E non m’importa dov’è il potere, finché continua a darmi da bere
“Non
so più quando non so più come,
mi son scordato il
mio vero nome.”
Mi
piacerebbe pensare di essere sempre stato un gran fetente. Di quelli
che c'è poco da fare, fai schifo... fai schifo.
In
realtà del mio passato non c'è troppo da dire,
né
un funerale, né troppe lacrime, solo tanta fottuta paura. La
paura mi ha sempre congelato il sangue e dopo un po' c'ho fatto
l'abitudine.
Non
c'è motivo per cui uno debba uccidere... eppure, se siamo
onesti, non c'è neanche un motivo per cui uno non debba
farlo.
C'è sempre il tarlo della morte che aleggia in ognuno di
noi... non fate i furbi, io lo so. E se non hai
paura delle
convenzioni sociali, delle leggi... che sono piccolezze, per
me lo
sono davvero, allora puoi dargli ascolto; io l'ho fatto... la
morte non ha mai avuto segreti.
Forse
sì.
Uno.
La
mia morte.
È
stata appannata e buia, chiassosa e serpentina. Strisciante,
denigrante fra le anime che mi bramavano.
Brutta.
La mia morte è stata... brutta.
Al
risveglio l'unica cosa che desideravo era non morire di nuovo
così.
La fine del topo.
Salvare
Atena mi sembrava... esigente, per me. Ma l'ho desiderato fare, ho
accettato. Potessi tornare indietro lo farei ancora. Se mi chiedeste
il vero perché vi direi di rileggere ciò che ho
scritto
fra le prime righe: non sono un fetente, non del tutto. Credo nella
giustizia. Che poi non sia la giustizia in cui credete anche voi,
questo... dai, questo è un altro discorso.
Atena
è qualcosa che non so spiegare, come un ragazzino che viene
accettato da un'armatura. Atena è un ideale che mi ha fatto
comodo, ma ora facevo comodo io a lei. E poi sono morto. Ancora.
È
la storia della mia vita... morire in modo indecente. No, in
verità
son morto da eroe. Indecente. Fu perfetto,
sguaiato, quasi una
morte da mafioso italiano. Vicino a uomini che sapevano ogni
omicidio che avevo commesso. Indecente. Mancava giusto la
musica,
ma solo perché Orpheo era morto prima di noi. Sai che
requiem,
sai che musica...
Non
ho grandi gesta, né bei ricordi. Sono un po' marcio, un po'
fuori posto. Mi classifico strano, ma mi ritengo pratico. Se voglio
che muori tu morirai, non c'è sorte che tenga; -a meno che
non
muoia prima io. Ormai lo tengo a mente.- Se voglio che vivi... muori
lo stesso. È così, semplice. Geometria.
Credo
che al mondo possa sembrare un sociopatico una persona come me. Credo
di non esserlo, ma credo anche che il primo passo sia accettarlo. Ho
accettato la morte quando sono risorto, ho accettato la vita quando
sono morto. E morto ancora... e morto di nuovo.
Sono
lo zimbello del mio potere.
La
morte è fatale. Ma per me è un valzer di
formiche. Non
ha senso... quando mai! Ne fanno di cose strane gli Dei...
perciò
ho sempre seguito uomini forti sul mio cammino. Non ho mai seguito me
stesso, mi sentivo in obbligo di seguire quella giustizia che a voi
non sta troppo cara. Il mio ordine mentale, la vittoria del
più
forte.
Non
lascio niente su questa cosa perché non
è un
testamento. O forse lo è. Ma un cavaliere d'Oro perde la sua
identità una volta che entra a far parte della schiera di
Atena. Così il massimo che potrei lasciare è
tutto
l'orrore che ho fatto e tutta la paura che ho avuto, macchiare
l'esistenza di un uomo è facilissimo, credetemi.
Scrivo
questa cosa, chiamiamola lettera, chiamiamola cosa,
perché so che sto per andarmene. Di nuovo. E mi sembrava
indecente
scrivere 'Ciao, sono un omicida che si è innamorato
di una ragazza tanto bellina e dolce. È una fioraia e le
regalo i soldi che vinco, mi sento tanto un pappone, ma lei manco
c'è
venuta con me a letto. Ciao tu che leggi questa farsa, troverai un
cavaliere inversamente proporzionale alle leggende che ci saranno ora
su di noi, che ne dici di andare a sputare un po' sulla nostra
reputazione? Magari riesco a farmi una risata, da chissà
dove,
di quelle quando sai che hai fatto un atto infame e, oh, te ne
compiaci tanto perché non ti sono mai piaciuti quei tipi
là.'
Così
ho scritto senza una data, senza un saluto, perché non
saluto
mai quando faccio qualcosa. Un giorno uccisi una donna che aveva in
grembo un bambino... uccisi tutti e uccisi anche lei, poi me ne
andai. Senza salutare, avevo fatto quello per cui ero venuto. La
donna divenne un bello scalpo, una faccia piangente lì sul
quindicesimo mattone della quarta casa. La mia casa. La
casa del Cavaliere del Cancro. Ora è spoglio e
fradicio quel tempio, un po' rotto e consunto, come il sottoscritto.
Mi sento a pezzi e rimugino come un asino che non ha capito dove sta
l'errore.
L'errore
lo so però, è colpa mia.
Non
mi piace prendermi responsabilità, eppure la legge del
contrappasso la conosco da quando ho varcato la soglia fra i vivi e i
morti. Tanto tempo fa. È giusto
così. Ho ucciso,
ho odiato, ho perfezionato la mia arte... non mi pento di
ciò
che sono stato, né di quello che sono stato ancor prima,
quando l'armatura mi ha scelto. E allora Helena è morta,
l'unica cosa bella dopo mia madre. Per forza di cose è
morta... doveva finire così. Meglio così.
Helena
era una ragazza di Asgard, con i fiori che al gelo sfiorivano...
lavoro precario il suo. Però non c'era freddo quando la
conobbi, solo gentilezza. E voglia di vivere. Tremenda.
Helena
era un bel nome, mi piaceva che non guardasse mai nessuno per fargli
pietà con quei fiori. Helena aveva un paio di fratelli, ma
non
reclamava aiuto, non chiedeva niente in cambio di un bel complimento
che faceva.
Aveva
la forza e la tenacia che, mi secca ammettere, io non avevo mai
posseduto. E lei era una donna, una ragazzina, una civile dagli occhi
innocui. Sul punto di morte si è aggrappata forte ai suoi
desideri e l'ho vista sapete, la sua fiammella blu, cercare di non
volare via mai, di non cedere verso l'alto. Così l'ho amata
ancora di più, come si ama il mare quando non cede
all'orizzonte. Come si ama una persona perché sai che
è
l'ultima e la prima, la prima e l'ultima che hai amato e che amerai.
Ora
che lei non sosta più nella terra dei vivi, io mi accingo a
vincere. E a morire.
Però
voglio vincere, e poi bere, rimanere un altro po' qui e vedere che
potere ha la mia vita, se rimango con gli occhi aperti a danzare fra
gli inutili.
-
“E
non m’importa dov’è il potere,
finché
continua a darmi da bere.”
- - - - - -
*Frasi di una canzone di Edoardo Bennato.
Non so che fine farà questa lettera. Voi che ne pensate? Uhm, all'inizio avevo in mente un cliché che ho accantonato. Qualcosa come "La lettera venne gettata nella spazzatura dal locandiere e sopra, vicino la spazzatura, c'era una credenza dove era posta la foto di Helena, in sua memoria." <3
Cooomunque,
buon pomeriggio gente! Chi ha visto Soul
of Gold? Io ero quella a cui non
piaceva
particolarmente la redenzione di Cancer in questa serie e il suo
amore randomico gestito male. (Ma RISPETTO a chi piace. Questo
è
giusto.) Però... solo perché è il mio
preferito
e non piango sul latte versato, ho voluto scriverci su questa...
cosa.
Una
lettera, un testamento... un
pezzo di carta che fa pagina di diario o confessione confusionaria.
Avete notato? È tutto in prima persona e quasi
tutto al
PRESENTE. È stata una prova... Non so se ci sono
riuscita.
Scrivere in prima persona su DeathMask è come giocare al
lotto! Non volevo farlo ironico, non con quella ironia alla
'Manigoldo', né volevo farlo troppo simpatico. Volevo
rendere
la sua confusione, il passare da un argomento ORRIBILE ad uno BELLO
come fossero omonimi per lui. MORTE e VITA come aliti di vento. E
volevo rendere la sua paura, il suo essere anche un incredibile
pusillanime. Uno che ride e tuona, ma di fronte
alla morte non
trova che una lastra di paura che gli si para davanti.
Tra l'altro volevo rendere l'amore per Helena qualcosa di
sincero, non artificioso,
qualcosa che per me ha senso... perciò l'ho scritto.
Perciò
ho scritto della sua fiamma azzurra...
In fine volevo
concludere con malagrazia, con una stonatura, col suo
essere 'sempre e solo DeathMask'. Sebbene non si presenti in
questa lettera, anche solo dalle ultime righe capiamo quanto
esistenzialmente ed essenzialmente non potrebbe che essere lui chi
pensa alla vita come una danza fra inutili...
Scusate
il PAPIRO delle note e... Spero vi piaccia. È un po' strana,
solitamente non scrivo al presente e in prima persona. Se volete
lasciarmi una recensione ve ne sarei davvero grata, davvero! Grazie
ancora a chiunque leggerà,
Giò.