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Autore: AfterAllThisTime__Always    29/09/2015    2 recensioni
Quello che una ragazza pensa nel semplice tragitto in pullman che la separa dalla scuole. Due auricolari nelle orecchie, una canzone con una sua storia.
Genere: Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Quando sali sul pullman il controllore ti oblitera il biglietto e finalmente puoi andare a sederti. Il mezzo è quasi vuoto, molti posti sono liberi, ma tu vai a sederti in fondo, per quanto tu possa soffrire quel sobbalzare continuo.
I posti in fondo al pullman sono i migliori, ti dici, perchè puoi riflettere da sola e nessuno entrando può notare la tua perenne tristezza che invade i tuoi occhi.
Dopo esserti accomodata su quei sedili blu a macchie colorate appoggi lo zaino nero sotto le gambe e poi la fronte sul vetro. Non ti siedi mai all’esterno perchè passa troppa gente, ti dici.
La tua mente ti chiede quando hai iniziato a vivere con gli auricolari alle orecchie. È una domanda destinata a rimanere senza risposta.
Quando il mezzo parte tiri un sospiro di sollievo e chiudi quegli occhi verdi che lui ha amato così tanto. Tu riuscirai mai ad amare il tuo corpo? Anche senza che tu lo veda, il paesaggio inizia a scorrere davanti ai tuoi occhi, ma la tua mente è altrove. È sempre altrove, non sei mai con i piedi per terra.
Ti chiedi quando hai iniziato a vivere con due caratteri completamente diversi. A gennaio, ti rispondi come tutte le mattine. Vorresti che questa corsa con il pullman non finisse mai, in modo da poter morire nei pensieri, annegata nelle proprie lacrime. Ma l’autobus si ferma per la prima volta e ne sale qualche persona.
Solo allora ti concedi di aprire gli occhi. Nel sedile accanto a te, dall’altra parte del corridoio, c’è il solito ragazzo con i capelli lunghi e le cuffie alle orecchie, che dorme incurante della tua sofferenza. Ti chiedi come faccia a svegliarsi sempre in tempo per la sua fermata.
Nessuno ancora si siede accanto a te, ne sei felice. Di nuovo: occhi chiusi e fronte sul finestrino. La tristezza ti invade e con lei anche delle immagini poco piacevoli, le solite che ricordi quando sali sul mezzo. La sua mano che ti sfiora, il suo sorriso sincero, quel sorriso che non hai fatto altro che amare fin dalla sua prima comparsa.
Quando andavate insieme sul pullman lui rideva sempre, felice di essere insieme ad una ragazza. Ti sbeffeggiava sempre facendo scoppiare a ridere tutti. Quando sostituivi le parolacce con dei nomi di dolci lui rideva talmente tanto che era obbligato a tenersi la pancia. Tu lo rimbeccavi ma poi di fronte alla sua bellezza ti arrendevi e scoppiavi a ridere anche tu.
Quanto hai amato quei suoi occhi azzurri? Sempre sorridenti e luminosi. E poi quelle fossette che comparivano sulle sue guance quando rideva? Te li ricordi? Certo che sì, come dimenticare.
Quanto hai odiato quella sua felpa rossa con la scritta “Duff”? La metteva sempre, tutti i giorni e lo faceva solo per farti innervosire, ma poi avete litigato, non per quella felpa, ma era un giorno in cui lui era vestito con quell’indumento. Poi non l’ha più messa. Quanto ti manca quella macchia quasi invisibile all’interno del colletto rosso?
Il pullman si ferma di nuovo e questa volta niente tiene alla larga un ragazzo dal sedile accanto a te. Ti chiede pure se è libero, ma tu non rispondi. Ne hai voglia? No. Il ragazzo si addormenta subito appena il pullman riparte.
Tu sbuffi. Come farai a scendere se quello non si sveglia? Lui si addormentava sempre durante il tragitto e tu stavi minuti interi ad osservare la sua espressione angelica su quel viso da bambino. Ti chiedevi sempre cosa sognava, vero? Sei mai riuscita ad indovinarlo? No. E cosa facevi per svegliarlo? Lo baciavi sull’angolo della bocca. A quel punto lui faceva finta di rimanere addormentato per poi riempirti di solletico sui fianchi.
Era sempre una lotta con lui per scendere dal pullman, ti ricordi? Come sempre tu ti mettevi dalla parte del finestrino e lui all’esterno, per poi, quando toccava a te scendere, lui bloccava il passaggio con le gambe. A quel punto ti irritavi perchè alle tue spalle la tua fermata scivolava via senza che tu fossi riuscita nel tuo intento.
Quante fermate hai perso per colpa sua? Lui non voleva mai lasciarti andare via, ti voleva con sé a casa. Se non ci fosse stata tua mamma a quell’epoca tu l’avresti pure assecondato, ma avevi dei genitori esigenti, come lo sono ancora adesso.
Il passeggero accanto a te ha pure iniziato a russare. Ti chiedi come faccia a non avere pensieri per la mente. Sei costretta ad alzare il volume della musica. Solo allora ti accorgi che quella canzone è la vostra canzone. Quella che lui ti ha dedicato al vostro primo anniversario.
Senza nemmeno accorgertene inizi a canticchiarla:

Lascio le mie mani scorrer piano sulla pelle tua lascio
che all'arrivo dei miei sensi sarai tu ad aprire come basta poco
...."dopo troppo"...
riascoltare il canto tira fuori in me....


Come si chiama? “Ritorno ad amare”.
Ecco la prima lacrima di quella corsa, quella che puntualmente va ad incastrasi tra le tue labbra. Non stai nemmeno ad asciugare quel filo bagnato che ti ha lasciato sulla guancia. Quante volte hai pianto in sua presenza?
Ogni lacrima che tu versavi non faceva nemmeno in tempo a toccare terra perchè lui te le asciugava con il dorso della mano. Poi ti consolava tirando fuori uno si quei suoi sorrisi per poi stringerti tra le sue possenti braccia.
E adesso chi te le asciuga le lacrime? Lui non c’è, e anche se ci fosse non ci riuscirebbe, perchè queste lacrime non ci sarebbero. È la sua mancanza che ti fa piangere, lo sai?

riascoltare il canto tira fuori in me....
quello che ho lasciato dentro
ho lasciato riposare l'infettiva gelosia
che tu con un sorriso "che non pensa" hai risvegliato in me
troppo tempo troppo tempo........


Ecco un’altra fermata del pullman in cui due anziani scendono. Guardi fuori dal finestrino e vedi una coppia di circa trent’anni che si saluta con un bacio e un abbraccio. Lei deve salire, andarsene, ma è sorridente. Ti domandi se i due si vedranno ancora. Sì probabilmente, altrimenti non sarebbero così sorridenti.
Appena la donna fa per allontanarsi, lui la raggiunge e la coinvolge in un altro bacio, trattenendola ancora un po’ con sé.
Quando tu andavi a scuola al sabato lui ti accompagnava alla fermata e ogni mattina era come un addio. Vi salutavate venti volte con baci e carezze e promesse di rivedersi quel pomeriggio. Più di una volta l’autista ti aveva suonato il clacson intimandoti di salire, quante volte hai mandato a quel paese con un gesto poco femminile quel povero uomo che faceva solo il suo lavoro?
Poi le ore a scuola passavano lente e tu passavi queste a disegnare il suo nome sui quaderni o ad immaginarti il vostro futuro assieme. La prof ti ha ripresa più volte, vero? Ma tu non l’ascoltavi, ti interessava solo lui mentre con una mano ti rigiravi l’anello che ti aveva regalato.
E infine c’era il ritorno, quando finalmente salivi sul pullman esagitata e non riuscivi nemmeno a sederti al pensiero di rivederlo alla fermata, anche se per poco. Quei minuti passavano troppo lentamente e tu un giorno eri pure andata a chiedere all’autista di andare più veloce. Quando vi vedavate era uno spettacolo che lasciava senza fiato anche le vecchiette abituate ormai alla scena.
Tu gli saltavi al collo e lui ti faceva girare, per poi metteri a terra e coinvolgerti in un bacio casto ma lungo. Probabilmente due o tre bambini sono rimasti paralizzati o traumatizzati mentre le loro rispettive mamme gli raccomandavano di non dare mai spettacolo “come quei due”.

senza mai sentire mai lo stomaco che chiude e che non chiede nulla a parte te
e ritorno ad amare con te....e mi sento sincero tanto da parlarti di me.....
tanto per parlare di me io ritorno, io ritorno.....
io ritorno ad amare....


Quanto sono cambiate le tue giornate da quando lui non c’è più, vero? Non sorridi più come una volta. La gente del tuo paese inizia a parlare, a dire cose brutte sul tuo conto ma a te non interessa, giusto? Prima ti interessava, quando c’era lui? No, perchè lui ti proteggeva sempre dalle maldicenze. Ti proteggeva da tutto.
Ti ritrovi a chiederti quanto può essere stupida la razza umana, come ci si possa rovinare la vita interessandosi solo ed esclusivamente a quella degli altri. Lui diceva sempre: “chi parla male degli altri è solo perché su di sé ha troppe cose brutte da dire”. Quante volte ti sei ripetuta quella frase, durante le notti passate insonni?
Ti ritorna in mente una frase di non ti ricordi chi: “Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana. Sulla prima ho ancora qualche dubbio”. Lui era stupido? No, decisamente no.
Quando se n’è andato qualcuno ha mai pensato a consolarti? No, sei sempre stata tu quella a dover consolare gli altri della loro perdita, come se questo fatto non ti toccasse nemmeno. Hai pianto? Tantissimo. Lo fai ancora? Si. Ti sei pentita di averlo incontrato? Mai. Ogni giorno torni a vivere la tua triste storia con quel ragazzo d’oro e ogni volta sorridi e piangi. Mai ti sei pentita. Mai.

ore,ore,ore,ore, ore fermo ad aspettare!!
orientarsi nei tuoi occhi per sapere dove andare nascere e morire in te...
come fa da sempre il sole il sole......
il sole io non ho paura e voglio viverti per come sei
e fino all'ultimo momento penserò che sia per sempre stammi dentro,
stammi dentro e non sentirti stretta mai e così basta un giorno per te.......


Ecco l’ennesima fermata del pullman. Finalmente quello accanto a te si sveglia e ti rivolge un sorriso impastato. È un bel ragazzo, ma ormai tu paragoni tutto e tutti a lui e niente raggiunge il suo essere. Non ricambi il sorriso, speri solo che quello sconosciuto non abbia notato la tua lacrima.
La tua mente si sposta sulla rovina del genere umano, pensi a come si faccia a rovinare la propria vita con dell’alcool o la droga. Hai mai bevuto? No. Sei troppo pura anche solo per parlare di alcool. Lui ti rimproverava sempre ogni olta che anche solo accennavi ad una festa in cui erano presenti alcolici. Aveva ragione.
Ma quella notte non è stato fortunato lui. Quel genere di persona che lui ha sempre disgustato aveva deciso di mettersi alla guida di un enorme camion trasporta-merci. Ubriaco fino al midollo. Ti ricordi ancora la data: 24 dicembre, la Vigilia di Natale.
Avevate organizzato tutto in grande stile, tu e lui, per far in modo di fargli conoscere i tuoi genitori. Stava venendo a casa tua, in motorino. Ti aveva mai protata sul suo motorino? No, mai. Diceva sempre che era troppo pericoloso andarci in due. Hai mai obbiettato? No.
Era in compagnia del fratello, stavano venendo entrambi a casa tua per presentarsi ai tuoi genitori e passsare insieme il Natale. Non avevate cattive intenzioni. Erano in motorino, entrambi sul proprio mezzo. Lui canticchiava un motivetto che guarda caso era proprio la vostra canzone. Te l’ha detto lui ciò che stava cantando.
E poi la stupidità umana si è schiantata contro di lui, in un frontale in cui lui è stato sbalzato via dal sellino del suo mezzo. Il camion non si è fermato, nonostante fosse nel torto. Troppa paura dell’alcol test. Lui era fermo lì, a terra. Con gambe e braccia in posizioni strane, una chiazza di sangue che si allargava sotto la testa.
Tu non hai visto l’incidente dal vivo, solo dalla descrizione fin troppo dettagliata del fratello.
Ti ricordi ancora il giorno di Natale, quando non vedendolo arrivare nemmeno in ritardo avevi telefonato. Nello stomaco ti sentivi una strana sensazione. Il fratello ti aveva raccontato tutto per telefono, quel giorno tutti si trovavano in ospedale.
Avevano detto, i medici, che era sveglio per miracolo, così sei corsa in ospedale per vederlo. Sei svenuta nel vederlo conciato così.
Ti sei svegliata accanto a lui, ma era troppo tardi. In coma. Quella parola ha risuonato nella tua testa per un mese, finché poi lui non si era svegliato e ti aveva detto che ciò che stava cantando era la vostra canzone.

Dieci minuti dopo era troppo freddo per essere vivo.
per dirmi certe parole io che credo che nell'amore.........
il tempo è il danno peggiore io ritorno,
io ritorno.....
io ritorno ad amare ore,ore,ore,ore,ore,
....solo ad aspettare!!


Hai pianto? No. L’hai fatto dopo, quando finalmente hai realizzato l’accaduto. Hai pianto nel tuo letto per ore, i tuoi genitori non erano in casa. Hai pianto tutti i liquidi che avevi in corpo, ignorato i tremila messaggi sul cellulare. Hai semplicemente attaccato all’impianto stereo il tuo cellulare e messo al massimo volume la musica.
Non ti fregava del vicino che continuava a lamentarsi, ti fregava solo di te e delle lacrime che non volevano fermarsi. Poi sei passata alla rabbia e con un impeto di coraggio hai passato tutte le foto di voi due dal cellulare al computer, per poi chiuderle in chiavetta, oggetto che ancora oggi ti porti al collo.
L’autobus si ferma per l’ultima volta e tu ti alzi pronta per iniziare una nuova giornata fatta di sorrisi e parole finte, di gentilezza non voluta relamente e di buon viso a cattivo gioco. La tua maschera insomma.
Solo tu sai che vorresti mandare a fanculo il mondo, chiuderti in bagno e inciderti la pelle con una lama fredda, per poi raggiungerlo in cielo. Solo tu sai che vorresti non studiare mai e dire tutto ciò che pensi alle tue “amiche”, ma le raccomandazione dei tuoi genitori non te lo permettono.
Ecco che scendi dal pullman dopo aver salutato l’autista con un mezzo sorriso tirato. Forse anche lui ha capito. Non suona più il clacson alla fermata, non si arrabbia più per il tuo andirivieni lungo il corridoio del mezzo.
Forse in questo mondo siete solo tu e lui.

orientarsi nei tuoi occhi per sapere dove andare nascere e morire in te.......
come fa da sempre il sole lascio le mie mani scorrer piano sulla pelle tua
lascio che al risveglio dei miei sensi sarai tu a sentire
come basta poco....dopo troppo...
riascoltare il canto sto tornando,
sto tornando,
io sto tornando

ad amare... ad amare...amare

   
 
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