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Autore: Rhoda    05/10/2015    1 recensioni
Marzia ne aveva viste di tutti i colori, ma uno come Andrea aveva spiazzato anche una come lei.
Questa storia nasce nei miei sogni. Letteralmente. Una notte ho sognato Andrea e ho deciso di scrivere una storia su di lui perciò, enjoy!
quel fragile contatto emotivo bastò a farmi guadagnare qualcosa che avrei apprezzato e rimpianto per tutta la vita. Guadagnarmi la sua fiducia mi diede la possibilità di evitare una catastrofe.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Come si racconta una storia d'amore senza renderla estremamente banale? Di certo non cominciando con un "c'era una volta".
Purtroppo non c'é modo di impostare la mia in modo diverso visto che non é altro che la storia di un principe e della principessa che lo salvò.

Incontrai per la prima volta il padre di Andrea per caso, nel caos di Torino. Stava ultimando i lavori nel suo nuovo studio fotografico e mio zio si occupava della direzione del cantiere. Quel giorno era cominciato troppo presto, nel cuore della notte, dopo l'ennesimo incubo e avevo deciso di deliziare mio padre della mia presenza nel corso di quella mattinata.
Sospetto avessero fatto amicizia dal principio, perché mentre ci dirigevamo sul luogo, mi misero in guardia sul fatto che il proprietario del locale aveva un figlio più grande di me che suonava la chitarra.
Si erano trasferiti dall'Umbria da una settimana scarsa e, a quanto pare, questo fantomatico ragazzo avrebbe cominciato l'ultimo anno di liceo classico nella scuola del mio quartiere.
Quando entrai nello studio imbrattato di polvere bianca, ci venne incontro un uomo sulla cinquantina, con un paio di occhiali dalla montatura curiosa. Aveva dei brillanti occhi verdi, un'accenno di barba sul mento e dei fili candidi tra i capelli scuri.
"Ciao Beppe" salutò con una pacca vigorosa il fratello di mio padre e poi si rivolse a noi con un sorriso.
"Mio fratello Gianni e sua figlia Marzia."
L'uomo guardò mio padre con un'espressione benevola, come se capisse come ci si sente ad avere una figlia come me.
Eccentrica é esattamente come mi definirei.
Appena entrò nella stanza lo notai. Sapevo che era lui nonostante stesse trasportando dei pannelli delle dimensioni di un quadro. Quel ragazzo stonava incredibilmente con l'ambiente circostante, indaffarato e frenetico, con la sua impressionante tranquillitá. Aveva una massa informe di capelli ricci sulla testa, che scendevano a coprirgli parzialmente gli occhi castani, riconobbi in lui alcuni tratti del padre come il mento o la mascella ma a giudicare dall'espressione mi sembrava fortemente a disagio.
"Eccolo lì, il mio ragazzo." l'uomo gli fece cenno di avvicinarsi e il ragazzo ubbidì senza batter ciglio. Avrei fatto il doppio delle storie al posto suo.
"Lui é Andrea, tenevo a farlo conoscere soprattutto a te, magari puoi mostrargli un po' la città" continuò zio Beppe.
Mi impressionò il suo sguardo. Nessuno mi aveva mai guardata in quel modo . Era innocente, nessuna malizia, nessuna curiosità, nessun disappunto. Sapevo cosa pensava di me solo guardandolo negli occhi.
Quel contatto visivo fu infimo, così breve che ebbi a malapena la possibilità di apprezzarlo e presto il suo sguardo era nuovamente sul pavimento.
"Ciao" mugugnò a bassa voce.
"Ciao" gli risposi, altrettanto delicatamente.
"Hai una bella maglia" aggiunsi velocemente, riferendomi alla t-shirt del mio gruppo pop punk preferito che stava indossando. Improvvisamente ritornò a guardarmi, con gli occhi che brillavano, e un piccolo sorriso si formò sulle labbra piene.
"Ti piacciono i Paramore?" chiese, ansiosamente.
"Dire che mi piacciono é decisamente riduttivo. Li adoro" sorrisi a mia volta.
Quel fragile contatto emotivo bastò a farmi guadagnare qualcosa che avrei rimpianto e apprezzato per tutta la vita. La sua fiducia mi diede la possibilità di evitare una catastrofe. Ma quella é un'altra storia.

  
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