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Autore: giraffetta    30/09/2015    1 recensioni
/ Finnick!centric // Missing Moment Post 65esimi HG // OS /
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Finnick aveva un braccio sul viso, come a voler celare i suoi pensieri. Non vedeva l’ora di rimanere finalmente solo.
La donna accanto a lui, molto più vecchia, si alzò di scatto, sorridendo con le sue labbra gonfie.
“Sei stato fantastico. Come sempre…” sussurrò verso il ragazzo, mentre iniziava a rivestirsi.
Finnick non rispose. Era pagato per concedere il suo corpo, non per parlare. Non aveva bisogno di affetto comprato, ma solo di essere lasciato solo dopo il suo lavoro.
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Era stato costretto a fare una scelta –il suo corpo in cambio delle persone che amava, vive- e l’aveva fatta senza ripensamenti.
A volte si chiedeva cosa sarebbe successo se avesse avuto più coraggio, se avesse deciso di provare davvero ad andare via, a fuggire, a ribellarsi. Il sorriso di una donna, però, arrivava fulmineo a solleticargli la mente e allora Finnick capiva di non poterlo fare, di non poter sacrificare la vita di colei che amava per la sua libertà. Mai.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Finnick Odair
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La stanza era in penombra.
Pesanti tende rosso cremisi oscuravano parzialmente la grande finestra a specchio, proiettando strane ombre sul pavimento di marmo chiaro.
Un giovane stava seduto in un angolo, il volto nascosto tra le braccia incrociate sulle ginocchia. Sembrava un angelo disperato, con quei capelli biondi arruffati e il corpo ripiegato su se stesso, come a difendersi dal mondo.
Una folata di vento fece gonfiare le tende, che si agitarono minacciose, come lingue di fuoco pronte a colpire chiunque fosse nelle vicinanze, e un’anta della finestra sbattè con violenza sul muro.
Solo allora, Finnick si riscosse.
Alzò la testa e i suoi occhi chiari si posarono sulla porzione di panorama che si intravedeva dallo spiraglio lasciato dalle tende: un grosso grattacielo con la facciata che simulava delle onde marine, con tanto di spuma bianca e riflessi dorati del sole.
A Finnick quella vista disgustava.
Per lui che veniva dal distretto 4, quello dove il mare era reale, vedere quella finzione gli attanagliava le viscere e lo faceva sprofondare ancor di più nella malinconia.
Sentì un moto di tristezza trapassargli il cuore e una lacrima gli solcò la guancia, ma non cedette. Sapeva di essere controllato, in maniera discreta ma pur sempre controllato. E non avrebbe di certo regalato al Presidente i suoi momenti di nostalgia, di debolezza.
Potevano tenersi la sua vita, la sua dignità, il suo corpo.
Ma la sua anima non era in vendita.
 
Nella stanza 26,
tra quei fiori che non guardi mai,
dove vendi il corpo ad ore
dove amarsi non è amore
e sdraiandoti vai via da te…
Nella stanza 26,
dove incontri sempre un altro addio
che ferisce il tuo bisogno d'affetto
in quel breve contatto
che non c'è.
 
Le lenzuola sfatte erano attorcigliate ai piedi del letto e due corpi seminudi giacevano sul materasso, in silenzio.
Finnick aveva un braccio sul viso, come a voler celare i suoi pensieri, ma la sua mente e le sue orecchie erano vigili. Non vedeva l’ora di rimanere finalmente solo.
La donna accanto a lui, molto più vecchia, si alzò di scatto, sorridendo con le sue labbra gonfie. I capelli verdi le ricadevano in minuscole treccine sulla schiena magra, solcata da grandi tatuaggi dorati e rossi.
“Sei stato fantastico. Come sempre…” sussurrò verso il ragazzo, mentre iniziava a rivestirsi. Finnick non rispose né si mosse dalla sua posizione. Era pagato per concedere il suo corpo, non per parlare o fingere una contentezza che non gli apparteneva. Non aveva bisogno di affetto comprato, ma solo di essere lasciato solo dopo il suo lavoro.
La donna finì di indossare i suoi abiti sgargianti e si sistemò il rossetto viola dinanzi allo specchio.
“Ci rivediamo presto, tesoro.” ammiccò nella sua direzione. Poi, furtiva, fece cadere qualcosa sul materasso, scomparendo subito dopo dietro la pesante porta scura.
Solo allora, Finnick sospirò e si mosse.
Voltò il viso verso la parte del letto poco prima occupata dalla sua ospite e fissò la busta blu che vi era caduta. Sorrise e rapidamente la afferrò e la aprì, ingoiando le parole come acqua fresca.
Un altro segreto si era aggiunto alla sua collezione e questa volta era qualcosa di davvero scottante.
Dopo aver riletto attentamente con calma, strappò la lettera in minuscoli pezzetti e li gettò in una ciotola sul comodino.
Poco dopo, una piccola fiammata portò via con sé quel che rimaneva della lettera, lasciando Finnick ai suoi pensieri su quel maledetto letto.
 
 Nella stanza 26,
tra quei fiori che non guardi mai,
se ti affacci vedi il mare
ricominci a respirare
poi ti perdi nella sua armonia…
E hai il coraggio di andar via,
via da un mondo sporco che non vuoi
via da un bacio che non ha tenerezze
che non sa di carezze…
 
***
 
L’acqua fredda gli lambiva i piedi in una languida carezza, ma Finnick sembrava distratto.  I suoi occhi continuavano a guardare l’orizzonte, là dove cielo e mare si confondevano fino a fondersi.
Fece un sospiro profondo e sentì l’aria salmastra invadergli le narici, mentre la leggera brezza calda gli solleticava i capelli.
Era stato difficile riuscire ad ottenere il permesso di tornare a casa –seppure solo per qualche giorno- ma adesso era lì, al suo distretto.
Ogni volta che ritornava, si sentiva strano: sapeva di non essere più il Finnick di un tempo e nemmeno lì, in riva al mare, riusciva a ricomporre tutti i pezzi della sua vita.
Non aveva scelto lui di partecipare ai giochi, né di vincere, ma era successo. Si era sentito fortunato a poter tornare a casa, vivo, ma aveva presto capito di non avere più una vita, dopo l’arena.
Era stato costretto a fare una scelta –il suo corpo in cambio delle persone che amava, vive- e l’aveva fatta senza ripensamenti.
A volte si chiedeva cosa sarebbe successo se avesse avuto più coraggio, se avesse deciso di provare davvero ad andare via, a fuggire, a ribellarsi. Il sorriso di una donna, però, arrivava fulmineo a solleticargli la mente e allora Finnick capiva di non poterlo fare, di non poter sacrificare la vita di colei che amava per la sua libertà. Mai.
Forse un giorno avrebbe potuto avere la sua vita indietro, se avesse giocato bene le sue carte, ma fino a quel giorno doveva attenersi al gioco.
Lentamente, Finnick iniziò a camminare sulla sabbia bagnata, lasciando piccole impronte dietro di sé, che il mare subito cancellava.
Sembrava che le onde volessero appropriarsene e convincerlo a seguirle, convincerlo a lasciarsi sprofondare nelle profondità del mare per sempre.
Finnick sorrise al sole morente e chiuse gli occhi.
Quando li riaprì, seppe con certezza che il mare era la sua casa e che un giorno ci sarebbe tornato.
Per non lasciarlo mai più.
 
E cammini lungo il mare
nel suo lento respirare
tu sei parte di quel tutto ormai…
-Nek, Nella stanza 26-








Note:
Salve! :)
Avevo in mente questa cosina su Finnick da tempo, da quando distrattamente ho riascoltato il brano di Nek che fa da colonna sonora alla shot. Ho pensato che siccome in questo testo si parla di una ragazza costretta a prostituirsi, la canzone poteva benissimo adattarsi a Finnick e alla sua storia. (Se non l'avete mai ascoltata, fatelo, è una bellissima canzone ^^)
Le prime due parti sono ambientate in questa "Stanza 26", ripresa dal titolo, che è il luogo dove Finnick si prostituisce e dove in cambio ottiene i suoi "famosi" pagamenti in segreti, mentre l'ultima parte si svolge al distretto di Finnick, durante una breve "vacanza" per disintossicarsi da CC.
Spero di aver reso Finnick Ic in questo contesto e di non aver scritto cavolate.
Grazie a chi è arrivato fin qui <3
Alla prossima!

bacioni,Giraffetta
 
 
 
  
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