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Autore: Arbiter Ex    30/09/2015    0 recensioni
Il regno di Boletaria, governato da Re Allant XII, fa fronte alla più grande crisi che l'umanità abbia mai affrontato. L'Antico si è risvegliato, e una densa Nebbia incolore è scesa sulla terra. Da essa, terribili Demoni emergono, rubando le anime degli uomini, e facendole proprie. Chi perde la propria anima perde il senno, e i folli attaccano i sani, mentre imperversa il caos. Presto o tardi la Nebbia ammanterà ogni terra, e l'umanità è soggetta ad una lenta estinzione. Ma Boletaria ha ancora una speranza: un prode guerriero, che ha attraversato la Nebbia. Nella sua lotta non sarà da solo, e di lui verrà raccontata la sua storia, narrata da chi lo ha seguito nella speranza che portasse la fine della Piaga e ristabilisse l'ordine del mondo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza
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Demon’s Souls:
Le cronache dell’uccisore di Demoni
Capitolo 1
 
“…Ricordo ancora come l’aria di quel giorno sembrava schiacciarci e opprimerci, piena di polvere e cenere, sotto un cielo grigio e morto, che non avrebbe mai più permesso al sole di scaldarci la pelle col suo tepore. Ricordo i muri abbattuti ed in fiamme delle case ed i frammenti delle braci dei focolari, una volta così accoglienti, ora spazzati via da un vento lugubre, stanco e triste. Ricordo il miasma emesso dai corpi degli uomini che vennero spogliati della loro persona e che persero il senno, divenuti ora dei gusci vuoti, in attesa solo di essere abbattuti da me. Quante vite sono state spezzate? Quanti sentimenti sono stati infranti? Com’è potuto accadere che l’umanità cadesse in un baratro così profondo? Quel giorno, il giorno in cui io ho arreso la mia umanità, ho realmente compreso come il demone fosse riuscito a proliferare così a lungo, e perché noi ci siamo macchiati della perdita della nostra dignità…”
 
Sul più vasto dei continenti separati dal grande oceano, che a ovest s’interponeva tra le grandi terre del mondo, si estendeva il regno di Boletaria, il dominio di Re Allant XII, il magnanimo sovrano che, attraverso le Arti dell’anima, portò una prosperità senza precedenti al suo popolo. Tuttavia, durante la vecchiaia del re, scoppiò una violenta crisi, che si sarebbe dimostrata fatale per il regno: il re svegliò dal sonno eterno L’Antico, la grande bestia sotto il Nexus, e sulla terra si riversò una fitta nebbia incolore da cui emersero terribili Demoni, venuti a reclamare le anime degli uomini. Coloro che perdono la loro anima, perdono anche la ragione; i folli attaccano i sani di mente, ed il caos regna sovrano. Prendendo le anime umane, un Demone rinvigorisce la propria, ed il potere di un’anima di Demone matura supera l’immaginazione. L’umanità rischia un’estinzione lenta ma sicura, ed un giorno la nebbia che si estende oltre i confini di Boleteria inghiottirà tutte le terre, segnando la fine dell’era degli uomini e dando inizio all’era del Demone.
 
Ad alcune miglia dalle mura della capitale, sulla vasta pianura centrale che la precedeva, un villaggio di agricoltori era animato da un grande viavai di gente, nato dalla commistione di paura e panico. Presto la Nebbia li avrebbe inghiottiti, la vedevano avvicinarsi quasi come se fosse viva e avesse l’intenzione di divorarli. Stavano preparando dei bagagli per trasportare alcuni indumenti e gli effetti personali più significativi, per poi caricarli su delle carrozze ed intraprendere il viaggio fino alla capitale, dove speravano di trovare la salvezza. Claire Farron, con un cestino di provviste raccolte frettolosamente, procedeva a passo spedito verso la casa dei suoi genitori, entrambi deceduti da tempo, dove la sorella minore, Serah, ultimava le sacche con cui avrebbero viaggiato. Claire era poco più di una ragazza, appena ventunenne, ma la sua personalità era stata temprata dalle difficoltà della vita di contadina e di orfana, poiché fu costretta sin da bambina ad occuparsi della sorella, più piccola di tre anni, mostrando una grande forza di volontà. Lei aveva un carattere forte e rigido, mentre Serah era conosciuta per la sua indole altruista ed i modi gentili. Entrambe giovani e belle, dai morbidi lineamenti del viso alle lunghe chiome rosee, rapirono i cuori di molti dei maschi del villaggio, che, però, vennero respinti uno dopo l’altro. Nonostante fossero sole, le due sorelle si guadagnarono il rispetto degli altri contadini con il loro duro lavoro, e nessuno che le conoscesse pensò mai di sminuirle. Riuscirono a tirare sempre avanti, in un modo o nell’altro, trovando forza l’una nell’altra; difficilmente agivano separate. Non poterono comunque prepararsi alla crisi che si abbatté su di loro, che avrebbe inesorabilmente distrutto la vita come la conoscevano. Il giorno che vennero a sapere per la prima volta delle storie sulla Nebbia e sui Demoni, un mercante mezzo morto e dalle vesti imbevute di sangue arrivò zoppicando al villaggio e nei suoi ultimi momenti avvertì gli abitanti su quanto la fine del loro mondo fosse vicina. Successivamente, si susseguirono spesso visite di chi portava con sé le leggende sull’enorme potere delle anime demoniache e di come i Demoni rubassero l’anima alle persone per far crescere le loro. Claire e Serah rimasero profondamente scosse da quelle storie e leggende, ma sperarono fino in fondo che rimanessero tali e che un tale pericolo non toccasse mai i muri della loro casa. Non ebbero avvertimenti quando la Nebbia incombette su di loro.
“Ecco”, disse Claire entrando in casa senza preoccuparsi di chiudere la porta e portandosi velocemente nel modesto soggiorno, dove vide la sorella china a preparare le sacche da viaggio sul tavolo al centro della stanza, illuminata solo dal grigiore del cielo che entrava attraverso le finestre spalancate.
“Queste non basteranno per tutto il viaggio, ma ci permetteranno di non morire di fame se dovessimo avere dei rallentamenti” aggiunse Claire portandosi vicino a Serah e porgendole il cestino. La sorella alzò il capo il tanto che bastava per vederne il contenuto e cominciò a vuotarlo il più rapidamente che poté, riempiendo il sacco che teneva tra le mani tremanti.
“Cosa sta succedendo, Claire? Non possiamo abbandonare così casa nostra!” esclamò Serah, afflitta dallo sconforto.
“Sai che non abbiamo scelta. Ora corri: ci caricheranno sul carro solo se ci sarà lo spazio sufficiente!” Con quell’ultima frase, Claire afferrò saldamente la mano di Serah e la trascinò fuori di casa, lasciando la porta spalancata e senza guardarsi indietro. Le umili vesti che indossavano avevano lembi stracciati e per l’usura sembravano più larghe di diverse taglie, tanto da coprire a malapena le spalle, e Serah vi inciampò ripetutamente, più per le lacrime che le velavano gli occhi che per goffaggine. Percorsero la strada centrale del villaggio, ormai deserta, e superarono le abitazioni abbandonate, arrivando di fretta al confine settentrionale del villaggio, dove gli abitanti si concentrarono in una folla rumorosa e scalpitante e dove i carri stavano venendo caricati di valige e persone; ce n’erano solo tre, già stracolmi, e non avrebbero mai potuto trasportare la moltitudine degli esclusi. Claire, però, sembrò non badarci e, facendosi strada a spintoni tra i contadini che tentavano ancora di salire e che venivano continuamente respinti dai proprietari, si rivolse ad uno dei cocchieri vestiti di nero che tentava di placare gli animi di chi era rimasto a terra, speranzosa che potessero salire comunque.
"Buon Signore, siamo solo io e mia sorella, con delle misere bisacce. Non occuperemo che pochi centimetri...” disse Claire, portandosi vicino Serah e rivolgendo la supplice richiesta all’uomo. Presentava lunghi capelli neri scompigliati, bagnati di sudore, e aveva un volto tirato e percorso da piccole rughe. Quando ascoltò la richiesta di Claire, le rispose con un’espressione spazientita e rassegnata insieme:                                                                                    
“Mi dispiace ragazza, ma non ho più spazio. Io me ne vado, dovrete chiedere a qualcun altro”.
“Possiamo farci molto piccole, non daremo fastidio e non pretenderemo una posizione comoda, se solo-”
“Ti ho già detto che non posso: altre due persone e non ci muoveremmo più veloci di una delle lumache della Valle” la interruppe brusco il cocchiere. “Prenda solo mia sorella allora. Lei è piccola e sarà come se non ci fosse” Claire chiese insistente, avvertendo la stretta di Serah sulla sua mano farsi più forte ed il suo sguardo sbigottito sentendola parlare di una tale possibilità.                                                                                                                                            
“Non posso caricare nessun altro, te l’ho già detto. Puoi provare a chiedere a-”
La prego!” Claire lasciò Serah e prese la mano dell’uomo nelle sue, chinando il capo e cadendo in ginocchia, disperata. Serah non l’aveva mai vista così, Claire non avrebbe mai ceduto il suo orgoglio e la sua dignità, ma ciò che Serah non sapeva era che Claire avrebbe fatto qualunque cosa per lei, sua sorella, anche abbassarsi a tanta pateticità.
“La prego, la porti con sé” continuò Claire, sperando di convincerlo. L’uomo, la cui espressione s’intenerì, si guardò intorno evitando lo sguardo delle persone di fronte a lui e tentò di farla stare in piedi per non attirare l’attenzione.
“Va bene, va bene, visto che è così piccola può salire, ma che faccia in fretta, e tu stai zitta!” le intimò il cocchiere abbassando la voce in modo che potesse sentirlo solo lei. Claire si rialzò e gli lasciò la mano.
“Grazie, signore. La mia gratitudine è infinita”. Serah le si avvicinò e tentò di parlarle in modo sensato, ma non le riuscì a causa del panico che stava provando: sua sorella l’avrebbe lasciata. Afferrò le braccia di Claire, supplicando che restasse con lei.
“Che vuoi fare? Se non possiamo andare entrambe resteremo insieme. Preferisco stare qui che essere sola. Non lasciarmi!”. Serah era in lacrime, non avrebbe mai voluto che Claire, l’unica sua famigliare rimastale, l’abbandonasse. Sua sorella era il suo unico punto di riferimento: perdere lei, avrebbe significato essere soli al mondo.
“Serah, ascoltami” Claire portò la sua fronte vicino alla sua, sfiorandola, e posò le sue mani sulle sue spalle, per infonderle un po’ di coraggio.
“Sin dal primo giorno che ho cominciato a prendermi cura di te mi sono ripromessa che non ti sarebbe accaduto niente. Il nostro obiettivo ora è sopravvivere, ma tu non potrai farlo se non sali su questo carro adesso…”
“Veloci!” sibilò il cocchiere, rivolgendosi soprattutto a Claire.
“Io ti raggiungerò alla capitale. Non devi preoccuparti per me. Ora va’.” Claire diede un bacio sulla fronte alla sorella e la spinse sul carro, aiutandola a salire. Dalla folla, un uomo tozzo e tarchiato, dai capelli rasati, vestito con una giubba macchiata e calzoni larghi, assistette alla scena. Si fece subito avanti gridando non appena vide Serah tentare di trovare un posto sul mezzo.
“Ehi, un momento! Se sale lei voglio salire anch’io!”
Il cocchiere, preparatosi a partire vicino alle redini, rimanendo deluso dalla speranza che nessuno facesse storie dopo aver visto la ragazza salire, si voltò immediatamente per rispondere, irritato, all’uomo.
“Il suo era l’ultimo posto, o preferiresti sottrarlo ad una bambina? Che razza di uomo saresti a fare una cosa del genere?”
“Uno che vuole vivere!” insistette l’uomo, rosso in viso per la rabbia e disperato nella voce, facendosi largo tra i presenti e arrivando accanto a Claire. Lei se ne distanziò subito di qualche passo per non doverne sopportare troppo l’aria rozza. Serah, dal carro, sentendo l’uomo cominciò a provare un forte senso di colpa solo per essere lì, pensando di aver rubato il posto a qualcun altro, magari qualcuno che ne aveva più bisogno. Il cocchiere squadrò meglio l’individuo, come per ricordare dei particolari che aveva tralasciato.
“Aspetta: tu sei Biggs il Macellaio! Ho già fatto salire tua moglie che è incinta. Vorresti forse prendere il suo di posto e dimenticarti del tuo bambino?” disse provocatoriamente il cocchiere, stanco della situazione ed impaziente di partire.
Non lo vedrò il mio bambino se mi lasci a terra!” l’uomo disse urlando, scoppiando in lacrime.
Fu in quel momento che cominciò l’attacco.
Una freccia percorse l’aria, sfiorando di poco Claire, e si piantò nel dorso di Biggs, che cadde morto pochi secondi dopo, sollevando la polvere dal terreno. “NO!” si sentì urlare dall’interno del carro, la moglie del Macellaio scattò in piedi e tese le mani al defunto marito, fermata dal raggiungerlo dalle altre donne vicine. Claire si voltò per vedere chi fosse il responsabile e si rese conto con orrore che la Nebbia aveva superato il confine meridionale del villaggio, probabilmente aveva già inghiottito la sua casa. Individuò il colpevole, un balestriere che portava l’armatura e l’emblema di Boletaria, e dietro di lui, dalla Nebbia, cominciarono ad emergere altri soldati, tutti con un’espressione vuota e le armi in pugno. Nei momenti successivi all’assassinio, si scatenò il terrore. La folla radunata davanti ai carri si disperse velocemente ed in modo confuso, emettendo orribili grida. “I Demoni! I Demoni sono arrivati!” urlò istericamente una donna. I cocchieri balzarono immediatamente alle redini, e le strattonarono con forza per spronare velocemente i cavalli, resi più veloci dall’agitazione e dalla paura. Serah pianse e gridò il nome della sorella diverse volte mentre la vedeva allontanarsi sempre più e tese incondizionatamente la mano, come per poterla raggiungere e stringere abbastanza forte da portarla con sé. Claire imitò il suo stesso gesto, ma si trattenne solo per pochi secondi.
“Avverti Boletaria, avverti il Re!” le gridò Claire, poi cominciò a scappare. I soldati, ormai divenuti demoni, stavano riempiendo la strada e attaccavano qualunque cosa si muovesse che gli capitasse a tiro. Chi non era salito sui carri, tentava disperatamente di fuggire, solo per essere inseguito fino alla morte, dolorosa e certa. Il sangue sgorgava copioso dai cadaveri di chi venne fatto a pezzi o trapassato da spade e frecce. Claire correva, non le importava la direzione, voleva solo evitare di essere vista e di essere inseguita. Si stava avvicinando al confine nord-occidentale del villaggio, dove un boschetto di aceri spezzava la monotonia della pianura. Da dietro l’angolo di una delle case abbandonate, un demone soldato vide Claire avvicinarsi e si preparò a fermarla, alzando lentamente la spada che teneva in mano. Claire, invece di fermarsi ed arretrare, scattò più veloce e caricò il soldato in uno slancio disperato più che coraggioso. Chiuse gli occhi all’impatto e gli assestò una spallata in pieno petto, che fece cadere entrambi e fece perdere al soldato la presa sulla spada. Quei mostri erano lenti, e Claire ebbe tutto il tempo di sottrarre l’arma al nemico e di piantargliela in petto, affondando la lama con rabbia e facendo schizzare il sangue sul terreno, sulla sua veste e sul suo viso. Il soldato contorse il volto per il dolore, e agitò le braccia in spasmi convulsi.
“Muori, Demone!” gridò lei rabbiosa ed esasperata.
Il soldato non si mosse più. Claire si ritrasse, incerta su ciò che aveva appena fatto. Si bloccò un istante, la sua figura tremante era scossa da profondi respiri irregolari. In vita sua, non aveva mai ucciso nessuno, solo dato qualche fendente di spada in caso fosse stato necessario difendersi, avendo perso la protezione e la guida del padre. Ma non avrebbe mai immaginato che lo avrebbe fatto davvero. Prima di quel giorno, aveva pensato spesso a cosa si potesse provare nel commettere un omicidio, e sapendo che i cavalieri lo facevano per professione, credeva che non sarebbe stato così tremendo o di grande impatto, quasi che fosse un aspetto naturale della vita. Si sbagliava. La viscerale repulsione che provò quando si rese conto di quel suo atto le fece capire cosa significasse prendere la vita di qualcun altro. Tentò di consolarsi pensando che aveva ucciso solo un mostro, ma quel pensiero non la confortò molto. Ripensò invece a Serah e a ciò che le aveva detto: “Il nostro obiettivo ora è sopravvivere”.
Lo aveva detto lei. Ripeté le parole nella sua mente e, di nuovo determinata ad arrivare sana e salva da sua sorella, estrasse la spada dal cadavere che giaceva ai suoi piedi, tenendola con entrambe le mani. Era una comunissima spada lunga di quelle che venivano fornite ai fanti dell’esercito di Boletaria, ma le sembrò più pesante di prima, e si sentì fortemente sbilanciata. Non ebbe comunque difficoltà a raggiungere di corsa il bosco oltre il confine e non venne vista da altri inseguitori. Si addentrò sempre di più in quel labirinto verde finché non credette di essere abbastanza lontana e al sicuro da chiedersi dove stesse andando. Le urla dei contadini del villaggio, ormai, un’eco agghiacciante in lontananza. Aveva il fiatone e si fermò per capire dove si trovasse, guardandosi intorno mentre teneva la spada lungo il fianco, la punta bassa e l’impugnatura rilassata per permettere ai muscoli di riposare. Non ebbe il tempo di notare l’uomo che le venne addosso, un sopravvissuto impazzito per il terrore. Correva a folle velocità e non ebbe i riflessi necessari per evitare Claire, che all’impatto rovinò a terra insieme a lui. L’uomo era alto e mingherlino e la caduta lo intontì abbastanza da trattenerlo a terra. Claire, invece, rotolò di lato e tornò subito in piedi per poter affrontare l’attaccante, ma poi si accorse di chi aveva davanti. Non lo riconobbe, e notò che serrava qualcosa nella mano destra, un sasso o una piccola roccia. Il colpo ricevuto lo fece delirare per del tempo.
“Non voglio morire...questa mi salverà, il tesoro del nonno…mi salverà”. Nonostante la voce flebile, lo diceva con convinzione, come aggrappandosi ad una verità assoluta. Claire pensò immediatamente che si riferisse alla pietra che teneva in mano, e capì che avrebbe perso solo tempo se si fosse fermata a chiedere aiuto a quel folle. “…basta romperla…e mi porterà lontano, al sicuro…”. Claire fece per andarsene quando un enorme Demone Grigio emerse dagli alberi, che vennero spezzati e sradicati. Per dei lunghissimi secondi, Claire rimase impietrita ad osservarlo, lasciando languide le braccia e sgranando gli occhi in un misto di paura e stupore. Era l’apparizione più mostruosa e orrenda che avesse mai visto: era alto quanto le cime degli alberi, aveva tre orrendi occhi gialli e sfoggiava denti e corna diaboliche. Aveva delle grottesche, piccole ali sulle spalle, ed in una delle enormi mani artigliate serrava un’ascia enorme, qualcosa che nessun umano avrebbe mai potuto sollevare. L’uomo, rimasto a terra a fissare l’aberrazione, gridò inorridito, tentando di strisciare via e premendosi a terra, come per poter scomparire sotto il manto erboso del bosco. Il Demone lo guardò pochi attimi, poi calò pesantemente l’enorme scure smussata in un ampio arco, riducendolo ad una pozza rossa dall’odore acre. La pietra che l’uomo teneva in mano era volata ai piedi di Claire, che assistette esterrefatta all’esecuzione. A quel punto, venne pervasa dall’impulso di scappare, ma prima di farlo afferrò velocemente la pietra che aveva ai piedi, poi corse veloce. Non seppe perché lo fece, ma non aveva tempo per pensarci.
“Cos’è quel mostro? Come fa ad esistere una cosa del genere?”
Claire tentò di sfuggirgli, ma al Demone Grigio bastò abbassare il braccio una seconda volta per fendere violentemente il suolo e sbalzarla via, sollevando terriccio e polvere. Lei venne scagliata lontano cose se fosse stata priva di peso, la spada volò via, e lei rotolò incontrollata fino ad una piccola radura. Quando smise di muoversi, ebbe il tempo di sentire l’intenso dolore che le correva per tutto il corpo, e non riuscì a fare altro che guardare rassegnata il Demone che l’avrebbe uccisa e che le avrebbe sottratto l’anima, mentre avanzava tra gli alberi per finirla.
“Che razza di morte è questa, senza nome e senza perché?  Dopo tutto quello che ho detto a Serah, morire così è quasi imbarazzante…”
Il Demone si avvicinava, lento e senza fretta, ma Claire non tentò nemmeno di muoversi, il dolore era troppo forte. Mentre rifletteva ancora sull’ironia dei suoi ultimi attimi, si accorse che nella mano sinistra aveva ancora la pietra dell’uomo morto poco prima. L’aveva tenuta saldamente in mano anche dopo il colpo ricevuto. Claire stessa non poteva crederci.
“Non mi aspetto veramente che succeda qualcosa. Chissà che non mi porti davvero lontano e al sicuro…”
Poteva pensare che fosse curiosità, ma in fondo Claire sperava ancora di salvarsi, con quello che sarebbe dovuto essere un miracolo. Il Demone era sopra di lei. Si era fermato, e alzò il massiccio braccio per l’ultima volta, la lama macchiata di sangue in pugno, pronto a concludere ciò che aveva cominciato. L’aria intorno era ferma, non un solo rumore si levò per interrompere quel momento. Claire cominciò a sentire la sua coscienza scivolare via, il suo tempo era scaduto. Evocò le ultime forze che le erano rimaste, e le usò per stringere la mano che teneva la pietra più che poté.
“Ti voglio bene, Serah” pensò, e poi infranse la pietra, chiuse gli occhi e svenne.
La pietra appariva dura e solida, ma quando Claire la strinse, questa si frantumò quasi subito, e dai suoi frammenti s’irradiò un forte bagliore, che accecò il Demone Grigio, facendolo arretrare, ed avvolse Claire completamente. La ragazza svanì nel nulla, di lei non rimasero che le orme degli stivaletti e la sua sagoma sul terriccio erboso. Quando la luce si spense, il Demone Grigio tornò a vedere e cercò la ragazza nel punto in cui stava attimi prima. Non avendola trovata, si voltò e tornò sui propri passi, in cerca di nuove anime.
   
 
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