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Autore: vali_    02/10/2015    5 recensioni
[Tra la quinta e la sesta stagione, post "Swan Song"]
“Dorme poco, sì, perché ogni volta che si costringe a farlo gli incubi lo perseguitano e vede Sam bruciare (…) e quando si sveglia – sudato e col cuore che gli batte a tremila dentro al petto – si passa una mano sulla faccia e cerca di riacquistare un minimo di tranquillità, riflettendo sul fatto che è uno sciocco, perché quello che ha vissuto lui non è neanche lontanamente paragonabile all’Inferno di Sammy: il suo è cento, mille volte peggio”
E’ passata poco più di una settimana da quando Sam ha detto “sì” e si è buttato nel vuoto insieme a Michele e Dean si ritrova da solo a casa di Lisa a riflettere su quello che è successo e chiedersi, per l’ennesima volta, come farà ad affrontare un dolore così grande come la perdita di suo fratello senza uscire di testa.
[Quarta classificata al contest “Will you still remember me when I’m gone?” indetto da Stareem nel forum di EFP]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Dean Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione, Sesta stagione
- Questa storia fa parte della serie 'Do I look out to you?'
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Personaggi principali: Dean Winchester
Collocazione temporale: Tra la quinta e la sesta stagione, post 5x22 “Swan Song
Generi: Drammatico, Introspettivo, Triste
Avvertimenti: Nessuno
Note: Sì, lo so. Ultimamente mi sono fatta prendere dalla mania dei contest, visto che in poco tempo è già il secondo a cui partecipo. Mi aiutano a tirare fuori le idee che ho nel cassetto, però, quindi ne approfitto sempre volentieri.
Questo parla di separazione e avevo una cosuccia in cantiere già da un po’ a riguardo. L’ispirazione mi era venuta leggendo questo lavoro di Jerkchester, ma l’avevo lasciata lì a fare la muffa tra le altre note del mio telefono. Questo contest, però, mi ha dato la possibilità di riprenderla in mano ed aggiustarla e ho cercato di farlo il meglio possibile.
Il titolo e la citazione – che spero tutti riconosciate – sono presi da un paio di scambi di battute presenti in “Swan song”.
Che dire… spero che vi piaccia e, per i miei “followers” di sempre, vi aspetto mercoledì prossimo con il nuovo capitolo di “Wash away”.
Buona lettura… enjoy! ;)

All I got is my brother in a hole
 

Every part of him,
 every fiber he's got,
 wants to die,
 or find a way to bring Sam back.
 But he isn't gonna do either.
 Because he made a promise.
 
(Chuck in “Swan song”)

 
 
Gira da solo in quella casa vuota – il sale su ogni finestra e un paio di trappole del diavolo disegnate con una bomboletta spray sotto un paio di tappeti, che magari nessuno lo verrà a cercare ma la precauzione non è mai troppa –, vagando da una stanza all’altra e cercando di prendere confidenza con l’arredamento di quell’abitazione pulita e precisa – non tanto grande ma ordinata, il salotto accogliente le cui tende beige hanno un profumo buonissimo, la cucina di legno e marmo e il frigorifero bianco con delle foto appiccicate sopra, tenute in piedi da calamite colorate.
 
Prima di Detroit e di quel fottuto cimitero, casa era quella di Lawrence, quella che è bruciata, quella dove la mamma preparava sempre la crostata e dove poi è finita sul soffitto, trascinata lassù dallo stronzo dagli occhi gialli che si era deciso a riscuotere, prendendosi lei e macchiando Sam.
Adesso, dovrebbe abituarsi a chiamare casa questo cumulo di mattoni e legno impregnata di un buon odore e di qualcosa che per lui, però, non significa niente.
 
Dean stringe forte i denti – la mascella contratta e tesa – e sospira forte. Chiude gli occhi e stringe le mani a pugno, così forte da farle sbiancare e rimane lì, i piedi scalzi sulle mattonelle fredde al centro di quell’ingresso deserto, addosso i pantaloni lunghi di un vecchio pigiama che non ricordava più di avere ed una t-shirt bianca.
 
Lisa è al lavoro – insegna ancora yoga in una palestra qui vicino [1] –, Ben a scuola e Dean si è ritrovato da solo in questo giovedì mattina triste, uguale alle altre giornate che ha passato qui dentro.
 
Sa che non può campare sulle spalle di Lisa e che dovrà andarsi a cercare un lavoro prima o poi, ma non gli va. E’ ancora presto e lui un lavoro ce l’ha già, o meglio ce l’aveva prima di promettere a suo fratello – che è in un fottuto buco nelle profondità della fottuta Terra e non posso fare un cazzo per riportarlo indietro – che avrebbe cambiato vita. Preferisce ciondolare in questa casa vuota ancora per un po’ prima di trovarsi un impiego – uno di quelli che Sam avrebbe definito vero, con uno stipendio degno di essere chiamato tale e un capo e tutto il resto.
 
«Andrai a cercare Lisa. Prega Dio che sia così pazza da riprenderti e tu… tu avrai i barbecue e andrai alle partite di football. Vivrai una vita normale, Dean. Promettimelo». [2]
 
Dean si trascina in cucina, risentendo quelle parole nelle orecchie. Si siede accanto al tavolo – la superficie marrone liscia e pulita, senza neanche una briciola della colazione di due ore fa – e vi appoggia il gomito sopra, il capo sulla mano aperta. Quelle parole gli risuonano nella testa ogni mattina appena si sveglia, ogni dannato giorno in cui lo scalpiccio dei piedi di Ben che corrono in bagno lo costringe ad aprire gli occhi dopo aver dormito sì e no un’ora scarsa.
 
Dorme poco, sì, perché ogni volta che si costringe a farlo gli incubi lo perseguitano e vede Sam bruciare: lo vede sulla ruota, quella che era toccata a lui quando era laggiù; vede Alastair che lo taglia e infilza e che squarcia la sua carne con qualsiasi strumento di tortura esistente e quando si sveglia – sudato e col cuore che gli batte a tremila dentro al petto – si passa una mano sulla faccia e cerca di riacquistare un minimo di tranquillità, riflettendo sul fatto che è uno sciocco, perché quello che ha vissuto lui non è neanche lontanamente paragonabile all’Inferno di Sammy: il suo è cento, mille volte peggio.
 
Ogni volta spera di non aver urlato come fa nei suoi incubi, perché non vuole che Lisa e Ben si spaventino, che credano di aver ospitato nella loro casa un pazzo. Non vuole che si preoccupino.
 
Quando Lisa gli chiede se sta bene, Dean non ci pensa mezzo istante a dirle di sì, ma la verità è che vorrebbe essere lui al posto di Sam. Preferirebbe essere lui quello che brucia, perché Sammy non merita di passare l’eternità in una gabbia con quel figlio di puttana egocentrico e sbruffone di Lucifero. Perciò no, non sta bene.
 
Beve troppo per essere uno che sta bene ed ha la vista appannata il più delle volte, quando arriva la sera e si ritrova con la faccia sul tavolo della cucina. Ma d’altronde è passata solo una settimana da quando il suo cuore e tutto quello che aveva è finito in un dannatissimo buco insieme a lui che era la sua casa – altro che questa pulita e splendente, cazzo –, il suo punto di riferimento, la roccia a cui sostenersi perché non era Sam ad aver bisogno di Dean, era il contrario. E’ sempre stato così, fin da quando erano bambini, perché Sam era quello forte e a Dean bastava guardarlo nei momenti più merdosi per ritrovare un po’ di grinta.
 
La verità, poi, è che di barbecue e football non ne ha avuti neanche un po’. Non ha voglia neanche di respirare, figuriamoci di divertirsi. Tutto quello a cui riesce a pensare è Sam. Ha il suo nome, il suo viso ed i suoi occhi – spaventati ma inspiegabilmente decisi prima del salto – impressi nella testa ogni momento, la sua voce che gli dice che andrà tutto bene e che ce l’ha in pugno quando Dean avrebbe solo voluto avere più forza nelle ossa rotte ed i riflessi più pronti per andargli incontro e afferrarlo, per impedirgli di buttarsi in quel dirupo infernale.

Le prime cinque notti le ha passate sul divano. Si sentiva troppo distrutto e vuoto per accettare l’offerta di Lisa di andare a dormire nella sua stanza, con lei. La verità è che gli sembra di infettarla, di lasciarle addosso qualcosa di brutto, un qualche segno che la macchierebbe per sempre ed è per questo che Dean ha sempre rifiutato, prima dell’altra notte, quando lei l’ha trovato distrutto e solo, la luce della cucina spenta, una bottiglia vuota sul tavolo e un’altra stretta sottobraccio e forse non ce l’ha fatta più a vederlo così, perché semplicemente l’ha preso per mano, strappandogli la bottiglia dalle braccia con una delicatezza sconcertante agli occhi di Dean, e l’ha accompagnato sulle scale.

Dean non sa di preciso perché ha ceduto e l’ha seguita in quella stanza ben sistemata e profumata, perché si è lasciato abbracciare tra le lenzuola candide – così diverse da quelle che ha avuto nei suoi letti per anni e anni. Forse per i suoi occhi scuri, così intensi e comprensivi e senza alcuna traccia di pietà per lui, solo voglia di stargli accanto, e lui si è lasciato vincere, le braccia di Lisa a stringergli la schiena e il calore del suo corpo addosso. Si è addormentato così, stretto nel suo abbraccio, senza dire una parola o versare una lacrima.
 
Non l’ha mai fatto da quando Sam non c’è più. Non che non ne abbia bisogno, che sfogarsi un po’ potrebbe anche fargli bene, ma cosa cambierebbe? Gli riporterebbe indietro suo fratello? No. Allora non ha senso lasciarsi andare al pianto, mostrare una debolezza che Dean condivideva solo con lui e neanche tanto volentieri nei momenti in cui le lacrime non riusciva proprio a trattenerle.
 
Adesso si sente vuoto ed ogni pensiero, ogni muscolo, ogni maledettissima fibra del suo corpo vorrebbe ricongiungersi con Sam e invece si ritrova lì, troppo spossato per fare qualsiasi cosa, in quella cucina linda ad aspettare il ritorno di quella che dovrebbe imparare a considerare come la sua nuova famiglia, quando Dean una famiglia non ce l’ha più perché per lui è sempre stata una questione di sangue – Bobby e Cas a parte, che sono le eccezioni alla sua regola – e con loro non condivide neanche un gene.

Non sa dire se piace a Ben. Sembra un ragazzino sveglio, proprio come Dean lo ricordava, ma non ha la minima idea di cosa pensi di lui. Ha notato che lo fissa, ogni tanto, e lo fa in modo profondo, come se volesse metterlo a nudo. Dean vorrebbe tanto che non lo facesse, che non lo studiasse, perché non vuole contagiare con la sua merda neanche lui.
 
Nei momenti come l’ora di cena o quando Lisa cerca di farli stare tutti insieme – forse per fargli prendere un po’ di confidenza tra loro o perché anche lei, dopo un paio di scopate in un weekend di quasi dieci anni fa e poco altro, di certo non può dire di conoscerlo –, Dean si sente un pesce fuor d’acqua, così lontano dal suo habitat e si chiede come faceva a desiderare di condividere di più del solo sesso con quella donna e quel bambino non suo, come poteva davvero credere che avrebbe potuto sentirsi felice con loro [3] in una vita che non gli appartiene, in una casa dove si sentirà sempre un intruso.
 
Non ha ancora parlato di quello che è successo, perché non sa come spiegare che suo fratello – Sammy, quell’armadio tutto parole e capelli – non c’è più, che l’ha risucchiato un buco schifoso e che è chissà dove a patire le pene dell’Inferno – letteralmente. Non saprebbe come spiegarlo ad un altro cacciatore, figuriamoci a Lisa che di tutto questo, fortunatamente, non sa niente.
 
Si guarda intorno ancora una volta, gli occhi ridotti a due fessure per la stanchezza e la rabbia e cerca con lo sguardo il suo appiglio: la bottiglia di scotch che ieri sera aveva lasciato accanto al lavello. Non la vede, però, così si alza e comincia a frugare nella dispensa, sbirciando dietro i biscotti e nel frigo, cercandola accanto al grosso recipiente colmo di latte e a quello del succo d’arancia ed è così furioso quando non la trova – l’idea che Lisa l’abbia nascosta per non farlo bere che si fa velocemente largo tra gli altri pensieri – che si lascia prendere dalla rabbia e butta a terra tutto ciò che trova.
 
Le uova si rompono dentro il loro cartone, così come il piatto che conteneva ciò che restava della sua cena di ieri che si frantuma in pezzi più o meno grandi e si rende conto di tutti i danni solo qualche minuto più tardi, quando si ritrova seduto a terra, la schiena contro il mobile e una mano che scivola sui suoi occhi lucidi di lacrime che non riesce a far uscire.
 
Non sa quanto ci metterà a rimettersi in piedi, quando riuscirà a guardarsi allo specchio e convincersi che adesso deve essere questo il suo posto, lontano dalla strada e dai mostri e dal pericolo, come ha promesso a Sam. Non sa quanto ci vorrà perché proprio non sente di appartenere a questa casa, a Lisa o a Ben e a tutto quello che li circonda. Appartiene solo a quel fratello che non c’è più e a cui Dean, però, non riesce a pensare usando verbi al passato, perché è sicuro che c’è un modo per riportarlo indietro. Ci deve essere, cazzo.

Al diavolo le promesse. Quando si tratta di Sam, Dean perde il controllo e sarebbe pronto a saltare in un buco simile a quello che ha inghiottito suo fratello pur di riabbracciarlo, perciò lascia scivolare la mano sul suo viso e chiude gli occhi sospirando forte, la testa leggermente inclinata indietro appoggiata al mobile dietro di lui.  
 
Non sa quando riuscirà a reagire, ma una cosa è certa: quando sarà, la prima cosa che farà sarà cercare e scovare un modo per riportare indietro Sam e solo allora il suo mondo potrà tornare in piedi.

 


[1] Nell’episodio 3x02 “The kids are alright”, quando Lisa appare per la prima volta, Dean dice che era un’insegnante di yoga. Nessuno, quando lei torna nella sesta stagione, allude ad un cambio di lavoro o qualcosa di simile, perciò ho deciso di lasciare le cose come ce le avevano presentate in partenza.
[2] Traduzione più o meno letterale delle parole che Sam dice a Dean nell’Impala in una scena dell’episodio 5x22 “Swan song”.
[3] Piccolo riferimento al discorso che Dean ha fatto a Lisa nell’episodio 5x17 “99 problems”: «When I do picture myself happy is with you and the kid». 
  
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