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Autore: Atlas1697    06/10/2015    2 recensioni
Dèjà vu, tutti ne abbiamo avuto uno. Anche il protagonista ne ha avuto uno.
Genere: Horror, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Era una serata come molte altre. Cena, televisione e poi a letto. Durante la notte cominciò a piovere e il rumore di un tuono mi fece sobbalzare, facendo tremare i vetri di camera mia. La pioggia incessante e il continuo tuonare non mi fecero chiudere occhio. Assonnato e un po' frustrato per la mia impossibilità di dormire mi diressi verso la cucina, deciso a preparmi qualcosa di caldo. Dal corridoio notai la luce accesa. Mia madre stava sorseggiando un tazza di latte caldo. - Cosa ci fai sveglia? - Le chiesi incuriosito. - Il temporale - Rispose. Entrambi ci ignorammo consapevoli ognuno della stanchezza dell'altro e misi sul fuoco un pentolino con dell'acqua per prepararmi un thè caldo. - Papà? - Chiesi. - Ha il turno di notte - Rispose L'acqua cominciò a bollire e comincia a preparare il necessario per il thè. Mi apprestai ad assaporare la mia bevanda al gusto di limone quando, sia io che mia madre, udimmo un rumore provenire dal vialetto di casa. Mimai a mia madre di fare silenzio e di rimanere in attesa di un altro rumore. "Per fortuna che la tenda copre il vetro che da sulla porta d'ingresso e sul vialetto" pensai. Il tempo sembrava essersi fermato, il silenzio era squarciato solamente dal ticchettare delle lanciette dell'orologio appeso al muro. Poi un rumore che mi fece sobbalzare. Il campanello. Il cuore mi si fermo e il sangue mi raggelò nelle vene. "Chi poteva essere a quest'ora della notte?" Mi chiesi. Facendo meno rumore possibile feci segno a mia madre di andare in camera, l'avrei raggiunta subito dopo essermi assicurato che fosse tutto ok. Lei si spostò silenziosamente in camera mentre il suono del campanello rieccheggiò nell'aria squarciando il sottile velo di silenzio che aleggiava nella stanza. Mi feci coraggio e andai a contrallare chi fosse alla porta. Tramite lo specchio, che per fortuna era cieco dalla parte esterna, vidi delle persone. Per la precisione due. Una era alta coi capelli rasta e di color marrone chiaro. L'altra era bassa e tozza. Ciò che mi fece sobbalzare fu vedere il ragazzo alto girarsi verso il vetro, sembrava sapesse che lí dietro c'era qualcuno che l'osservava. Alla visione di quella scena rimasi paralizzato, ogni muscolo del mio corpo sembrava essersi congelato. Non riuscivo a muovermi. Tirò fuori dallo zaino un coltello, lo passò fra le dita picchiettando sulla lama. Sulla sua faccia apparve un ghigno. Ricorderò per sempre quella faccia, quell'espressione inquietante e ciò che accadde in quella infausta notte. L'uomo fece segno all'altro e gli disse qualcosa che non capii. Il ragazzo basso si allontanò mentre quello alto continuava a suonare il campanello. Facendo il meno rumore possibile mi diressi nella camera di mia madre che, nel frattempo, si era rintanata in camera. Spalancai la porta e ciò che trovai, o meglio, non trovai, mi stupì parecchio. Entrai nella stanza, in quel momento la tensione era palpabile, mi mossì silenziosamente nell'obra fino a che non sentii un rumore provenire dall'armadio. Spalancai le ante e, con mio grande sollievo, trovai mia madre rannicchiata. La feci alzare. - Andiamo a nasconderci in cantina! - le ordinai. Mi avvicinai al comodino di mio padre, aprii il cassetto e, tramute lo scompartimento "segreto" presi la sua pistola. - Prendila e aspettami giù! - Le dissi. - Non ti lascierò! - Obbiettò. - Vai! Arriverò subito, nasconditi e appena vedrai la porta spalancarsi spara se non dovessi essere io! - Questa volta obbedì. Mentro ero nella stanza dei miei sentii la maniglia della porta fare rumore, stavano per entrare. In tutta velocità presi il mio telefono, chiamai la polizia e dissi di arrivare il più in fretta possibile all'indirizzo di casa. Scrissi anche un messaggio, alla mia ragazza. La scrissi di amarla e le dissi addio. Scesi in cantina, aprii la porta e sentii mia madre tirare un sospiro di sollievo. Chiudemmo la porta e stettimo in silenzio e in ascolto. Sentimmo i passi di un solo uomo, l'altro sembrava essersi dileguato. Dalle finestre poste in alto alla stanza entrava un piccolo fascio luminoso. La pioggia cessò. In quel momento il mio sguardo ricadde sulla finestra e vidi un uomo passarci accanto, l'altro era fuori a fare da vedetta. Sentii l'uomo nella casa rovescare i cassetti per tutta la casa alla ricerca di soldi oppure di oggetti preziosi. Poi sentii dei passi scendere le scale e avvicinarsi sempre più verso la porta. Strappai la pistola dalle mani di mia madre. La porta era chiusa ma all'uomo basto un calcio per buttarla giù. L'uomo basso e tozzo mi si parò davanti. Anche lui impugnava una pistola. Purtroppo fu più veloce di me e mi sparò ad una spalla, la pistola mi cadde. Sentii un secondo sparo e vidi mia madre cadere a terra esanime. Quella scena mista al dolore mi fece svenire, prima di perdere i sensi sentii l'altro uomo precipitarsi in casa dicendo all'altro che la polizia stava arrivando. Le sirene si avvicinarono. Mi risvegliai in ospedale, con il braccio fasciato e la testa bendata. Il medico disse che avevo perso molto sangue e che ero vivo per miracolo. Passarono molte settimane e fui dimesso. Tornai a casa e trovai mio padre ad attendermi. Il funerale di mia madre sarebbe avvenuto il giorno dopo. Quella notte non dormii. Andai in cucina e mi preparai un thè, trovai mi padre nella stanza intento a sorseggiare del latte caldo. Suonò il campanello. Ebbi un déjà vu. Quella notte rifeci meccanicamente ogni singola mossa di quella sera. La testa mi faceva davvero molto male. Sta volta però mio padre mi fermò. Prese la pistola ed andò alla porta, la spalancò e vide i due uomini che uccisero mia madre. Riuscì a sparare a quello basso, colui che aveva tolto la vita a sua moglie. L'uomo alto lo accoltello al cuore. - Eravamo venuti a finire il lavoro! - Esclamò l'uomo. - Vieni a prendermi - Dissi in tono di sfida. L'uomo mi si lanciò addosso e partì una zuffa fra di noi. Riuscii a prendergli il coltello dalle mani, glielo puntai alla gola e gliela tranciai. Alla vista del sangue svenni, di nuovo. In ospedale, al mio risveglio, trovai Gloria, la mia ragazza, ad attendermi. Mi abbracciò e mi chiese cosa fosse successo. Non riuscii ad aprir bocca, il solo pensiero di quegli uomini mi bloccava. Il ghigno dell'uomo alto mi perseguitò per molte notti. Erano passati molti anni da quelle notti. Ora vivevo con Gloria. Era notte, pioveva e sognai quella prima serata. Mi svegliai sudato, mi girai verso la mia ormai moglie e non la trovai. Vidi la luce della sala accessa, sentii suonare. Poi il buoi.
   
 
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