Serie TV > The 100
Ricorda la storia  |      
Autore: fireslight    08/10/2015    3 recensioni
«Se solo non avessimo passato tutto quel tempo a contraddirci..» iniziò, ricordando i primi tempi sul pianeta, i disaccordi, le sfuriate, il desiderio di scavalcare azioni e pensieri l’uno dell’altra, «saremo potuti essere amici. Ci pensi, Bellamy?»
[..]
Senza pensarci un attimo in più, si sporse verso di lei e la baciò.

[Bellamy/Clarke♥ − Post!SeasonO2| Angst, Romantic • 966 words]
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
                           ~ I could've been a princess,

you'd be a king

 
 
Liberare gli altri dal monte Weather non era servito a molto. Non erano bastati i morti, le anime innocenti che gravavano sulle loro coscienze come candidi fantasmi incorporei, eteri, alla ricerca di un riposo destinato ad essere eterno.
O un’alleanza fatua, destinata a estinguersi come la nebbia al mattino.
Lexa era sparita con i suoi dodici, irrequieti clan, così com’era apparsa nelle loro vite: all’improvviso, senza che nessuno avesse potuto fermarla.
Bellamy si sedette sulla branda che assolveva alla funzione di un piccolo, provvisorio giaciglio, osservando Clarke riposare placidamente. Era riuscito a convincerla, alla fine, a rimanere almeno per la notte. Perché non si avventurasse di notte in quei boschi che conoscevano a malapena, perchè malgrado tutto ciò che aveva imparato, durante la permanenza forzata sulla Terra, non si trovasse indifesa.
Lei aveva accettato, riluttante.
Eppure, dentro di sé, come una consapevolezza bruciante di rimpianti e scelte che non avrebbe potuto volgere a proprio favore, non più, Bellamy seppe che non l’avrebbe lasciata andare. Alla fine, ricordò a se stesso, erano stati in due ad abbassare quella leva.
Le trecento anime innocenti, riunite per la colazione in quella grande sala riccamente decorata di porcellane, stoffe, mobili preziosi, gravavano sulla coscienza di Clarke così come sulla sua.
«Non dormi?»
Riemergendo dalla coltre spessa, nebulosa dei propri pensieri, Bellamy si voltò in direzione di una voce malinconica, pervasa da nebbie oniriche. Clarke lo stava osservando, senza alcuna traccia di inquietudine in volto: per i suoi standard, era pure tranquilla.
«Non ci riesco, principessa.» le sussurrò piano, sebbene fossero soli in quell’ala deceduta dell’Arca, lontano da tutti; Bellamy si chinò appena su di lei, sfiorandole un lato del viso.
I loro occhi non stornarono gli sguardi, non quella volta.
Del resto, Clarke ne era consapevole almeno quanto lui: Bellamy gliel’aveva urlato contro, ad un certo punto, quando lei aveva comunicato alla madre la decisione di andare via: ovunque lei sarebbe andata, lui l’avrebbe seguita.
E non era stata un’affermazione partorita a cuor leggero. Il pensiero di Octavia aveva rincorso Bellamy per tutto il tempo, il quale poi aveva scosso la testa, perché sua sorella era al sicuro, aveva Lincoln e Lincoln l’avrebbe protetta, non avrebbe lasciato che le accadesse qualcosa.
«Ho bisogno che tu resti,» Clarke intrecciò le loro dita, guardandolo fisso negli occhi. «Voglio che abbiano qualcuno su cui poter contare.»
Bellamy aprì bocca per risponderle a tono, per dirle che c’erano almeno sei, sette persone in grado di sostituirlo e la richiuse, prontamente. Non avrebbe avuto alcun senso, del resto.
«Verrò con te.»
«No, non verrai.» ribatté lei, paziente, il tono soffuso.
«Non puoi impedirmelo, Clarke.»
E lei aveva sospirato, forse perché ne era al corrente.
Si mise seduta, adesso vicina a Bellamy.
«Se solo non avessimo passato tutto quel tempo a contraddirci..» iniziò, ricordando i primi tempi sul pianeta, i disaccordi, le sfuriate, il desiderio di scavalcare azioni e pensieri l’uno dell’altra, «saremo potuti essere amici. Ci pensi, Bellamy?»
Oh, se ci pensava. Ultimamente anche spesso, per i suoi gusti. Bellamy era sicuro anche del fatto che sarebbero potuti essere più che amici. Con il tempo, magari. Se non lo avessero perso tutto in maniere più o meno discutibili, forse.
Senza pensarci un attimo in più, si sporse verso di lei e la baciò.
Perché era da tempo che voleva farlo, e le labbra di Clarke erano come la fonte più vicina, dissentante, per un nomade nel deserto.
Si sorprese un poco, quando lei ricambiò con lo stesso ardore, dopo un solo istante di primitiva titubanza.
«Va bene,» asserì quindi lei, non appena si furono staccati, con i respiri corti. «Però.. Bellamy, se verrai con me−»
«Non ho intenzione di lasciarti.» precisò lui, interrompendola.
«Lo so.» abbassò lo sguardo sulle loro mani unite. «Almeno credo.»
Accennò un sorriso che rimase così, sospeso nel silenzio che li univa come un filo inestricabile di ricordi e gesti e parole. Bellamy le si avvicinò un po’ di più, baciandole delicatamente la fronte.
«Avremo potuto avere di più, sin dall’inizio.» mormorò. «Avremo potuto avere qualunque cosa, io e te. Magari anche un castello.»
Clarke sorrise a quel pensiero, a tratti forse infantile, ma reale; perché erano lontani, ormai, i giorni in cui ogni cosa sarebbe potuta andare nel verso giusto.
«Sarei potuta essere una principessa, e tu un re.» e ricordò quella sua stretta, quell’abbraccio al suo ritorno, quando credeva di averlo perso per sempre. Ciò che più la assillava, ora, era il pensiero di non aver nessun luogo in cui andare: Bellamy l’avrebbe seguita, certo, ma lei cos’avrebbe seguito?
«Non ho idea di dove andare.» confessò quindi, dopo qualche istante.
Clarke lo guardò, certa che a quel punto Bellamy avesse deciso di rimanere, perché nessuno si sarebbe imbarcato in un viaggio senza meta; perlomeno, nessuno con un briciolo di amor proprio.
«Troveremo una strada, principessa.» la cosa più strana − che poi non tanto, si disse Clarke, perché Bellamy era sempre stato al suo fianco −  era che possedeva una forza di volontà del tutto fuori dal comune, ed era questo che apprezzava in lui, il fatto che rimanesse saldo, leale, ancorato alle proprie convinzioni. Come lei. «Vedrai.» le disse, determinato.
«E se non ci fosse alcun sentiero, niente da seguire?»
Clarke lo vide sorridere nel buio, di un sorriso al limite del sarcastico e della smodata, incontrollata certezza di aver sempre il medesimo obiettivo davanti agli occhi, la sicurezza incrollabile di avere tutto, sempre, sotto osservazione. Una sicurezza che lei, per quanto potesse, non avrebbe facilmente eguagliato.
«Lo segneremo noi, il sentiero. Andremo dove ci porterà il vento.»
Per un istante, ebbe addirittura la forza di restituirgli il sorriso, perché lui era fatto così. Sapeva trarre il meglio da ogni situazione.
Ed era questo che, essenzialmente e contro ogni possibile previsione, Clarke aveva imparato ad amare in lui.





 

Note dell'autrice.
Buonasera, grounders! Era da un po' che non scrivevo sui miei Bellarke (aw) e questa piccola shot è ambientata praticamente alla fine della seconda stagione con un pizzico di What If; a mio parere, Bellamy sarebbe dovuto andare con lei invece di far soffrire e sbriciolare così in mille minuscoli pezzi il mio cuore ma
− okay, torneranno insieme, prima o poi e ci spero tantissimo.
btw, spero questa shot possa piacere e sarei davvero contenta se mi faceste sapere cosa ne pensate, aw; è sempre bello condividere momenti di sclero/feelings.
Naturalmente il titolo è preso da Princess of China dei Coldplay.
Alla prossima,
fireslight

 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The 100 / Vai alla pagina dell'autore: fireslight