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Autore: Elrais    08/10/2015    3 recensioni
In un lussuoso albergo del centro di Tokyo, il miglior detective del mondo osserva su un monitor l'immagine di Misa Amane, sospettata di essere il secondo Kira; L non sa che, dietro quegli omicidi, si cela il potere di un quaderno ceduto da un Dio della Morte.
Tuttavia, gli Shinigami non sono gli unici esseri di cui il giovane investigatore ignora l'esistenza: altre creature, all'apparenza fragili come vetro, osservano la Terra con occhi inespressivi.
Ad una di queste creature verrà affidato il compito di infiltrarsi nel mondo degli Umani, per ristabilire l'equilibrio nelle Leggi di Natura.
Ma quando si ha a che fare con L Lawliet e Light Yagami, portare a termine la propria missione può risultare più complesso del previsto.
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri personaggi, L, Light/Raito, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I: Il Centro di Controllo


Gli echi si susseguono lungo gli interminabili corridoi immacolati. Sale, uffici, androni candidi e pieni del rimbombare di passi; passi tutti uguali, solo sfalsati nel ritmo.
Mobili bianchi senza un granello di polvere; porte dello stesso colore, tutte rigorosamente chiuse; mura a vetri lucidi e trasparenti, perfettamente in grado di lasciar vedere il mondo di fuori.

Se solo fuori ci fosse qualche mondo da vedere.

Il Palazzo principale del Centro di Controllo è proprio questo: un’enorme costruzione posta in mezzo al nulla, perché il nulla è tutto ciò di cui hanno bisogno i suoi abitanti.
Controllori, così vengono chiamati: creature eteree, il cui unico scopo all’interno dell’Universo è assicurarsi che le Leggi di Natura non vengano infrante. Esseri pallidi, immacolati come il palazzo che abitano; si muovono all’interno di corridoi diritti, aprendo e chiudendo le porte, prendendo documenti, sussurrando a mezza voce.
Gli unici rumori sono gli echi delle loro scarpe nivee sui pavimenti di marmo.
È un andamento confuso, un rincorrersi e ritrovarsi di suoni che sembrano destinati a rimanere confinati lì, nei metri cubi di quell’edificio, correndo in circolo per l’eternità.

Se tu, lettore, avessi potuto sbirciare in questo palazzo circa dodici anni fa, avresti riconosciuto, tra i vari ticchettii, un picchiettare più veloce e più lieve.
Un passo stonato.
Forse avresti seguito questo suono disarmonico, avvicinandoti sempre di più alla sua origine, e avresti visto una creatura esattamente identica alle altre centinaia di Controllori all’interno dell’edificio: stessi capelli candidi e lisci, stessa pelle lattea, stessi occhi vitrei, privi di iridi.
Creatura simile a tutte le altre.
Solo quella leggera stonatura nei suoi passi.
Forse ti saresti avvicinato e avresti udito i passi stonati bloccarsi improvvisamente: avresti visto la creatura fermarsi davanti ad un’alta porta a due battenti – candida quanto il muro – e tentennare, prima di bussare due volte. Avresti osservato la porta aprirsi…
Se vuoi continuare a sbirciare nel passato, lettore, allora permettimi di farti da guida.
 
Dodici anni fa.

Bussò due volte, la porta si aprì.

“Comandate, Signore.”
Dietro una scrivania – immacolata anch’essa, si capisce – era seduta un’altra creatura, gli occhi vitrei fissi su un plico di fogli posto davanti a sé; nulla all’interno dell’asettica stanza lasciava intendere quale fosse il suo grado.
 “Siediti, Sahira. Ho un caso per te.”
Il tono della voce dimostrava l’attitudine al comando. Si sarebbe potuto dire che fosse una voce maschile, se il concetto di uomo o donna avesse un senso, tra i Controllori; se fosse un adulto o un vecchio, invece, sarebbe stato impossibile da definire. Ma questo non importa: la vita eterna di queste creature non conta gli anni.
Il Controllore pose davanti all’essere di nome Sahira il plico di fogli, che frusciò ovattatamente tra le sue mani. Questa scorse velocemente il rapporto sul caso, ponendo alla sua sinistra, l’uno sopra l’altro e senza sgualcirli, i fogli che man mano leggeva.

Il superiore osservava i movimenti fluidi della creatura. “In questo documento sono presenti tutte le informazioni che potrebbero esserti utili; io stesso ti esporrò brevemente la situazione, ma potrai riflettere con calma sul da farsi e decidere se accettare o meno il caso. Ad ogni modo, gradirei mi dessi una risposta entro domani. Se accetterai l’incarico, dovrai tenere sott’occhio i diretti implicati, prima dal Centro di Controllo, poi personalmente. Qualora ci fosse la necessità di infiltrarti all’interno di quel mondo, dovremo cominciare immediatamente le procedure necessarie.” L’uomo prese delle carte da un cassetto alla sua destra. “I nostri laboratori ti forniranno tutto ciò che ti serve: documenti, lenti a contatto, false identità. Dovrai compilare anche tutta la modulistica necessaria. La burocrazia in questi casi è straziante, ma è meglio che ti ci abitui presto.”
Sahira annuì, impassibile, lo sguardo fisso sulle carte davanti a sé: aveva i tratti delicati e le ossa minute. Osservandola, si sarebbe detta una creatura  di vetro, proprio come il Palazzo attorno a lei. Aveva una voce sottile, di quelle che, sulla Terra, hanno le ragazze prima di diventare donne.

“Bene, cominciamo.” Il superiore si appoggiò allo schienale della sedia. “I due mondi in questione sono quello degli Umani e quello degli Shinigami, due pianeti gemelli legati da un vincolo di necessità: infatti, gli Dei della Morte non possono vivere senza gli Umani.”
Sahira alzò lo sguardo dai fogli. “Sì, mi ricordo. Se non sbaglio, gli Shinigami sono creature senza scopo, Dei della Morte che ormai hanno perso da millenni la ragione per cui vivere. Questi Shinigami posseggono un quaderno, chiamato Death Note in inglese, una delle lingue più usate sulla Terra: se su di esso si scrive il nome di una persona della quale si conosce il volto, questa muore.”

“Precisamente.”

Il Controllore donna sentì le membra di vetro rilassarsi, mentre raddrizzava la schiena, rinfrancata. Continuò: “Gli Shinigami utilizzano questo quaderno per sottrarre anni di vita agli Umani; infatti, se non ricordo male, gli Dei della Morte non hanno un’immortalità garantita, come noi Controllori, ma continuano a vivere in eterno uccidendo di tanto in tanto qualche Umano col loro Death Note, e rubandogli la vita. Era questo che intendeva, quando ha detto che i loro mondi sono legati da un vincolo di necessità?”
“Sì, intendevo proprio questo. Tuttavia, nonostante il legame tra queste creature sia forte, gli Umani non hanno idea dell’esistenza degli Shinigami. Non sanno di essere considerati alla stregua di cibo.”
Il superiore si sporse in avanti, allungando la mano verso il dossier posato sul tavolo. “Ma non è sempre così. A volte, capita che un Dio della Morte decida di far cadere il proprio quaderno sul mondo degli Umani, sconvolgendo gli equilibri.”

Aprì il documento: la prima pagina conteneva la foto di un Umano di circa diciassette anni, Light Yagami. “È uno studente modello,” cominciò , “uno dei ragazzi più intelligenti del Giappone. E proprietario del Death Note che uno Shinigami, tal Ryuk, ha deciso di far cadere sulla Terra.”
Sahira aggrottò le sopracciglia, perplessa, ma subito rispianò la fronte. I Controllori non mostrano dubbi, pensò. Tornò a guardare il suo superiore, cercando di assumere un tono neutrale: “Ma non mi risulta che questa sia un’infrazione al regolamento. Le leggi degli Dei della Morte prevedono che questi facciano cadere i propri quaderni sulla Terra, quindi non mi sembra che il Centro di Controllo debba intervenire, in una situazione del genere.”
“Hai ragione. Infatti non è per questo che il caso è arrivato fino a noi.”

Il Controllore donna rimase in silenzio, mascherando la curiosità. Non avrebbe dato modo al suo superiore di rimproverarla, non quella volta. Troppo spesso mostro le mie emozioni, pensò, anche solo l’entusiasmo per un nuovo caso. Devo evitarlo, un buon Controllore resta impassibile.
Stava per aprire nuovamente la bocca per parlare, quando un delicato bussare alla porta la fece voltare: i due battenti si spalancarono, rivelando una figura alta e nota. Capelli nivei, occhi di vetro e portamento sicuro.

Elburn.

Sahira osservò il nuovo arrivato senza mostrare alcuna sorpresa. Tutto ciò che poteva provare era incastrato nella morsa della sua mascella contratta.
“Ho iniziato ad illustrare la situazione a Sahira”, disse il superiore, facendo cenno al nuovo Controllore di sedersi, “tu ne eri già informato, quindi ho pensato di cominciare.”
“Benissimo.”
Voce profonda e priva di inflessione; i tratti perfetti non possedevano alcun elemento di riconoscimento. Una maschera neutra, pensò Sahira. E ciò che si mosse nel suo cuore a quel pensiero era stranamente simile all’invidia.

“A quanto pare, Light Yagami ha deciso di utilizzare il quaderno della morte per estirpare tutti i criminali dal suo mondo” continuò il Controllore più esperto, spostando lo sguardo alternativamente dall’uno all’altro sottoposto, “uccide indiscriminatamente sia quelli che già scontano la loro pena in carcere, sia quelli ancora in libertà; inoltre, ha causato la morte di tutti i delinquenti  tramite attacco cardiaco, tanto che persino nel suo mondo si sono accorti che quelle morti non possono essere una casualità. È nata una specie di leggenda attorno ad un giustiziere che agisce nell’ombra, chiamato Kira dalla popolazione, e che Light Yagami continua ad interpretare facendosi portatore della Giustizia Divina.”

Sahira represse uno sbuffo, contrariata. “Anche qui, non capisco cosa possa fare il Centro di Controllo. Una volta ricevuto il quaderno, l’Umano è libero di utilizzarlo come preferisce, indipendentemente dalla correttezza delle sue azioni: se Light Yagami ha deciso di estirpare il male dal suo mondo in quel modo, noi di certo non possiamo intervenire.”
Il superiore alzò le sopracciglia, facendole desiderare di non aver mai parlato. “Quel che dici è vero, Sahira, ma, di nuovo, non è per questo che il caso è arrivato fino a noi. Ti pregherei di essere meno frettolosa.”
Accanto a lei Elburn taceva, impassibile; Sahira si incassò nelle spalle.

Il Controllore voltò nuovamente pagina, stavolta mostrando la foto di una ragazza giovane e minuta, Misa Amane. “Al momento risulta orfana di entrambi i genitori, che sono stati uccisi da un rapinatore circa un anno fa. Misa si è trasferita nella capitale del Giappone, Tokyo, dopo che tale rapinatore è stato giustiziato da Kira; così, piena di riconoscimento, ha deciso di conoscere questo fantomatico Giustiziere Divino e aiutarlo nel suo piano di purificazione del mondo. Ora cominciamo a entrare nel vivo.” Il superiore si tirò indietro, appoggiandosi nuovamente allo schienale della sedia senza emettere alcun suono; neppure i mobili scricchiolavano, all’interno di quel palazzo. “Misa Amane era già tenuta sotto sorveglianza a seguito della morte di uno Shinigami, Gelos: questo Dio della Morte aveva cominciato ad osservare la ragazza dall’alto del suo mondo e se ne era innamorato.
Una sera, mentre tornava a casa, Misa era stata minacciata da un ubriaco: la fine della vita della giovane era fissata per quel giorno, per opera di quell’uomo. Gelos, allora, aveva scritto il nome del potenziale assassino sul suo Death Note, uccidendolo e salvando la vita della ragazza.”

Ora le cose cominciano a quadrare, pensò Sahira.

“Da qui in poi, Elburn potrà illustrarti la situazione” dichiarò il superiore, facendo un cenno verso il sottoposto.
Questi si volse verso Sahira, guardandola con gli occhi privi di iridi e di qualsiasi calore. Due candidi buchi neri.
“Come sai, una delle Leggi di Natura impone che gli Shinigami non debbano, per nessun motivo, provare sentimenti di affetto nei confronti degli Umani” pronunciò lentamente, la voce inespressiva, “e, qualora utilizzino il loro quaderno per allungare la vita di un Umano per il quale provano simpatia, muoiono. Per gli Dei della Morte, gli Uomini non devono essere altro che serbatoi di anni di vita.”

“Le Leggi di Natura sono in grado di farsi rispettare da sé, in certi casi” mormorò Sahira, senza staccare gli occhi dal collega.

“È vero, infatti lo Shinigami Gelos è morto istantaneamente, trasformandosi in polvere e sabbia. Ma, nonostante la Legge di Natura sia stata vendicata, situazioni del genere implicano che il primo stadio del Centro di Controllo tenga sotto stretta sorveglianza la causa dell’infrazione, in questo caso Misa Amane.” Elburn inclinò leggermente la testa di lato. “Il problema è sorto poco dopo.
Alla morte di Gelos ha assistito una Shinigami femmina, Rem, la quale ha raccolto il quaderno del Dio della Morte e ha iniziato ad osservare Misa Amane dall’alto del suo mondo; quindi è scesa nel mondo degli Umani e ha consegnato il Death Note di Gelos alla ragazza, ritenendo che fosse suo di diritto.”

Sahira volse lo sguardo alternativamente da Elburn al superiore. “Questo vuol dire che sulla Terra ci sono ben due Quaderni della Morte. E se Misa Amane voleva aiutare Kira nel suo progetto di purificazione del mondo…”

“Esattamente.” Il Controllore di grado più alto riunì le mani in grembo: mani lunghe, affilate come artigli, dalla pelle quasi trasparente. “Misa, con uno stratagemma e grazie all’aiuto di Rem, è riuscita ad avvicinare Light Yagami e a incontrarlo, proponendogli di unire le loro forze e dichiarandosi, in maniera totalmente inaspettata, innamorata di lui. A quanto pare, il ragazzo all’inizio è stato recalcitrante: non sapeva quanto potersi fidare di lei e come sfruttarla senza che gli creasse problemi. Durante una discussione, Light ha minacciato Misa di morte qualora non avesse fatto quanto lui le avesse ordinato.”
Il superiore fece una pausa; Sahira pendeva dalle sue labbra.
“E allora, Rem si è schierata: se Light avesse anche solo sfiorato Misa, la Shinigami avrebbe scritto sul suo Death Note il nome del ragazzo, uccidendolo.
Sahira trattenne il respiro: quello era il classico caso in cui veniva richiesto l’intervento del secondo stadio del Centro di Controllo, di cui lei faceva parte.

Spesso, come in questo frangente, era possibile prevedere una infrazione delle Leggi di Natura. Non c’era la certezza che Rem avrebbe effettivamente ucciso Light, ma una minaccia bastava per allertare i Controllori, i quali avrebbero cominciato una sorveglianza più stretta.

Il superiore sfogliò di nuovo il dossier, mostrando un’ulteriore foto. “L Lawliet, ventiquattro anni, detective di fama mondiale sulla Terra. Il suo volto ed il suo vero nome non sono conosciuti da nessuno, gli stessi agenti della polizia che hanno collaborato con lui fino ad ora si sono limitati ad eseguire ordini impartiti attraverso un pc. Per la prima volta, nel seguire questo caso, ha deciso di far conoscere la propria identità a poche persone fidate.”
Il Controllore tacque un istante, lo sguardo fisso sulla fotografia. Sahira lo guardò, incuriosita: sembrava che quell’Umano attirasse l’attenzione del suo superiore, cosa decisamente rara. Questi continuò, la voce invariata nella sua atonia: “Orfano, con un quoziente intellettivo straordinariamente alto, è riuscito a restringere il campo degli indiziati fino a Light Yagami, ma non può arrestarlo a causa della mancanza di prove.”

“Mi sembra ovvio che non abbia prove” commentò Sahira, “non può neanche sospettare che dietro quegli omicidi si celi una forza sovrannaturale; senza contare che, stando sempre al rapporto, anche Light Yagami è un ragazzo con un’intelligenza mostruosa, quindi credo sia difficile coglierlo con le mani nel sacco.”

Il superiore si alzò, camminando lentamente attorno al tavolo di vetro. “Non ha prove contro Light, ma ne ha contro Misa.”
I due sottoposti lo osservavano seduti, perfettamente composti, muovendo solo lo sguardo; nessun rumore oltre ai passi che le scarpe del Controllore provocavano battendo contro il pavimento. Senza rendersene conto, Sahira si trovava a sbattere le palpebre quasi al ritmo di quei passi. “Lo stratagemma che Amane ha utilizzato per avvicinarsi a Kira ha lasciato delle tracce e L le ha seguite, arrivando a lei. La ragazza al momento è imprigionata, immobilizzata e bendata e sta venendo interrogata dal detective, il quale non sembra intenzionato ad andare per il sottile pur di farla parlare. Light si ritrova quindi in una situazione scomoda: L è arrivato ad un collegamento che porta a lui e soprattutto alla sua arma mortale. Se dovesse scoprire qualcosa sul Quaderno della Morte, per Kira sarebbe la fine.”
Il superiore si fermò di fronte ai due Controllori, le mani dietro la schiena. “Questo è quanto. Ho chiesto ad Elburn di essere il tuo supervisore, qualora tu decida di accettare il caso, Sahira.”

“Credevo che Elburn fosse già impegnato su un altro fronte…” ribatté lei, forse troppo frettolosamente.

Se il suo tonò stupì il collega, questi non lo dimostrò. “Lo sono, ma se mi venisse ordinato di seguirti, riuscirei a svolgere entrambi i compiti. Ovviamente.”

Sahira si voltò a guardarlo: la fronte liscia, gli occhi vuoti, perfettamente allungati; la bocca incapace di incurvarsi in un sorriso o in una grinza. L’essenza stessa del Centro di Controllo racchiusa in una sola creatura.
Tutto il rancore e l’invidia che i Controllori non dovrebbero provare furono racchiusi in un unico, veloce battito di ciglia. “Non preoccuparti, Elburn. Mi occuperò personalmente di escogitare un piano d’azione e te lo farò avere. Tutto ciò di cui avrò bisogno sarà la tua approvazione, poi mi muoverò da sola.”

“Ne sei sicura?”
Neanche una minima sfumatura di stupore.

“Assolutamente, se il nostro superiore è d’accordo.”
I due si voltarono verso il Controllore di grado maggiore, che aveva assistito in piedi, dietro la scrivania, allo scambio di battute. Questi alzò il mento, guardandoli dall’alto, pensieroso: “In genere, un Controllore che non ha mai lasciato il Palazzo non viene lasciato da solo durante un caso così complesso… Non immaginavo che Sahira avrebbe avanzato una richiesta del genere…”
Fece scorrere velocemente lo sguardo dall’uno all’altra; i due sottoposti non mossero un muscolo.
“D’altronde, Sahira ha dimostrato delle buone capacità e se tu, Elburn, non fossi costretto a seguirla personalmente durante la missione, potresti restare qui e continuare il tuo lavoro… è molto importante che tu termini il compito che ti è stato assegnato.”

“Lo so, Signore” rispose Elburn, “se me lo chiedete, sarò in grado di adempiere ad entrambe le missioni.”

Il superiore riprese a camminare, le mani dietro la schiena. “Forse…” disse piano, “forse, potremmo scegliere una via di mezzo: Elburn controllerà il piano d’azione di Sahira e la terrà d’occhio a distanza, senza seguirla fisicamente in missione. In questo modo, resterà a Palazzo per terminare il suo lavoro, ma Sahira potrà contattarlo in qualsiasi momento.” Si volse verso di loro. “Sì, credo che questa sia la soluzione migliore.”
Elburn annuì e il superiore fece un cenno col capo, segno che il colloquio era terminato. Il Controllore donna fece un rapido inchino in segno di saluto e raccolse i documenti che aveva davanti a sé, uscendo forse un po’ troppo in fretta.

§

Solo quando fu nuovamente nella sua stanza, Sahira riprese a respirare normalmente. Sistemò il plico di fogli sulla sua scrivania e si sedette, posando i gomiti sul tavolo e appoggiando la testa sui palmi delle mani.

Non era mai uscita da quel Palazzo.

Fino ad allora, la sua vita era stata costituita dalla luce abbagliante riflessa sui pavimenti di marmo della struttura, dai vetri limpidi che permettevano di vedere tutto e niente, dagli echi provenienti da altri Controllori come lei. Questo era tutto ciò che conosceva e le stava bene così. Davvero, non desiderava altro.
Tuttavia, sapeva anche che il suo lavoro – la sua ragione di vita, in realtà – prima o poi l’avrebbe portata fuori di lì. Le Leggi di Natura valevano in tutto l’Universo, ed erano davvero un’infinità, tanto che persino i Controllori più esperti a volte si confondevano; per questo doveva acquisire più esperienza possibile, visitando personalmente le varie Terre, conoscendone gli abitanti.
Non poteva permettersi di rimanere indietro nel suo percorso formativo: era nata per diventare un Controllore Principale, una delle cariche più alte all’interno di quel Palazzo e nessuno sfugge al proprio futuro. Tuttavia, era consapevole che le cose si devono guadagnare e questo pensiero le provocava ansia, nonostante il tempo non le mancasse di certo.
Aveva tutta l’eternità per diventare un Controllore Principale e per tutta l’eternità lo sarebbe rimasta. Non aveva motivo di temere lo scorrere degli istanti.
Sorrise tra sé e sé, pensando a quanto fosse buffa questa contraddizione, ma il sorriso fu represso quasi nello stesso momento in cui nacque. I Controllori non ridono, si ricordò. E non sospirano, cosa che invece lei stava per fare aprendo il plico di fogli posato sulla scrivania.
Avrebbe accettato qual caso, senza ombra di dubbio. La sua sfida maggiore, ora, sarebbe stata ideare un piano d’azione impeccabile, che oltrepassasse la fitta rete di controlli di Elburn.

Elburn.

Sahira si prese la testa tra le mani, affondando le dita affusolate tra i capelli sottili. I suoi sentimenti verso il collega passavano alternativamente dalla venerazione all’invidia più sfrenata: ammirava e allo stesso tempo bramava quella assoluta padronanza di sé, il suo essere un pozzo vuoto, senza neanche un po’ d’acqua che rimandasse l’immagine della luna.
Al contrario, il più grande ostacolo che separava Sahira da un avanzamento di carriera era proprio la sua assenza di imperturbabilità: col tempo stava imparando a dominarsi, ma l’espressione del suo volto e il suo tono di voce continuavano a tradirla. Il senso di frustrazione si impadroniva di lei ogni volta che avvertiva i muscoli del suo viso contrarsi, quando non avrebbero dovuto.
Il Controllore chiuse di scatto il plico, che si sparpagliò disordinatamente sulla scrivania, e osservò divertita la forma irregolare che le carte avevano disegnato sul tavolo. Fu solo questione di istanti prima che il suo cuore cominciasse a battere più velocemente: si affrettò a recuperare quei fogli e a porli uno sopra l’altro, facendo combaciare perfettamente gli angoli.

Il disordine non faceva parte della natura dei Controllori, lo sapeva bene. Tutto all’interno del Palazzo doveva essere perfetto, lindo, inappuntabile.
Il Centro di Controllo era la rappresentazione delle Leggi di Natura e Sahira non poteva permettersi di commettere errori così grossolani.
Il Controllore si alzò e si diresse verso uno schermo posto in un angolo della stanza; si accorse che le sue dita tremavano, mentre digitava i tasti per accenderlo, e si impose di calmarsi.

Il primo passo era l’osservazione a distanza.

Quando una pratica passava dal primo al secondo stadio del Centro di Controllo, tramite l’approvazione del rapporto da parte di un Controllore, questi cominciava la sorveglianza personale della situazione attraverso uno schermo puntato direttamente sul mondo in questione.
In alcuni casi, quelli più gravi, in cui c’era un rischio più imminente di infrazione delle Leggi Naturali, questa procedura veniva saltata e il Controllore si infiltrava direttamente in quel dato mondo; fino ad ora, però, Rem non aveva ancora fatto nulla contro Light Yagami, quindi Sahira intendeva tenere la situazione sotto controllo a distanza per un po’, prima di fare qualche passo affrettato.
Ad un tratto arrivò un rumore distorto, Sahira si accorse di stare trattenendo il respiro. Cercò di  concentrarsi su ciò che stava ascoltando e vedendo, mentre le immagini diventavano via via più nitide: un parco, di notte. Il rumore che il Controllore aveva sentito attraverso lo schermo era il frusciare leggero delle foglie sugli alberi.
L’inquadratura si fermò su Light Yagami che, con una felpa scura, si aggirava nel parco senza timore. Accanto a lui vi erano due Shinigami, l’uno tanto scuro quanto l’altro era chiaro. Entrambi innaturalmente alti, tenevano le lunghe ali membranose rattrappite dietro la schiena; uno dei due, quello più scuro, con grandi occhi di fuoco, aveva la bocca deformata in un perenne sorriso.

“E va bene, se mi prometti che ci sarà da divertirsi, lo farò. Ma sappi che mi dovrai delle mele, Light!”

Sahira sfogliò freneticamente il dossier che il suo superiore le aveva fornito, fino a trovare ciò che cercava: lo Shinigami che aveva parlato era Ryuk, quello che aveva dato avvio a tutto facendo cadere un Death Note sulla Terra. Per esclusione, l’altro doveva essere Rem.

“Che hanno intenzione di fare?” bofonchiò Sahira, socchiudendo gli occhi, “e soprattutto, quanti Death Note hanno?”

Infatti, oltre ai Quaderni della Morte personali, che gli Dei della Morte devono possedere obbligatoriamente, i due Shinigami ne avevano altri due in mano. Quello di Ryuk era probabilmente il Death Note che il Dio della Morte aveva fatto cadere nel mondo degli Umani e che Light aveva raccolto, ma quello di Rem? Secondo le leggi degli Shinigami, quel quaderno apparteneva a Misa per diritto di proprietà.

“No, non ci posso credere. Possibile che sia successo nel breve lasso di tempo tra il passaggio del rapporto al secondo stadio e l’inizio della mia supervisione?” si chiese Sahira, corrucciata.

L’unico modo in cui Rem avrebbe potuto recuperare il quaderno era inducendo Misa a rinunciare al diritto di proprietà su di esso; inoltre, in tal modo, ella avrebbe perso la memoria e non sarebbe stata d’intralcio a Light. Non avrebbe più potuto rivelare niente su Kira e sul Death Note, neanche volendo.
Sahira cominciò a torturarsi le unghie, ormai completamente dimentica dei suoi tentativi di mascherare le proprie emozioni.
Questa era un’altra infrazione alle regole: un Umano può decidere di rinunciare al Death Note, perdendo conseguentemente tutti i ricordi ad esso collegati, ma allo Shinigami era vietato influenzarlo nella scelta.
“Ormai è lampante, quello Shinigami è fuori controllo” mormorò piano, “rimarrò a guardare il tempo necessario per capire che intenzioni hanno ora che Misa ha perso la memoria, in modo da avere del vantaggio su di loro, dato che presumibilmente ne conoscerò i piani; poi mi introdurrò nel loro mondo.”

Interruppe bruscamente i propri pensieri: Light aveva iniziato a parlare.
Sahira rimase ad ascoltare, sempre più basita. Osservò i tre scambiarsi i Death Note e scrivere su di essi; vide Rem prendere uno dei quaderni e volare via.
Il piano che Light aveva proposto ai due Shinigami per sviare da sé i sospetti di L e contemporaneamente salvare Misa aveva dell’incredibile, doveva ammetterlo. Ma non era questo il punto principale: il suo problema, in quanto Controllore, era la docilità con cui Rem si era piegata agli ordini di Light, solo per salvare la ragazza che in quel momento era imprigionata.
Sahira si alzò in piedi, lo sguardo fisso sullo schermo e le labbra serrate.
Quel caso richiedeva che lei abbandonasse il Palazzo del Centro di Controllo per la prima volta e il più velocemente possibile.

   
 
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