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Autore: Giuli_Lahote    07/10/2015    1 recensioni
"Quando i suoi occhi incontrarono i miei, il mondo smise di muoversi. Tutti i rumori cessarono, eccetto il suo respiro dolce e quello splendido battito che sembrava seguire il mio. Una mano mi serrò lo stomaco, provocandomi un dolore piacevole, sopportabile. Percepì questo cavo invisibile uscire dal mio petto per intrufolarsi nel suo. Persi un battito.. e poi due, tre, mentre la fissavo."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Paul Lahote, Quileute, Rachel Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Breaking Dawn, Successivo alla saga
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I personaggi, così come l'ambientazione e gli eventi che si susseguiranno e che voi tutti conoscete, appartengono a Stephanie Meyer. Io ho solo sviluppato quella storia splendida, tra Paul e Rachel che l'autrice non ha mostrato nei suoi libri. Buona lettura


Baby don't pretend you don't know it's true

Paul




- Con me? - fu l'unica risposta che mi concesse dopo quella che sembrò un'eternità.

Annuii piano con la testa.

- Con me? - ripetè.

Lo fece per convincere se stessa, come se quelle parole le stessero davvero facendo metabolizzare per la prima volta tutto quello che era successo quella mattina e tutto quello che le avevamo raccontato. Mi straniva il fatto che quella potesse essere la sua unica reazione. Mi aspettavo svenimenti, pianti strazianti o roba del genere.

Quando Jared aveva raccontato tutta la faccenda a Kim, questa era svenuta fra le sue braccia e quando finalmente erano riusciti a farla riprendere, aveva provato ad ucciderlo. Aveva afferrato un coltellaccio da macellaio e lo aveva inseguito intorno al suo prato per una buona mezz'ora prima che Jared fosse riuscito a calmarla.

Emily aveva rifiutato tutto quanto, aveva urlato contro Sam, aveva provato a scappare e a lei era finita molto peggio.

Persino la mamma di Claire, la nipote di Emily, aveva reagito alla notizia di lupi, vampiri e dell'omone tutto muscoli e abbronzatura che aveva iniziato a seguire in giro la sua piccola di due anni. Per la miseria, le era quasi venuto un infarto ed era stato necessario l'intervento di Emily per fermarla dal chiamare la polizia.

Non che sarebbe potuto realmente accadere qualcosa. Il capo della polizia, Charlie Swan, aveva iniziato a frequentare Sue Clearwater, la vedova di Henry. Emily era la sua famiglia ormai.

- Con te - risposi piano, socchiudendo gli occhi e fissando la sua forma ancora immobile sulla poltrona.

- Con me? -

- Con te, per amor del cielo, con te! Si Rach, con te! - urlò Jacob, alzandosi dal divano e grugnendo sonoramente verso la sorella. Billy lo ammonì con lo sguardo.

- Jacob sta zitto - mormorai, intimando poi loro il silenzio e bloccando ogni sua risposta. Rachel, infatti, aveva scostato le mie mani, si era messa in piedi e si era avvicinata alla finestra, guardando al di fuori.

Guardai Billy, cercando con lo sguardo una specie di risposta alla domanda silenziosa che gli stavo ponendo.

Sarebbe scoppiata adesso? Era quello il fatidico momento?

Poi, voltandosi con un piccolo sorriso sul volto, mi guardò con occhi teneri e schiuse la bocca.

- Sono lusingata, Paul - era come se un coro di angeli mi avesse parlato e mi sentii improvvisamente leggero sui miei piedi, quasi come se qualcuno mi avesse sollevato da terra e mi tenesse stretto fra le braccia.

- Ma non lo voglio, puoi averlo su qualcun'altro - poi, con la stessa facilità con cui ero stato preso in braccio, ero stato scaraventato per terra e calciato nello stomaco.

- Come scusa? -

- Rachel.. -

- Ho detto - ripetè come se fossimo noi quelli che non capivano - Ho detto che non lo voglio. Spegnilo -

- Spegnilo? - sapevo di dover uscire da quella casa. Avevo iniziato a tremare e se non fossi riuscito a calmarmi, avrei potuto fare dei danni irreparabili.

- Non è una cosa che si può spegnere, tesoro - provò Billy avvicinandosi a lei. Guardò con occhi sbarrati suo padre e si strinse ancor di più attorno al suo cardigan grigio.

- Bhè ma io non la voglio -

- Bhè ma devi tenertela - Jacob infierì, sprofondando sul divano e allontanandosi definitivamente dalla conversazione. Non gli prestai attenzione, non lo guardai nemmeno. Sentii dopo qualche secondo il rumore della televisione; stavano trasmettendo qualche servizio di cronaca locale.

- E poi ha diciassette anni - parlò, adesso, rivolta completamente al padre.

- Non è illegale? Io non voglio stare con lui! Non potete forzarmi! - il mio cuore perse un battito, poi due. Un torpore mi avvolse, impedendomi di ragionare.

Respira, Paul

Sapevo di stare per perdere il controllo. Sentivo le mani iniziare a sudare e i muscoli contrarsi come a prepararsi per il cambio improvviso.

Controllo. Rachel è troppo vicina.

Guardai Sam che silenziosamente, con un cenno del capo, mi diede il permesso di uscire da lì. Non mi voltai a guardarla di nuovo, le avrei solo fatto del male.

Uscii da casa e non ebbi il tempo di toccare il prato che mi ritrovai su quattro zampe. Iniziai a correre e non mi accorsi della mente che si insinuò nei miei pensieri mentre colpivo alberi, tronchi vecchi e scansavo i rami appuntiti.

- Paul? Non durerà molto, vedrai. Starà male anche lei se lo farà. - pensò Jared, condividendo con me il ricordo di Emily e Sam, felici e inseparabili.

Ringhiai.

Che ne sapeva lui di essere rifiutati? Kim gli aveva sbavato dietro per così tanto tempo prima che lui la notasse, che probabilmente se le avesse detto di avere due teste e cinque gambe lei gli sarebbe comunque caduta fra le braccia.

Lo sentii mugugnare di dolore al ricordo di Kim. Sapevo che avevo colpito un tasto dolente parlando di come lui non la avesse degnata di uno sguardo per anni sebbene lei gli fosse seduta accanto ogni giorno per anni.

- Senti fratello, capisco che la cosa ti fa star male ma vedrai che risolverete tutto. Lasciale del tempo e torna a casa. Tua madre ti sta cercando -

Ringraziandolo piano mi ritrasformai, correndo in direzione della mia casa. Afferrai un paio di pantaloncini dalla cesta che mia madre mi aveva appositamente lasciato sul retro e salii il portico.

Notai la grande macchina grigia sul vialetto, pulita e lucidata. Ringhiai.

Mio padre era a casa.

- Sono a casa -

- Tesoro! - mi sorrise mia madre appena entrai in cucina. Mi avvicinai a lei e le piantai un sonoro bacio sulla testa, facendola ridere.

Io e mia madre non avevamo sempre avuto un bel rapporto, anzi. Prima che diventassi lupo, a dirla tutta, pensavo sarebbe arrivata a buttarmi fuori di casa, o peggio. Ogni giorno era una litigata, per la scuola, per le scappatelle di notte, per le ragazze che portavo a casa. Non sembravamo poter raggiungere un punto di incontro. Eravamo semplicemente due mondi troppo distanti.

Poi, quando mi ero trasformato, tutto era cambiato. In realtà era stata proprio la mia traformazione a cambiare le cose.

I miei genitori erano sposati da diciotto anni allora; mia madre faceva la casalinga, ma era una donna splendida alla quale piaceva mantenersi sana e in forma. Mio padre, invece, lavorava presso l'unica ditta edile che si trovava appena fuori La Push. Aveva iniziato come impiegato, e si ritrovava adesso a 45 anni, a possedere metà dell'azienda e quasi tutte le proprietà della riserva.

Crescendo, avevo cominciato a capire che il rapporto dei miei genitori non era affatto tutto rose e fiori come mi ero sempre sforzato di vederlo. Mio padre aveva iniziato ad avere problemi di alcol quando io avevo solo nove anni. Ma non lo avevo mai visto perdere il controllo, mai una volta. 

Poi una sera di ritorno da una festa, avevo sentito le urla dei miei genitori che non si immaginavano potessi essere già di ritorno. Ero entrato in casa silenziosamente e mi ero diretto verso la cucina. Le urla erano finite e non sentivo più nessun rumore strano. Entrando nella piccola sala da pranzo, però, avevo visto mia madre sul pavimento, con gli occhi neri e il labbro gonfio.

L'avevo vista piangere mentre raccoglieva i resti di una bottiglia di vino sul parquet. L'avevo vista scrollarsi i resti di vetro dal grembiule da cucina, il suo preferito, quello rosso con i ricami bianchi. L'avevo aiutata ad alzarsi, l'avevo abbracciata e poi ero uscito fuori a cercarlo.

Avevo corso per minuti, ore. Avevo fatto più strada di quanto immaginassi, ma le mie gambe non bruciavano.

Lo avevo trovato insieme a una ragazzina, con le mani che la toccavano e le labbra che la baciavano ovunque. E dopo aver mantenuto il controllo per così tanto tempo, lì, nascosto fra gli alberi, mi ero traformato per la prima volta.

- Come è andata la giornata? - mia madre mi destò dai ricordi orribili di quella sera, riportandomi alla realtà. Afferrai una polpetta dal vassoio che aveva di fronte e la ingurgitai tutta intera. Poi mi appoggiai con i gomito al bancone della cucina e la guardai muoversi con destrezza ai fornelli.

- Bene, sono stato con Sam e gli altri e.. sai.. - lasciai la frase incompleta. Mia madre si voltò a guardarmi, un cipiglio curioso le incorniciava il volto troppo simile al mio.

- E..? -

- Ho avuto l'imprinting - le confessai, vedendomela poi saltare fra le braccia. Pulì velocemente le mani sul grembiule e mi afferrò le guance, baciandomi il mento, la fronte, il naso.

- Mamma, mamma! - risi spingendola delicatamente indietro. I suoi occhi brillavano quasi quanto i miei. Le si leggeva la felicità in volto.

- Con chi? La conosco? - ebbi un fremito ricordando gli eventi della mattina.

- Rachel Black, è una delle figlie di Billy. - risposi meccanicamente. Fece per parlare di nuovo ma il nostro discorso fu interrotto.

- Sentivo strani rumori -

- Cosa ci fa lui qui? - domandai a denti stretti guardando mio padre. Non so nemmeno perchè mi ostinavo a chiamarlo ancora così.

- Ci vivo - rispose ironico.

Non giocare con me idiota, ringhiò il lupo,  non ti ho ancora ucciso per non turbarla.

Mia madre mi pose una mano sul petto, fermando la mia avanzata verso mio padre. Avevo iniziato a tremare e invece di allontanarsi, mi aveva aiutato a non fare qualcosa di cui poi avrei dovuto pagare le conseguenze.

Mia madre sapeva della mia trasformazione. Le avevamo raccontato tutto la sera stessa. Sam aveva spiegato a me cosa fosse successo e poi ci eravamo precipitati a casa mia, dopo che ero riuscito a trasformarmi di nuovo. Lei era di sangue Quileute, avevo ereditato da lei il gene, mentre mio padre aveva qui solo dei parenti lonani.

- Perchè non prepari la tavola, tesoro? Tuo padre ci fa compagnia per pranzo - mi diede un sorriso finto e mi spinse ad andare.

Li lasciai avviandomi verso il piccolo tavolo da pranzo e li tenni d'occhio, pronto ad intervenire qualora fosse successo qualcosa.

Non sapevo perchè mia madre non lo avesse ancora denunciato o diffamato. Forse era semplicemente troppo attaccata ai valori della famiglia, se la nostra davvero poteva definirsi tale. O forse, semplicemente, era fin troppo buona.

Quando iniziai a preparare la tavola e a ripensare a ciò che era accaduto nel corso della mattinata, ripensai al succhiasangue. Si era spinto fin troppo avanti, nelle nostre terre. Sebbene non tutti i vampiri fossero a conoscenza della nostra esistenza, il nostro odore era forte per loro. Erano capace di fiutarci a distanza di chilometri.

Perchè questo, per giunta da solo, aveva deciso di addentrarsi così tanto? Perchè la casa dei Black? Cercava qualcosa? Qualcuno?

Un fremito mi pervase. Speravo che non avesse niente a che fare col nuovo arrivo in casa Black.

Tra Cullen e vampiri neonati, per quell'inverno ne avevamo avuto abbastanza. Eravamo stati costantemente allerta, avevamo triplicato le ronde e avevamo avuto alcuni aggiunti al branco.

Possibile che stava incombendo su di noi un'altra minaccia? Rachel poteva davvero essere in pericolo come il mio lupo sosteneva? E cosa più importante, sarei stato in grado di proteggerla?



 

**********



 
- Possiamo mangiare? - domandò Collin per la terza volta, volgendo uno sguardo supplicante verso Emily.

- Per l'ultima volta Collin, no. Non avete una riunione da fare? -

- Ma Jacob non è ancora arrivato - sbuffò il moccioso numero 2, provando a rubare un pezzo di arrosto dalla grande teglia che Emily aveva lasciato a raffreddare sui fornelli spenti.

Per tutta risposta, essendo impotente a mani nude, Emily lo colpì con il mestolo che aveva tra le mani. Collin lasciò la presa torcendo il labbro in una leggera smorfia di dolore, come se avesse veramente sentito qualcosa.

- Pesca - mi voltai a guardare alla mia sinistra, dove Embry e Jared avevano iniziato una partita con uno stupidissimo mazzo di carte.

Quil e Brady stavano buttati sul divano, il televisore a tutto volume che trasmetteva una partita di football. Seth stava seduto sulla poltrona di fianco a loro, guardando la sorella sul lato opposto del soggiorno, da sola.

Che novità

Per un secondo, riuscendo a distrarmi dal pensiero costante della mia metà, decisi di alzarmi per fare compagnia ai ragazzi sul divano, ma la porta di ingresso mi fece riaccomodare con un tonfo sulla sediolina di legno del tavolo, che schricchiolò sotto il mio peso.

Sam virò dritto vero Emily, mentre il marmocchio con la solita espressione sconsolata si accomodò di fronte a me.

Senza bisogno di aprir bocca, il branco si sedette tutto in cucina, aspettando che l'alfa prendesse parola.

Emily, senza dire nulla, intuendo la situazione, tolse il grembiule rosso da cucina, lavò le mano e si diresse verso il salotto. Dopo pochi secondi riuscii a sentire di nuovo la televisione.

- Dobbiamo aumentare i giri di pattuglia - esordì Sam. Un coro di lamenti si sollevò dal tavolo.

- E' proprio necessario? -

- Per quale motivo? -

- Oh, andiamo! -

- Sam.. - provai anche io.

- Silenzio - tuonò usando il timbro. Quel timbro, quello che se fossi stato su quattro zampe per ora avrei abbassato il muso a terra e nascosto la coda tra le gambe.

- Un vampiro è entrato nella riserva. Ha varcato i confini ignorando la nostra presenza. Avrebbe potuto ferire qualcuno, stamattina. - ripensai agli eventi della giornata e pensai a quante cose erano cambiate in una sola giornata.

Pensando di nuovo a lei un brivido mi percosse e mi accorsi degli sguardi inquieti dei miei fratelli.

Certo, perchè loro sapevano cosa significava essere rifiutati, non è così?

- Che vuoi che facciamo, capo? - ghignò Embry.

Non avevo la forza di rispondere dopo tutto quello che era successo. Mi sentivo debole, mi girava la testa e questo senso di nausea che mi aveva invaso mi irritava molto.

Da quando mi era di nuovo possibile stare male? Avevo scartato l'opzione dopo che mi ero trasformato per la prima volta. Ero immune al freddo, quindi alla fabbre, influenze di vario tipo e altra robaccia di questo tipo. Avevo delle difese immunitarie perfettamente attive che mi impedivano di contrarre malattie.

Che diavolo mi stava succedendo?

- Paul - Voltai di scatto la testa, sobbalzando al tono ansioso di Emily. Scossi poco la testa per guardare i ragazzi, tutti intenti a fissare nella mia direzione.

Sam aveva smesso di parlare, aveva arricciato le labbra e mi aveva lanciato un'occhiata di intesa.

- E' l'imprinting. - aveva sussurrato, prima di farmi chiudere gli occhi e scuotere definitivamente il senso di angoscia.

Da quanto non la vedevo? Qualche ora? Mezza giornata? Possibile che già mi sentissi così perso?

- Va tutto bene. Sto bene, stavo solo.. - mi fermai immediatamante quando, voltando il naso a destra, in direzione della porta, la puzza di succhiasangue mi invase i sensi. 

Pericolo.

- Sam? - Emily sussurrò in preda al panico.

E' nella riserva.

Rachel. Pericolo.

Possibile che fosse dentro, di nuovo?

- No - ringhiai con voce disumana, prima di buttarmi nel cortile e correre in direzione della scia.

Rachel.





NOTE DELL'AUTORE

Buonasera cari lettori! Ecco, come promesso, il nuovo capitolo! Fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe piacere sentire la vostra :) un bacio a tutti, alla prossima settimana
Giulia
  
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