceramente, fanno pensare che siano molto ben organizzati.»

Tony sospirò, chiedendosi quando finalmente l’Israele avrebbe smesso di essere un continuo tormento.

«Però stiamo visionando uno scenario catastrofico: fortunatamente il punto debole di queste cellule è che rispondono tutte al loro capo, Moab, e Orlì è convinta che ancora non si siano resi conto che abbiano collegato Ari Haswari a loro.»

«Quindi, in teoria, basterebbe catturare Yehouda Moab per far cessare queste azioni terroristiche.»

«Non in teoria, DiNozzo, ma in pratica: tagliare la testa del serpente è l’unica soluzione. Non possiamo tirarci indietro, il Mossad ha ufficiosamente chiesto il nostro aiuto perché non sanno di chi possono fidarsi e non ho intenzione di negarglielo.»

«Posso chiederle perché sta dicendo tutto questo proprio a me?»

Vance sospirò, alzandosi dalla sedia e percorrendo la breve distanza che lo separava da Tony, posando una mano sulla sua spalla.

«Perché ti attende un viaggio per Tel Aviv. Non posso mandare nessun’altro e Gibbs questo lo sa. Ho la sua approvazione.»

Il primo pensiero dell’Agente corse, ovviamente, a Ziva. Come avrebbe reagito di fronte a quella notizia? Il passato che aveva faticosamente lasciato alle sue spalle, stava bussando di nuovo insistentemente e sembrava deciso a non lasciarla in pace, riportando paurosamente vicino a loro Ari Haswari e tutto ciò che aveva rappresentato per Ziva.

«Non vorrei chiederti una cosa del genere, ma non ho scelta. La decisione se tenere Ziva all’oscuro di tutto è tua, io ti appoggerò qualunque essa sia.»

«Non voglio mentirle.»

Un piccolo sorriso fiorì tra le labbra di Vance, seguito da un borbottio di approvazione: «Lo sospettavo. Partirai tra 6 ore.»

Tony annuì e, pur avendo già compreso, chiese ciò che temeva.

«Direttore?» attese che Vance alzasse la testa per poi chiedere: «Il mio compito è tagliare la testa al Serpente?»

«Tuo e della squadra di fiducia che Orlì ha preparato. Molto probabilmente ne hanno localizzato la posizione, in una zona alla periferia di Tel Aviv. Ho già chiarito con lei che se non dovesse avere successo, il nostro aiuto cesserà, per cui credo che le informazioni siano quanto mai esatte.»

«Quindici anni e l’hanno trovato così facilmente?»

«Chi ha detto che ci stanno lavorando soltanto da pochi giorni, Tony? Persino il direttore David era a conoscenza di Moab

«E l’hanno lasciato agire indisturbato?»

«Non è nostro compito giudicare le azioni del Mossad.» disse Vance, con tono neutrale, facendo ben capire a Tony che condividesse la sua opinione per come il Mossad sembrava aver gestito quella minaccia, ma che non poteva pubblicamente criticarla.

Tony annuì, ingoiando l’ennesima delusione che i giochi della politica gli procuravano continuamente e desiderando che si sbrigassero tutta quella faccenda da soli.

Non aveva nessuna voglia di riportare a Ziva dei ricordi amari e, inconsciamente, temeva anche che questi la destabilizzassero nuovamente, inducendola ad andarsene di nuovo: si vergognò di quel pensiero, sentendosi irrispettoso nei confronti di Ziva e poco fiducioso, ma la paura di perderla ancora si era subito manifestata, sottoforma di quel pensiero.

Salutò i suoi colleghi, sotto gli sguardi sospettosi di Mcgee e Bishop e quello ammonitore di Gibbs, un silenzioso “mi raccomando” che si leggeva chiaramente nel suo viso.

Durante il tragitto verso casa, aveva pensato e ripensato come comunicare a Ziva quelle notizie, ma non gli era venuta nessuna buona idea, se non essere diretto e conciso.

Del resto, non appena Ziva lo sentì aprire la porta di casa, comprese subito che fosse successo qualcosa e Tony non seppe dire se che lei fosse a casa proprio quel giorno, poiché il suo giorno libero, fosse una fortuna o una sfortuna.

«Tony? Che è successo?»

Lo sguardo arrendevole, con un mezzo sorriso sul suo volto, agitò Ziva, ma la calmò da paure ben più brutte.

«Sediamoci.» disse lei, sapendo benissimo che il suo fidanzato non avesse piacevoli novelle da comunicarle.

Tony snocciolò velocemente tutte le informazioni riguardanti le cellule, Moab, il Mossad e la richiesta di Orlì, tralasciando ogni riferimento al fratello Ari; gli disse della missione, del suo compito e della sua partenza.

Ziva assimilò tutte le informazioni, respirando lentamente e avvertendo subito che mancasse un tassello fondamentale in quel racconto: ovviamente era preoccupata per la missione pericolosa che attendeva Tony, ma la sua reticenza nel comunicarle quel lavoro era quanto mai sospetta ed era restia a credere che fosse soltanto perché era collegata col Mossad, in qualche modo.

«Cosa non mi stai dicendo?»

Tony prese un lungo respiro, ben sapendo che la sua amata si sarebbe accorta prima di subito che qualcosa non andasse: anche se ormai si dedicava a tutt’altre attività, rimaneva una delle migliori agenti federali che avesse conosciuto.

«Questo gruppo di terroristi seguono le ultime volontà di Ari. Moab era un suo adepto e pare che abbia organizzato questo piano da lungo tempo e seguendo le sue istruzioni.»

Ziva fece un mezzo sorriso, sospirando e passandosi leggermente la mano sulla fronte.

«Era questo che non volevi dirmi.»

«Non volevo riportarti brutti ricordi.»

«Ari è parte di ciò che sono. L’ho capito quando mi sono allontanata da tutti sei anni fa. Rinnegare il mio passato avrebbe soltanto ostacolato il mio futuro, ci ho messo troppi anni a capirlo.» disse lei, pensando con amarezza a quel periodo della sua vita, mentre viaggiava cercando qualcosa che aveva lasciato partire su un aereo, diretto verso D.C.

Tony si sporse, poggiandole una mano sulla guancia e tirandola a sé.

«L’importante è che ora sei qui, il resto lo affronteremo insieme.»

Ziva capì quasi subito la reale paura di Tony e, pur rattristita che ancora lui provasse quel tipo di timore, tentò di capirlo e di rassicurarlo.

«Sono qui e resterò qui, ad aspettarti.»

Mai, come in quel momento, si sentì simile a sua madre, rivendendosi in lei quando guardava partire suo padre, verso chissà quale luogo e chissà quale missione.

Tony la baciò appassionatamente e la strinse ancora di più a sé, alzandosi dal divano: «Parto tra molte ore. Avrei parecchie idee per ingannare l’attesa.» disse con un sorriso languido, seguito da quello altrettanto malizioso di Ziva che, lo assicurò, aveva anche molte idee.

Salutarla sull’uscio della porta era una di quelle cose a cui mai si sarebbe abituato, desideroso di non lasciarla andare e di cancellare quello sguardo dal suo volto: Ziva mascherava benissimo la sua preoccupazione e aveva piena fiducia in lui e nelle sue capacità, tuttavia un piccolo ma intenso lampo di inquietudine le animava sempre gli occhi e lui avrebbe voluto soltanto toglierlo dal suo viso.

«Fai attenzione.»

Tony annuì, guardandola un’ultima volta e poi voltandosi, diretto verso la sua auto e verso Tel Aviv.

 

La missione, a dispetto delle previsioni, si era rivelata più facile del previsto e Tony, insieme agli agenti israeliani, aveva preparato un piano per assaltare la base segreta dove Moab era rifugiato.

Tuttavia un cattivo presentimento continuava ad assillare l’agente e, quando poco prima di entrare in azione, vennero circondati da uno stuolo di terroristi video tutti i suoi timori concretizzarsi: una talpa aveva spifferato tutte le informazioni.

Lo torturano quasi per tutto il giorno, ma Tony non cedette finché le minacce virarono su un’altra persona a lui cara.

«Sappiamo che la sorella di Haswari è tornata a D.C.»

Come avessero avuto quelle informazioni, Tony non riusciva a capirlo e temette fortemente la piega che la ‘discussione’ avrebbe preso.

«Vorremmo parlarle. La faremo uscire vivo di qua, se ce la consegnerà.»

Tony non si sprecò neanche a rispondere, ma raccolse tutta la saliva che gli era rimasta in bocca e sputò dritto nell’occhio del suo aguzzino.

«Puoi direttamente uccidermi, se questa è la mia unica opportunità di libertà.»

E probabilmente davvero la vita dell’agente DiNozzo avrebbe potuto concludersi lì, a miglia di distanza dalla sua amata Ziva, se una squadra di soccorso israeliana non avesse prontamente assediato la base nemica. Liberarono Tony e uno degli ufficiali gli comunicò l’intento del Mossad di continuare la missione: uccidere Moab.

Perlustrarono l’intera struttura, finché non sentirono un colpo di pistola da una botola: aperta, vi trovarono il cadavere di Yehouda Moab, appena suicidatosi e con la pistola ancora fumante. Piuttosto che consegnarsi alle autorità, aveva preferito uccidersi, compiendo uno dei più empi peccati per la religione ebraica.

Tony sentì chiaramente di averla scampata bella e, mentre i soldati si occupavano di Moab, lui perlustrò tutto il suo ufficio, trovando vari documenti di vitale importanza e molti che non riuscì neanche a capire, dato che erano scritti in ebraico.

Si era insospettito quando aveva sentito nominare Ziva, chiedendosi come sai volessero da lei, dato che ormai non aveva più contatti con l’Israele da anni e frugò in quei fogli cercando qualsiasi traccia che lo portasse ai David.

Dopo un’ora di ricerca, le sue fatiche diedero i frutti e scovò alcuni documenti che sembravano riguardare Ziva e la sua famiglia; per evitare che le autorità israeliane, li nascose, per farli poi analizzare da Abby e Mcgee.

Orlì si congratulò con lui in tutti i modi, pregandolo di portare i suoi più cari saluti al direttore Vance in un tono così falso e accondiscendente che Tony si chiese perché la Direttrice non sforzasse neanche di fingere un po’.

Il rientro alla base fu pensieroso, giacché tutti i suoi neuroni stavano lavorando su quei fogli che aveva già prontamente spedito ad Abby, sicuro che insieme a Mcgeek avrebbe trovato le risposte che cercava.

Aveva pensato, appena atterrato, di correre a casa dalla sua Ziva, riposarsi per qualche ora e poi andare all’NCIS, ma il volto corrucciato di Gibbs, che lo attendeva all’eliporto, gli fece comprendere che una visita a casa non sarebbe stato il primo punto dell’itinerario.

«Ci sono novità.» disse il capo, invitandolo poi a raccontargli della missione. Tony fu quanto mai conciso e focalizzò tutta l’attenzione sull’interesse che i terroristi avevano dimostrato verso Ziva, timoroso che qualche cellula autonoma decidesse di agire spontaneamente contro di lei.

«Ne dubito. Il Mossad aveva già intercettato le altre cellule più importanti, aspettavano solo il momento giusto per attaccare Moab

«Ancora non capisco perché siamo stati coinvolti.»

«Per lo stesso motivo per cui stavi per morire, Tony: una talpa.»

«In pratica ci hanno solo usato.»

Gibbs annuì: «Leon ti ha mandato solo ottenendo l’assoluta sicurezza che saresti tornato tutto intero e loro avevano bisogno che il capo della spedizione fosse un uomo sicuramente non corrotto.»

«E poi si chiedono perché non mi piaccia il Mossad!» esclamò Tony, in uno sbuffo di disapprovazione.

«Abby ha delle novità?» chiese, poi, sicuro che Gibbs fosse al corrente di tutto.

«Te le spiegherà lei. Siamo arrivati.»

Entrati nel laboratorio della scienziata, ovviamente, Abby corse ad abbracciare Tony, felice che fosse salvo, seguito da un sorriso da parte di Ellie e Mcgee.

«Sono tutto intero.»

«E pieno di ferite!» disse la scienziata, triste che tutta la sua famiglia rischiasse sempre e comunque la vita.

«Abby.» fu il commento conciso di Gibbs che fece subito iniziare il discorso di Abby.

«D’accordo, d’accordo. Tony, i documenti che mi hai mandato, dimostrano sostanzialmente contatti frequenti tra Moab ed Ari, quel maledetto! Ovviamente tutto questo tipo di documentazione cessa alla data della morte di Haswari, quindi riguarda prevalentemente eventi successi negli anni prima. Non ho trovato niente di utile, in conclusione.»

«E perché volevano Ziva?» chiese lui, insistendo.

«Beh, forse perché è l’ultima persona rimasta legata ad Ari, non dimenticarti che tutta l’organizzazione si basava su di lui.»

«Lo spero.»

«La proteggeremo noi.» rispose Gibbs, mettendo una mano sulla spalla dell’agente che sorrise leggermente.

«Ci sono molti atti criminali per cui si troverà finalmente un colpevole: molti assassini, molte bombe, c’è l’elenco anche di una serie di azioni suicide autorizzate da Moab e Ari: Kabul, Tel Aviv, Hamas…»

Abby stava continuando ad elencare, quando quella combinazione di parole attirò l’attenzione di Tony, spingendolo a scostare la scienziata, sotto il suo grido di protesta, per poter vedere se la sua intuizione fosse giusta.

I fogli erano molto schematici e non ci mise molto a trovare la data che interessava e, facendo rapidamente due calcoli, scoprì che era esattamente nel periodo che era morta la sorellina di Ziva. Un ulteriore controllo al pc, sotto gli sguardi stupiti di tutti, gli diede conferma che l’attacco che aveva causato la morte di Tali David era stato ordinato da Ari Haswari e Moab.

Un pesante silenzio calò nel laboratorio di Abby, interrotto solo dal rumore dei tasti che la scienziata stava premendo al pc.

«Glielo dirai?» chiese, infine, Mcgee domandando ciò che tutti si stavano chiedendo.

Tony tentennò nel rispondere: «Certo! Magari… non subito, ecco. Non è una cosa facile.»

«Prima è, meglio sarà, DiNozzo.» decretò Gibbs, invitando tutti gli altri a riprendere il solito lavoro.

Non c’era nessuna apparente connessione tra Ziva e il gruppo di Moab, se non il legame di sangue che la univa con Ari e quindi il capo decise che era tempo di occuparsi del delitto di un altro Marine.

«Va’ a casa, DiNozzo. Per oggi riposo.»

«Grazie boss!» esclamò contento lui, dileguandosi rapidamente.

Prima di andarsene, passò da Vance per informarlo direttamente della missione e da Ducky per rassicurare lui e Palmer sul suo rientro.

Sulla strada di ritorno pensò a vari modi per comunicare a Ziva la notizia su Tali, ma nessuno di quelli gli sembrava opportuno. Non voleva riaprire vecchie ferite, né voleva che fantasmi del passato ricominciassero a perseguitarla.

Ziva aveva accettato la morte di Tali e aveva perseguito la sua vendetta, ma cosa sarebbe successo se il colpevole avrebbe preso le sembianze di suo fratello?

Già l’accettazione del fatto che fosse un criminale, seguita dalla consapevolezza di averlo ucciso erano stati eventi che l’avevano profondamente scossa e cambiata: scoprire che aveva anche ucciso la sua amata sorella, cosa avrebbe scatenato in lei?

Sconfortato da questi dubbi e dalla dolorosa idea di perderla nuovamente, non trovò il coraggio di dirle niente.

Sfiorare la sua pelle morbida e godersi con lei la giornata fu l’unica cosa di cui si preoccupò.

Il giorno seguente, tuttavia, l’obiettivo gli fu ancora più difficile. Dopo essere tornato dal lavoro, vide Ziva particolarmente contenta per un suo successo lavorativo e non se la sentì proprio di rovinarle l’umore, o almeno questa fu la scusa che si dette per evitare di darsi del codardo.

Passati quasi quattro giorni, aveva deciso che doveva assolutamente rivelarle tutto. Non poteva tenerla all’oscuro di un così grande segreto e Ziva aveva tutti i diritti di sapere.

Doveva fidarsi di lei.

Tuttavia, girate le chiavi del loro appartamento, la vista di una Ziva seduta sul divano con l’espressione più furiosa che gli avesse mai visto, gli fece capire di essere arrivato troppo tardi.

«Perché non me l’hai detto?» chiese lei, subito, alzandosi e andando contro di lui.

«Ziva…»

«Rispondimi, Tony!»

«Te lo volevo dire proprio stasera!»

«Oh certo e tu speri che sia così stupida da crederci!? Ma per chi mi hai preso?»

«Te lo giuro.»

«Come hai potuto pensare di tenermi nascosta una cosa del genere? Avevo capito subito che mi nascondessi qualcosa! Ma non credevo… non credevo fosse qualcosa di così importante per me.»

«Ziva, mi dispiace. Hai ragione, avrei dovuto dirtelo subito, ma non volevo ferirti.»

«No, Tony! Non l’hai fatto per me! L’hai fatto perché non ti fidi di me! Avevi paura che me ne andassi di nuovo, hai sempre paura che un giorno io me ne vada! E lo capisco, è colpa mia, ma tu non puoi continuare a non fidarti di me!» gridò lei, ormai sull’orlo delle lacrime.

«Ziva…»

«No! Non capisci? Come facciamo a stare insieme, con questi presupposti? Stiamo insieme da quasi tre anni e tu ancora hai gli stessi dubbi! Non so più cosa fare.»

«Non devi fare niente. Hai ragione, il pensiero che tu vada via mi turba profondamente, ma è normale in fondo!»

«Non è normale, Tony! Reputi normale non avermi detto che Ari ha ordinato l’attacco che ha ucciso mia sorella? Ho dovuto usare tutte le mie risorse per capire che diavolo mi nascondessi!»

«Perché continui a non credermi? Te l’avrei detto!»

«Forse.» concesse lei sospirando. «Ma il fatto che non l’abbia detto subito ha portato alla luce un grave problema.»

«Ora stai esagerando.»

«Non hai fiducia in me. Questo è gravissimo, dal mio punto di vista.»

«Maledizione, Ziva! Ho fiducia in te, ma ho paura! Puoi biasimarmi per questo? Sette anni fa mi hai distrutto!» le gridò, pentendosene due secondi dopo. Non le aveva mai detto quanto l’avesse profondamente ferito, perché sapeva che Ziva aveva fatto quella scelta per ritrovare se stessa.

«E tu ancora non me l’hai perdonato, vero?» domandò lei, con amarezza.

«Mi dispiace… non volevo dire quello che ho detto. Ne abbiamo parlato a lungo…»

«Ma è evidente, Tony. A parole dici una cosa e poi ne dimostri un’altra.»

«Non è vero.» le disse lui, posandole una mano sulla guancia. «Non c’era niente da perdonare, ho sempre rispettato la tua scelta.»

«Non sembra.» rispose Ziva, scostandosi e girandosi turbata. «Non so se possiamo continuare così. Non ti fidi di me e oggi ho avuto la prova che neanche io riesco a fidarmi di te. Dici queste cose e io non ci credo.» concluse lei, sentendo le lacrime pungerle gli occhi.

Prese il giaccone e si avviò decisa verso la porta.

«Dove vai?» le chiese Tony, con uno sguardo vicino alla disperazione, sentendo rivivere tutto il dolore che aveva provato quel lontano giorno, nell’aeroporto di Israele.

«Devo stare da sola per un po’.» disse, chiudendosi la porta alle spalle e iniziando a piangere quasi istantaneamente.

Tony restò bloccato, paralizzato dagli eventi e incredulo di come la situazione fosse degenerata. Incapace di restare in casa, prese al volo le chiavi della macchina e iniziò a girare la città, nel silenzio notturno che avvolgeva D.C.

Dopo alcune ore, confuso da ciò che dovesse fare, come sempre, quando aveva avuto bisogno di un consiglio serio, una barca di legno si formò nella sua mente e la strada da seguire fu per Tony assolutamente chiara.

La porta era aperta, ovviamente, e la discesa nel seminterrato di Gibbs fu senza fretta; Tony si era fermato a domandarsi se il suo capo fosse già nel mondo dei sogni – erano pur sempre le 2 del mattino -, ma un ritmico martellare, proveniente da giù, dissipò tutti i suoi dubbi.

A Gibbs bastò solamente un’occhiata al suo Agente anziano per alzarsi dalla sedia, dirigersi nella scrivania dietro per prendere due bicchieri, riempirli di bourbon e consegnarne uno nelle mani di Tony.

Lui se lo rigirò tra le mani, osservando il liquido giallo che batteva nelle pareti di vetro del bicchiere e avvertendo una fitta di disagio farsi strada dentro di lui.

«Pensa che non mi fidi di lei.»

«È vero?»

Il silenzio che seguì fu sufficiente.

«DiNozzo. Stai sbagliando prospettiva.»

«Che intendi?»

«La vita può toglierti la felicità come e quando vuole, non essere tu stesso a togliertela.»

Tony restò sconcertato da quelle parole, pregne di un antico dolore e realizzò che avesse pienamente ragione.

Era vero che aveva il timore che Ziva se ne potesse andare, diamine, ci aveva convissuto per anni con quella paura, ma la vita e il suo lavoro stesso non gli offrivano nessuna garanzia che sarebbe arrivato il giorno successivo.

«Hai ragione capo!» esclamò Tony, colto da illuminazione.

«Ora va’ a casa, domani non accetto ritardi.»

Ma l’Agente anziano non lo udì neanche, già al limite delle scale che congiungevano la cantina al piano superiore.

Voleva soltanto correre da Ziva e baciarla e dirle che l’amava, che aveva capito il suo sbaglio e che tutto aveva senso ora.

Tornato a casa, ovviamente, non la trovò ma non si perse d’animo e si sedette sul divano, certo che sarebbe tornata.

Per prendere i suoi vestiti, se non altro.

All’alba le sue certezze iniziarono a vacillare, ma doveva avere fiducia in Ziva. Non avrebbe chiuso tutto ciò che avevano in quel modo.

Quando si fecero le 9 del mattino, capì che avrebbe potuto tranquillamente andare a lavoro e che Ziva aveva bisogno di altro tempo, per cui si fece una doccia e poi si diresse verso la base navale. La fortuna gli arrise, dato che fu una giornata abbastanza veloce e che gli tenne impegnata la mente tra una chiamata che lei gli rifiutava e i messaggi che mandava ad intervalli irregolari e che non ricevevano mai risposta.

Mcgee ed Ellie, grazie a non si sa quale miracolo, non indagarono pur notando l’evidente malcontento di Tony e lo lasciarono andare, la sera, senza avergli fatto alcun tipo di interrogatorio.

Nel momento in cui mise piede nell’appartamento, Tony aveva subito capito che Ziva non ci era neanche passata e si sedette amareggiato sul divano.

Era la prima volta che litigavamo in quel modo, accusandosi l’un altro cose che probabilmente, in un momento normale, non si sarebbero mai detti.

Tony, del resto, le aveva sempre nascosto quanto avesse realmente sofferto dal momento in cui aveva preso quell’aereo a Tel Aviv, perché non voleva che lei si sentisse in colpa e, in fondo, sapeva davvero che era stato quel periodo di lontananza a farla diventare sua, alla fine.

Se non avesse fatto quel percorso di redenzione interiore, non sarebbe mai tornata da lui, pronta finalmente per ricominciare a vivere.

Perso nei pensieri, si addormentò sul divano, mentre sulla TV scorreva un vecchio film in bianco e nero, di quelli che piacevano a Ziva.

Nel primo albeggiare del nuovo giorno, un rumore insolito scosse Tony dal suo sonno e lo portò ad alzarsi di scatto, sorpreso da dove fosse. Ci mise qualche secondo a riorganizzare le informazioni e poi guardò verso la finestra dove la luce stava iniziando a sfumarsi nel cielo violetto.

Guardando l’orizzonte, un’ispirazione lo colse e uscì rapidamente dall’appartamento, percorrendo velocemente le scale e arrivando sul tetto dell’edificio, chiedendosi come avesse potuto non pensarci prima.

Come aveva sospettato, la vide lì, appoggiata al bordo della ringhiera, con lo sguardo fisso davanti a sé.

Sapeva quanto entrambi amassero quel luogo, da dove si vedeva tutta la città e dove spesso l’aveva sorpresa mentre guardava l’orizzonte; probabilmente doveva essere lì da appena pochi minuti.

Le si avvicinò, sperando che non fosse ancora tremendamente arrabbiata, ma quello che vide nel suo sguardo, quando lo guardò, fu solo stanchezza e tristezza.

Gli occhi avevano ancora i segni di un pianto recente e Tony si pentì di non aver capito prima.

«Ziva…»

«Mi dispiace, ho esagerato. Non volevo dirti quelle cose, ma mi sono sentita nuovamente tradita, anche se comprendo le tue motivazioni.» iniziò lei, subito, pentita di come avesse condotto la discussione.

«Ziva… ascolta…»

«Tu hai ancora paura che, un giorno, faccia i bagagli e scompaia dalla tua vita. E la colpa è solo mia, non tua. Posso perdonarti che tu abbia esitato nel dirmi di Tali, ma non posso passare sopra al fatto che non ti fidi abbastanza del mio amore.»

Vedendolo in silenzio, prese coraggio e tentò in tutti i modi di convincerlo.

«Non me ne andrò Tony, okay? Fidati di me. Quello che ho fatto in passato, mi ha insegnato proprio questo. Tu sei il posto dove voglio stare, sicuramente litigheremo ancora e chissà cosa ci succederà, ma non me andrò via.»

«Lo so. Mi son sempre fidato del tuo amore, avevo paura del resto.»

La sua voce vibrava di una così ferma certezza che Ziva si voltò stupita.

«Puoi credermi, Ziva. Ho capito il mio sbaglio, è stupido avere paura che tu mi lasci per un motivo preciso, quando la vita è imprevedibile. Dobbiamo goderci ogni singolo giorno.»

Tony sentì l’impellente desiderio di baciarla e, con un braccio, la tirò a sé, mettendo il capo nei suoi capelli.

«E cosa ti ha fatto giungere a queste conclusioni?»

«Un amico.»

Restarono abbracciati, a guardare l’alba che saliva, parlando senza remore e muri. Ziva disse tutto ciò che la notizia su Ari le aveva provocato, rammaricandosi che dovesse incolpare lui di quel dolore che si sarebbe sempre portata dentro e Tony l’aveva ascoltata con pazienza e amore, senza mai lasciarle la mano.

Come sempre avrebbe voluto fare.

«Mi sento davvero un cretino.»

«Lo sei.» confermò lei, ridendo.

«Ho davvero pensato che sarebbe stato meglio lasciarci, Tony. Non volevo costringerti a un rapporto senza fiducia.»

«Sono stato egoista Ziva, come spesso sarò. Ho anteposto la paura al tuo diritto di sapere la verità, perché davvero a volte mi sembra tutto così bello da essere un sogno.»

Restarono abbracciati per un tempo indefinito, sciogliendo tutti i dubbi che si portavano dentro, nell’aria fresca e umida di quel primo mattino.

«Perché non siamo sposati?» chiese poi, a bruciapelo e stupendosi lui stesso.

Ziva rise, stringendosi ancora di più a lui: «Perché non me l’hai mai chiesto.»

«Vuoi sposarmi, Ziva?» le sussurrò lui, nell’orecchio.

Lei sentì il cuore perderle un battito e si chiese come diavolo facesse Tony DiNozzo a provocarle quelle reazioni, arrossì e sentì la risposta sbocciare chiara dentro di sé.

«Perché ora?»

«Beh… so che non è molto romantico dopo il litigio che abbiamo avuto, ma in fondo non credo ci sia un momento migliore, Ziva. È la dimostrazione che, nonostante tutto, noi ci saremo.»

«Allora, penso che si potrebbe fare.» disse lei, con tono di sufficienza.

«Ma che risposta è?»

«Oh, Tony DiNozzo, vuoi sentirti dire che , ti sposerei ora e altri mille milioni di volte?» gli chiese, avvolgendogli le braccia al collo.

«Beh! Non sarebbe male.» confermò lui, attirandola a sé.

«Secondo me una è più che sufficiente, pensa sopportarti per mille matrimoni!»

«Potrei offendermi.»

«Potresti.» disse lei con un sorriso malizioso. «Oppure potresti scendere giù con me e inaugurare il nostro nuovo status di fidanzati.»

«Ziva David!»

«Cosa?»

Tony la osservò, illuminata dalla tenue luce dell’alba e capì che quello sarebbe stato uno dei momenti che avrebbe ricordato per tutta la vita, più di quando l’aveva conosciuta, più di quando l’aveva rivista dopo averla aspettata per tanto tempo, perché era in quel momento che aveva realmente capito.

Più forte delle paure e più del dolore, Ziva era la speranza.

Le prese il volto tra le mani, come aveva fatto a Tel Aviv e la baciò delicatamente, sorridendo tra le sue labbra.

«Gibbs mi ammazza se arrivo in ritardo.»

«E se ci parlassi io?»

«Ti ricordi com’è Gibbs, vero? Anche se hai smesso di lavorare per lui, le abitudini non sono cambiate.»

«Hai ragione!» disse lei, dandogli una lieve pacca sul sedere. «Quindi faremmo meglio a non perdere tempo, no?»

«Beh, contando che ti sei appena condannata a spendere tutto il tuo tempo con me…»

Ziva rise e scese le scale, seguita da Tony che all’ultimo gradino la prese dai fianchi e se la caricò in spalla, tra le rise e le proteste dell’israeliana.

«Mettimi giù!»

La depositò sul letto e spense tutte le sue proteste, trasformandole in sospiri ben più piacevoli, di baci al sapore di quello che erano sempre stati Ziva e Tony: una miscela iniziata per caso, riscaldata da battute e provocazioni e cresciuta tra un riso e uno scherzo, divisi da una lontananza inaspettata e, infine, scoppiata nel più scontato e ambito degli epiloghi: l’amore.

 

 

 

 

 

Fine!

Salve, fandom di NCIS, era da un bel po’ che non scrivevo sulla mia coppia preferita.

L’idea della fic nasce dalla richiesta di una mia amica, che voleva che descrivessi Tony e Ziva in un tosto e forte litigio e questo è il risultato (ovviamente tutta la parte su Ari, Moab e Tali è assolutamente inventata XD).

Non avevo previsto venisse così lunga,ma sono soddisfatta del risultato.

La storia si svolge più avanti negli anni, Ziva è tornata e sta con Tony da tre anni (che, in teoria, è quello che mi aspetto essere l’epilogo di questa serie TV. Fate tornare Ziva, vi prego.)

Che altro dire, ah sì, i versi iniziali vengono dalla canzone Inaspettata di Biagio Antonacci, ma non il titolo.

Spero vi sia piaciuta, spero vogliate lasciarmi un commentino **

Un bacione,

 

 

 

EclipseOfHeart

 

 

 

   
 
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