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Autore: Anita Rebelle    06/10/2015    0 recensioni
L'aitante "Re morte" cerca una sposa, ma ogni fanciulla che i suoi sudditi gli offrono finisce col subire un bieco destino... riuscirà il giovane Re a trovare una donna degna di lui? Ciò dipenderà soltanto dal suo terribile drago...
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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Cuore cieco - Cap.1

 
Occhio di drago


«Ah no, non di nuovo!» Kuhn raccolse il lembo di seta rimasto impigliato nella roccia e lo strinse nel pugno. Avanzò nella penombra della grotta, calcando i suoi passi nei pesanti stivali con rabbia, come era solito fare quando qualcosa lo disturbava.
Si soffermò nel punto in cui l'antro della montagna si faceva così ampio che si sarebbe detto di poter scorgere un cielo stalattitico, punteggiato da spade traslucide, anziché da stelle luminose. Lì, gettò a terra il pezzetto di stoffa bianca che recava una minuscola macchia scarlatta.
«Lo sai come mi chiamano al villaggio?» Dinnanzi al silenzio assoluto, increspò le folte sopracciglia. «“Re morte” è questo il nome che mi hanno dato.»
Ciò che a primo colpo d'occhio pareva un ammasso roccioso si animò ed esalò un sospiro, scompigliando la folta criniera di Kuhn.
«E lo sai come chiamano te, invece?» Si fece più avanti, giungendo a pochi passi dalle squame che ricoprivano quasi per intero la creatura. «Ti chiamano “Divoratore di fanciulle”
Un occhio grande come tutto il capo di Kuhn si aprì, rivelando una pupilla verticale. Iridi e sclera erano una cosa sola, composta da striature di tutte le gradazioni di colore dal bruno al miele, che si irradiavano dal centro. Qualunque fosse l'umore della bestia, la forma degli occhi che cadeva a goccia verso il naso gli conferiva sempre un'aria cattiva, come se fosse perennemente intenzionato a far un sol boccone di chiunque incontrasse.
In quel momento, però, Cicocka non era arrabbiato, ma scocciato semmai. Padrone dei cieli, Sfacelo della notte, Terrore dei nemici, quelli sì che erano epiteti che aveva apprezzato.
«Ti ho portato le più belle fanciulle, istruite nelle arti, allevate per compiacerci; i loro padri innalzano pire nella piazza del castello e piangono la loro morte. Pire vuote, perché tu, ingordo come sei, non hai lasciato di loro nemmeno un osso. Francamente non capisco cosa tu voglia. Ma ti dico cosa voglio io: io voglio una moglie e un erede!»
Un altro sospiro e il lungo collo della creatura si mosse, le quattro zampe puntarono a terra e il corpo si levò dal suo riposo. Dall'alto, guardò Kuhn con supponenza.
Io ti ho reso re, piccolo uomo.
Un uomo senza un drago era uguale a tutti gli altri, ma Cicocka aveva scelto Kuhn e sempre a lui spettava scegliere la sua sposa. Kuhn non capiva: la sposa di un re doveva essere in grado di vedere ciò che a un re poteva sfuggire, doveva avere la vista acuta di un drago. Quelle femmine che gli aveva portato procedevano quasi a tentoni e non sapevano nemmeno distinguere dove Cicocka finiva e dove iniziava la montagna. Cieche. Però gustose: la miglior carne che avesse mai assaggiato e, almeno di questo, gli era riconoscente.
Non esistevano fanciulle che soddisfacevano quel requisito? Pazienza, l'era di Kuhn sarebbe passata e un giorno, tra cento anni, forse tra mille, Cicocka avrebbe trovato un altro uomo degno di essere re.
«Le candidate stanno per esaurirsi, devi darmi una sposa.» Kuhn si sfregò il volto con le mani e si incamminò verso l'uscita. Il tono della sua voce si fece triste: «Danzica mi piaceva, immaginavo di già i nostri figli con ricci biondi, color del grano, come i suoi e gli occhi azzurri come i miei. Era di nobile famiglia, dai modi aggraziati, così coraggiosa da entrare nella tua grotta a testa alta. Come hai potuto rifiutarla? Tu mi farai perdere il senno e il trono!»
Ignorando le sue lamentele, Cicocka lo seguì a lenti passi, standogli dietro di proposito, fiero di aver scelto il più indomito tra i cavalieri; l'unico che fin dal loro primo incontro gli aveva dato le spalle senza morire di paura.
«Vuoi mangiarmi?» Gli aveva detto, ansimando, dopo aver abilmente ferito Cicocka con spada e frecce ed essere stato scaraventato a terra dal dorso del suo collo. «Se vuoi mangiarmi devi farlo in fretta perché adesso me ne vado a casa.» Aveva una mezza idea di divorarlo davvero, quando lo vide dargli le spalle come nulla fosse, proprio come ora.
Sbucarono nella radura sulla parte più alta della montagna e fu lì che Cicocka stirò le sue ali smisurate, stendendo il collo al cielo e sgranchendo le zampe. Alla luce del sole le sue squame erano colore della terra bruciata, un colore cangiante con riflessi verdi e gialli, ripresi nella pelle coriacea delle ali e della cresta. I suoi artigli erano neri, lunghi quanto la metà di un braccio, mentre la coda si estendeva per la lunghezza di un fusto d'albero. Era una creatura snella, sebbene con la sua mole dovesse essere di un peso mostruoso. Il muso, con il suo lungo naso e gli occhi vigili, coronava la linea minacciosa e superba di una creatura mistica: un grande drago alato.
Il cavallo di Kuhn nitrì, inquieto, come accadeva ogni volta in cui si trovava troppo vicino a Cicocka. Kuhn montò in sella.
«Cosa devo dire ai suoi genitori? Me lo spieghi? Il popolo sta cominciando a odiarti... e a ragione: sei un carnefice.»
Il lungo collo si protese verso il Re e, da sotto le palpebre socchiuse, gli occhi del drago gli lanciarono uno sguardo nel quale Kuhn aveva ormai imparato a leggere. Per quanto fosse un'idea folle, gli sembrava quasi di poter entrare nei suoi pensieri.
Sei proprio sicuro che ti chiamino “Re morte” a causa mia? Io sarei il carnefice? Gli stava dicendo. Parli tu, che con la tua armata hai sottomesso una moltitudine di uomini, uccidendone con la tua stessa spada più di quanti io ne potrei mangiare.
«Ma mai fanciulle…» mormorò Kuhn, a denti stretti.
Gli occhi scintillarono, divertiti. Lo sappiamo, è un'altra la spada di cui ti servi con loro.

Continua...

   
 
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