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Autore: Mikirise    30/09/2015    1 recensioni
Un miracolo è qualcosa di semplice. Così semplice che nemmeno ce ne rendiamo conto. Può essere un tuo amico che si riprende dopo essere stato mollato. Può essere una tua amica che ti porta alla Fiera delle Arti Moderne, quando sei giù perché sei stato mollato. Può essere il sedersi davanti a un quadro che pensavi non ti piacesse.
I pianeti si allineano col sole e hai il tuo miracolo, per cui devi lottare lottare e continuare a lottare, per poterlo mantenere nel tempo e nello spazio.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Calipso, Jason Grace, Leo Valdez, Leo/Calipso, Percy Jackson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le peripezie'
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Parte IV: Calypso









C'era voluto così tanto coraggio. Così tanto. Tanti respiri profondi, chiacchierate di notte con Rachel, che la teneva sveglia fino a che i loro occhi non diventavano rossi e le loro ossa non chiedevano pietà, la forza di volontà per tornare sui propri passi, le mani della sua migliore amica che la spingevano verso la porta e poi si era sentita... respinta.

Aveva bussato per ore. Aveva gridato Leo. Leo? Dove cavolo sei finito Leo? E un vicino di casa, con i capelli biondi e lo sguardo assonnato aveva inclinato la testa e le aveva chiesto se voleva una camomilla e perché sembrava così disperata.

Uno. Calypso non sembra mai disperata e al diavolo qualsiasi cosa. Non era disperata perché Leo Valdez non voleva risponderle alla porta.

Due... Calypso non sembra disperata!

"È partito" aveva sbadigliato il ragazzo. E poi le aveva chiesto di nuovo se non volesse veramente avere quella tazza di camomilla. Magari avrebbe potuto raccontargli la sua storia. Clovis -così si chiama il ragazzo con lo sguardo assonnato, e forse quello è lo sguardo che ha sempre e vive in un appartamento che è tutto un letto. Sorride quando Calypso glielo fa notare. Ha detto di sì a quella stupida camomilla. Ha bisogno di qualcosa di forte, ma anche così andava bene.

Clovis gli occhi non li tiene aperti neanche a pagarlo e Calypso sente di starsi sfogando con una persona che tanto non l'ascolta e non ricorderà nulla e la cosa è liberatoria. Ma il ragazzo è pieno di sorprese, più di quante gliene riservava Leo.

Allora, con la guancia poggiata sulla mano, con dei suoni pacati e lenti le chiede: "Quindi tuo padre non ti aveva trovata." E Calypso annuisce e si chiede se il punto era proprio questo, in tutto quello che le è successo in quel mese. Con quella sensazione di trovarsi in un posto che non le apparteneva -come se lei stessa appartenesse ad un posto. "Leo non rimarrà fuori per tanto tempo. Sicuramente in una settimana sarà di nuovo a casa. Perché non ripassi?"

"Conosci bene Leo?" Calypso è confusa, perché questo tizio assonnato non l'aveva mai visto e sembra essere uno che il texano lo conosce bene, che ne sa di cose, come se le vedesse, se fosse collegato con tutte loro e ne vedesse una costellazione unica. Fa un po' paura, a pensarci e Calypso si rende conto di quanto stupida fosse stata ad entrare in casa di uno sconosciuto. Ma cosa le diceva la testa? Non ragiona. Come quando era scappata. Come quando si era presentata davanti alla porta di Rachel.

("Sei tornata a casa."

"Mi dispiace tanto."

"Sei tornata a casa.")

Clovis si stiracchia. Non sembra interessato a portare la conversazione su di sé. Forse non ha sentito la domanda. "Dovresti darvi una possibilità."

Quella frase rimane un interrogativo, perché la guancia del ragazzo scivola dalla mano e cade sul tavolo, e lui sta veramente dormendo e Calypso si alza e se ne va.

Vede Jason trasportare una pila di libri, sul vialetto. Gira e cambia strada prima che la possa riconoscere.

E non torna davanti all'appartamento di Leo. Ha perso quel poco coraggio che era riuscita a raccimolare.

(Praticamente la storia della sua vita)














La seconda volta che torna, sembra più tranquilla. Sembra. C'erano voluti tre istruttrici di yoga e un tè speciale alle erbe per fare in modo che il suo cuore smettesse di sobbalzare ad ogni minimo rumore, per fare in modo che non si sentisse più perseguitata e per non rischiare un infarto tutte le volte che sente il nome di Leo sulla bocca di chiunque.

(Quanto le manca, Leo. Sta guardando Star Trek, per quanto le manca. Sta leggendo i libri di Harry Potter per quanto le manca)

Bussa alla porta e, ancora, nessuno risponde. Bussa un'altra volta, ma niente.

Poggia la fronte su quella stupida superficie di legno e chiude gli occhi. Leo. Leo. Leo. Potresti aprire questa maledetta porta? Ti devo raccontare di quella volta che ho salvato un vecchietto dall'annegamento sulla riva di un lago. Perché si è chinato troppo per dare da mangiare alle anatre e un bambino lo aveva spinto e...

Leo. Perché non apri?

"È partito." Clovis sta sbadigliando. "Vieni sempre quando lui non c'è." E le offre un'altra tazza di camomilla. Vorrebbe dormire, quel ragazzo. Vorrebbe sognare. E come fa a sapere che Leo non c'è?

Mentre Calypso entra nell'appartamento di Inception, qua -Leo sarebbe così fiero della sua citazione... un po' come Rachel aveva sorriso quando era riuscita a riconoscere due sfumature diverse di rosso-, Percy arriva sul pianerottolo del piano, imprecando contro l'ascensore.

Non si vedono.

"Dicono che il Paradiso è la riproduzione del posto in cui sei stata più felice" dice così, dal nulla, Clovis. Il suo Paradiso deve essere il suo letto, si ritrova a pensare lei, e sorride, perché è bello trovare persone semplici, a modo loro. "Il tuo Paradiso sarebbe qui?"

Poi crolla addormentato. O almeno così sembra.

Calypso ci pensa. Perché non trova mai Leo a casa? Sì, lì è stata felice. Con lui e con Rachel è stata felice. Forse il suo Paradiso non è dove, ma con chi. Si morde le labbra. Soffoca un sorriso amaro.

"Allora perché te ne sei andata, Calypso?" Clovis poggia la sua testa sul tavolo e sì, questa volta si addormenta davvero.



("Perché te ne sei andata, Calypso? Senza dirmi niente. Col mio cellulare. Senza dirmi niente."

"Mi dispiace."

"Perché?"

"Quando scappi, è difficile fermarsi."

"Perché?"

Perché l'unico motivo che conosceva per rimanere è essere imprigionata. E aveva paura di rimanere imprigionata. Ma non lo dice ad alta voce. "Mi dispiace.")

Calypso se ne va. E si sente vuota dentro. Non ha intenzione di tornare.













"È partito." Clovis lo dice prima ancora che lei possa alzare il braccio per bussare alla porta. Inclina la testa e ha quegli occhi da persona saggia, come se di cose ne avesse viste tante. Come se di vite ne avesse vissute troppe. "È sempre andato a cercarti. Questa volta è andato a trovare la donna della sua vita." Sono forse le frasi più lunghe che Calypso ha sentito dire dalle labbra di Mr. Tatto.

"Oh." Questo è tutto quello che lei riesce a rispondere. E abbassa la testa.

"Sua madre" mette in chiaro Clovis, perché per lui la cosa era ovvia, ma sembra che per Calypso no.

"Ah" esclama ancora lei. Vuole piangere. "Qualcuno non mi vuole far incontrare Leo" butta sul ridere -Leo le manca così tanto, si rende conto, da fare battute stupide proprio per fare in modo di non sentirlo troppo lontano. Come se delle battute scadenti potessero rimpiazzare Leo.

"Tu." Clovis alza le spalle. "Lo hai capito che amore non è prigione?"

Niente tazza di camomilla, questa volta. Clovis sembra ben sveglio -una volta ogni tanto.

"Non è amore quando vorresti andartene, ma non ci riesci?"

"È amore quando non vuoi andartene."

Allora lei gli chiede chi cavolo sia, perché è impossibile che un vicino di casa rimanga con l'amica di un vicino di casa semi-sconosciuto, e le parli come se la conoscesse da sempre, come se fosse la sua guida spirituale e mentore. Chi è? Clovis chi è?

A lui questa parte di conversazione non interessa granché. Congeda Calypso dicendo: "Uno scrittore." E forse mentiva anche. Poi dice: "Amore è una casa a cui tornare."


("Non hai..."

"Per un mese di affitto sono riuscita a farcela e non ho dato la tua camera a nessuno. Sapevo che saresti tornata. Non sapevo dov'eri, quello no. Ma ho pensato che..." Rachel la guarda e no, non è vero che sapeva che sarebbe tornata. Era solo una sua speranza. Solo quello.

"Quanti pomeriggi da statua all'incrocio della strada ti devo?"

"Pensi di cavartela con così poco? Sai quanti turni dei piatti hai saltato?")









Torna una quarta volta. Non pensava di averne il coraggio eppure eccola, seduta accanto alla porta, tamburellando con le dita, aspettando che qualcuno torni.

("Nico vuole portarlo a fare una vacanza" aveva detto Clovis. "Spero tu sappia che lui sa dove sei. Lo ha chiesto a me. E io gli ho detto la verità. A Nico non piaci di fama: non gli piacciono le persone come lui, quelle che se ne vanno.")

Calypso è diventata una che se ne va. Come Ulisse. Come Francis. Come quelli che se ne sono andati da lei. E quello che ha provato lei lo ha fatto provare a Leo. Molto maturo. Solo che Leo è diverso ed è andato a cercarla in Europa e voleva continuarla a cercare. Solo che lei alla fine vorrebbe tanto tornare.

Calypso non vorrebbe accettare quella tazza di camomilla di Clovis e allora lui gliela porta davanti alla porta Grace-Jackson-Valdez e lei beve lì, rannicchiata, coperta dalla sua giacca a vento e questa volta, pur di dover rimanere lì, accampata ad aspettare, senza cibo o acqua, lo vedrà, Leo. Lo vedrà. Lo sa.

"Me ne sono andata perché ho paura di mio padre. Perché lui mi avrebbe riportato a Ogigia e io non voglio. Ho avuto anche paura che New York diventasse la New Ogigia, quindi... o che io diventassi l'Ogigia di Leo, o di Rachel. Non lo so. Quel giorno mi sono svegliata e ho visto Rachel che si impegnava così tanto per terminare un suo quadro e... stava dipingendo un posto in cui non era mai stata e... non ci sarebbe più potuta andare, quindi stava immaginando l'Irlanda o, non so cosa. Non può viaggiare senza i soldi del padre, sai? E sono stata io a convincerla a scappare ad andarsene insieme a me. E suo padre gli ha gelato i conti... pensavo che se me ne fossi andata, non so, lei sarebbe tornata da lui e tutto sarebbe tornato apposto. E sarebbe potuta andare in Irlanda, o dove voleva. Ma lei è rimasta qua ad aspettarmi e... poi, Leo. Che mi ha cercata ovunque. Che sembra così speciale e da bravo idiota, si è legato ad un disastro come me e..." Calypso appoggia la fronte sulle ginocchia. "Avrebbe dovuto concentrarsi sulla laurea e..."

Clovis non risponde. Lascia che lei parli, forse perché si addormenta spesso -eccentrico, il ragazzo- e a lei continua a non importare un accidenti. Poi gli occhi diventano tanto tanto pesanti. E si addormenta. Da brava idiota si addormenta davanti alla porta di quella casa. E si sveglia solo quando sente una mano scuoterla neanche troppo gentilmente.

La prima cosa che sente dire a Leo è: "Mamma mia, sei anche ingrassata."














Leo la guarda come se fosse un fantasma e questo è un dettaglio che fa male. L'aveva sempre guardata come un qualcosa di solido, reale e da sfidare. L'aveva sempre guardata come una persona, come un'amica e adesso sembra davvero che non lo possano più essere, amici -non fare l'idiota, Calypso. Te ne sei andata dicendo che l'amavi. Te ne sei andata. Come tutte. Come tutti.

L'ha fatta sedere e gli occhi di Calypso sono ancora appiccicaticci, e bruciano, e vorrebbe tanto tornare a dormire. Forse per questo ci ha messo tanto a rendersi conto che Leo è tornato a casa da solo e non ci sono i vestiti di Percy in giro e non c'è il rumore assordante del vecchio computer di Jason.

Leo continua, comunque, a guardarla da sopra la spalla, di nascosto e forse lei dovrebbe dire qualcosa, qualsiasi cosa, per assicurarlo che non è un miraggio, che lei è veramente lì, che è lì per rimanere. Lui non le chiederà perché se n'è andata. Già lo sa. Lo sa, cos'altro vorrebbe sapere?

"Secondo me, il tuo vicino di casa biondo è un tuo stalker" commenta distrattamente, nascosta dal tavolo, mentre Leo le lancia un'occhiata e, oh, Calypso è davvero nel suo salotto. Continua a darle le spalle, però. Le lancia occhiate veloci e poi basta. Come se avesse avuto paura che lei scomparisse.

"Clovis?" Sorride. "Si è trasferito qui qualche settimana dopo la..." Cerca le parole. Abbassa la testa. Si gratta la guancia. Non riesce neanche a dargli un nome. "...tua partenza. Jason dice che è uno scrittore. Penso che abbia scelto questo lavoro perché può dormire quanto vuole."

Calypso annuisce. Di cosa stanno parlando?

"Ti ho cercata ovunque." Non si gira. Non si gira. Non ha neanche intenzione di farlo.



("Ma tu chi sei?"

"La tua versione del Ragazzo Blu?")


"Lo so." Abbassa ancora lo sguardo. "Mi dispiace, io..."

"Perché sei tornata?"

Calypso sbatte velocemente le palpebre, come se fosse stata colpita violentemente alla pancia. Come se sentisse che c'è qualcosa che non va. Leo si è girato, per fare la domanda e sì, la stava cercando ma questo non toglie il fatto che sia stato ferito -che lei lo ha ferito perché è un'idiota patentata con istinti da fuggiasca. Non è bello.

"Perché" balbetta. Come una bambina durante la sua prima interrogazione. Come un colpevole davanti al giudice. "Perché nessuno si salva da solo?"

Leo rotea gli occhi e sorride solo da un lato. Adesso la guarda. Adesso. "A meno che tu non sia Superman. O Wonder Woman. Loro si salvano da soli."

Sembra solo felice di riaverla lì.


(“È una bella coincidenza che una novellina della fuga si sia incontrata con il maestro delle fughe. Se hai bisogno di qualcuno con cui scappare da una casa di campagna, la prossima volta ricordati di me.”

“Gli eroi non esistono, Leo. E nemmeno le principesse da salvare. Mi sono salvata da sola. Ne sono la prova vivente.”)












Leo non fa domande. È terrorizzato dalle risposte quindi non chiede niente e Calypso lo sa. Ha paura che una risposta possa rovinare tutto, che Calypso scompaia di nuovo e che questa volta non torni più. (Non ha capito perché è tornata. Il non sapere una causa lo rende un equilibrista inconsapevole. Vuole solo godersi il momento, finché dura, finché funziona.)

Quel modo che ha di guardarla adesso, è diverso dal modo in cui la guardava prima. Perché prima era Calypso, la ragazza con cui avrebbe potuto avere un'amicizia a lunga durata, che per lui c'era, che litigava con lui nel parco e con la quale spaventava i bambini. Ora è Calypso, quella che una volta se n'è andata e che potrebbe andarsene di nuovo.

Leo non fa domande. Percy e Jason non si sa dove siano andati (perché? Se ne sono andati?) a finire e ora è Nico, che si è materializzato nell'appartamento pochi secondi dopo che la ragazza si è presentata alla porta del texano e che la guarda con quegli occhi neri e quell'espressione che... Calypso rabbrividisce.

"Dove saresti stata?"

Nico deve odiare molto se stesso. O non si deve accettare completamente. Probabilmente pensa che non si accetta perché non lo accettano. Forse è vero. Odia Calypso. Odia la parte di Calypso che ha fallito (in quel punto, lo stesso in cui ha fallito lui).

"In Canada a dare da mangiare alle alci? In Messico a farti crescere i baffi?" Sorride (un sorriso sarcatico. Sono le stesse domande che si fa?). "Hai perfezionato la ricetta segreta dei Krabby Patty?" Dondola le gambe, inclina la testa e non importa quanto piccolo possa sembrare: fa paura. Pare leggerle dentro.

Leo non è con loro. È andato in bagno, con le dita delle mani che gli tremavano e la chiara domanda in faccia. Può combattere con le unghie. Calypso è la ragazza che ha spezzato il cuore ad un amico. (Dove sono Percy e Jason? Si sarebbe aspettata di essere attaccata da loro, ma non ci sono. Non sono con Leo. Non sembra normale.) Deve essere punita.

("Ha smesso di essere un fuggiasco. Quindi, sta a New York."

"Non è a New York. Non so esattamente dove sia. Ogni tanto torna. Viene sempre in Texas, quando vado a trovare mia mamma, quindi, tre o quattro giorni all'anno lo rivedo, ma ci sono state volte in cui abbiamo dovuto aspettare mesi e mesi, prima che lui tornasse. A volte anni. È che, sai? Per accettare una casa, prima si deve accettare se stessi. Però noi siamo sempre qua, mica scappiamo.")

"È quello che ti chiedi tutte le volte che torni?" Non ha controllato la sua lingua e Nico la fulmina con lo sguardo.

"Tu non hai idea di quello che mi dico, ogni volta che torno." Alza il sopracciglio. Che ci fanno nel salotto di Leo senza Leo? "Che intenzione hai?" Continua ad avere lo sguardo minaccioso.

Calypso ci pensa. Mica lo sa perché è tornata. Ne aveva bisogno, tutto qua. Però ci ha pensato. Un po'. Poco poco. Arriccia le labbra. "Voglio solo far volare un aquilone."

Nico non capisce. Non importa. Leo saltella nel corridoio.


("Non ho mai fatto volare un aquilone."

"Nemmeno io."

"Potremmo far volare un aquilone insieme.")













Leo deve solo capire che lei non partirà più. Che ha preso un cellulare, paga l'affitto regolarmente a Rachel, mangia le schifezze newyorkesi con amore e sta pensando di prendere un gatto. Un gatto rosso, magari e no, Leo, non lo chiamerà Grattastinchi perché il gatto di Hermione si chiama così. Il suo lavoro da cameriera fa veramente schifo, ma far da modella a Rachel e altri artisti è divertente e così anche cantare con la sua chitarra nei posti più impensabili (perché Rachel, in una frase in cui Rachel è soggetto, complemento oggetto, e pure predicato verbale).

Sono passate poche settimane da quando ha aperto gli occhi con Leo davanti ai suoi occhi e già si chiede quanto tempo ci metteranno per rimettere tutto in ordine, per fare in modo che tutto torni ad essere come deve essere -senza paura di parlare, o di rompere qualsiasi precario equilibrio.

“Tu hai rotto un equilibrio precario” mette in chiaro Rachel, versando due cucchiaini di zucchero nel suo caffè e passando la zuccheriera ad Annabeth che annuisce convinta. Calypso non è sicura di quando quella strana coppia si sia riunita, ma sa che non può uscirne niente di buono per il suo senso di colpa. “Ed è inutile che fai la finta tonta, perché tu stessa sai che è così.”

E allora come rimettere tutto insieme?












Al mese e mezzo, Calypso decide di chiedere a Clovis -che dorme sempre, tranne quando succedono cose importanti- per quale motivo non ha più incontrato né Percy né Jason nell'appartamento.

Clovis ride e dice che entrambi vivono ancora con Leo, ma che forse la situazione durerà ancora per poco. Le racconta la storia di due ragazzi, due atleti e uno riusciva a sentire il ritmo del respiro dell'altro.

“Anche questo si sistemerà” la rassicura.

Calypso si chiede se parla di Percy e Jason, o di lei e Leo.












Leo si rifiuta anche di litigare con lei. La cosa la fa imbestialire.

Gli tira addosso un libro e pesta il piede per terra -Leo si limita a ridere e grattarsi la testa.

Siamo seri?













Vede Percy sulla soglia della porta con uno zainetto in spalla e il broncio. Jason sbuffa, dicendogli di non buttare le sue cose per tutto l'appartamento. Percy lo chiama mammina e Jason risponde che la mammina lo ha battuto in una gara di lancio del giavellotto.

Leo ride, perché immaginarsi Sally fare il lancio del giavellotto è esilarante. Allora ridono tutti e tre e Calypso li guarda, con la guancia poggiata sulla mano a coppa.

Sembra che loro abbiano ritrovato il loro equilibrio.

Il mignolo di Percy è incatenato con quello di Jason, ma nessuno dice niente.















La frase chiave, glielo ripetono in tanti, non è ricominciare da capo. È riprendere da dove ci si è fermati.

Jason le sta sorridendo, mentre alza il sopracciglio, come se volesse essere sicuro che lei abbia capito quello che gli vuole dire.

Il problema è riprendere da dove ci si è fermati… Calypso si morde l'interno delle guance e ci pensa sopra. Certo, perché non le sembra per niente un indovinello semplice.

Qual è stata l'ultima cosa che ha detto a Leo prima di andarsene?

(“Ti amo”)












Lo prende di mercoledì. In realtà è lui che la segue ovunque, con quegli occhioni gialli e le zampe vellutate, fino a raggiungere casa sua e divertirsi a rompere le piante e far cadere oggetti dai tavoli.

A Calypso piace.

“E lo vorresti chiamare Grattastinchi?” chiede Leo, con le braccia incrociate, mentre guarda il gatto correre da una stanza all'altra -non ci può fare niente, anche con un rapporto diverso da quello precedente, non riesce a non gravitare intorno a Calypso, a cercare di rimediare a quello che lei ha fatto alla loro relazione. Non riesce a non risponderle.

Lei inclina la testa e cerca Leo -quello vero- ed il suo sguardo. “Lo volevo chiamare Festus.”

Lui sobbalza. Non pensava ricordasse.

(“Quando ero piccolo avevo un pupazzetto che avevo chiamato Festus”)














Annabeth dice di non provocarlo. Rachel suggerisce di farlo: pensa che l'unico modo per sbloccare la situazione è far aprire completamente Leo. Annabeth le mette in guardia, avvertendole che una persona aperta, può essere anche spezzata.

Calypso non sa che fare.














Sono tre le parole tre le parole che salvano la relazione di Leo e Calypso. Una di queste è Tissot.

Annabeth ha deciso di aiutarla per il bene di Leo e Rachel le ha fornito l'occasione giusta.

A Leo le mostre d'Arte senza ramificazioni alla meccanica, o ingegneria, continuano a non piacere, ma continua a trattare la ua relazione con Calypso come se fosse fatta di cristallo e quindi le dice sì, nonostante l'incertezza nel suo sorriso obliquo.

Appena arrivano alla mostra, scompare e Calypso vorrebbe mettersi a piangere, mentre guarda quei quadri con quelle donne che la guardano dritta negli occhi e sembrano, a volte, disperate come lei. Allora decide di girare, di non demordere e godersi, nel frattempo, la mostra, l'ambiente e l'atmosfera -tutto è ricoperto di luce bianca. Hanno fatto bene a scegliere di andare in pieno giorno, la luce dei quadri divena luce della stanza e illumina il viso delle persone che osservano con un sorriso dolce.

Fuori fa freddo -o così sembra a Calypso, che si siede sui piccoli divani rettangolari per guardare meglio la stanza quadrata. Avrebbe dovuto avere un piano B. Lei non pensa mai quanto dovrebbe.

Poi ecco il suo miracolo.

Sta lì, seduta, osservando, compatendosi un po', mordendosi le labbra, quando nota Leo, in piedi davanti ad un quadro, con gli occhi incollati e la testa inclinata. Calypso sorride, posando la guancia sulla mano e contemplandolo per un po' e lui continua a non muoversi.

Rimane lì per dieci, quindici, venti minuti. Lui, iperattivo, mai fermo, sempre in movimento, era lì, impalato a guardare quel particolare quadro che poteva anche non essere considerato come il capolavoro di Tissot.

Allora lei si alza e si avvicina a lui (come la prima volta, solo con ruoli invertiti, lo ricorda, cielo se lo ricorda!), si tiene le mani le mani dietro la schiena e guarda il quadro -Waiting the storm, le ricordava una canzone degli Of Monsters and Men. Ma lo ha già visto, ora non le interessa guardare il quadro, ora le interessa guardare lui, acchiappare quell'occasione che le si sta presentando. Lo farà, lo deve fare.

“Perché lei guarda noi?” chiede Leo ad un certo punto. “C'è quella tempesta che potrebbe spazzare via lei, il marinaio e la sua casa, ma lei continua a guardare noi. È illogico.”

“Forse lui le ha spezzato il cuore e tutto quello che succederà non le interessa più.”

“Allora dovrebbe alzarsi e correre dietro quella stupida finestra. Non si può amare da lontano, nè soffrire senza che l'altro sappia.”

“Sei diventato filosofo, Leo Valdez?”

“Siete voi che non avete mai apprezzato il mio evidente genio. Dovreste amarmi un bel po' di più.”

“Io ti amo” dice lei senza neanche doverli pensare. Continua a non pensare perché si è già lasciata sfuggire un'occasione, non farà lo stesso errore una seconda volta. “Altrimenti non avrei avuto paura di te. Ti amo.”

Leo la guarda. Ha finalmente distolto lo sguardo dal quadro e guarda lei, negli occhi, dritto nel profondo della sua anima. “E perché avresti dovuto aver paura di me?”

“Ci sono così tante ragioni che ti direi di pescare una a caso e prenderla per buona. Non volevo essere respinta, non volevo essere la tua palla al piede, non…”

“Stupida.” Scuote la testa e distoglie lo sguardo. “Non è un motivo per andarsene.”

“È un motivo per tornare.”

“Non starò qui ad aspettare che tu torni ogni volta.” Sembra una frase molto naturale, esce con una facilità dalle labbra di Leo da far perdere un battito a Calypso, che riesce solo a guardarlo senza fiato. “La prossima volta verrò con te.”

“Questo vale come un ti amo.” Lei sorride e alza le sopracciglia. Vuole solo stuzzicarlo. Solo quello.

“Questo vale come un non provare mai più a disfarti di me, perché ti verrò a cercare Raggio di Sole e ti troverò, lo giuro.”

Non è solo il mignolo delle loro mani ad incatenarsi. Sembra che s'incatenino tra loro le loro anime.







Note
E siamo arrivati alla fine. Che dire? Grazie mille a chi ha seguito la storia, a chi l'ha amata a modo suo.
Per il finale Jarcy, non vi preoccupare. Ho in cantiere una OS che parla solo di loro e che dia alla loro storia un'autonomia che non sono riuscita a darle nelle Peripezie.
Ancora grazie. Grazie tante!  
  
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