Storie originali > Giallo
Ricorda la storia  |      
Autore: Antonio Militari    02/10/2015    1 recensioni
Ambientazione atemporale, in un universo parallelo, si muove un nuovo investigatore. Si tratta solo di un ragazzo, cinico, freddo e riflessivo, amante della solitudine e dell'informazione. Un nuovo caso gli si apre davanti, e dove gli altri trovano un muro, per lui, la soluzione è dietro l'angolo!
La storia è pensata per essere una serie, se volete che continui non dovete far altro che lasciare un commento: sarò felicissimo di continuare a scrivere!
Genere: Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Spero a tutti che vi piaccia. Nonostante sia una one-shot, in realtà è pensata per essere una serie. Se volete leggere altri casi di questo stravagante investigatore, lasciatemi una piccola recensione, sarei contentissimo di continuare a scrivere per voi!

“Il tè è pronto mio signore”
“Spero che sia meglio di quello di ieri”
“Posso suggerire di porvi la vestaglia prima di scendere? Avete un incontro con Mister Frank durante la colazione”
Il ragazzo sbuffò infastidito, mentre si sollevava a sedere sul letto
“Odio lavorare mentre mangio”
“Non avete scelta, Mister Frank è già giù che vi aspetta” sentenziò il maggiordomo, aiutandolo ad indossare la vestaglia.
“Digli di aspettare cinque minuti, mi do una sciacquata e arrivo”
“La prego di sbrigarsi, il tè si raffredderà”

Senza dubbio la situazione era alquanto strana. Mister Frank, un omone di almeno quarant'anni aspettava vicino alla finestra, in piedi, con aria visibilmente nervosa, vestito perfettamente dalla punta delle scarpe lucidate al nodo della cravatta doppio Windsor; dall'altro lato della stanza, il ragazzo, in vestaglia, seduto ad una tavola riccamente imbandita, sorseggiava il tè con aria annoiata.
“Questo tè è addirittura peggiore di quello di ieri” esclamò con un espressione di disgusto vagamente dissimulata
“Chiedo perdono, ero sicuro di aver usato l'infusione giusta, questa volta” rispose il maggiordomo, apparendo quasi dal nulla.
“Mister Frank, potete avvicinarvi? Vedervi lì in piedi mi mette a disagio”
L'omone finse stupore e si avvicinò, con rabbia, al tavolo, ma non si sedette, posò invece con forza le mani sul piano, evitando di pochi centimetri un piatto di bignè alla crema.
“Mettiamo le cose in chiaro: se non fosse per il mio capo io non sarei nemmeno qui, in questo momento”
“gradite una fetta di torta?” lo schernì il ragazzo, servendosene una buona porzione
“No grazie, ho già mangiato!” Rispose lapidario, iniziando a camminare su e giù per la stanza.
“Volete mettervi seduto una buona volta?”
“Quello che non capisco, Milord!” e sottolineò la parola “è perché il mio capo abbia tanta fiducia in un nobile da quattro soldi come lei!”
il ragazzo lasciò il cucchiaino nel piatto e posò la schiena contro sedia, finendo di masticare.
“Lei conosce Sherlock Holmes?” Non lo lasciò rispondere “Ma certo che lo conosce, è palese che lei sia un appassionato seguace di Conan Doyle”
L'omone rimase un attimo sconcertato “Lei sta osando paragonarsi al ma...”
“Lei è sposato da quattro anni e ha già quattro figli” continuò lapidario.
L'altro sbiancò “non è esatto, io...”
“Ha un figlio che non sapeva di avere, il test del DNA lo confermerà, una piccola birichinata mentre sua moglie era in cinta per la prima volta, la ragazza le ha tenuto nascosto il bambino”.
“Come...”
“...L'ho dedotto? Non ho bisogno di queste cose da romanzo giallo. La mia è la più vasta rete di informazioni della città e, oserei sbilanciarmi, del mondo intero. Ora: vuole parlarmi del suo problema?”

 
Stazione locale di smistamento, sottosezione 2
ore 10:03
 
“Siete sicuri di non aver toccato niente?” il ragazzo, vestito con il tipico mantello da nobile, si muoveva negli uffici con la disinvoltura di un adulto, portandosi dietro pigramente il bastone da passeggio, che usava più per lusso che per necessità.
Il Tenente Frank gli veniva dietro, ancora pallido per la scoperta che il giovane gli aveva rivelato.
“Io stesso ho fatto in modo che i miei uomini rispettassero il protocollo alla lettera”
“Davvero? Anche mentre era a casa mia?”
“Beh, ovviamente no” Rispose imbarazzato “Ma ho lasciato uno dei miei uomini più fidati”
Il ragazzo fece una smorfia di disprezzo “fiducia...”
“Cosa vuole insinuare sui miei uomini?”
“Sua moglie si fida di lei?”
“Ovviamente”
“Eppure lei ha un figlio illegittimo”
“Per carità! Abbassi un po' la voce”
L'altro continuò come se niente fosse “ecco dove porta la fiducia”
Nel mentre, erano giunti all'ufficio del sovrintendente: il ragazzo si fece da parte e il tenente si affrettò ad aprire la porta, per poi farsi da parte. Invece di entrare il ragazzo chiuse gli occhi e si fece una mappa mentale del luogo. I suoi informatori erano stati molto dettagliati, e lui aveva avuto tutto il tempo di studiare le cartine ottenute. Con gli occhi chiusi mosse un passo dentro, iniziando una specie di recita silenziosa.
Sono un ladro, che cerco un documento importante, non certo qualcosa che si possa trovare in un archivio, ma non posso esserne sicuro, quindi inizio da lì.
Mosse qualche rapido passo e, al buio, le sue mani trovarono lo schedario.
Lo apro freneticamente, scorrendo i fogli dentro, sistemati scrupolosamente, ma non trovo niente, quindi faccio lo stesso con il secondo cassetto. Devo sbrigarmi, non ho tempo, mi sposto verso la scrivania.
Il ragazzo urtò leggermente la scrivania, segno che non si trovava esattamente nella posizione indicata, ne prese nota mentalmente e, senza aprire gli occhi, la rimise a posto spingendola appena, per poi continuare.
Frugo nei cassetti con poca convinzione, mi inginocchio e guardo sotto, ma niente, busso per terra per cercare un vuoto, ancora niente. Mi rialzo e vado all'armadio, lo spalanco facendo rumore e mi fermo, nessuno mi deve sentire ma è troppo tardi, mi sono fatto prendere dal panico. Sta arrivando qualcuno, e io non ho via di uscita, mi serve un arma.
I sui informatori non avevano parlato di un arma nell'ufficio, anzi, erano stati molto chiari: non c'è nessun arma in questa stanza, ma la scrivania non era a posto, segno che il ladro ci si è fiondato sopra cercando ancora nei cassetti se non gli fosse sfuggita una pistola, che normalmente si tiene proprio lì, ma perché? Deve averne una con se, perché l'ha usata, e qui non ce ne sono altre!
Non voglio usarla: è rintracciabile. Unica soluzione, ma ormai un uomo appare alla porta, spaventato. Due secondi per reagire e il mio corpo fa da solo, tiro fuori la pistola e...

Il tenente Frank rimase a guardare, tra lo stupito e lo scioccato il ragazzo che con il fiatone gli puntava due dita a forma di pistola contro, istintivamente si girò e si accorse di essere esattamente sulla sagoma del morto, interpretando, senza saperlo, il ruolo della vittima. La cosa gli apparve alquanto macabra.
Tornò a guardare il giovane che intanto aveva aperto gli occhi, asciugandosi il sudore dalla fronte con un fazzoletto da taschino.
“L'uomo è poi fuggito superando il cadavere con un lungo balzo, per evitare di lasciare impronte sul sangue della vittima, incrinando una tavola nel corridoio”
“Si, avevo notato anch'io quella tavola” ammise Frank, ancora in una specie di trans
“E dopo poco è arrivato il primo agente”
“Circa dieci minuti”
“Il suo uomo di fiducia, invece...”
“Più o meno un quarto d'ora dopo”
“Il suo uomo di fiducia non è per caso Mister Tibbs?”
“Esattamente, ma lei...”
“E non è di servizio proprio dietro questo palazzo, il venerdì mattina?”
“Si, ma al momento dell'incidente non era in servizio, l'ho richiamato io”
“Non era in servizio?”
“No, aveva chiesto un'ora di permesso”
“Può chiamarlo un momento, per cortesia?”
“Lei sospetta di...”
“Voglio fargli qualche domanda sulla scena del delitto” Dopo qualche minuto, l'ispettore Tibbs entrò nell'ufficio, facendo attenzione a non calpestare la macchia ancora visibile del sangue.
“Ispettore Tibbs, finalmente, che fine ha fatto il bossolo della pistola?”
L'altro lo guardò interrogativo “Lo avrà portato via l'assassino”
“Ma il bossolo non si trova a contatto con l'esplosione al momento dello sparo? Una volta espulso non dovrebbe essere rovente?”
“Non saprei dirle, ma suppongo sia effettivamente così”
“Quindi lei non tenterebbe di raccogliere un bossolo dopo aver sparato, no?”
“Credo che aspetterei qualche minuto”
“Giusto, ma il nostro uomo non aveva qualche minuto
“Potrebbe essere che indossasse dei guanti, e che quindi non avesse paura di toccare il bossolo, o che fosse un professionista”
Il ragazzo ci pensò un momento “Un professionista no, e non penso indossasse guanti”
“Come fa a dirlo?” intervenne Frank
“Questo non le interessa. Tornando a noi: mettiamo che il ladro abbia lasciato qui il bossolo, chi avrebbe potuto prenderlo?”
L'altro ci pensò su un momento “l'agente che è arrivato per prima sul posto?”
“no, mi spiace: è evidente che non sia entrato nella stanza”
“allora il primo ad essere entrato, o quelli della scientifica”
“Mmmh. Lei in che ordine è entrato nella stanza?”
“Sono stato proprio il secondo, signore”
“Ah” Il giovane si slacciò il mantello, che lasciò cadere a terra e si sedette sulla sedia dietro la scrivania accavallando le gambe e girandosi verso il muro. Le foto della famiglia della vittima, il sovrintendente, tappezzavano quell'angolo.
“Mi sta accusando di omicidio?”
“Purtroppo per il tenente, no”
Frank, per l'appunto, rabbrividì, mentre Tibbs divenne rigido e pallido.
“Allora non capisco perché mi stia facendo tutte queste domande”
Il ragazzo lo ignorò: senza girarsi chiese “Lei ha detto di aver convocato l'ispettore Tibbs sul luogo, perché non è andato lei stesso?”
“Anch'io non ero in servizio, ero a casa e...” leggermente imbarazzato aggiunse “non trovavo la mia pistola”
“Ma poi l'ha trovata”
“Esatto”
“Scommettiamo che gli manca un colpo?”
“Ma lei è pazzo! Mi sta accusando di omicidio?!”
L'altro aggiunse con tono cinico “Purtroppo per lei, no”
Con aria sdegnata il tenente tirò fuori la pistola d'ordinanza e estrasse il caricatore, quindi lo mostrò con aria di sfida “ecco, vedete? Non manca nes...” Si paralizzò a vedere un vuoto dove avrebbe dovuto esserci il primo colpo.
“Quanto ci vuole da qui a casa sua, tenente?”
In trans l'altro rispose “Circa venti minuti”
“Dopo quanto tempo aver ricevuto la chiamata, sua moglie è tornata a casa, aiutandola a cercare la pistola smarrita?”
“No, lei farnetica”
“È vero che lei ha un piccolo vizio di firmare i proiettili, mordendoli leggermente prima di caricarli?”
“Beh, si”
“Dunque chiunque dei suoi uomini sarebbe capace di riconoscere un suo bossolo se lo vedesse, no?”
“Che sta dicendo...”
“È vero che sua moglie lavora qui?”
“Dove vuole...”
“È vero che lei, agente Tibbs, aveva una relazione con la signora Frank?”
Il gelo cadde nella stanza. Con gli occhi fissi sulla foto di due bambine gemelle di pochi mesi (i suoi informatori erano stati precisi: Katie e Mary, tenute in braccio dalla madre Susan), continuò gelido “Sua moglie, Mary Frank, aveva una relazione anche con il sovrintendente di questa stazione, dove lavorava come segretaria. Ebbero un figlio, e lui cercò di convincerla a divorziare da lei. Non ci riuscì: sua moglie uccise il bimbo che portava in grembo e finse la più totale indifferenza sull'accaduto. L'uomo riuscì però a mettere le mani su un documento medico che certificava l'aborto. Iniziò a ricattare sua moglie, minacciando di rivelare lo scandalo se non avesse divorziato. Ma sua moglie, per quanto possa sembrare strano, la ama, e decise di risolvere il problema in maniera pacifica: rubando e distruggendo il certificato. Non indossava guanti perché qui faceva da segretaria, non voleva sparare perché essendo moglie di un poliziotto sapeva che i proiettili sono rintracciabili, non raccolse il bossolo perché non sapeva della sua stramba abitudine, fuggì correndo perché aveva paura. Per inciso, il certificato medico si trova probabilmente attaccato sotto uno dei cassetti dell'archivio, mentre il bossolo è certamente nella tasca di Tibbs, che lo ha raccolto sapendo che, sia che avesse sparato lei, sia che avesse sparato sua moglie, qualcuno a cui teneva avrebbe sofferto.
Vede Frank? La fiducia non è mai ben riposta”
 
Maniero dei Verdebosco, sala da pranzo
ore 12:15
“Non posso ancora crederci: un'assassina in casa!”
“Si dia pace, Frank: tutti gli uomini sono potenziali assassini”
“Ma lei come lo ha capito?”
“Conoscevo la soluzione del caso prima ancora che lei entrasse nel mio salone, avevo solo bisogno di qualche piccola conferma e di un po' d'aria fresca. Ma questa volta devo ammettere che mi ha aiutato la fortuna: indagando su di lei e sulla sua famiglia ho scoperto la rete di incontri di sua moglie, e unendo i fili la soluzione è arrivata da sola.”
“Ma perché indagare su di me?”
“Come le ho detto: la fiducia è sempre mal riposta, indago su chiunque devo incontrare, nulla è lasciato al caso”
“Io non...”
“per quel figlio illegittimo, per pura coincidenza è il garzone che le consegna il giornale”
“Io non...”
“Tra una mezz'oretta serviamo il pranzo, vuole unirsi a noi?
“Io non...”
“Oh, andiamo, non resti lì a balbettare. Mi sembra ovvio che ora come ora tornare a casa possa essere doloroso. So che sua madre vive con lei, penserà ai bambini, mentre lei si distrarrà un momento, tornerà più tardi e avrà tutto il tempo per pensare a cosa raccontargli, non si faccia pregare”
Dante Frank osservò la schiena di quello strano ragazzo che si allontanava per raggiungere il bagno, chiedendosi se avrebbero potuto essere amici. Di certo non posso tornare a casa, adesso. “E sia, Conte, accetto l'invito”
L'altro si bloccò sulla porta come avesse ricevuto un colpo nello stomaco: girandosi con un gran sorriso tirato “Gran Duca, se non le spiace!” e uscì dalla stanza.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Giallo / Vai alla pagina dell'autore: Antonio Militari