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Autore: startariot    30/09/2015    4 recensioni
Louis Tomlinson è in vacanza su un’isola tropicale con il suo migliore amico Liam Payne, per festeggiare la sua laurea. Non è davvero colpa sua che il destino si diverta alle sue spalle, è sempre stato un tipo (s)fortunato.
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Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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All’amicizia di una vita, 

all’amore - quello vero - 

e a certe storie che 

non sono così immaginarie come sembrano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

But a dream like this gets wasted without you

Under the pressure is where we are

Under the pressure, yea it's where we are babe

 

 

 

 


 

Louis non avrebbe mai immaginato che le cose sarebbero finite in quel modo. 

 

Se qualcuno glielo avesse raccontato qualche anno prima, avrebbe riso di gusto complimentandosi per la fantasia perché no, mai in un milione di anni sarebbe accaduto. Invece, sembrava che il destino avesse deciso di farsi quattro risate alle sue spalle perché quante persone avrebbe potuto incontrare in vacanza su un’isola tropicale sperduta? Centinaia di sconosciuti e di persone provenienti da ogni dove ma mai si sarebbe sognato di incontrare la persona che aveva odiato più di tutte in questa vita. Beh, prima di odiarla in realtà era stata la persona a cui più aveva voluto bene - forse qualcosa di più - ma questi, erano solo piccoli dettagli insignificanti. 

 

Ed ora era costretto a starsene seduto in un angolo del bar dell’albergo in cui alloggiava, pregando che Harry Styles non si accorgesse di lui. Quella distanza gli aveva dato modo però di osservarlo attentamente: era cambiato, nel corso degli ultimi cinque anni. Indossava un completo a motivi geometrici sulle tinte del marrone, del giallo e dell’arancione che gli metteva perfettamente in risalto le forme asciutte e definite. I gusti stravaganti non erano affatto cambiati. Nonostante quell’abito fosse assolutamente fuori dal concetto di stile di Louis, non si poteva dire che non fosse di ottima manifattura. Riusciva a vederlo da lontano che era un capo firmato. I capelli erano molto più lunghi di quanto Louis ricordasse, meno ricci e vaporosi di certo, ma non per questo meno belli. Anche sistemati in quel modo, Louis non riusciva a non desiderare altro che immergere una mano nei suoi capelli. E chissà se profumavano ancora di vaniglia, si chiese. I lineamenti del suo viso si erano fatti più marcati, la mascella decisamente più definita, il suo sorriso sempre così dannatamente luminoso. Lo vedeva conversare amabilmente con quelli che presumeva fossero suoi amici, mentre mandava giù un cocktail dietro l’altro e Louis si domandava se fosse ancora così pessimo a reggere l’alcool, come quando erano due ragazzini. 

 

Non fece in tempo a formulare altri pensieri o a studiarlo meglio ,perché Liam si avvicinò a lui con un sorriso sornione sulle labbra. «Allora, indovina?»

 

«Chi hai rimorchiato questa volta?», chiese rassegnato Louis. Liam Payne era il ragazzo più sfacciato dell’intero pianeta, di questo ne era assolutamente certo. E la cosa più bella era che proprio questo faceva cadere chiunque ai suoi piedi. Chiunque tranne lui, pensò abbozzando una smorfia. Proprio per questo erano diventati amici, cinque anni prima, appena si era trasferito a Londra. Si erano incontrati in un locale durante la sera di Capodanno e Liam - come era suo solito - aveva cercato di rimorchiarlo, fallendo miseramente perché a Louis non erano mai piaciuti i biondini. 

 

«Il ragazzo più bello dell’hotel, e indovina? Ci ha invitato al suo  tavolo..è proprio lì guarda», affermò puntando proprio nella direzione opposta alla loro e la mascella di Louis cadde nel momento in cui realizzò di quale tavolo - e di quale ragazzo - si trattasse. 

 

Zayn Malik, seduto proprio accanto ad Harry, era il re degli stronzi, ma impossibilmente bello e Louis non fu per niente sorpreso che fosse proprio lui il ragazzo che Liam aveva rimorchiato. Si erano proprio trovati, pensò trattenendo a stento una risata. « Liam io credo che-», le parole gli morirono in gola perché in realtà non sapeva cosa dirgli. Non sapeva niente di Harry e non aveva intenzione di affrontare in quel momento quella discussione; anzi, non l’avrebbe mai voluta affrontare, avrebbe fatto di tutto per evitarlo. Si domandò come avesse fatto a non notarlo prima, visto che aveva fissato il loro tavolo - o meglio, Harry - per tutta la sera da quando l’aveva visto.

 

«Andiamo, Lou…sei stato seduto su questo sgabello per tutta la serata, sono certo che si regga perfettamente anche senza il tuo aiuto», gli occhi di Liam brillavano e l’amico non era certo fosse solo per l’euforia di quel momento. «Magari trovi qualcuno che ti interessa, anzi ho visto qualcuno ch-», chissà se era proprio Harry il ragazzo che Liam aveva pensato di presentargli. 

 

«Sai cosa? Perché non li raggiungi tu…io non mi sento molto be-», ci stava davvero provando a sembrare convincente ma sapeva di star fallendo miseramente. Non era mai stato bravo a mentire; eppure ricordava che il suo sogno da piccolo fosse quello di fare l’attore. Che schifo la vita.

 

«Non accetto un no come risposta, Tommo», esclamò Liam prendendolo per il polso e trascinandolo tra la folla e Louis si ritrovò a sperare davvero che quella serata non si trasformasse in un completo disastro. 

 

 

«Lui è Louis», lo presentò Liam - con estrema naturalezza - appena arrivati al tavolo e quando Zayn ed Harry si voltarono verso di lui, poté giurare di averli visti sbiancare, entrambi. Ci furono attimi di prolungato silenzio: Louis giocava nervosamente con le sue dita, rigirandole tra loro e i due ragazzi di fronte a lui sembravano studiarlo, mettendolo quasi a disagio. 

 

«Io sono Zayn», esclamò il moro alzandosi e fronteggiandolo. Poi gli porse una mano, fingendo di non conoscerlo affatto. Louis decise di stare al gioco, così ricambiò la stretta. «Harry, piacere di conoscerti», anche il riccio fece la stessa cosa, solo che la stretta tra le loro mani fu tutta un’altra cosa. La pelle di Harry era calda e setosa a contatto con la sua, la sua stretta forte e salda e Louis ricordava tutto fin troppo bene. La sua voce non era cambiata affatto, si era diventata forse più roca  e bassa rispetto a cinque anni prima. 

 

Louis si chiese improvvisamente se Harry stesse pensando lo stesso, se ricordasse qualcosa. Qualunque cosa. «Piacere, sono Louis»

 

 

 

 

 

 

Non avrebbe mai immaginato che quella serata potesse finire in quel modo e - soprattutto - non avrebbe mai immaginato che avrebbe concluso la serata quasi ubriaco accanto ad Harry Styles, che sembrava continuare ad ignorarlo, dopo il loro breve scambio di battute post-presentazione. Aveva avuto modo di osservarlo meglio, da vicino, e fu piuttosto sorpreso nel notare quanto non fosse cambiato. Era sempre il ragazzo che faceva battute a cui nessuno rideva, battute a cui solo Louis rideva di cuore perché, qualunque cosa Harry facesse, lo faceva sorridere. Era sempre quello che non la smetteva mai di parlare quando alzava un po’ il gomito, quello che iniziava a piagnucolare e a cercare attenzioni di chiunque quando l’alcool prendeva il sopravvento. Peccato che sembrava cercare le attenzioni di chiunque, tranne le sue; eppure, non riusciva ad esserne sorpreso. 

 

Dal momento in cui erano state fatte le presentazioni, Liam non aveva fatto altro che stare con Zayn; si erano appartati sul divanetto nella penombra e dio solo poteva sapere cosa non stessero combinando. «Propongo un giro di body shots», esclamò Liam riapparendo all’improvviso dalla penombra con una bottiglia di tequila in mano e no, fuori discussione, fu il primo pensiero coerente che attraversò la sua testa. 

 

«Liam io non credo che-», azzardò lanciando uno sguardo furtivo verso che Harry che se ne stava seduto non molto lontano da lui con un sopracciglio inarcato e gli occhi puntati su Liam e Zayn che era appena apparso dietro di lui, capelli scompigliati e camicia a malapena abbottonata. 

 

«Oh, Tommo smettila di essere così pesante», esclamò. Poi posò qualche piccolo bicchiere di vetro sul tavolo davanti a loro, insieme a dei pezzi di limone e a del sale. Sempre peggio, pensò Louis. Stava iniziando a valutare l’idea di alzarsi e scappare da lì perché sapeva per certo che stava per commettere un tremendo errore ma era troppo stanco, e ubriaco, per alzarsi in quel momento. 

 

«Chi inizia?», sussurrò Harry a denti stretti. La testa di Louis si voltò di scatto nella sua direzione e per un attimo, uno solo, i loro occhi si incrociarono. Quelli del riccio erano fin troppo lucidi, e belli, così Louis si disse che - probabilmente - se fosse stato sobrio, non avrebbe mai fatto quella domanda. 

 

«Noi, ovvio!», esclamò Zayn in risposta prendendo il polso di Liam. E oh, questo non l’aveva calcolato. Il moro fece sedere il suo amico su uno dei divanetti, mise un po’ di sale sulla sua mano lasciando che Liam lo leccasse via e poi nel giro di qualche secondo aveva addentato il limone e mandato giù lo shot di tequila. Poi capovolsero i ruoli, solo che questa volta, Liam fece cadere un po’ di tequila sul suo collo e Zayn fu costretto a leccarla via. 

 

Era decisamente ubriaco, stabilì Louis. «Ora tocca a voi», ribatté Zayn dopo aver rubato un bacio alle labbra di Liam. 

 

«Noi? Io non- posso f-», in realtà non riusciva nemmeno a pensare lucidamente. Cosa avrebbe dovuto dire poi? Che non voleva condividere quello shot con Harry quando in realtà era tutto quello che voleva fare in quel momento? I suoi pensieri furono fermati dalla mano bollente del riccio che si appoggiò sul suo polso per avvicinarlo a sé. 

 

Per fortuna, aveva deciso di indossare una normale maglia quella sera e lo sguardo di Harry gli parve quasi sollevato perché gli bastò scostare leggermente il cotone di quell’indumento per scoprire la porzione di pelle necessaria per versare la giusta quantità di sale. Lo sentì indugiare appena, alternare lo sguardo tra il suo collo e il suo viso, ma poi si avvicinò a lui, lentamente, e finì per poggiare le labbra sulla sua pelle. Louis pensò di morire in quel preciso istante, quando sentì la sua lingua leccare via ogni più piccola granello di sale con precisione estrema. Lo sentiva lambire ogni più piccola porzione della sua pelle e ogni tocco gli mandava scariche elettriche lungo la spina dorsale. 

 

Quando pensò che quella dolce tortura fosse finita, Harry lo sorprese ancora una volta. Al posto di addentare il limone, decise di lasciar cadere alcune gocce sulla pelle tesa del suo collo, dal lato opposto rispetto a quella su cui aveva leccato via il sale. Sentì una sua mano posizionarsi dietro la sua nuca e le sue dita afferrarono qualche ciocca dei suoi capelli, come se volesse avvicinarlo a sé, come se pensasse che Louis potesse interrompere quel momento. Impossibile. 

 

Nell’esatto momento in cui la lingua di Harry toccò di nuovo la sua pelle, il riccio alzò lo sguardo nei suoi occhi e quella fu la scena più erotica che Louis avesse mai visto in vita sua. Sentì la sua pelle bruciare sotto la bocca del riccio e perse totalmente il contatto con la realtà. Durò tutto fin troppo poco per i suoi gusti perché Harry si allontanò di scatto e mandò giù la tequila in pochi secondi. «Tocca a te, Tomlinson», soffiò a due centimetri dalla sua bocca, accertandosi che nessuno si fosse accorto di quel soprannome.

 

Louis si voltò appena, cercando lo sguardo di Liam, o di Zayn ma sembravano entrambi troppo presi l’uno dall’altro per accorgersi di quello che era appena successo tra di loro. Bene. Si morse appena il labbro inferiore, indeciso su come comportarsi; percepiva gli occhi di Harry su di lui e sapeva di non poter aspettare ancora. Non voleva nemmeno farlo. 

 

Gli occhi di Harry erano lucidi quando incontrarono i suoi e Louis sapeva benissimo che se si fosse specchiato da qualche parte, i suoi non sarebbero stati poi molto diversi. Le sue labbra sembravano più rosse, e Louis si domandò se fosse stata colpa del limone, del sale, o della pressione con la quale aveva baciato e leccato la sua pelle qualche minuto prima. 

 

Si avvicinò cauto ad Harry, che aveva preso posto sul divano, non molto distante da lui. Quando fu esattamente di fronte a lui, però, notò un dettaglio: Harry, a differenza sua, indossava una camicia nera, abbottonata fino al collo. Si morse il labbro inferiore inarcando un sopracciglio, indeciso su come agire, e quando portò le mani sulla camicia, in prossimità del bottone più alto, le mani di Harry si poggiarono sulle sue ed iniziarono a slacciare il primo. 

 

Gli occhi di Louis saettarono in quelli del riccio, che sembrava stranamente serio mentre allentava una per una le asole della sua camicia senza distogliere lo sguardo. Ad ogni bottone che saltava via, corrispondeva una porzione di pelle nuda che Harry lasciava intravedere e dio, ricordava così bene tutto. 

 

Quando anche l’ultima asola fu libera, Louis ebbe piena visuale del corpo nudo di Harry e ingoiò a vuoto ripetutamente, la bocca improvvisamente asciutta. La prima cosa che colpì i suoi occhi fu il tatuaggio che copriva entrambi i pettorali, perfettamente scolpiti. Due rondini, di diverse dimensioni e rivolte l’una verso l’altra ma non troppo vicine. Per un secondo incrociò i suoi occhi e gli parvero quasi tristi ma era troppo poco sobrio per farci davvero caso. Probabilmente si sbagliava. 

 

Fece esattamente tutto quello che il riccio aveva fatto con lui e quando le sue labbra si accostarono alla pelle di Harry, smise di respirare completamente. L’alcool aveva sicuramente annebbiato i suoi sensi ma la memoria era difficile da spegnere, quella non era mai riuscito a spegnerla. E Louis ricordava perfettamente il sapore di Harry: non era mai riuscito a spiegarsi il perché in tutti questi anni ma la sua pelle sapeva di menta e caffè e questo non era mai riuscito a toglierselo dalla testa. Per questo probabilmente aveva smesso di berlo da quando, beh da quando avevano iniziato ad odiarsi per dio solo sapeva quale motivo. 

 

Le sue mani si poggiarono delicate ai lati del collo dell’altro, attirandolo maggiormente a sé ed Harry lo lasciava fare, come se non aspettasse altro che farsi manovrare da lui. Il riccio emise un gemito insoddisfatto - o forse l’aveva immaginato? - quando Louis si allontanò da lui, per avvicinarsi al bicchiere di tequila e mandarlo giù in unico sorso. 

 

Quando si allontanò definitivamente da Harry, riprendendo posto sul divano, la testa gli girò appena per l’alcool, o forse perché aveva appena realizzato di essersi messo nei guai. 

 

 


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Harry odiava i balli scolastici di fine anno. Troppe coppiette, troppi glitter e poco alcool. E non era di certo colpa sua se Gemma - sua sorella - l’avesse obbligato ad accompagnarla perché era il suo ultimo anno e non voleva andarci da sola. A quanto pare, nessun ragazzo stimolava la sua attenzione a sufficienza da diventare il suo accompagnatore, così aveva ripiegato sul suo piccolo fratellino. 

Odiava anche i completi eleganti, infatti non ne aveva indossato uno. Aveva optato per un semplice pantalone grigio gessato e una maglia completamente nera. Certe cose andavano fatte con stile. 

 

Tutte le ragazze indossavano abiti più o meno eleganti ed Harry storceva il naso quando notava che qualcuno aveva davvero, davvero esagerato. Il centro della sala era completamente libero da tavoli e sedie, che invece circondavano l’intero ambiente, decorati da tovaglie e nastrini di un lilla appena accennato. La cosa più bella di tutte secondo Harry era la decorazione sul soffitto: c’erano fili che si intrecciavano tra loro e delle piccole luci a forma di stelle creavano una sorta di disegno geometrico, non troppo ordinato. Sembrava di stare sotto una pioggia di polvere di stelle. 

 

«Sono certo che tu stessi cercando me», sussurrò una voce suadente e fin troppo vicina a lui, distogliendolo dai suoi pensieri. Inizialmente, Harry non sapeva se incolpare l’alcool che lo portava a sentire voci in realtà inesistenti o se quella voce si stesse davvero rivolgendo a lui.

 

«Sono certo di non sapere di cosa tu stia parlando», rispose Harry a tono senza nemmeno girarsi verso quella voce. 

 

«E’ tutta la sera che ti guardi attorno.. ti ho notato, sai?», se c’era una cosa che non riusciva a digerire erano le prese in giro. Spazientito, si girò per rispondere nuovamente a quel ragazzo e mandarlo via, ma la voce gli venne a mancare non appena mise a fuoco la sua figura. 


Era un ragazzo più basso di lui. I capelli castani arruffati e una leggera frangia gli copriva la fronte completamente; indossava un maglia grigia a maniche corte, un’unica piccola scritta, not heartbroken, a decorarne il taschino, un paio di skinny neri leggermente strappati all’altezza delle cosce, fin troppo toniche per i gusti di Harry. Le labbra sottili e rosse curvate in una lieve smorfia, le pupille dilatate - a causa di quello che Harry ipotizzò fosse alcool - smorzavano l’azzurro brillante dei suoi occhi che riusciva appena ad intravedere. Sembrava un angelo con quel sorriso appena accennato in volto ma Harry sapeva perfettamente quanto le sue intenzioni fossero tutt’altro che angeliche. 

 

«Beh, ti hanno morso la lingua?», chiese lo sconosciuto accennando un passo verso di lui.

 

«Non mi va di parlare con gli sconosciuti»

 

«E allora che ci fai in un posto come questo? E’ un ballo no?», chiese il ragazzo occhi cielo, quel sorriso ancora stampato sul suo volto. 

 

«Non hai intenzione di mollare, vero?», gli occhi di Harry continuavano a scrutare curiosi la figura del ragazzo di fronte a lui. Più passavano i minuti, più lo trovava terribilmente bello.

 

«Non sono uno che molla, no», sussurrò in risposta il ragazzo. Il suo sorriso aumentò ancora di più e in quell’esatto momento Harry riuscì ad intravedere qualcosa brillare sulla sua lingua. 

 

«Hai un piercing sulla lingua?», chiese Harry sbalordito. 

 

«Rischio l’arresto per questo?», ribatté il ragazzo con una smorfia, fingendo un tono di voce preoccupato. 

 

«Non sono mai stato un grande fan dei piercing», disse quasi disgustato, ignorando lo strano calore che iniziava a diffondersi al centro dello stomaco. 

 

«…ma potresti diventarlo», sussurrò suadente quella voce, facendosi vicina abbastanza da permettere ad Harry di sentire il respiro fresco di quel ragazzo sul suo viso. Era stizzito, quasi disturbato, dal suo comportamento eppure non riusciva ad allontanarsi da lui. Si sentiva come una marionetta governata da chissà quale forza e non importava quanto si impegnasse per spostarsi e mettere distanza tra loro, quegli occhi blu non gli permettevano di allontanarsi da lui. Era frustrante. 

 

«Andiamo a ballare», sussurrò poi ad un soffio dal suo viso riportando l’attenzione su di lui. Non fece in tempo a ribattere - a dirgli che no, non avrebbe ballato con lui - che lo sconosciuto lo prese per un polso conducendolo in pista e in quell’esatto momento una canzone era appena finita sfumando in quella successiva. Harry non la riconobbe così «odio non riconoscere subito le canzoni», si lasciò sfuggire mentre il ragazzo continuava a trascinarlo tra la folla e pareva non aver sentito una parola di quel che aveva detto; sembrava alla ricerca di un punto ben preciso del locale. Era sempre stata un’abitudine di Harry, quella di canticchiare qualsiasi canzone mentre ballava in discoteca, o mentre era sotto la doccia e la radio intonava qualche pezzo. 

 

Quando il ragazzo sembrò trovare il posto che cercava si voltò verso di lui completamente fronteggiandolo con un sorriso vittorioso in volto; lo stesso con cui si era presentato a lui pochi minuti prima. 

 

«Adoro questo pezzo», soffiò sornione ed Harry sbuffò sonoramente a quella frase ma quando lo sconosciuto si avvicinò maggiormente a lui poggiando le mani sui suoi fianchi per ridurre le distanze tra lui, il resto dei suoi pensieri sembrò sparire. 

 

Baby, let's cut down the lights

I just really wanna let this fire burn bright

I'm just telling you to have an open mind

 

«Just imagine us», soffiò il ragazzo al suo orecchio finendo la strofa della canzone. Si muoveva lento contro di lui, i loro corpi si sfioravano soltanto ma Harry riusciva a percepire il calore del suo corpo contro il suo ed improvvisamente desiderò rimuovere completamente la distanza che li separava. Così lo fece, appoggiò le mani sui fianchi morbidi del più piccolo e lo avvicinò a sé, lasciandosi andare a quel contatto e dimenticando il resto.

 

I loro occhi continuavano ad osservarsi, studiarsi e rincorrersi; ogni tanto il loro sguardo cadeva l’uno sulle labbra dell’altro ma nessuno dei due osava fare una mossa per paura di interrompere quel gioco. Harry sentiva il respiro fresco del ragazzo appena sotto il suo mento ed era una tortura. Avrebbe voluto togliergli quella smorfia dal viso a suon di baci fino a toglierli il fiato. I loro corpi continuavano a muoversi in sincrono sulle note di quella canzone, continuavano a sfiorarsi appena, di tanto in tanto i loro bacini si scontravano con più forza aumentando la frizione; il più basso sfiorava di tanto in tanto il collo di Harry con la punta del naso provocandolo, e il riccio muoveva le sue mani sulla schiena dell’altro con movimenti lenti e cadenzati. Quando lo sconosciuto portò una mano sul retro del suo collo ad accarezzargli i capelli alla base della nuca, Harry pensò che - davvero - non sarebbe uscito vivo da quel locale. Quel ragazzo era troppo e lui era troppo poco lucido. 

 

You're taking me there, you're taking me there

Our lips are barely touching

So do it again, so do it again

We could be on to something

 

Fu Harry il primo a chiudere la distanza tra di loro, facendo scontrare le loro labbra in un bacio che di casto aveva ben poco. Non ne poteva più. Le mani del riccio corsero ai lati del viso del più basso per tenerlo il più vicino possibile; l’altro inarcò la schiena di riflesso, preso alla sprovvista si aggrappò alla schiena di Harry premendoselo addosso. Le loro lingue schioccarono subito l’una contro l’altra, ed Harry percepì quasi immediatamente il freddo metallico del piercing dell’altro ed un brivido incendiò al sua schiena completamente. Okay, forse iniziavano a piacergli. Quando lo sconosciuto mordicchiava appena le sue labbra, Harry accennava un lieve sorriso nel bacio ma nessuno dei due sembrava intenzionato a  staccarsi dall’altro per prendere fiato. Non c’era alcuno spazio rimasto tra i loro corpi, la gamba sinistra di Harry era finita tra quelle dell’altro e sfiorava di tanto in tanto il cavallo dei suoi pantaloni, facendolo sospirare di piacere.

 

Heyo, heyo, I just wanna feel your body on me

Heyo, heyo, if you want it then you got it, hold me

No more, no more wasting time

We can, we can go all night

 

Una decina di minuti dopo, erano finiti sul tetto della scuola ed Harry non riusciva a spiegarsi come avessero fatto ma in quel momento, con le mani di quello splendido sconosciuto che continuavano ad accarezzare il suo corpo come fosse la cosa più bella del mondo, decise di non pensarci. Le mani di Harry finirono tra i suoi capelli per tirarlo di nuovo a sé; erano lisci e estremamente morbidi come le sue labbra, e fu l’unica cosa a cui riuscì a pensare in quel momento. 

 

Quando queste finirono sul suo collo, il ragazzo iniziò a baciare e mordicchiare un punto in particolare. Riusciva a sentire prima i suoi denti strisciare contro la sua pelle per poi mordicchiarla e infine sentiva la sua lingua lambire quella zona, come se cercasse di guarire una ferita. Solo, per Harry quella tortura era tutt’altro che spiacevole. Tutto quello che riusciva a sentire era il calore di quel corpo contro il suo e si ritrovò a sperare di essere sobrio per godere a pieno delle attenzioni di quel ragazzo. 

 

Ma poi pensò che senza alcool probabilmente quel ragazzo non l’avrebbe mai conosciuto. Questo lo portò a pensare che ancora non sapeva nemmeno come si chiamasse. «Non so nemmeno il tuo nome», sospirò tra un gemito e l’altro, mentre il ragazzo sembrava non volersi staccare dal suo collo. 

 

«S-sono Louis», sussurrò suadente sulla sua pelle ed Harry fece quasi fatica a sentirlo.

 

«Harry», rispose laconico l’altro, dedicandosi completamente alle sue labbra. «Forse dovrem- forse dovremmo, si insomma», iniziò a dire il riccio senza realmente sapere cosa dire. Come faceva a pensare se Louis continuava a mordicchiare il suo collo in quel modo?

 

Non finì quella frase ma l’altro capì comunque le sue intenzioni, e dopo qualche minuto allentò la presa, allontanassi - di poco - da lui. Entrambi senza fiato, si guardarono negli occhi per qualche minuto. Quelli di Louis erano blu, brillanti, splendidi. I più belli che Harry avesse mai visto e iniziava a domandarsi perché non aveva mai notato quel ragazzo in giro per la scuola. Finirono seduti per terra, sul tetto: Harry a gambe incrociate e Louis semplicemente piegato sulle ginocchia. Stava comodo così. Solo in quel momento, con la luce ad illuminargli il volto, Harry riuscì a guardarlo meglio. E dio, era davvero bellissimo. 

 

«Allora, parlami di te..», disse Louis portandosi una sigaretta tra le labbra. 

 

«Tu fumi?», esclamò Harry interrogativo, ignorando la richiesta dell’altro

 

Louis inarcò un sopracciglio, ma poi le sue labbra si aprirono in un lieve sorriso. «Non mi dire, non vai d’accordo nemmeno con le sigarette?», Harry lo odiava. 

 

«No», esclamò secco. 

 

«Beh, potrebbero piacerti anche loro prima o poi», e il suo tono malizioso lasciò intuire ad Harry quanto Louis avesse notato i suoi gemiti strozzati ogni volta che la sua lingua incontrava quel maledetto piercing. Fu inevitabile per il riccio arrossire a quelle parole. 

 

Passarono la notte a parlare: Harry scoprì che Louis aveva 18 anni  e frequentava, paradossalmente, la sua stessa scuola; era all’ultimo anno e si domandò come avesse fatto Gemma a non notarlo. Louis aveva quattro sorelle e un fratellino di appena qualche mese e dopo la scuola lavorava in un piccolo bar non molto lontano da casa sua. Il più grande scoprì della passione di Harry per la letteratura inglese e per i vinili; scoprirono entrambi di abitare a qualche passo di distanza e davvero, scoppiarono a ridere pensando che fosse impossibile che non si fossero mai incontrati prima. Meglio tardi che mai, aveva detto Louis sincero, abbozzando un sorriso, e facendo arrossire di nuovo Harry. Dopotutto, i balli scolastici di fine anno non erano poi così male, pensò Harry quella notte, quando rientrò a casa, ubriaco ma con il sorriso sulle labbra. 

 

 


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Una delle cose migliori di una sbronza era che il giorno dopo - nel 90% dei casi - non ricordavi più nulla. Peccato che Louis fosse l’eccezione a questa regola. Ricordava tutto e onestamente non riusciva a capire come avesse fatto a finire in quella situazione e come avesse fatto a cascarci di nuovo. 

 

Probabilmente avrebbe dimenticato l’accaduto nel giro di qualche giorno, se solo Liam non avesse deciso di iniziare a vedere Zayn regolarmente e di organizzare un festa, sul suo yatch. Si, perché a quanto pare Zayn Malik era in vacanza su quella maledetta isola tropicale con i suoi amici sul suo personalissimo yatch. 

 

Presentarsi a quel tavolo - quella sera - era stata una cattiva idea, presentarsi a Zayn ed Harry come se nulla fosse e senza raccontare la verità a Liam era stata una pessima idea, presentarsi a quel tavolo e lasciarsi trascinare in quel giro di body shot senza opporre la minima resistenza era stata la cosa peggiore che potesse mai fare. 

 

Ricordava ancora perfettamente la prima volta in cui aveva bevuto tequila leccando sale e limone dal corpo di qualcuno. Quel qualcuno era stato Harry anche in quel caso. 

 

In realtà ricordava tutto quello che aveva fatto con Harry. Anche il loro primo vero bacio; poi lui era scappato via imbarazzato lasciando il riccio immobile sul muretto del tetto di casa sua. Aveva diciannove anni, gli ormoni impazziti e lui - il suo migliori amico, per il quale aveva una cotta, e vicino di casa - era il primo ragazzo per cui provava davvero qualcosa che baciava. 

 

Non che si fosse mai pentito di quel bacio, ma il terrore di aver rovinato il loro rapporto, e di conseguenza quello tra le loro famiglie, gli aveva tolto il sonno per le cinque notti successive fino a quando Harry non si era presentato nella sua cameretta. 

 

E le cose sarebbero davvero, davvero, andate bene se loro non fossero stati così tanto diversi l’uno dall’altro. Louis voleva fare il fumettista, Harry preferiva la tranquillità di una vita normale in una villa senza troppi sconvolgimenti. Come se la loro storia non ne avesse già portati troppi. In realtà Louis non sapeva nemmeno perché le cose tra loro fossero finite, non riusciva nemmeno a ricordare quando fossero finite perché non c’era mai stata una litigata furiosa, o un “è finita” da nessuna delle due parti. Semplicemente, tutto si spense e lui non sapeva nemmeno chi era stato a gettare l’acqua sul fuoco per primo. Ironico.

 

 

«Wow, è enorme», soffiò Liam al suo fianco quando videro per la prima volta lo yacht di Zayn. Era davvero enorme, non che loro se ne intendessero di certe cose. Se pensavano fosse bello dall’esterno, quando salirono a bordo entrambi, entrambi spalancarono la bocca dalla sorpresa. L’ambiente esterno era grande, ma non troppo; c’erano dei divanetti in pelle bianca sparsi qua e là ma fu il salotto a lasciarli davvero senza fiato: non gli sembrava nemmeno di stare su una barca, c’era un vero e proprio tavolo con circa sei sedie intorno ad esso, una televisione enorme incassata in un mobile e un paio di divani sistemati di fronte ad esso. In un angolo, una bacheca piena di dischi musicali e vinili. 

 

«Dovreste chiudere la bocca, potrebbero entrare delle mosche», li richiamò Harry con tono sarcastico. Se solo Louis non fosse stato troppo impegnato a guardarsi intorno, gli avrebbe risposto a tono perché se c’era una cosa che odiava, queste erano le persone saccenti. E pareva che Harry fosse entrato in quella categoria in tutti quegli anni di lontananza. I suoi amici risero alla sua battuta, e Louis riuscì a vedere uno di loro in particolare tirare una leggera gomitata sul fianco di Harry per richiamare la sua attenzione. Era magro e alto, quasi quanto lui; un ciuffo portato all’indietro e una smorfia sorniona in viso. Louis già lo odiava, e non sapeva nemmeno il suo nome. 

 

«Allora uhm- Liam, Louis, questi sono Nick, Barbara e Niall», disse presentando i due ragazzi ai suoi amici. Fu stupito dai modi di fare di Zayn che sembrava l’unico lì in mezzo a voler far andare bene le cose. Il moro non era mai stato così pacifico e accondiscendente, forse lo stava facendo solo per Liam. 

 

Non erano molto lontani dalla riva e l’unica cosa che Louis voleva fare in quel momento era andarsene, peccato che non sapesse nuotare. 

 

Un po’ si vergognava ad ammettere di non saper nuotare, infatti nessuno, tranne Liam e la sua famiglia, era a conoscenza di questo suo limite. Il problema non era che lui avesse paura dell’acqua, perché non era affatto così; solo, aveva sempre abitato in posti molto lontani dal mare e non aveva mai sentito la necessità di prendere lezioni di nuoto. Ed ora si ritrovava a venticinque anni con un’enorme voglia di imparare a farlo, così sarebbe scappato da quella situazione di corsa. 

 

«Allora, come mai siete qui in vacanza?», non riusciva a capire perché ma Louis riusciva a percepire un qualcosa di canzonatorio in ogni cosa che Nick dicesse. Poi, sembrava non riuscire a staccare le sue mani dalle gambe di Harry e questo lo infastidiva. Non che lui fosse geloso, chiaro, ma era terribilmente fastidioso quanto fosse appiccicoso nei suoi confronti. 

 

«Oh, Tommo si è laureato il mese scorso e ha deciso di portarmi in vacanza con lui per festeggiare», sentì Barbara quasi squittire, probabilmente intenerita da quell’informazione e Louis inarcò un sopracciglio nella sua direzione, quasi divertito. 

 

«Oh! Complimenti amico! A chi abbiamo il piacere di rivolgerci quindi…?», Niall era decisamente il più simpatico dei tre. 

 

«Con il nuovo fumettista della Marvel», esclamò orgoglioso di sé e sentì improvvisamente gli occhi di tutti addosso. 

 

«Ma la Marvel non è…», fu la prima volta che Harry intervenne nei loro discorsi e gli occhi di Louis scattarono immediatamente verso di lui. 

 

«A New York, si. Mi trasferisco il mese prossimo più o meno», squittì fiero e non seppe descrivere l’espressione che nacque sul volto di Harry. Non gli interessava nemmeno in quel momento. 

 

«Amico questo non lo avevi detto nemmeno a me! cazzo è grandioso!», esclamò Liam abbracciandolo di slancio. 

 

«Già, mi avevano contattato tempo fa per avere i miei lavori ma non avevo ancora ottenuto risposta. Ho ricevuto una mail questa mattina», ammise ricambiando l’abbraccio dell’amico. 

 

«Cazzo, io adoro i fumetti», esclamò Zayn entusiasta. Louis si voltò nella sua direzione, ancora una volta stupito dal suo comportamento ma poi pensò che forse doveva solo prenderci l’abitudine. Magari questo era solo nuovo Zayn. «Quindi potresti essere l’ideatore del mio prossimo fumetto preferito? Figo», era strano sentirlo parlare in quel modo, sembrava quasi un nerd. 

 

«Andiamoci piano», affermò Louis alzando le mani «magari mi mettono semplicemente a fare le fotocopie in un sotterraneo della sede centrale e addio fumetti», esclamò ironico. Tutti risero alla sua battuta, tranne Harry che se ne stava appoggiato per metà al divano per metà al corpo di Nick, che gli aveva nel frattempo passato un braccio intorno alle spalle. Che schifo. 

 

Okay, forse iniziava ad essere un po’ geloso. 

 

 


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 «Che schifo», aveva borbottato Louis tra i denti osservando la scena. Erano ad una festa - come ogni sabato - e lui era seduto su un divano con uno strano cocktail in mano. Harry, dall’altro lato del salotto, era in piedi vicino al bancone dove una biondina serviva da bere e non faceva altro che lanciargli sguardi e sorrisi languidi. Avrebbe vomitato da un momento all’altro, e non a causa degli alcolici. 

 

«Che ti prende adesso?», Zayn era un tipo di poche parole, ma quando parlava era conciso ed efficace.

 

«Niente»

 

«Si, allora perché stai bruciando con lo sguardo la bionda che sta parlando con Harry?»

 

«Parlano? No, dico ma ti rendi conto che sta solo cercando il modo per mettergli una mano nei pantaloni?»

 

«E questa è una cosa che vorresti fare tu invece», soffiò laconico il moro accanto a lui. Louis annaspò. 

 

«Cos- io non..», improvvisamente, parlare divenne quasi impossibile. 

 

«Non provare a mentirmi», iniziò il ragazzo mettendogli una mano davanti al viso, come a fermarlo. «Si vede lontano un miglio che gli muori dietro»

 

Non aveva mai pensato alla possibilità che fosse così palese. Aveva sempre cercato di essere discreto: di controllare che stesse bene quando nessuno gli prestava attenzione, di essere sempre delicato, ma non troppo, quando i loro corpi si toccavano, di non fissarlo troppo quando parlava anche se in una stanza piena di persone lui era l’unico che riusciva a vedere. Era sempre stato convinto che la sua cotta per Harry fosse al sicuro e che nessuno se ne fosse accorto, ma a quanto pare sbagliava. 

 

«Mi domando però, perché ancora tu non gliel’abbia detto», sussurrò Zayn pensieroso, portando il bicchiere che aveva tra le mani alle labbra. 

 

«E’ il mio migliore amico, Zayn.»

 

«Come se non fosse successo nulla tra di voi. Lui muore per te», borbottò ironico. 

 

«Non è la stessa cosa. Sono piuttosto sicuro che non sia nello stesso modo in cui io muoio per lui, però»

 

«Potresti metterci la mano sul fuoco?», No, non poteva. Però aveva troppa paura di bruciarsi. 


E se poi le cose non fossero andate come voleva? Se poi avesse perso Harry?

 

«Preferisco averlo nella mia vita come amico che perderlo del tutto», sussurrò rassegnato Louis e il moro dall’altro lato del divano pensò a quanto fosse dannatamente testardo quel ragazzo. Ma non glielo disse. 

 

 

 

 

 

«Sapevo che ti avrei trovato qui», Louis socchiuse gli occhi quando la voce di Harry giunse alle sue orecchie, bassa e roca. Rabbrividì, e non era certo fosse perché era sul tetto di casa sua, alle tre di notte. 

 

«Ah si?», soffiò nel freddo di Novembre senza voltarsi a guardarlo. Gli occhi puntati sull’albero non molto lontano da lui. 

 

«Si, vieni sempre qui quando c’è qualcosa che non va», confessò il riccio, la sua voca improvvisamente molto, fin troppo vicina. «E riesco quasi sempre a capire quando il mio migliore amico ha qualcosa che non va»

 

Migliore Amico, ecco cosa non andava. Suonava così male sulle sue labbra quella parola, ma non poteva dirglielo. «Sono solo un po’ stanco, tutto qui», rispose alzando appena le spalle. 

 

«Ed è il sonno che ti porta su questo tetto alle tre di notte, Lou?», una sua mano si posò delicata sulla spalla. 

 

«Harry non-»

 

«Perché non vuoi parlarmene, Lou?», chiese improvvisamente Harry senza lasciare che finisse di parlare. 

 

Perché ti perderei, pensò il ragazzo ma non glielo disse. «Come è andata con quella biondina? Sembra piuttosto interessata a te», sussurrò Louis cercando di cambiare argomento e sperò davvero che il riccio accettasse quella domanda senza indagare ulteriormente sul suo stato d’animo. Non avrebbe accettato altre domande o sarebbe esploso.

 

Cercò di fingere interesse ma Harry sembrava incline a continuare il loro precedente discorso e non si lasciò ingannare dalle sue parole. Così lo girò verso di sé e si mise esattamente davanti a lui. Occhi negli occhi, blu nel verde e i loro volti erano fin troppo vicini. Louis smise di respirare. 

 

«Louis vuoi dirmi cosa c’è che non va? E perché io non posso saperlo? Perché non vuoi parlarmene caz-», la domanda gli morì sulle labbra perché Louis aveva chiuso le distanze tra di loro con urgenza, passando una mano dietro la sua nuca e tirandolo a sé il più possibile, stando attento a non perdere l’equilibrio. 

 

Le labbra di Harry erano morbide e calde contro le sue, nonostante ci fossero pochi gradi e si trovassero in pieno Novembre. Erano proprio come lui le aveva immaginate nei suoi sogni. Lasciò che le loro bocche si sfiorassero appena, scivolavano lente l’una sull’altra come dei fiocchi di neve sul palmo di una mano.  «E’ questo che non va, Harry», soffiò Louis sulle sue labbra non appena trovò la forza e il coraggio per separarsi da lui ed aprire gli occhi. 

 

Poi si alzò di scatto e raggiunse velocemente la porta d’emergenza che lo avrebbe condotto a casa sua, lasciando Harry confuso e con la punte delle dita che sfioravano il punto che le sue labbra avevano appena accarezzato. 

 

Erano entrambi perfettamente consapevoli che quello non fosse il primo contatto intimo tra loro, ma non riuscivano a pensare a quanto diverso quel bacio appena accennato fosse stato.

 

 


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Due ore erano state più che sufficienti. Era tornato in camera sua da circa dieci minuti, lasciando Liam nella hall dell’albergo con Zayn ed il resto del gruppo; Louis non era affatto in vena di bere quella sera, voleva solo liberarsi di quei fastidiosissimi jeans e seppellirsi tra le lenzuola del suo letto. Si lasciò cullare per qualche minuto dall’acqua calda della doccia che scorreva sul suo corpo sciogliendogli i nervi, fin troppo tesi. Quando uscì, avvolse un telo da bagno attorno alla vita e frizionò appena i capelli con un asciugamano, per evitare di bagnare l’intera camera; gli era sempre piaciuto lasciare i capelli umidi dopo la doccia. 

 

Quando sembrava davvero essere arrivato il momento che tanto aspettava e stava per buttarsi sul suo letto, qualcuno bussò alla porta. Inizialmente pensò che avrebbe potuto far finta di nulla e non andare ad aprire ma poi non lo fece davvero. «Liam davvero non-», le parole gli morirono in gola quando si trovò gli occhi verdi di Harry davanti e realizzò di essere coperto da un semplice asciugamano, esponendo il suo corpo al ragazzo di fronte a lui. Niente che non avesse mai visto prima. «Cosa ci fai qui?», esclamò completamente preso alla sprovvista. «Non hai nessuno con cui passare la tua serata? Nick per esempio..», sputò velenoso senza riuscire a controllare il suo tono di voce. Aveva sempre avuto problemi a mordersi la lingua. 

 

«Nick? No noi non-», si fermò a metà frase, sembrava pensare a qualcosa e Louis avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere cosa gli stava passando per la testa. «Non che io debba giustificarmi con te, comunque», sbottò sicuro. 

 

«No infatti», convenne con lui. 

 

«Sono venuto qui perché credo che -uhm- dovremmo parlare», per la prima volta da quando si erano rivisti, Harry sembrava titubante, quasi imbarazzato davanti a lui. 

 

«Di cosa dovremmo parlare? Non c’è niente di cui dovremm-»

 

«Lo sai anche tu, Louis», la voce era secca e sicura.

 

«E te ne sei ricordato solo ora? Dopo cinque anni, Harry, davvero?», sbottò alzando le braccia al cielo e indietreggiando nella sua stanza. Al riccio non servì il suo permesso per seguirlo. 

 

«Lou non-»

 

«Non chiamarmi Lou!», se c’era un difetto che Louis sapeva perfettamente d’avere era la poca pazienza. «Non ti permettere, Harry»

 

Passarono due minuti in totale silenzio. Louis guardava Harry, e viceversa e nessuno pareva certo della mossa da fare. «Non ho mai voluto che le cose andassero in quel modo», confessò. 

 

Harry sganciò quella bomba ma fu Louis quello ad esplodere. «Tu non puoi venire qui, e dirmi questo adesso, Harry. Semplicemente non-», si fermò appena in tempo, prima che il riccio si accorgesse che la sua voce stesse per spezzarsi. 

 

«L’ho fatto per te Louis. Per noi..», disse schiarendosi la voce. «So che probabilmente tu non capirai le mie motivazioni ma andiamo Louis, eravamo così dannatamente diversi. Io ti amavo ma-»

 

«Tu non puoi. Non puoi venire qui, dopo cinque anni» in cui non ho mai sentito una parola da parte tua «e dirmi che eri innamorato e che lo hai fatto per me. Non te lo permetto, Harry», Louis era arrabbiato. No, furioso era il termine esatto per descriverlo. «Non puoi venire qui dopo cinque anni di silenzio…», disse puntandogli un dito sul petto. 

 

«E’ la verità, Louis», soffiò incerto il riccio. «probabilmente sei tu a non accettarla, o a non volerla accettare»

 

Louis vide rosso. 

 

«Sei un fottuto egoista Harry Styles! Ho passato anni a pensare cosa cazzo ti avessi fatto, a cosa avessi sbagliato con te perché davvero…cosa è successo tra di noi, Harry? Non so spiegarmelo nemmeno io»

 

«Era così tutto sbagliato intorno a noi, Louis. Ed eravamo così giovani, con desideri così maledettamente diversi», il riccio si passò una mano tra i capelli esasperato. «Ho pensato che- ho solo pensato che fosse la cosa giusta per entrambi. Non ce l’avremmo fatta lo sai», fece un passo verso Harry. «Ho preferito essere io a lasciarti andare, perché stava succedendo, lo sai»

 

«Avresti dovuto parlarmente, dio», esclamò esasperato Louis. «Tu non- tu non capisci vero? Tu non hai mai capito perché sei così fottutamente cieco», gli venne quasi da ridere pensando di avergli detto quelle stesse parole, solo pochi anni prima. «Io ti am- io ti amavo, Harry», fece appena in tempo a correggersi. «Non eri tu a dover decidere per te, per noi. Io ci sono sempre stato per te, Harry, ci siamo sempre promessi la verità…te ne ricordi?», il riccio abbassò lo sguardo per un attimo come se stesse incassando le parole di Louis. Poi puntò gli occhi nei suoi, poté giurare che fossero lucidi. 

 

«Ricordo tutto, Louis.», ed il ragazzo non riuscì ad evitare quel crack che sentì al centro esatto del petto; chissà se lo aveva sentito anche Harry. 

 

«Volevo solo la verità da te, Harry», ammise ammorbidendo il tono della voce, i suoi occhi tristi erano fin troppo da sopportare.

 

Louis si accorse solo in quel momento di quanto realmente fossero vicini, e non riuscì nemmeno a ricordare il momento in cui il riccio si era avvicinato così tanto a lui. Nessuno dei due parlò per i minuti successivi, si guardarono l’un l’altro e - come era sempre successo tra di loro - riuscirono a leggersi dentro senza bisogno di parole accessorie. 

 

Erano passati cinque anni, cazzo. 

 

«Forse è il caso che tu vada», soffiò poi Louis cercando di non dare peso ai brividi che lo scuotevano da capo a piedi e interrompendo il contatto visivo tra loro. Harry si passò una mano tra i capelli e rilasciò un sospiro. 

 

Poi annuì e prima ancora che Louis riuscisse a capire quello che stava succedendo Harry si era abbassato su di lui e aveva sfiorato le labbra con le sue. Socchiuse gli occhi di riflesso, sopraffatto da quel contatto appena accennato e quando li riaprì, il riccio si era già separato da lui ed era diretto verso la porta.

 

Louis non lo fermò. 

 

Forse adesso era davvero pronto a lasciarsi il passato, forse adesso sarebbe davvero riuscito a lasciare andare Harry Styles. 

 

 


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«Ora basta», esclamò Liam nel silenzio della camera di Louis scattando in piedi. «Adesso mi dici cosa c’è che non va, sono stanco di vederti così e far finta che non stia succedendo niente»

 

«Liam io sto ben-», patetico tentativo.

 

«Sai? Non credo che tu sia nella posizione di dirmi che va tutto bene», la voce di Liam dura e seria. «Siamo qui da quasi due settimane, ed è quasi una settimana che sei chiuso in questa camera per dio solo sa quale motivo», già. Era solo colpa sua se quello che avrebbe dovuto essere il viaggio più bello della sua vita si era trasformato improvvisamente nel suo peggiore incubo. In effetti, escludendo le due immersioni, la gita in una baia, un paio di feste - tra cui quella che aveva rovinato tutto - e un livello d’abbronzatura quasi apprezzabile, non aveva fatto molto. Louis rimase in silenzio, cosa avrebbe potuto rispondergli d’altronde? 


Era stato uno stupido a cascarci di nuovo, gli veniva quasi da ridere al pensiero che probabilmente non avrebbe mai imparato. Era sempre stato un tipo testardo.

 

«E’ da quando abbiamo conosciuto Zayn ed Har- aspetta», Liam si fermò e Louis riuscì a vedere perfettamente il momento in cui tutti i pezzi del puzzle si incastrarono nella sua testa. «Ci sono di mezzo loro non è vero?»

 

Louis non ebbe il coraggio di rispondere a quella domanda perché sapere di aver mentito al suo migliore amico per una settimana intera lo faceva sentire terribilmente in colpa. «Ho anche questi divertenti flashback di te ed Harry quella sera, quando ho conosciuto Zayn. Quindi se non hai le palle di raccontarmi quello che sta succedendo, stai ben certo che andrò a chiederlo al diretto interessato..»

 

Gli occhi di Louis si sbarrarono a quelle parole, così decise di arrendersi. «Va bene, hai ragione..ti dirò tutto», dirgli la verità avrebbe significato probabilmente metterlo anche contro lo stesso Zayn - che non aveva fatto altro che essere educato e amichevole nei suoi confronti, nonostante tutto - ma a quello ci avrebbe pensato poi. 

 

Ora voleva solo liberarsi di quell’enorme macigno che gli opprimeva il petto. 

 

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Una settimana dopo quel bacio rubato e Louis continuava a sentirsi uno schifo, uno schifoso ladro. Non aveva confessato a nessuno quello che era successo perché, insomma, cosa c’era da dire? 

 

Aveva rubato un bacio ad Harry, mettendosi in ridicolo e scappando via come il peggiore degli adolescenti in preda a crisi ormonali e con ogni probabilità il suo migliore amico (forse ex-migliore amico) lo odiava e non voleva più sentir parlare di lui. 

 

Un cliché totalmente prevedibile e comprensibile. 

 

Per fortuna che gli era venuta la febbre, così non avrebbe dovuto inventare scuse su scuse per non uscire dalla sua camera. Non vedeva Harry da quel giorno, non aveva ricevuto una telefonata, o un messaggio. Niente di niente, il che lo faceva stare ancora peggio perché era certo che qualcuno gli avesse detto della sua malattia e sapere che lui non aveva voluto sapere come stesse gli faceva rivoltare lo stomaco. 

 

Così se ne stava nel suo letto con i Nickelback nelle cuffie e gli occhi socchiusi. Magari avrebbe dormito, finalmente.

 

«Ho sempre pensato fossi uno fin troppo testardo», inizialmente gli sembrò di essere in preda alle allucinazioni, perché la musica del suo ipod era così alta che non avrebbe mai potuto sentire altro al di fuori. Nessuna voce, men che meno la sua. «E davvero, questa è una cosa che odio di te..lasciatelo dire», No, quella non era allucinazione. Si concesse il beneficio del dubbio, così aprì gli occhi lentamente, spaventato da quel che avrebbe potuto trovarsi davanti agli occhi. 

 

«Harry..», non si accorse di aver nemmeno pronunciato il suo nome, era semplicemente scivolato via dalle sue labbra.

 

«Perché sei scappato?», chiese e il suo tono sembrava così totalmente innocente che dio, possibile che ancora non capisse? I suoi occhi cercarono quelli di Louis, come se potesse in qualche modo trovare le risposte alle sue domande attraverso essi, ma poi la sua attenzione fu attirata dal fumetto che aveva tra le mani. «Ancora Spiderman?», sospirò con un leggero sorriso sul volto, come se cercasse di rompere il ghiaccio. Ed era davvero questo quello di cui avevano bisogno?

 

«Che vuoi farci, adoro i classici», Harry rise sommessamente scuotendo appena la testa. «E poi Peter e Mary Jane..beh», non ebbe bisogno di aggiungere altro perché Louis aveva parlato fin troppe volte al riccio di quanto la loro storia gli piacesse. 

 

«Peter Parker è così testardo», ribatté Harry mettendosi a sedere sul bordo del suo letto, le loro gambe si sfioravano anche se quelle di Louis erano ancora avvolte dalla coperta. 

 

«E’ innamorato, e vuole proteggere Mary Jane», soffiò il più grande mettendosi a sedere al centro del letto. «e lei è cieca» sbuffò e solo in quel momento, ripensando al loro scambio di battute non riuscì a trattenere un sorriso amareggiato.

 

Gli occhi di Harry scattarono, incrociando quelli di Louis. Gli erano mancati così tanto. 

 

«Non sono certo che stiamo ancora parlando di Parker e la Watson», ammise Harry passandosi una mano tra i ricci. Poi posò una delle sue su quella di Louis, appoggiata sulla copertina del suo fumetto. La sua pelle bruciò sotto il suo tocco, e il ragazzo non era certo fosse per la febbre. «Perché non me lo hai detto, Lou?», il pollice di Harry accarezzava delicato la pelle del palmo della sua mano in una lenta carezza. «Dio, mi sembra di essere il più grande tra i due qui»

 

«Harry non-»

 

«Provi qualcosa per me?», era certo che quella domanda sarebbe arrivata, prima o poi, e stava combattendo contro sé stesso da settimane per farsi trovare pronto, quando il momento fosse giunto. 

 

Annuì semplicemente, scostando i suoi occhi da quelli di Harry. «Insomma, come si fa a non provare qualcosa per te?», ammise rassegnato con un sorriso malinconico sul volto. 

 

Ed era pronto adesso. Era pronto a ricevere un no, a sentirsi dire che lui era solo il suo migliore amico e che non ricambiava i suoi sentimento, qualunque essi fossero. Ed era così concentrato a ripeterlo nella sua mente che non si accorse nemmeno di quello che successe nei momenti a seguire finché non avvertì le labbra di Harry all’angolo della sua bocca, come a chiedergli il permesso di baciarlo per davvero. 

 

Ma Harry non aveva mai avuto bisogno del permesso, non con lui; aveva trovato da solo la chiave del suo cuore e Louis non desiderava altro se non che la custodisse per sempre. 

 


 

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L’acqua della piscina era riscaldata, grazie al cielo. Louis era seduto sul bordo, con le gambe quasi completamente immerse, coperto da un semplice costume nero. 

 

Il discorso con Liam non aveva portato nessun miglioramento; era ancora lì a chiedersi come avesse fatto a ricascarci di nuovo. Era stato davvero convinto di averla superata in tutti questi anni, ed era bastato un attimo per riportarlo al punto di partenza. Iniziava a domandarsi se avrebbe mai potuto dimenticarlo. 

 

Che schifo l’amore. Ricordava ancora quando era solito dire quella frase da bambino mentre sua madre leggeva le favole alle sue sorelle. Ed ora lui era lì, sul bordo di una piscina di un albergo di un’isola tropicale con le gambe a penzoloni ed il cuore spezzato. Si sentiva particolarmente stupido in quel momento.

 

E solo uno stupido poteva innamorarsi di te. 

 

Si passò una mano tra i capelli esasperato. Fanculo Styles. 

 

Di tanto in tanto alzava lo sguardo verso l’alto, fissando le stelle. Ci avevano provato così tante volte lui ed Harry a contarle quando erano ragazzini. Quante volte ancora avrebbe dovuto contarle lui per aggiustare il suo cuore spezzato? 

 

«E’ così stupido pensare che io possa riconquistarti in qualche modo?», Louis socchiuse gli occhi quasi sospirando quando quella voce giunse alle sue orecchie. 

 

L’ambiente circostante alla piscina era completamente deserto. Solo il rumore dell’acqua nella piscina e il vento che increspava gli alberi a far loro compagnia. 

 

«Abbastanza, si», sputò quasi velenoso. 

 

«Bene, mi sono sempre piaciute le cose impossibili», rispose e Louis poté vederlo sedersi accanto a lui sul bordo della piscina con la coda dell’occhio. «C’è una cosa su cui non sono stato chiaro quando abbiamo parlato» Louis restò in silenzio, si limitò a girarsi verso di lui e notò che stava giocando con il bordo della sua maglia, proprio come quando erano piccoli. «Non ricordo solo la nostra promessa, Louis», sussurrò, come se fosse incerto su quello che doveva - o voleva - dire. «Ricordo la prima volta in cui hai visto la mia camera e mi hai detto che faceva schifo perché avevo troppi poster sulle pareti», Louis accennò un sorriso imbarazzato, attento a non farsi vedere dal riccio. «Ricordo la prima volta in cui abbiamo visto le stelle, quella in cui eravamo entrambi in punizione e siamo saliti sul tetto», il suo cuore perse un battito perché erano esattamente le stesse cose che lui aveva per tanto tempo cercato di chiudere in un angolo della sua testa ma il suo cuore si rifiutava di dimenticare. «Ricordo il nostro primo abbraccio, e il nostro primo bacio, la nostra prima volta e dio, ricordo tutte le prime volte in cui abbiamo fatto qualcosa insieme perché ci sei sempre stato..» gli occhi di Harry erano puntati sul fondo della piscina, come se stesse davvero cercando di concentrarsi. «E mi dispiace- mi dispiace di non aver lasciato che tu ci fossi nel momento in cui avresti dovuto esserci di più»

 

Gli mancava il respiro, oppure era morto e non se ne era ancora reso conto perché ogni suo muscolo aveva smesso di muoversi. Non sapeva nemmeno se era il caso di intervenire, di dire qualcosa perché nemmeno Harry sembrava intenzionato a fare una mossa. All’improvviso lo vide portarsi una mano sul viso, asciugarsi una lacrima e il suo cuore si spezzò completamente. Aveva sempre pensato di essere soltanto lui quello che aveva sofferto tra loro; non aveva mai nemmeno lontanamente immaginato che forse - da qualche parte in Inghilterra - Harry avesse potuto passare le stesse cose. Quel pensiero lo fece sentire in colpa perché non avrebbe mai voluto che il riccio soffrisse a causa sua. «Come ci siamo arrivati a questo punto Harry? Come abbiamo fatto a ridurci così?»

 

«Immagino che Peter Parker non mi abbia insegnato nulla», ammise alzando le spalle, come se fosse colpevole del peggiore dei crimine. Eppure, l’unica sua condanna era quella di essersi innamorato di Louis e di non aver combattuto abbastanza per loro quando era arrivato il momento.

 

«Hai mai pensato come sarebbero andate le cose…se tutto questo non fosse successo? Dove saremmo ora, Harry?», chiese e per una volta lasciò che fosse il suo cuore ad agire, così poggiò la testa sulla spalla del riccio socchiudendo appena gli occhi a quella sensazione così familiare. 

 

«Avremmo avuto una casa da qualche parte, una villetta nella periferia di Londra, magari, per fare contenti entrambi. Tu saresti esattamente quello che sei perché tu sei sempre stato forte. Sapevo che ce l’avresti fatta, con o senza di me. Probabilmente io, uhm, probabilmente io sarei un giornalista perché sono certo che tu mi avresti costretto a seguire i miei sogni, mi hai sempre supportato così tanto, Lou», ad occhi chiusi, riusciva quasi a vederla la vita che Harry stava descrivendo per loro. Se doveva essere onesto, non aveva mai smesso di vederla, solo che a volte la fantasia non rispecchia la realtà.   

 

«Mi basterebbe riaverti semplicemente nella mia vita per ora, Louis», aggiunse poi prendendo un grosso respiro. «Come amico, come conoscente, come qualsiasi cosa tu voglia ma non sopporterei mai di averti visto riapparire nella mia vita e di non aver fatto nulla per farti restare», questa volta fu la guancia di Louis ad essere solcata da una lacrima silenziosa e lui non si preoccupò nemmeno di asciugarla.  

 

Prima che Louis riuscisse a ritrovare il coraggio per parlare, passarono   diversi minuti. «Non riuscirei a riaverti nella mia vita, Harry», il groppo in gola si faceva sempre più pesante. «Non come amico, non come conoscente perché la verità è che io ci ho provato così tanto a dimenticarti, Harry», affermò convinto. «Ma il fatto è che qui», disse dando un piccolo colpo al centro del petto, all’altezza del cuore «qualcuno è molto testardo e non ha voluto dimenticarti. Probabilmente non ci ha mai nemmeno provato», ammise con sincerità. 

 

Louis si era sempre domandato in quegli anni se Harry avesse mai pensato a lui, o se lo avesse semplicemente dimenticato. Si era sempre chiesto se stesse bene, se avesse realizzato i suoi sogni. Si era sempre lasciato trascinare dalla convinzione che sarebbe andato avanti, prima o poi e che il vento avrebbe girato anche a suo favore, permettendo al suo cuore di dimenticarlo.

 

Ma il vento non poteva nulla se il cuore aveva già trovato il porto sicuro in cui gettare l’ancora e terminare il suo viaggio. 

 

Gli occhi di Harry brillarono quando incontrarono quelli di Louis, più azzurri che mai. «Le cose non torneranno mai come prima, non ora almeno», affermò sincero. Solo la verità. Harry annuì, ma si prese la libertà di avvicinare il volto al suo e di far scontrare appena le loro labbra. Louis sorrise. 

 

Louis ci aveva provato una volta a contare i pezzi del suo cuore, ma alla fine aveva lasciato stare perché si era accorto che erano infiniti. Aveva pensato anche alla possibilità che forse - qualcuno - prima o poi per lui sarebbe arrivato e l’avrebbe ricomposto. 

 

Ma a volte solo chi ha spezzato il nostro cuore può rimetterne insieme i pezzi, incollandoli così perfettamente da farlo passare per un cuore che non si era mai spezzato. 

 

«Guardiamo le stelle, Lou?», propose Harry e questa volta quel soprannome, appena soffiato dalle sue labbra, gli suonava così giusto da riscaldare il suo cuore. 

 

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«Sono a casa!», esclamò Louis lasciando la valigetta di pelle nera proprio accanto all’ingresso, rilasciando un sospiro. 

 

«Allora? Come è andata?», la sua voce era quasi ansiosa e Louis rise perché era quasi più preoccupato di lui. 

 

«Mi faranno sapere la settimana prossima», annunciò con un sorriso tirato. In realtà, era quasi certo che quel colloquio fosse andato bene ma meglio non sbilanciarsi troppo. Non voleva l’ennesima delusione. «Il tuo?»

 

«Inizio la prossima settimana», esclamò contento il ragazzo e «Sono certo che diventerai il loro capo-fumettista, Lou», confessò sulle sue labbra allentandogli sinuosamente il nodo della cravatta. Quelle mani. «Stanco?», soffiò liberandolo anche della giacca. 

 

«Un po’ delle tue attenzioni non mi farebbero male», rispose Louis con una smorfia furba in volto. Non ebbe bisogno di dire altro perché il ragazzo lo trascinò nella loro camera da letto, poi accostò i loro volti e fece scontrare le loro labbra lentamente, come se avessero tutto il tempo del mondo, e in effetti un po’ era vero.

 

Louis emise un gemito strozzato quando le labbra del suo ragazzo scesero sul suo collo e contemporaneamente le sue mani sganciavano i bottoni della sua camicia bianca, uno per uno, per avere maggiore accesso al suo corpo. «Har-..Harry», lo sentì leccare, mordicchiare e succhiare la sua pelle ed era certo che nel giro di qualche ora avrebbe trovato delle chiazze violacee. Per fortuna, la settimana dei colloqui di lavoro si era appena conclusa. 

 

«Un po’ mi dispiace che tu non porti più il piercing alla lingua, sai?», soffiò Harry suadente al suo orecchio, baciandone il lobo subito dopo. 

Le sue ginocchia cedettero qualche minuto ma era abbastanza vicino al letto da lasciarsi cadere su di esso, tirando con sé Harry che si sistemò tra le sue gambe nel giro di qualche attimo. Sospirarono entrambi quando i loro fianchi si scontrarono e le loro erezioni vennero a contatto anche se ancora coperte da quegli inutili pezzi di stoffa.

 

«Lou..», succedeva ogni volta. Harry soffiava il suo nome, una silenziosa preghiera, una tacita richiesta di permesso per spogliarlo, per farlo suo ancora una volta. 

 

Dopo pochi minuti infatti, il riccio aveva liberato Louis di tutti i suoi vestiti e il più grande aveva fatto lo stesso con Harry, sfiorando con le dita ogni centimetro di pelle esposto ai suoi occhi. Non si sarebbe mai abituato ad avere quell’infernale visione al suo fianco. Poggiò le mani sui fianchi di Harry e facendo una leggera pressione ribaltò le posizioni, sistemando le ginocchia ai lati del suo corpo. Si abbassò su di lui, baciando il suo petto. Si soffermò sulle rondini stampate sul suo petto con assoluta devozione, ricordando il giorno in cui Harry gli aveva rivelato il loro significato. «Siamo noi due, in un certo senso. Se ami qualcuno devi lasciarlo andare, ma ho voluto tenere una parte di te con me. Sono rivolte l’una verso l’altra perché ero certo che prima o poi ti avrei ritrovato» ed ogni volta, non riusciva a fermare il calore che gli incendiava il petto quando le guardava. Non riusciva a capacitarsi del fatto che una parte di lui era sulla pelle di Harry, non molto lontana dal suo cuore. 

 

Fare l’amore con Harry era la sua cosa preferita al mondo, ogni volta pensava che non l’avrebbe mai avuto più vicino di così. Puntualmente si sbagliava perché ogni volta Harry gli donava una piccola parte di sé. Probabilmente non si sarebbe mai perdonato di aver pensato che Harry non lo amasse quanto lo amava lui, ma aveva tutto il tempo del mondo per farsi perdonare da lui, anche se Harry era convinto che fosse lui quello che aveva qualcosa per cui scusarsi. 

 

Louis si accasciò accanto al corpo di Harry, le braccia avvolte intorno alla sua vita e dalla sua finestra riusciva a vedere l’Empire State Building. 

 

Si erano trasferiti a New York due mesi dopo la fine della loro vacanza e quella mattina, Louis era entrato per la prima volta nella sede centrale della Marvel per consegnare le sue bozze. Harry l’aveva aspettato nel loro nuovo appartamento tutto il giorno, ancora più nervoso di lui - se possibile. Non importava come andassero le cose, lui il suo supereroe preferito l’aveva ritrovato. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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Ciao a tutti! 

Non era assolutamente questo il plot di cui avevo parlato su Twitter e di cui avevo anche presentato banner e titolo. Sinceramente, non sono stupita di essermene uscita con un’altra storia lampo delle mie perché ormai chi sta più dietro al mio cervello?

 

Detto questo, la storia racchiude semplicemente taaaaaanti miei pensieri e scleri ma era da un po’ che volevo scrivere una sorta di Hate to Love quindi ho colto la palla al balzo. Spero tantiiiiissimo che vi sia piaciuta e vorrei tanto leggere qualche commentino/opinione da parte vostra, quindi non siate timidi e fatevi avanti!

 

Come al solito, mi trovate qui, su Twitter e FB. Anche su ASK per qualche domandina ma - lo ammetto - sono molto meno assidua lì. :) 

 

 

Per questa storia ho dei ringraziamenti particolari da fare: 

 

Ringrazio la piccola Elisa che mi ha fornito l’idea di base su cui sviluppare questo plot, Gio che ci ha messo del suo con piccole   idee , ringrazio Agnese per il banner, Laura perché è una beta fantastica e Flavia, lei sa il perché.  

 

 

 

Ora vi lascio, alla prossima e un bacione,

Chri. 

 

 


P.s. vi lascio la playlist che mi ha ispirata mentre scrivevo questa storia, se vi va di dare un’occhiata: 

 

- FOOLS - Troye Sivan

- Under The Pressure - The War on Drugs 

- Same Old Love - Selena Gomez 

- Infinity - One Direction

- Naive - The Kooks

- One Last Night - Vaults

   
 
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