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Autore: Roxar    29/09/2015    6 recensioni
[Seconda classificata al contest Let's play TABOO - Old Generation Edition, indetto da Writer96 e Alyx]
La via del ritorno è lunga e tortuosa.
[one-sided!Sirius/James | Slash]
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Potter, Sirius Black | Coppie: James Potter/Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nickname (sul forum e su Efp): Roxar
Carta scelta: Gruppo C, numero 8: "Anche quando non ci sei, io mi giro a cercarti."
Titolo: La via di casa
Introduzione: La via del ritorno è lunga e tortuosa.
Personaggi: Sirius Black, James Potter, Remus Lupin
Genere: Sentimentale, Angst, Hurt/Comfort
Note: Nessuna
Avvertimenti: Slash, One–sided!love

___

 

 

È il tonfo ovattato del libro che si scontra contro la moquette a risvegliarlo.

Ad un primo momento di smarrimento ne segue uno in cui si rende conto che deve essersi addormentato ore fa, mentre cercava di leggere il manuale di Rune Antiche di Regulus. Sono state le annotazioni a margine ad incuriosirlo, vergate in quella grafia sottile e fragile che minaccia di spezzarsi al peso di ogni g, trascinata giù da quella piccola pancia che Regulus non ha mai imparato a disegnare bene. Cerca di tendere l'orecchio, ma i suoi non sono in casa, ovviamente. Walburga non aveva parlato di qualche ridicola cena a casa di un'altrettanto ridicola strega col sangue puro e il cervello marcio? Probabilmente l'ha fatto, ma, a voler essere onesti, non è che Sirius le abbia mai prestato particolare attenzione. È più facile dimenticare che è sua madre, se si sforza di considerarla rumore di fondo, parte integrante della tappezzeria.

Quanto tempo è passato? Guarda fuori dalla finestra e quasi ringhia quando il sole gli schiaffeggia gli occhi, arancione e bruciante, sospeso ad un paio di metri dall'orizzonte. Quasi tutto il pomeriggio, dunque. Notevole. E interessante, anche: chi l'avrebbe mai detto che Rune Antiche potesse essere la cura ad un'insonnia che lo opprime da che ha memoria?

Poi lascia scivolare lo sguardo sugli arazzi di seta che tappezzano buona parte della carta da parati e pensa che ne sia valsa la pena anche solo per quello, per gioire ed inorgoglirsi dei riflessi rosso vermiglio e oro brillante che ammiccano da ogni singolo filo di seta che compone i colori e il leone del Grifondoro.

Alza la mano per sfiorare la polvere che turbina con una movenza quasi alticcia, indugiando nello spazio tondo e morbido tra un dito e l'altro, e la ritira subito al petto quando bussano, proprio sul cuore che sta abbozzando un battito più sostenuto, più robusto, indispensabile a gestire la sorpresa e la scoperta di non essere solo come pensava.

Balza giù dal letto e quasi cammina acquattato mentre le dita stringono il pomello, lo ruotano e spalancano la porta. James Potter sorride, tutto occhiali sporchi – non imparerà mai a spingerli su evitando di toccare le lenti – e capelli storti. Non sembra avere affatto l'aria di chi si è concesso un'improvvisata, e forse è per questo che non capisce lo sgomento negli occhi di Sirius.

«Be'? Cos'è quella faccia?» butta là e lo spinge da parte, guardandosi attentamente intorno. È la prima volta che mette piede a Grimmauld Place e probabilmente non è una coincidenza che l'abbia fatto adesso che i suoi sono fuori. Ciononostante, Sirius non riesce a capacitarsi della sua presenza. Inizia ad agitarsi. Ha ricevuto un suo gufo e non se lo ricorda?

«Ti ho detto che sarei venuto a trovarti, no?»

«Quando?»

«Un'infinità di volte!» Quindi è un'improvvisata. Sirius sospira, sorride non visto e rilassa le spalle, battendo una pacca poderosa tra le scapole di James, che, impreparato, oscilla pericolosamente prima di aggrapparsi alla piediera del letto e sollevare la gamba, nel goffo tentativo di colpirlo nelle parti basse.

«Chi ti ha fatto entrare? Kreacher?»

«Già» esala drammaticamente, simulando un brivido alla menzione di quel nome e fermandosi davanti alla foto che ritrae loro quattro nel loro ultimo giorno di scuola. Sorride con affetto e passa l'indice su ciascun volto. Per qualche ragione, prova una fitta di rabbia quando il polpastrello lambisce il viso impacciato di Peter. Turbato, cerca di togliersi di dosso la smorfia irritata che adesso gli piega la bocca in un angolo cattivo. Peter non gli ha fatto nulla; certo, gira intorno a James un po' troppo e troppo spesso, ma con questo? È ridicolo spendere anche solo un briciolo di energia per avercela con lui.

«Allora» sbotta, lasciandosi cadere sul letto dopo che ha attentamente esaminato la stanza, stropicciando le lenzuola e sollevando il cuscino sulla testiera. «Questo è l'antro di Sirius Black. Interessante».

Per Sirius, invece, è interessante la linea delle sue clavicole che sporgono dal colletto della maglietta, appena accennate, come in un invito a infilare le dita oltre il bordo. Lo sa che è sbagliato avere dei pensieri del genere sul proprio migliore amico, ma non riesce a farne a meno, non con il sole che adesso ha perso parte del suo splendore e galleggia ad un metro dall'orizzonte, arrossando le guance e gli occhi di James, accentuando le ombre nelle parti cave del viso e del collo, schizzando di riflessi purpurei i capelli neri.

Cautamente, siede ai piedi del suo stesso letto, voltandosi per cercarlo a più riprese, perché non riesce a credere che James sia realmente qui, disteso sul suo letto, così vicino che basterebbe semplicemente allungare un braccio e...

«Ti sono mancato?»

Sirius aggrotta la fronte e le sue fantasticherie si sgonfiano come un palloncino. Che domanda singolare. Be', certo che gli è mancato. I giorni senza James sono giorni privi di qualcosa, come di una tonalità di colore che li rende più smunti e infelici, ma non hanno mai avuto bisogno di dirselo; se lo leggevano negli occhi, e nei silenzi. E poi la coglie: labile, ma inequivocabilmente ironica, la nota scherzosa scivola sinuosa tra una parola e l'altra, beffandosi di lui e del suo cuore che, sotto la camicia sta battendo più forte.

«Come no. Le mie giornate sono indegne, senza di te. Penso che dovresti sposarmi».

«Grazie per averlo finalmente proposto. Adotteremo dei cuccioli, vero?» e allunga una scarpa schizzata di fango per pungolargli il gomito. Sirius la schiaffeggia via con il dorso della mano, però fa fatica a non curvare le labbra in un sorriso.

«Almeno due. E li chiameremo Meraviglioso, Incantevole E Affascinante e Quattrocchi».

«Che a loro volta avranno dei cuccioli e finché ci saranno cuccioli noi saremo felici».

«Amico, ti sfugge il dato biologico, per caso?»

«Ovviamente no, perché Noioso, Illuso e Triste sarà una femmina» dice, con l'aria di uno che ha attentamente pilotato la conversazione fino a questo punto per dire questa precisa battuta, e poi ride e ride anche più forte quando Sirius si scaraventa su di lui, con i capelli di James che lo punzecchiano dappertutto, che gli volano in bocca mentre biascica qualcosa sul dimostrargli quanto sia donna.

Però, di punto in bianco, c'è un momento in cui James gli prende la testa tra le mani e la tira giù, fronte contro fronte. C'è un sorriso, sulle sue labbra, che Sirius non ha mai visto. Il cuore batte più forte e non è mai stato così consapevole del proprio corpo, del posto che occupa nello spazio, del posto che occupa adesso e qui, su questo letto, tra le gambe di James mezze incastrate con le sue.

«Grazie» gli dice. «Grazie per non avermi dimenticato».

Sirius – che è un po' deluso; ma cosa si era aspettato? – ride, perché è veramente da James uscirsene con le cose più improbabili nel momento più improbabile. Ciononostante, non riesce a guardarlo, non più. Qualcosa si è incastrato tra loro, è spigoloso e Sirius prova a scuotersi un po', fa leva sulle braccia per capire come muoversi senza farsi del male. Guarda nuovamente fuori; il sole è quasi scomparso e la camera è quasi buia. Il buio è infido, ha imparato. Nasconde le sue peggiori paure. Nutre le sue peggiori tentazioni. Improvvisamente, deve allontanarsi.

«Hai fame? Dico a quel demente di Kreacher di preparare qualcosa» e balza via, rimettendosi in piedi con un piccolo oscillamento, come di assestamento. Passa i palmi sulla camicia sciupata, rassetta i pantaloni e non può fare a meno di girarsi e cercarlo. Anche nella penombra, James è perfettamente visibile, lì disteso, con quel sorriso strano sulla bocca.

Sirius pensa che passerà la vita a girarsi e cercarlo; è nato per non fare nient'altro. Nient'altro che non sia muovere un poco la testa, quel tanto che basta a cogliere la sua sagoma con la coda dell'occhio e scoccargli un sorriso di sghimbescio.

«Torno subito» promette, ma la porta si spalanca e la luce di una vecchia lampada a gas, inchiodata proprio al muro di fronte a lui, lo illumina da capo a piedi, accecandolo. Fa un passo indietro, guarda verso la finestra – il sole è scomparso, del crepuscolo non resta che qualche bagliore livido e sfiancato – e sbatte velocemente le palpebre, cercando di riguadagnare la vista. E solo quando è certo che non finirà nuovamente accecato guarda davanti a sé e quel che vede, per un attimo, non ha alcun senso e gli pervade la testa di incoerenza.

C'è qualcuno che somiglia a Remus, a riempire il vano della porta, con il braccio ancora teso e la mano ancora serrata intorno alla maniglia, ma non può essere Remus. Questo che gli ricambia lo sguardo dal vano della porta è un uomo alto e abraso dall'incedere del tempo, dai capelli abbondantemente schizzati di grigio e dagli occhi pieni di un tale logoramento che, ne è certo, Remus non ha mai conosciuto.

«Sirius» inizia cautamente, e anche la sua voce non è come la conosce; è più bassa, più sfibrata, più stanca. Ma forse sono solo gli strascichi della luna piena, la stessa che inizia ad arrampicarsi sul bordo della finestra dai vetri che, adesso nota, sono sporchi e oppressi da anni di incuria e abbandono. «Sirius, con chi stai parlando?»

Sirius sorride come se questo falso Remus fosse un idiota e allunga un braccio dietro di sé, voltandosi per incrociare gli occhi pieni di ironia e derisione di James. Ma James non c'è. Le lenzuola non sono sgualcite, il cuscino non è sollevato sulla testiera.

James non è mai stato lì.

E se James non è mai stato lì è perché James è morto quattordici anni fa.

L'improvvisa presa di coscienza si abbatte con violenza sulle fondamenta del suo mondo, scuotendolo bruscamente e provocandogli una vertigine che lo spinge a cercare a tentoni il bordo dell'armadio, reggendovisi come se da quello dipendesse tutta la sua vita. Con gli occhi ancora saldamente piantati sul letto, tasta alla cieca fino ad aprire l'anta che non è impegnata a sorreggerlo, con un movimento stanco ma brusco, e lentamente, molto lentamente, le rivolge lo sguardo. Lo specchio che si cela al suo interno, nonostante la poca luce che riesce coraggiosamente a raggiungerlo, rivela il viso scarno e consumato di un uomo dagli occhi sgranati in un'espressione da squilibrato.

Grazie per non avermi dimenticato, sta ripetendo la voce di James, con una nota tagliente e scanzonata che non gli è mai appartenuta, ma forse non avresti dovuto dimenticare neanche te stesso, eh, Felpato?

«Sirius» ripete Remus e c'è così tanta compassione, nella sua voce, che Sirius non riesce a tollerarlo, proprio come non riesce a tollerare questo scherzo crudele della sua mente che, evidentemente, è stata troppo segnata da Azkaban per poter riacquisire l'originaria integrità. Troppo segnata dal fatto che James è andato avanti, lasciandolo indietro, a voltarsi per cercarlo, anche e soprattutto adesso che non c'è. Cammina a capo chino verso Remus e lo alza solo quando, alla fine, riesce a raccogliere il coraggio necessario a fargli mormorare: «Non so come andare avanti».

Remus non lo abbraccia, ma è come se lo avesse fatto. Non ha vergogna nel far scivolare la sua mano fredda e piena di tagli e cicatrici nella sua, né ha particolari problemi ad accettare il fatto che non si incastrano bene come due mani dovrebbero.

«Iniziamo da una bella Burrobirra, come ai vecchi tempi, eh, che ne dici?»

Dice di sì, Sirius, perché Remus ha sempre avuto la risposta giusta ad ogni loro problema. Perché la via del ritorno è lunga e tortuosa, ma Remus conosce la strada perché Remus, in qualche modo, sa dov'è casa.

Così si lascia trascinare via e cerca di cedere alla tentazione, si impegna e si odia quando non ce la fa: si impunta nel mezzo del corridoio e si volta, cercandolo.

La via del ritorno è lunga e tortuosa, ma tutto quel buio vuoto che gli ricambia l'occhiata, adesso, sembra un buon inizio.

 

____

 

 

NdA: La storia, come suppongo avrete capito, si svolge immadiatamente dopo il ritorno di Sirius a Grimmauld Place, quindi immediatamente dopo il Torneo Tremaghi. Complici la detenzione ad Azkaban e il distacco brutale da James, ho quest'idea secondo cui la mente di Sirius, già provata al momento dell'arresto, non sia più stata la stessa dopo il ripetuto assalto dei Dissennatori.
Con questo non voglio dire che Sirius è pazzo, ma piuttosto che semplicemente, dopo la fuga, abbia dovuto fare i conti con lo shock post-traumatico che non ha mai avuto modo di curare adeguatamente. O, semplicemente, che abbia dovuto fare i conti con la scomparsa di James e del modo in cui i Dissennatori l'avranno sicuramente imbruttita e distorta fino a ficcargliela profondamente in mente e farne una specie di ossessione.
Io, con questa storia, ho voluto dare credito a questa mia personalissima ipotesi, cercando di non far intuire affatto che si trattasse di un'allucinazione, per giocarmi, per così dire, tutto l'effetto sorpresa sul finale. Spero di esserci riuscita, e soprattutto spero che abbiate apprezzato. :)

   
 
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