Alex non poteva più pensare a qualcosa come meraviglioso: nulla avrebbe potuto sembrargli minimamente bello dopo ciò che stava facendo. Sfrecciava con sicurezza tra le strade di Los Angeles come se non avesse mai fatto altro. Quando stava con il suo skateboard, che lui chiamava Jonas, tutto ciò che lo circondava spariva completamente.

<<Alex.>> il primo Richiamo non fu nemmeno percepito dal ragazzo, il nulla più totale.

<<Alex Smith.>> questo ebbe più importanza all'interno della sua mente.

Frenò Jonas, frenò la sua spensieratezza. Si guardò attorno, e accorgendosi che la sera era calata sulla città, era in cerca di qualcuno, o persino qualcosa che lo avesse chiamato. Eppure optava più per la seconda ipotesi: qualsiasi cosa avesse pronunciato il suo nome non aveva nulla di umano.

Cercò di ignorare la voce, e guardando l'orologio capì che doveva realmente tornare a casa. Sospirò e cambiò direzione.

<<Alex. Vieni.>>

Questo non poteva ignorarlo. Era decisamente più chiaro che la voce esisteva davvero, e quella volta si era deciso a capire da dove proveniva.

Poi la vide: la mano. Una mano meccanica, che percorreva lo spigolo di una parete che segnava la via successiva, un vicolo cieco.

<<Chi sei?>> disse con coraggio, cercando di nascondere la paura che lo divorava.

La voce non rispose. Era evidente che l'unico modo per scoprirlo era oltrepassare il muro.

Alzò lo skate da terra e lo portò con sé verso il vicolo. Doveva capire chi lo chiamava.

Fece quel passo, sufficiente per scorgere il volto di chi lo avesse chiamato.

Fece solo in tempo a capire che si trattava di una donna bionda, insieme ad altri robusti uomini, quando venne colpito improvvisamente allo stomaco, perdendo i sensi.

Cosa volevano da lui?